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Autore: Daphne_Descends    20/12/2010    7 recensioni
Prendete l'Iliade, tagliatela a fettine sottili e fatela soffriggere, poi servitela ben calda e otterrete le vicende degli studenti di due scuole rivali, costrette per volere di presidi sadici alla fusione, che cercano in tutti i modi di sopravvivere e distruggersi a vicenda, tentando nel frattempo di evitare di innamorarsi della persona sbagliata.
"Si può dire che tutto iniziò per colpa di quel cretino di Paride.
Le mani poteva tenersele a posto, invece di provarci con quell’Elena dell’Acaia."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Canto I
Di come le disgrazie non vengono mai da sole

 

 

La Settimana della Disgrazia – così come verrà chiamata d'ora in poi – cominciò tranquillamente come tutte le altre.
Come al solito mia madre era partita il lunedì mattina per l'ennesimo viaggio di lavoro e mio padre, invece di prepararsi per uscire, l'aveva seguita per tutta la casa blaterando stupidaggini come “devi proprio andare, passerotto?”, “tornerai per il fine settimana?”, “chiamami ogni volta che puoi”, “io ti amo di più”, “mi manchi già” e altre schifezze del genere, il tutto mentre vagava in pigiama come uno spiritato. Non ci voleva un genio per capire chi portasse i pantaloni in casa nostra.

Lunedì ero riuscita ad oltrepassare i cancelli dell'Ilio senza incappare in nessuna rissa, non avevo avuto né verifiche né interrogazioni a sorpresa, mia cugina Criseide si era ricordata di riportarmi il quaderno di matematica che le avevo prestato, mia cugina Cassandra non mi aveva predetto niente di spiacevole, ero tornata a casa senza imprevisti, non avevo compiti da fare e per cena mio padre aveva preparato il mio piatto preferito.
Fu da martedì che le cose peggiorarono gradualmente e, se fossi stata tanto intelligente come dicevo di essere, sarei scappata il più lontano possibile senza mai guardarmi indietro e senza aspettare quel maledetto mercoledì.


Dalle finestre del corridoio si riusciva a vedere perfettamente la piazzetta su cui si affacciavano i cancelli della nostra scuola e dell'Acaia ed erano il punto migliore per osservare le idiozie che avvenivano durante l'intervallo, come le risse programmate e non, le gare di insulti e le dimostrazioni di antipatia quotidiane.
Quel martedì mattina ero stata costretta da Criseide ad accompagnarla alla finestra durante l'intervallo – probabilmente perché la sua smania di essere ammirata era talmente grande da farle sperare che qualcuno le si dichiarasse in una scena alla Romeo e Giulietta – perché, a detta sua, i ragazzi dell'Acaia sarebbero stati invidiosi delle ragazze che frequentavano l'Ilio. Non che credessi più a quello che usciva dalla bocca di Criseide, dato che la maggior parte delle volte si trattava soltanto di un mucchio di cazzate, ma era meglio assecondarla che farsi esasperare fino alla morte dalla sua vocetta acuta.
Così mi ritrovavo ad osservare quei deficienti dei miei compagni di scuola litigare come sempre con quegli altri deficienti dell'Acaia.
«Certo che Ettore è proprio un testardo» la voce di Criseide mi fece voltare appena verso di lei, tenendo il mento appoggiato sul palmo della mano. I suoi occhi azzurri seguivano con attenzione quello che accadeva in piazza e dalla postura sembrava davvero interessata.
Il sospiro di Andromaca, invece, mi fece voltare dall'altra parte. Aveva un'aria sconsolata e sapevo che odiava quei continui litigi con l'Acaia, soprattutto quando c'era di mezzo Ettore. Spesso mi domandavo come avesse fatto quell'insensibile a conquistare una ragazza adorabile come Andromaca. Vero, all'inizio Creusa li aveva praticamente obbligati ad uscire insieme, ma già dai primi appuntamenti si era rivelata una mossa eccezionale perché non esisteva coppia più innamorata di Ettore e Andromaca e non esisteva una ragazza più dolce di lei. Adoravo Andromaca, era come la sorella maggiore che non avevo mai avuto, e spesso avrei voluto prendere a pugni Ettore per farla preoccupare in quel modo.
«Gli ho chiesto di evitare le risse, almeno per oggi, visto che il livido non gli è ancora passato, ma non ha voluto ascoltarmi» ci disse, portandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.
«Quando mai!» commentò Creusa, appoggiata con le braccia incrociate al davanzale accanto a me «Pensa che sia suo dovere difendere l'onore della scuola, neanche fosse sua moglie. Perché tutti i fratelli che ho sono dei completi deficienti? E quell'altro cretino di Enea lo segue a ruota!» si lamentò con il solito tono alto di voce, corrugando la fronte e cercando di fulminare Enea. Creusa ed Enea stavano insieme da due anni e mi chiedevo spesso come lui facesse a volerla ancora, perché per sopportare Creusa ci voleva una pazienza infinita, visto che amava lamentarsi di tutto ed essere acida come un limone. Ma Enea era troppo buono per mandarla a quel paese.
«Spero non si facciano male» disse Andromaca.
Se non avessi saputo che era del tutto inutile, avrei sperato che se ne facessero, almeno si sarebbero resi conto dell'inutilità di tutta quella confusione. Purtroppo però, avrebbero potuto finire anche all'ospedale – cosa che effettivamente era già successa – ma il giorno dopo sarebbero stati di nuovo là a darsele di santa ragione.
«Chi lo sa, magari Lea decide di buttarsi nella mischia e fare fuori tutta l'Acaia» disse Criseide con una smorfia «Lo sanno tutti che ha un debole per i corpi sudati e sanguinanti».
