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Autore: ethelincabbages    17/12/2010    8 recensioni
Questa è la storia di quello che sarebbe successo se Harry e Hermione non fossero stati quei retti e leali eroi che noi conosciamo. Questa è la storia di quello che sarebbe potuto succedere in una tenda nascosta nel nulla inglese, una notte di dicembre, tra due ragazzi soli, spaventati e alla ricerca di un po' di calore. Questa è la storia di un errore.
Chi sei, Chris? Chi sei?
Un’incrinatura sul percorso lineare del destino. Sei un pensiero scritto frettolosamente nella stesura di una lettera altrimenti perfetta, una frase sbagliata che hanno cercato con sollecitudine di cancellare, sistemare, riordinare in qualche modo. E non ci sono riusciti.

Avvertimenti: Questa storia contiene una buona dose di drammaticità postmoderna, qualche triangolo amoroso, diversi cliché, personaggi che potrebbero essere considerati Out of Character e personaggi non presenti nella saga originale.
Genere: Angst, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 2
Hogwarts
 
Helen Granger era distrutta: magra, stanca, silenziosa, immobile sotto le coperte. Gli occhi semichiusi probabilmente cercavano quel meritato riposo, quel meritato lungo sonno. Dal braccio destro si estendeva il tubo che la legava alle buste per la flebo; non riusciva più nemmeno a nutrirsi da sola. Chris la osservava dal lettino rimovibile che avevano trasportato in camera, perché ci fosse qualcuno che restasse con lei anche di notte. Guardava il volto incavato e si sentiva fragile, le mani rachitiche e si sentiva impotente, i capelli radi e si sentiva furiosa, e molto, molto, molto vile. Avrebbe voluto scappare via, dimenticare, fingere che nulla di tutto ciò stesse accadendo.
Ricacciò indietro le lacrime. Strinse forte la fialetta che aveva in mano. Doveva decidersi ad agire. Era l’ultima chance.
Chriseys, devi farlo, puoi farlo.
Aspettò finché non finì l’ultima goccia dell’antidolorifico.
È l’unico modo per tenerla in vita.
Con un semplice spillo, preso in prestito dal cassetto del cucito di Helen, tracciò la stella pentagonale sul polso sinistro, sulla vena, lasciando cadere il proprio sangue nella fiala.
Con le mani tremanti, e quasi senza guardare, riversò il contenuto dell’ampolla nella nuova sacca di flebo.
La madre si riscosse dal torpore, accorgendosi della sua presenza. Chris si avvicinò al suo viso scavato, la donna le fece cenno di porgerle il bicchiere d’acqua che stava sul comodino. Dopo aver bevuto non più d’un sorso, aiutata da Chris, le disse a bassissima voce “Tesoro, non funzionerà.”
Lacrime salate cominciarono a bagnarle le labbra e l’intero viso. “No! No! Funzionerà, lo so. Deve…”
“Chris! Chriseys! Ehi, va tutto bene, è solo un sogno,” udì una voce calda coccolarla. Ted. Lo avrebbe riconosciuto anche sotto sedativi. Acciuffò la mano che le porgeva.
“Diglielo anche tu, Teddy, diglielo che funzionerà, che deve funzionare!”
“Chris! Chris. Sveglia, su.”
Sentì la mano di Ted lasciare la sua, e posarsi sotto il suo mento, sulla guancia; poi le diede un leggero colpetto. Aprì gli occhi e infine si rese conto di quello che la circondava. Le luci gialle, la campagna scura, il rumore incessante: il treno. Era in una carrozza sull’Espresso per Hogwarts, per il suo sesto anno di scuola. Ted accanto a lei, e Victorie di fronte. Perché Ted era accanto a lei e Blondie di fronte? Ah, si era spostato per svegliarla. Sua madre, nel suo sonno. Ormai poteva rivederla solo in sogno.
Strabuzzò gli occhi un paio di volte e si liberò delle cuffie, che durante il sonno erano cadute a circondarle il collo a mo’ di cappio.
“Ted, mi hai picchiato?” biascicò.
“Ti ho svegliato!” esclamò lui, per difendersi dalle scintille che iniziavano a tornare negli occhi di Chriseys, “Hai fatto un brutto sogno…”
“Già, ho… ho url-, parlato tanto?”
“No, solo un po’, ma ti agitavi molto,” le spiegò Victoire, che sembrava preoccupata almeno quanto Ted. Era davvero in uno stato così pietoso che anche Victoire Weasley finiva per compatirla? Si castigò mentalmente per essersi mostrata debole davanti ai suoi due compagni, e per aver goduto delle carezze consolatorie di Ted di fronte alla sua fidanzata.
“Sto bene, ora,” mormorò, allontanandosi dall’amico e rivolgendo lo sguardo oltre il finestrino. Buio.
“Sicura?” domandò lui, non troppo convinto dai bisbigli di lei.
“Era solo un sogno,” lo rassicurò decisa.
“Bene,” il ragazzo si mise in piedi, e acciuffò una sacca che si trovava nel portabagagli sulle loro teste, “è il caso di cambiarci allora. Stiamo per arrivare.” E con questo, uscì dallo scompartimento, per dirigersi alla toilette.
 