A quelle parole, spostai lo sguardo sulla famigliare chioma rosso fuoco di Pentesilea, che osservava tutto dal cancello e che sicuramente si stava trattenendo dal saltare in mezzo alla rissa. Pentesilea era proprio un maschiaccio e adorava in modo preoccupante i litigi tra l'Ilio e l'Acaia, tanto che ad ogni intervallo la si poteva vedere mentre si aggirava intorno alla piazza. Molto spesso erano i nostri compagni di classe a trattenerla, ma le volte che non riusciva a resistere aveva rotto il naso a più di uno studente dell'Acaia. Da noi, tutti sapevano che era meglio non farla arrabbiare se non volevi risvegliarti in infermeria.
Sbuffai esasperata, mentre i miei occhi cercavano la chioma corvina di mio cugino; lo trovai proprio mentre tirava un pugno nello stomaco a qualcuno che non conoscevo.
«Quest'anno la cosa sta diventando insopportabile» commentai con stizza.
«Mi dispiace» disse la voce lieve di Elena «è colpa mia se sono aumentate le risse».
Le lanciai un'occhiata con la coda dell'occhio, mentre Andromaca si affrettava a rassicurarla «Ma no, non è colpa tua. Sono solo tutti un po' tesi per la questione della fusione».
Andromaca era troppo gentile. La colpa non era solo della fusione, ma anche di Paride ed Elena, non si poteva negarlo. Non avevano pensato prima di agire e quelle erano le conseguenze, non si poteva fare finta di niente e nascondere tutto sotto il tappeto.
«A parte il fatto che non capisco cosa interessi alla maggior parte di loro» iniziò Criseide, pensierosa «Ettore ed Enea sono in quinta, così come Agamennone e Aiace Telamonio. L'anno prossimo non ci saranno nemmeno per la fusione! Saremo noi a dover sopportare quelli dell'Acaia» poi si voltò verso Creusa e Andromaca e spalancò gli occhi, come se si fosse appena resa conto della loro presenza «E nemmeno voi! Ci saremo solo io e Bri!» si lamentò, aggrappandosi al mio braccio.
Io alzai gli occhi al cielo e la lasciai fare.
«Quelli dell'Acaia non sono tanto male, il più delle volte».
«Tu sei di parte, Elena, non vale!» continuò Criseide «Pensa se finiamo in classe con Menelao, o Aiace Oileo. Pensa se finiamo in classe con Achille!»
Deglutii, trattenendo un brivido, mentre i miei occhi vagavano verso i cancelli dell'Acaia per posarsi su un ragazzo appoggiato a braccia incrociate contro le sbarre. Nonostante non lo conoscessi di persona, era impossibile per chiunque non riconoscere Achille. L'istinto di sopravvivenza e i suoi folti capelli dorati lo rendevano visibile anche a metri di distanza, o per lo meno sapevi che c'era un predatore nelle vicinanze e ti affrettavi a cambiare strada e correre il più lontano possibile.
Era strano non vederlo in mezzo alla mischia, ma se lui stava lì il rischio di finire in infermeria diminuiva. Combatteva come un leone e non si faceva nemmeno problemi a discutere con i suoi compagni se c'era qualcosa che non gli piaceva. Era un tipo un po' strano e il solo sentire il suo nome mi inquietava. Speravo proprio di non averci mai nulla a che fare.
«Achille è solo un po' impulsivo, ma è gentile, quando vuole» disse Elena, arrossendo leggermente quando ci voltammo a guardarla «Anche Menelao è-» si interruppe di colpo e abbassò lo sguardo, senza più dire una parola.
Sinceramente non la capivo: se si sentiva in colpa nei confronti di Menelao, avrebbe potuto evitare di lasciarlo per mettersi con quel cretino di Paride.
«Già, il problema è Agamennone» continuò Creusa con voce dura «E' un egocentrico pallone gonfiato. Sembra quasi che tutto questo lo diverta!» poi cominciò ad insultarlo, perché aveva appena tirato un pugno ad Enea.
«Oh, ma se trovasse la persona giusta sono sicura che si darebbe una calmata» disse Criseide, con un tono e un'espressione che non mi piacevano per niente.
«Uno che lo massacri di botte?» chiese ironica Creusa.
Criseide sorrise maliziosamente «Intendo una donna».
«Ti prego, no!» esclamai con una smorfia «Non dirmi che ti piace! Che gusti del cazzo, Cri».
Lei si portò indietro i capelli con un gesto secco della mano «Ha un certo fascino mediterraneo».
«E' un arrogante, e pure violento!» berciò Creusa.
«Non sta già insieme a tua sorella, Elena?» chiese Andromaca, cercando di placare la discussione.
Lei annuì, ma Criseide non si arrese «Non ho detto di volerlo come ragazzo, dico solo che è un tipo che mi piace».
Feci una smorfia disgustata e tornai a guardare la piazza, proprio nel momento in cui suonava la campanella. Gli studenti fuori si lamentarono con forza, ma poco alla volta iniziarono a rientrare nelle loro scuole, non mancando di insultarsi e mandarsi a quel paese. Io seguii Ettore ed Enea con lo sguardo, per poi osservare Agamennone e Aiace Telamonio dirigersi verso l'Acaia. Aiace si fermò vicino ad Achille ed un altro ragazzo e scambiò due parole con loro. Quasi non mi accorsi di essere rimasta a guardarli, almeno finché i miei occhi non incrociarono quelli di Achille, nello stesso momento in cui la voce di Criseide mi chiamava.
«Briseide, ti muovi?»
Con uno scatto veloce distolsi lo sguardo, facendo un passo indietro, e chiusi di colpo la finestra.


Fu quel maledetto mercoledì che rovinò tutto. Avrei dovuto capirlo subito, non appena mi ero resa conto che la sveglia non aveva suonato; avrei dovuto capirlo e continuare a dormire, fingendo un malore improvviso. Invece, da brava cretina, mi ero alzata di scatto ed ero corsa a preparami, finendo giusto tre secondi prima che Criseide suonasse con insistenza il campanello.
«Sei in ritardo» mi apostrofò non appena mi catapultai fuori dalla porta. Evitai di risponderle che di solito era lei quella sempre in ritardo e scesi velocemente le scale, mentre la sua voce mi raggiungeva alle spalle.
«Per colpa tua abbiamo poco tempo per comprare le brioche al bar!»
«Io non voglio la brioche!»
«Beh, io sì!»
«Allora vai da sola e ci vediamo in classe».
«Cosa? Guarda che io ti ho aspettato anche se eri in ritardo! Dovresti come minimo accompagnarmi!»
«Nessuno ti ha chiesto di aspettarmi!»
«Ah, è così che tratti la tua migliore amica? Scordatelo che ti faccio altri favori!»
Mi morsi la lingua per non farmi scappare un insulto. Criseide non mi faceva mai favori, eppure pretendeva che io ne facessi a lei. Se non ci fossimo conosciute da diciassette anni e non fosse stata mia cugina, l'avrei mandata al diavolo da tempo. Però purtroppo era mia cugina da diciassette anni, quindi mi accontentai di lanciarle un'occhiataccia.
«Va bene, va bene! Basta che ti muovi!»
Ma proprio perché era quel maledetto mercoledì, il bar era pieno di gente e Criseide ci mise un'era geologica per scegliere se comprare la brioche al cioccolato o alla marmellata. Ovviamente i semafori erano tutti rossi e non avevamo più tempo di fare il giro lungo, quindi la mia unica speranza era di riuscire a passare davanti all'Acaia come un razzo invisibile e, se tutto fosse andato bene, in due minuti avremmo oltrepassato i cancelli dell'Ilio e saremmo state al sicuro.
Ma, ovviamente, quel maledetto mercoledì niente sarebbe andato bene.
«Dai, Bri, ignorali» mi sussurrò Criseide, mentre camminavamo vicine, ignorando i richiami degli studenti affacciati alle finestre e riuniti in gruppetti lungo la cancellata.
Non era facile fare finta di niente, per di più con quella cretina attaccata ad un braccio, ed io non avevo mai avuto una grande pazienza.
«Sembra che non abbiano mai visto una ragazza in vita loro» borbottai di malavoglia, fulminando un gruppo che aveva sussurrato qualcosa mentre lo superavamo.
Ad essere sincera non avevo paura di venire molestata: primo, perché erano le otto di mattina ed eravamo fuori da una scuola; secondo, perché i miei cugini mi avevano insegnato a difendermi da sola. La cosa che mi preoccupava era di arrivare in ritardo o che qualcuno se la prendesse con Criseide, perché sapevo che piuttosto che rischiare di rompersi un'unghia si sarebbe fatta trascinare ovunque.
Così, quando sentii una mano stringersi intorno al mio gomito e tirarmi indietro, il mio corpo si mosse da solo e il mio piede andò ad incontrare lo stinco del ragazzo corpulento che mi ritrovai davanti. Fu una cosa del tutto automatica, lo giuro, ma per niente accidentale. Nessuno poteva credere che una ragazza non avrebbe reagito in una situazione del genere, non quando si ritrovava circondata da degli zotici incivili che non sapevano fare altro che importunare la gente.
Così come non potevo credere che quel tizio fosse contento di venire preso a calci di prima mattina.
«Ahia, cazzo!» esclamò infatti, mollandomi e piegandosi per toccare la parte che avevo colpito «Sei una stronza sclerata!»
«E tu sei un bifolco maleducato» ribattei, stringendo le labbra. La maggior parte del lessico di quelli dell'Acaia era formato da parolacce e insulti e odiavo sentirli parlare. Non che io non ne dicessi, ma almeno lo facevo quando avevo una motivazione, non tanto per dare aria alla bocca.
Criseide mi tirò per un braccio, sussurrandomi con forza «Briseide! Ti prego, andiamo via».
Avrei voluto accontentarla, davvero, ma altri ragazzi si stavano avvicinando e dalle loro espressioni non sembravano bendisposti a lasciarci scappare via.
«Chi ti credi di essere, eh?» disse divertito quello a cui avevo dato un calcio, rimettendosi dritto e facendo un passo avanti.
Per tutta risposta, passai il mio zaino a Criseide, che mi lanciò uno sguardo implorante, e mi feci avanti. Ok, obiettivamente non avevo speranza contro quel colosso, dato che era grosso il doppio di me e io indossavo una gonna, però non avevo nemmeno intenzione di scappare con la coda tra le gambe e l'aria della donzella in pericolo. Il mio orgoglio non avrebbe retto. Potevo solo cavalcare l'onda e sperare in un miracolo.
«Se vuoi fare a botte basta dirlo». Mio adorato Cervello, ti sarei grata se riuscissi a controllare quella traditrice di Bocca, grazie.
«Di solito non picchio le donne, ma se ci tieni...» disse con un luccichio sinistro negli occhi.
No, in realtà non ci tenevo per niente, quindi poteva benissimo evitare.
«Fatti sotto, ciccione!»