*
 
La peculiarità principale del fascino di Hogwarts era il calore domestico che trasmetteva a tutti gli studenti: le mura alte e protettive, i caminetti accesi di stanza in stanza, le pietanze prelibate che gli elfi preparavano, i letti morbidi e caldi che aspettavano i loro proprietari nei dormitori. Hogwarts era stata per Chris, come per tanti altri, un posto felice, il luogo dove ogni preoccupazione veniva lasciata oltre le mura.
Era stata. Perché quello che riusciva a vedere ora erano solo volti pietosi o indifferenti, e l’uno e l’altro le davano in egual modo fastidio; o sorrisi sereni di bambini, che aspettavano impazienti le meraviglie che il mondo avrebbe offerto loro – innocenti, ciechi, e beati.
Durante tutta la cena e la cerimonia di smistamento dei ragazzi del primo, si era sentita piuttosto insofferente ai saluti dei suoi compagni e alla festosa aria di accoglienza che impregnava la sala. Eppure non si decideva a salire su, rifuggiva l’idea di rimaner da sola, o in compagnia dei suoi soli pensieri e di quella voce, rifuggiva l’idea di addormentarsi e rifare quel sogno. Non c’era pace nella sua mente.
Si era separata dai suoi due compagni di viaggio fin dall’ingresso in Sala Grande; Ted era stato accolto a braccia aperte dai suoi Tassorosso, e Victoire si era diretta senza indugio al tavolo dei Corvonero. Chris fece una breve ricognizione del grande tavolo dei professori. Tutti al loro posto. Negli anni precedenti c’era stata, tra gli studenti, una serie di scommesse su chi sarebbe andato in pensione per primo tra la preside McGranitt e il professor Vitious, ma nessuno dei due dava segni di cedimento: una troneggiava nella sua seggiola centrale, e l’altro sedeva con l’aria solenne e i piedi penzolanti nel posto di fianco.
Chriseys intercettò in un lampo lo sguardo di Harry, che stava seduto tra il professor Paciock e Hagrid. Lui le sorrise, sollevato di vederla finalmente arrivare, e Chris ricambiò il sorriso, prima di prendere posto accanto ai suoi compagni di Casa.
Si preoccupò di sembrare interessata ai nuovi arrivi al suo tavolo e alle chiacchiere dei suoi colleghi. Tobey Geeles, figlio di un ricercatore pozionista, stava raccontando degli esperimenti a cui aveva assistito quell’estate nel laboratorio del padre, mentre Susy Sprite parlava del suo viaggio ai Grandi Laghi canadesi. L’unico sguardo che si sentiva di sostenere al tavolo dei Grifondoro era quello di Sybil, la dolce e saggia Sybil Joyce, la sua compagna di stanza. Syb le parlava benevolmente nella sua solita maniera, sincera in modo disarmante e del tutto priva di filtri, con quel suo modo di fare che spesso la portava a dimenticare di collegare cervello e apparato locutorio e che l’aveva resa famosa per le sue espressioni senza senso apparente, e le sue frasi memorabili. Chris credeva sul serio che Sybil fosse una di quelle poche persone in cui riporre la propria fiducia.
Non appena la preside li congedò, Geeles, in quanto prefetto, prese in consegna i nuovi arrivati, mentre gli altri compagni si attardavano dietro. Chris era in procinto di perdere la pazienza, insieme a Sybil, con una delle rampe di scale mobili quando qualcuno le chiamò.
“Signorina Joyce! Signorina Granger!”
Odiava cordialmente i tentativi di Harry di essere formale con lei quando si trovavano a scuola. Era ridicolo sentirsi chiamare ‘signorina Granger’ proprio da lui, che altrove era capace di viziarla come il migliore degli zii o di farle il solletico fino a farle male, oltre che di prendere in consegna i suoi malumori e risolverli un po’ a modo suo.
“Professor Potter,” salutò Sybil, arrossendo. “È bello ritrovarla.” Fin dal terzo anno, forse per l’aria di mistero e potenza che il passato del Salvatore del mondo magico ispirava, o forse per i suoi brillanti occhi verdi e sempre un poco tristi, la giovane Joyce provava un amore impossibile, e del tutto platonico, per l’affascinante professore di Difesa contro le Arti Oscure.