Perché? Perché sei così idiota, Briseide? Perché non sai tacere al momento giusto? Per tutti gli dei, sono proprio una deficiente.
La sua espressione si indurì, mentre i suoi compagni ridevano e fischiavano e io avrei voluto tanto scoppiare a piangere e scavarmi una fossa, perché di lì a qualche secondo sarei di sicuro morta.
«Questa me la paghi» sibilò lui, digrignando i denti in un'espressione talmente feroce che Criseide alle mie spalle si lasciò scappare uno squittio da topo spaventato.
Proprio quando ormai mi ero rassegnata a venire colpita e spedita al pronto soccorso con la faccia sanguinolenta, una voce tranquilla si fece sentire da un punto indistinto alle mie spalle.
Non aveva urlato, né minacciato nessuno, non era aggressiva o infuriata, aveva semplicemente detto «Ti conviene non farlo, Enio», con la stessa tonalità che avrei usato per dire a Criseide «Ti stava meglio la maglietta rossa».
Era stata la persona che aveva parlato a far gelare tutti quanti.
Con la coda dell'occhio, scorsi un movimento alla mia destra e mi voltai appena, spalancando gli occhi quando mi resi conto di chi mi stava di fianco. Era impossibile non riconoscere i suoi capelli dorati e il ghigno che gli piegava le labbra, anche per chi l'aveva sempre e solo visto da lontano. Achille era più alto di me di una ventina di centimetri, aveva un fisico asciutto, un'ombra di barba e due incredibili occhi azzurri.
«Non vorrai farmi arrabbiare».
E una voce da brivido.
Ero talmente stupita che non mi accorsi nemmeno degli studenti che si dileguavano e dei borbottii di quell'Enio che si allontanavano, rimasi soltanto a fissarlo, come se non avessi mai visto un essere umano prima d'ora. Almeno finché lui non si voltò verso di me con un mezzo sorriso beffardo e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, facendomi riscuotere e rendermi finalmente conto di chi avevo effettivamente davanti.
Deglutii e feci un passo indietro, mentre lui, in risposta, allargò il sorriso e ne fece uno avanti.
«Che ci fanno due bimbe dell'Ilio nel nostro territorio? Di solito non scappate dall'altra parte?» chiese ironico, continuando fastidiosamente a fissarmi.
La voce di Criseide mi ricordò che c'era anche lei e sentii la sua mano afferrarmi un braccio e tirarmi indietro «Scusate, stavamo solo passando per andare a scuola» disse con un tono un po' più acuto del normale. Nel girarmi verso di lei, mi accorsi che con noi c'era anche un altro ragazzo, che mi stava studiando con uno sguardo penetrante. Quando si rese conto che lo stavo guardando, mi sorrise in modo sincero e amichevole, e io aggrottai la fronte con sospetto: non si poteva mai sapere cosa tramavano quelli dell'Acaia.
«Vi conviene stare alla larga se non volete che qualcuno se ne approfitti» continuò Achille, facendomi di nuovo voltare verso di lui. Mantenne il mio sguardo per un paio di secondi, per poi abbassare lentamente il suo lungo tutto il mio corpo, fino alle gambe coperte solo dai collant, facendomi rabbrividire istintivamente «Non che possiate aspettarvi altro, così svestite».
Inspirai con stizza e strinsi le labbra. Sì, forse io e Criseide – come la maggior parte delle altre ragazze dell'Ilio – avevamo accorciato la gonna della divisa di qualche centimetro e forse le calze che indossavamo non erano quelle regolamentari, ma chi credeva di essere per dirci come dovevamo vestirci? Se quegli zoticoni dei suoi compagni non sapevano trattenere gli ormoni non era certo colpa nostra.
«Senti un po', tu!» cominciai, liberandomi dalla presa di Criseide con uno strattone e facendo un passo avanti. Achille alzò le sopracciglia, ma non perse l'espressione divertita. «Perché non ti fai i cazzi tuoi, eh?»
«Bri!» esalò mia cugina, terrorizzata. Perché dovevo sempre prendermela per niente? E perché non contavo mai fino ad ottocento prima di aprire la bocca? Non potevo stare zitta, no, dovevo proprio insultare Achille.
Stranamente non mi prese a pugni, ma, anzi, sembrava più divertito di prima «Vuoi litigare con me?»
Certo che no, non sono mica così idiota.
«Credi che non sappia fare a botte con un cretino?»
Sì, ero proprio un'idiota.
Lui si avvicinò fino ad arrivarmi a pochi centimetri di distanza, facendo scontrare il mio naso con la sua clavicola e io deglutii, fissandolo dal basso e cercando di mascherare il terrore che provavo.
«Vorresti fare a botte con me?» chiese con un tono più basso e roco di prima, che mi fece tremare internamente. Se credevo che la sua voce fosse da brivido prima, ora faceva sciogliere e il mio cervello non riusciva ad elaborare le informazioni, tanto che l'unica cosa che riuscii ad esalare fu uno stentato «T-ti stai dando del cretino?»
Inaspettatamente, lui si fece scappare una breve risata, lasciandomi a fissarlo come un'ebete, ed era talmente vicino che riuscivo a sentire il suo calore e ogni suo movimento. Il mio cuore batteva come un tamburo impazzito, le orecchie mi fischiavano e nella mia testa c'era solo il nulla.
Si abbassò leggermente, quel tanto che bastava per guardarmi dritto negli occhi, e il suo sorriso era talmente seducente che il mio sguardo non si staccò più dalle sue labbra. «Io tocco una donna soltanto se è nel mio letto» puntualizzò in un mormorio «ma se sei così impaziente...».
Ero troppo incantata per capire subito cosa successe in quell'istante: mi ritrovai con quelle labbra sulle mie, un dito caldo che mi teneva sollevato il mento e il cuore che rischiava di balzarmi fuori dal petto. Sussultai e la sua mano mi strinse le guance, facendomi aprire la bocca, e la sua lingua si scontrò con forza con la mia. Non ero mai stata baciata con tanta prepotenza, prima d'ora. Non ero nemmeno mai stata baciata contro la mia volontà, o da qualcuno come Achille. Era come se le forze mi avessero abbandonata: non riuscivo ad oppormi, forse per paura che un minimo movimento lo facesse infuriare. Poi, così come era iniziato, finì ed io mi ritrovai a fissarlo negli occhi, con le guance accaldate ed un'espressione di sicuro poco intelligente.
Mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, senza distogliere lo sguardo «Sarà interessante, Briseide» mi disse con un mezzo sorriso divertito, prima di oltrepassarmi e andarsene con le mani in tasca. L'altro ragazzo ci salutò gentilmente, mi lanciò un'ultima occhiata e lo seguì verso l'ingresso dell'Acaia.
Io rimasi immobile, almeno finché Criseide non mi scosse con forza per un braccio, mi spinse lo zaino tra le braccia e mi trascinò a forza verso l'Ilio, ignorando gli sguardi degli studenti dell'Acaia che avevano assistito alla scena.
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare, mentre lei trovava mille modi diversi per dire quanto fossi nei guai, erano gli occhi e le labbra di Achille.


All'intervallo avevo finalmente realizzato appieno cosa fosse successo quella mattina e, di conseguenza, stavo provvedendo a realizzare una bambolina vudù. Non ero così stupida da credere di poter affrontare Achille di persona, quindi era meglio tentare altre soluzioni.
«Che cosa dovrebbe essere questo obbrobrio?» chiese Creusa, seduta sul banco davanti al mio.
«E' la bambolina vudù di Achille, non si vede?»
«Ti prego, queste cose lasciale a Cassandra ed Eleno» ribatté lei con una smorfia.
Buttai da un lato la bambolina – tanto lo sapevo perfettamente che non avrebbe funzionato – e appoggiai il mento sulle braccia incrociate sul banco, imbronciandomi.
Ovviamente Criseide non sapeva tenere la bocca chiusa e nel giro di mezz'ora Creusa e Andromaca erano venute a conoscenza del Fattaccio. L'unica mia fortuna era che all'orecchio di Ettore non era ancora giunto niente, altrimenti a quell'ora mi sarei ritrovata chiusa nel convento più isolato del mondo. Ettore era persino più protettivo di mio padre.
«Stronzo» sibilai con ira, stringendo i pugni «Lo odio. Lo odio, lo odio, lo odio».
Dopo il primo momento di stupore misto a terrore, l'unico sentimento che riuscivo a provare era ira. Un'ira profonda e sempre crescente. Sì, forse mi ero distratta a mangiarmelo con gli occhi, perché Achille visto da vicino era molto più bello di quello che mi ero immaginata, ma quello non lo autorizzava a ficcare la sua dannata lingua nella mia bocca. Non lo tolleravo.
«Non mi sembra ti sia dispiaciuto» commentò Criseide, limandosi le unghie.
Le lanciai un'occhiataccia «Com'è che adesso ti sei ripresa? Codarda» ribattei acidamente.
Lei mi fulminò «Ti sei incantata a fissarlo come un'oca. Ci credo che ti ha baciata: lo guardavi come se non aspettassi altro!» disse per ripicca.
Io tirai su di colpo la testa e le diedi uno spintone, facendola quasi cadere dalla sedia «Non è vero!»
Lei si rimise a sedere e ricambiò la spinta «Sì che è vero!»
Lo sapevo che era vero, ma come poteva darmi torto? Chi si aspettava che Achille fosse così bello da vicino?
Non sapendo come ribattere, esclamai «Beh, anche tu sei rimasta a fissarlo come un'oca! E non hai aperto bocca per tutto il tempo!»
Lei sorrise maliziosa «L'hai aperta già tu a sufficienza».
Prima che potessi ribattere e prenderla a schiaffi, Andromaca mi posò una mano sulla spalla «Dai, non litigate» ci pregò con quel tono di voce a cui non potevi mai dire di no e, istintivamente, mi calmai «Achille è un tipo pericoloso, ma non ho mai sentito che ha fatto del male ad una ragazza. Comunque stai attenta, Briseide, ok? E dovresti proprio dirlo ad Ettore».
«No!» esclamai spalancando gli occhi «Ci manca solo che lo venga a sapere Ettore! Non ditegli niente!»
Creusa fece schioccare la lingua «Non credo che rimarrà un segreto ancora per molto» commentò «anzi, è la carta giusta per farlo infuriare».
Con un gemito, nascosi il volto tra le braccia, cercando di soffocarmi con la stoffa del maglione.
Un'altra voce si intromise nella discussione «Tranquilla, cugina Briseide, ho chiaramente visto la tua felice storia d'amore».
Mi lasciai scappare un lamento esasperato «Ti prego, Cassandra, non provarci nemmeno» borbottai, voltando la testa nella sua direzione.
Cassandra stava in piedi vicino al mio banco con la sua solita espressione impassibile. Volevo bene a Cassandra, così come a tutti i miei cugini – eccetto Paride – ma non riuscivo proprio a sopportarla quando parlava da grande veggente.
«Cassandra, smettila» la rimproverò Creusa «lo sai perfettamente che non vedi niente. Finiscila con queste stupidaggini».