“Saliamo insieme?” Harry chiese loro impaziente, come se fosse davvero convinto che avrebbero potuto dirgli di no.
“Certo,” risposero le ragazze in coro.
“Tutto bene?” si informò, invitandole con un gesto della mano a salire prima di lui.
“Immensamente,” Sybil asserì sognante, con lo sguardo su Harry, che ancora non aveva imparato, dopo anni e anni di pratica come fronteggiare le adolescenti cotte di lui. Sorrise impacciato alla sua studentessa, ma si rivolse subito dopo alla persona il cui benessere gli stava più a cuore.
“Chriseys?” E Chris si ritrovò addosso non solo lo sguardo preoccupato di Harry, ma anche quello di Sybil, che d’un tratto sembrava aver ritrovato il senno e aver ricordato lo stato catatonico in cui la sua compagna era arrivata quella sera.
“Bene,” disse secca. Balla. Ma cosa avrebbe dovuto rispondere?
Bene. Quante volte Harry stesso aveva utilizzato quella parolina con un tono fintamente deciso, per dissimulare una tranquillità che non c’era? Chris glielo aveva visto fare, e sapeva che la sua asserzione non sarebbe passata come sincera. Harry scosse la testa.
“Ti ha chiesto mia sorella di tenermi d’occhio?” L’uomo finse di cadere dalle nuvole. “Non ho intenzione di distruggere la scuola, se è questo che vi preoccupa. Tanto Syb non me lo permetterebbe mai, vero?” dicendo ciò estrasse una lettera dalla tasca della divisa e la porse a Harry.
Mentre lui l’apriva, Sybil rispose: “Mai,” assicurò. “Magari giusto l’aula di pozioni…” Non è che avesse dei grossi problemi nella materia, ma la professoressa Light non aveva molta stima delle sue uscite non previste e la ragazza rispondeva di conseguenza.
Sia Chris che Harry, mentre leggeva, si lasciarono scappare un risolino all’aria pensierosa e tramante che Sybil aveva assunto. Poi l’uomo riconsegnò la lettera alla proprietaria.
“Quando è arrivata?”
“Prima ancora che entrassi in Sala Grande, ti rendi conto? Se aveva così paura di lasciarmi libera perché mi ha quasi costretto a tornare?”.
“È solo in ansia. Dovresti capirla. Vuole solo il tuo bene.”
“E perché dovrebbe deciderlo Hermione quale sarebbe il mio bene?” Harry aprì la bocca per dir qualcosa ma la richiuse immediatamente.
Nel frattempo erano arrivati davanti al ritratto della Signora Grassa. Sybil disse distintamente la nuova parola d’ordine: artemisia. E la Signora Grassa lasciò che l’ingresso alla Sala si spalancasse.
Infine, Harry si decise a parlare: “Perché è tua sorella, e ti ama più di se stessa. ” E con ciò scoccò un sonoro bacio sulla fronte di una Chriseys che definire allibita sarebbe stato un eufemismo. “Perché mi guardi così? Non è mica la prima volta.”
“Non è la prima volta che baci Chris, ma di certo è la prima che lo fai con la ‘signorina Granger’” disse, indicando la platea di compagni di Casa che dalla Sala Comune potevano aver visto la scena.
Harry dismise il tutto con una scrollata di spalle e un saluto frettoloso. A Chris parve però di sentirgli borbottare qualcosa come: “Ti assicuro che non è la prima volta che bacio  una signorina Granger.”

 
Note: I nomi dei genitori di Hermione erano sconosciuti ai più quando per la prima volta pubblicai questa storia e sono sconosciuti ai più ancora al momento della revisione. J.K. Rowling ha deciso che nell'infinità di informazioni rilasciate da Pottermore questi due nomi non siano poi importanti. La scelta di quale siano i nomi di battesimo del signore e della signora Granger ricade quindi su di noi lettori e, in questo specifico caso, su di me; con Helen Granger mi sono permessa un'ulteriore strizzatina d'occhi alla mitologia greca. Spero possiate perdonarmela.
   
 
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