«Già!» aggiunse Criseide con aria risentita «L'ultima volta mi hai predetto che avrei trovato un bracciale per terra e invece l'unica cosa che ho trovato è stato un orrendo intreccio di fili colorati!»
Cassandra inarcò un sopracciglio scuro «Tecnicamente era un braccialetto» si giustificò, nonostante Criseide non la stesse più ascoltando.
«Nemmeno un misero brillantino! Nemmeno una catena d'argento! Niente di niente! Come veggente fai davvero schifo».
«Criseide!» esclamò Andromaca, cercando di riportare la tranquillità nella discussione, ma Cassandra non sembrava molto toccata da tutti quei rimproveri e lamentele.
Stavo ponderando di ficcare l'astuccio in bocca a Criseide per farla finalmente tacere, quando ci pensò l'arrivo di Pentesilea.
Entrò in classe come un fulmine e si diresse direttamente al mio banco, senza nascondere lo sguardo eccitato, che voleva dire una sola cosa: c'era qualche scontro interessante in piazza.
«Ehi, Bri! Non ci crederai mai!» cominciò, battendo le mani sul piano di legno a pochi centimetri dalle mie braccia «Minete ha attaccato briga con Achille! Vieni a vedere!»
No, non stava succedendo davvero. Minete non era il tipo da attaccare briga con qualcuno, anzi, non era proprio il tipo da niente. Si limitava a vagare per la scuola, parlare troppo e stressare la gente con le sue chiacchiere. Le mie amiche mi prendevano in giro perché tutta la scuola sapeva della sua cotta per me, ma io lo trovavo solo troppo appiccicoso e logorroico per poterlo stare ad ascoltare per più di tre secondi. Il fatto che fosse sceso in piazza, poi, era una novità assoluta, visto che di solito se ne teneva bene alla larga, ma il fatto che avesse disturbato proprio Achille la diceva tutta sul suo stato mentale. Uno doveva essere masochista o stanco di vivere per andare a disturbare proprio Achille.
Fosse stato per me, non mi sarei mossa dal mio posto – soprattutto perché dopo quella mattina non volevo vedere Achille nemmeno col binocolo – ma le altre erano corse dietro a Pentesilea e mi sentii praticamente costretta a seguirle fino ad una finestra libera del corridoio.
Giù nella piazzetta le cose sembravano più tranquille del solito, forse perché erano tutti incuriositi dall'idiota che aveva deciso di scontrarsi con Achille.
Ettore era in prima linea, accompagnato da Enea, e sembrava abbastanza interessato al motivo di quell'improvviso sprazzo di coraggio di Minete, che stava blaterando qualcosa a una velocità troppo elevata per poterlo comprendere. I capelli biondi di Achille attirarono il mio sguardo e dovetti mordermi la lingua per non farmi scappare tutti gli insulti che avevo pensato in quel momento.
Sentivo addosso gli sguardi di alcuni miei compagni affacciati alle altre finestre del corridoio e un brivido di freddo mi corse lungo la schiena: avevo un bruttissimo presentimento. Non era difficile per loro capire il motivo per cui Minete si trovasse lì, dato che io ero l'unico argomento di cui non si stancava mai di parlare, ma era la presenza di Achille a creare confusione.
«Scommetto che sa cosa è successo stamattina» commentò Criseide divertita «Il tuo stalker non si fa sfuggire proprio niente».
«Smettila!» le sibilai irritata. Quando mai qualcosa che mi riguardasse non era di dominio pubblico? Ero stupita che Minete non avesse ancora spifferato in giro quante volte andassi in bagno in una mattinata.
«Cos'è successo stamattina?» chiese curiosa Pentesilea, sporgendosi per potermi guardare meglio.
Ovviamente fu quella pettegola di Criseide a rispondere «Achille ha baciato Briseide».
Pentesilea spalancò gli occhi e quasi volò giù dalla finestra per la sorpresa «Cosa?»
Mentre io cercavo di farmi più piccola possibile, lei scoppiò a ridere col suo solito tatto inesistente «Davvero? Bel colpo! Achille è davvero un figo e almeno può tenerti lontano Minete».
Le lanciai un'occhiataccia «Sei scema? Non c'è proprio niente tra me e Achille, chiaro? E nemmeno ci sarà mai!»
«Sì, certo» sussurrò ironica Criseide «da come lo guardavi credo proprio che ci sarà più che qualcosa».
«La finisci con questa storia?» esclamai esasperata.
Un coro di urla e fischi richiamò la nostra attenzione e mi girai in tempo per vedere Minete seduto per terra con una mano sul naso. Enea si chinò a controllare il danno, mentre Ettore, per qualche motivo, non si era mosso di un millimetro e la cosa non mi piaceva per niente. Quindi spostai lo sguardo su Achille, che fissava la scena con un'espressione seria che non augurava nulla di buono: alzò gli occhi su Ettore e poi sull'Ilio, vagando alla ricerca di qualcosa. Fu quando trovò i miei e le sue labbra si piegarono in un sorriso divertito, che capii che le mie sventure non erano ancora terminate.
Fece un passo avanti e si voltò a fronteggiare gli studenti in piazza, dell'Ilio o dell'Acaia che fossero «Un po' di attenzione, prego» disse a voce alta, facendo scendere il silenzio in un istante e richiamando l'attenzione di tutti quelli che guardavano «Vorrei darvi un piccolo avviso per evitarvi spiacevoli incidenti» continuò perfettamente a suo agio, avvicinandosi ai cancelli dell'Ilio, in direzione della finestra a cui ero affacciata. Non riuscivo a muovermi o ad aprire bocca, nonostante Criseide continuasse a scuotermi un braccio, e quando Ettore si voltò a guardarmi sentii lo stomaco cadermi sotto i piedi: dalla sua espressione era chiaro che avesse ricevuto una notizia scioccante. E potevo anche immaginare quale fosse.
Achille alzò lo sguardo verso di me, facendomi stringere con forza il davanzale, e poi mi indicò con un dito, girandosi di nuovo verso la piazza «Quella» scandì bene, facendo voltare tutti verso di me, che avrei voluto seppellirmi per la vergogna «è la mia donna. Chi osa darle fastidio finisce male».
Potevo quasi sentire nettamente il suono della mia vita sociale che si rompeva in mille pezzi, nella confusione che sorse subito dopo. Pentesilea scoppiò a ridere, Criseide mi strinse ancora di più il braccio, Creusa imprecò, Andromaca sospirò, Ettore sembrava svenuto in piedi e Achille continuò a fissarmi, ignorando il trambusto che aveva creato.
Inspirando con stizza, gli feci un gestaccio col dito medio – che lo fece solo scoppiare a ridere – e mi allontanai velocemente.
Fantastico, la mia vita era completamente rovinata. Che giornata del cazzo.


Dopo un incontro non voluto con Ettore – che mi aveva letteralmente trascinato fuori dall'aula durante la lezione di matematica, facendo infuriare la professoressa Eris che sicuramente si sarebbe vendicata, solo per sopportare la sua ramanzina e le sue domande irritanti e ripetitive, come “Da quanto va avanti questa storia?”, “Ti ha toccata? No, non dirmelo! Non voglio saperlo!”, “Quel lurido bastardo! Giuro che lo uccido!”, “Non ti devi avvicinare”, “Ti ha ricattato?”, “Cosa ti ha fatto?”, con lo stesso tono di un padre apprensivo – avevo deciso di evitare altri spiacevoli incontri, nascondendomi in bagno fino alla chiusura della scuola. La notizia si era propagata a velocità della luce e sembrava che tutto l'Ilio sapesse cosa era successo durante l'intervallo, professori compresi – il professor Apollo aveva anche avuto il coraggio di venirmi ad augurare buona fortuna per la mia nuova storia d'amore –, e la cosa era particolarmente imbarazzante. Non volevo ricevere tutta quella attenzione e non volevo in alcun modo che il mio nome fosse collegato a quello di Achille. Il mio piano per il resto di quella giornata consisteva nel nascondermi fino a tardi e scappare a casa senza essere vista, poi avrei pensato a dove fuggire – possibilmente in un posto lontano e isolato.
Ma, purtroppo per me, avevo dimenticato di avere una cugina impicciona e dall'umorismo deviato come Criseide. Dandomi un falso senso di sicurezza, mi aveva lasciato scappare in bagno dopo la fine delle lezioni e, proprio mentre mi stavo accampando in un cubicolo, era venuta a riprendermi per trascinarmi a casa. Non c'era bisogno di dire quanto la odiassi in quel momento.
«Oh, andiamo Bri. Non puoi restare qua» mi rimproverò, tirandomi per un braccio.
Io strinsi di più la presa sullo stipite del portone d'ingresso, intenzionata a non mollarlo per nessuna ragione al mondo «Lasciami andare e fatti i cazzi tuoi! Avevo tutto sotto controllo».
«Sì, certo. Ti stavi preparando a passare il pomeriggio seduta su un gabinetto!»
«Era tutto calcolato alla perfezione!»
«Non ti permetterò di fare la stupida. Che figura ci fai? Di cosa hai paura, poi?»
Le lanciai un'occhiataccia, cercando di rinsaldare la presa nonostante le dita sudate «Devo anche dirtelo? Hai sentito cosa ha detto. Non voglio correre il rischio di vederlo di nuovo. Non voglio vederlo mai più!»
Criseide alzò gli occhi al cielo «E' impossibile. Prima affronti questa cosa, meglio è. Veloce come strappare un cerotto»,
«Taci! Tu sei l'ultima che può venirmelo a dire! Sei tu quella che stacca i cerotti millimetro per millimetro, cosa vuoi saperne?»
«Era una metafora» sbuffò esasperata e, tirandomi con più forza, riuscì a strapparmi dalla porta. «Adesso smettila di fare la bambina. Non sei al centro del mondo, sai?»
Spalancai la bocca oltraggiata e scrollai il braccio, cominciando a camminare normalmente «Senti chi parla! Sei tu quella egocentrica!» la accusai con stizza, aumentando il passo e lasciandola indietro.
Lei mi raggiunse con espressione offesa «Scusa? Egocentrica a chi?»
«A te, ovviamente».
«Non sono egocentrica!» esclamò mentre superavamo il cancello «Sono solo più interessante del resto della gente»,
«Ti senti quando parli?» chiesi ironica, incrociando le braccia.
«Sei solo arrabbiata perché ho ragione io» disse con aria di superiorità.
«Sono arrabbiata perché mi hai rotto le uova nel paniere!» ribattei, mentre lei continuava a blaterare per fatti suoi. Sì, forse un po' di ragione ce l'aveva e mi stavo davvero comportando come una bambina, ma non l'avrei mai ammesso. Era così sbagliato cercare di evitare le cose spiacevoli? Tutti cercavano di essere felici e la mia felicità non era compatibile con la presenza di Achille.
Criseide non mi rispose e facemmo ancora qualche metro in silenzio. Ma poi sentii un braccio posarsi sulle mie spalle e la voce da brivido di Achille mormorarmi all'orecchio un «Ciao, Briseide», che mi fece sussultare e scappare un gridolino, facendo voltare mia cugina che piombò in un silenzio innaturale.
«Sei contenta di vedermi?» la sua domanda divertita mi fece riprendere all'istante e lo spintonai con il gomito, cercando di allontanarlo il più possibile, ma lui non mollò la presa.
«Crepa, dannato imbecille!» Perché il mio cervello decideva di andare in vacanza sempre nei momenti meno opportuni?
La sua mano mi strinse il mento, costringendomi a girare la testa verso di lui. Il suo volto era più vicino di quello che mi aspettavo e le screziature blu dei suoi occhi catturarono per un istante la mia attenzione.
«Non è molto carino da parte tua insultarmi» mi disse con una luce dura nello sguardo, che mi fece rabbrividire. In quel momento avevo un po' di paura, perché sapevo che se Achille aveva intenzione di farmi qualcosa nessuno si sarebbe fermato ad aiutarmi ed Ettore era corso alla scuola elementare a prendere Polissena, che oggi usciva prima, e l'unica che avrebbe potuto aiutarmi era Criseide, quindi ero praticamente già fregata.
Ma una voce maschile e sconosciuta lo chiamò e quello bastò perché il suo sguardo si ammorbidisse e la sua mano mi lasciasse andare il mento, facendomi sospirare di sollievo.
Guardai alle mie spalle per vedere chi era stato a parlare ed incontrai gli occhi castani del ragazzo di quella mattina.
«Sempre a fare il guastafeste» gli borbottò Achille, guardandolo storto, ma persino io potevo vedere che non era arrabbiato sul serio. Quando Achille era davvero arrabbiato era facile da capire, tanto che persino la gente del quartiere stava alla larga dall'Acaia.
Il ragazzo sorrise sia a me sia a Criseide, che ancora non aveva aperto bocca «Scusate se vi abbiamo spaventato. Io sono Patroclo» si presentò, allungando una mano nella mia direzione. Io ero talmente stupita che non potei fare altro che stringergliela e mormorare «Briseide», mentre mia cugina faceva lo stesso con una voce intimidita che non era proprio da lei. Poi calò il silenzio.
Quando Achille si mosse leggermente al mio fianco, mi ricordai della posizione in cui eravamo e della situazione in cui mi aveva cacciato.
«Ehi!» esclamai, scansandomi velocemente e facendo due passi indietro «Non credere di potermi distrarre!»
Lui alzò le sopracciglia e infilò le mani in tasca «Di cosa stai parlando?»
Posai le mani sui fianchi, inspirando con stizza «Cos'era quella scena di stamattina, eh? La tua donna? Da quando? Non ti conosco neanche, idiota! Non provare più ad avvicinarti e lasciami stare!» Ero proprio fiera di me: ero riuscita a dire ad Achille quello che pensavo, senza balbettare o scappare via a gambe levate. Certo, non sapevo quanto sarei ancora vissuta, ma almeno non sarei morta da codarda.
«Sei interessante» mi rispose con un sorriso appena accennato, avvicinandosi «e mi piacciono le ragazze interessanti».
Cercai di calmare i battiti del mio cuore, che stavano iniziando ad aumentare il ritmo, e deglutii, racimolando tutto il coraggio che mi era rimasto «Sì, beh, a me non piaci tu!». Potevo sentire le guance riscaldarsi e, guardando l'espressione divertita sul viso di Achille, seppi per certo di essere arrossita. Grande, proprio quello che ci voleva per venire presa sul serio.
«E allora?»
Spalancai la bocca, presa alla sprovvista. E allora? «Allora non mi piaci! Cercati qualcun'altra da tormentare!». Al diavolo l'imbarazzo, quella situazione iniziava a farmi saltare i nervi.
«Impossibile, ormai ho scelto te» disse e accorciò la distanza rimasta, chinandosi su di me e stampandomi velocemente un bacio sulle labbra. Si allontanò e mi scostò i capelli dalla spalla, senza staccare gli occhi dai miei e io rimasi in silenzio, perché non sapevo proprio cosa dire e perché forse mi ero un po' incantata.
«Ci vediamo» salutò con la solita aria divertita e si incamminò nella direzione opposta alla nostra, senza guardarsi indietro.
Patroclo ci sorrise «E' stato un piacere conoscervi. Ciao» salutò allegramente, prima di voltarsi e raggiungere facilmente Achille.
Criseide mi scosse con insistenza un braccio, ma l'unica cosa che riuscì ad esalare fu un «Non ci credo», che non mi aiutò per niente. Mi voltai e ripresi a camminare velocemente, cercando di dimenticare le sensazione provate ad averlo avuto così vicino. Ero arrabbiata, certo, e stavo iniziando ad odiare seriamente Achille, ma non potevo negare che avesse uno strano effetto su di me, qualcosa che non avevo mai provato e che avrei preferito continuare a non provare mai.
Mi massaggiai il petto con una smorfia: non mi piaceva che il mio cuore battesse così veloce. Non mi piaceva per niente.






EDIT: Come avete notato, anche questo primo capitolo non cambia molto rispetto all'originale. In queste note volevo solo aggiungere dei chiarimenti su personaggi che magari si conoscono meno rispetto ai principali. Nello specifico: Minete nel mito è il marito di Briseide, prima che lui venga ucciso da Achille e lei diventi bottino di guerra; Enio invece è un soldato troiano che viene ucciso da Achille (la scelta è ricaduta su di lui senza un motivo preciso, era semplicemente uno con un nome poco complicato).
Spero che le poche aggiunte fatte vi siano piaciute.
   
 
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