Canto VII- La "Missione Tabacco" e l'ira di Ares.
Frattanto,
al campo Acheo si stava affrontando, a dire il vero senza grande
successo, una
fase di crisi profonda. Alle ragazze mancavano i loro fidanzati, i loro
vestiti, i loro trucchi e le loro docce. Ai ragazzi mancavano le loro
fidanzate, le loro Play-Station, i loro computer e le loro felpe. Ma
soprattutto, in tutto il campo si stava diffondendo una drammatica
crisi
d’astinenza da tabacco. Almeno per quanto riguardava i
fumatori, ossia Antos,
Ghiuné, Eirene, Xene e Futon. Praticamente mezza classe.
Soli, i non fumatori
sopravvivevano tranquillamente senza dolersi di non poter fumare.
Il
problema saltò fuori quando Erè, passeggiando con
Glukutes, vide Futon e Xene
che, stesi in un prato vicino all’accampamento, cercavano di
accendersi dei fili
d’erba usando due sassi come pietre focaie. A questo punto si
rivelò necessario
convocare in fretta un’assemblea di classicisti nella tenda
dei due Atridi.
Solo Emon rimase chiuso nella sua tenda, perché come abbiamo
detto non usciva
granché da lì, e non ne sarebbe uscito ancora per
diversi canti.
-
Gente, il problema è serio: voi senza sigarette non potete
sopravvivere ancora
a lungo, perciò dobbiamo trovare una soluzione!-
proclamò Margherites, salita
in piedi sul tavolo per farsi vedere. – Bisogna bene che ve
ne procuriate in
qualche modo, perché vi ricordo che abbiamo ancora quaranta
giorni da
trascorrere qui!
-
E abbiamo scoperto che il nostro metodo non funziona-
commentò Xene a bassa
voce, guardando Futon.
-
Insomma, il punto è che dovete procurarvi delle sigarette,
ma purtroppo
l’America verrà scoperta solo tra
tremilacinquecento anni!- intervenne
dolcemente Glukutes.
-
Scusate, ma se qualcuno di noi a Troia avesse portato delle sigarette
dalla
classe, dovreste solo incontrarlo e farvele dare…- disse
Ybris.
Improvvisamente
Antos saltò su esclamando: - Aner!
-
Ce le ha lui?
-
Ho visto che si metteva in tasca il pacchetto mentre entrava in classe
quel
giorno! Speriamo solo che non se le sia già fumate!
-
Non credo, lui fuma poco…- borbottò
Ghiunè. – Chi mi preoccupa è Pur, lei
sì
che fuma a camionate!
-
Beh, tentar non nuoce…- commentò Margherites a
bassa voce, seduta ora sul bordo
del tavolo. – Se riuscite a incontrarlo…ma di
certo non potrete andargli a
bussare a casa chiedendogli di darvele, dato che è a Troia!
A meno che qualcuno
di voi fumatori abbia fiato a sufficienza da introdursi
all’interno delle mura,
o da incontrarlo fuori, se solo la storia lo prevedes…
La
fanciulla aveva pronunciato le ultime parole via via più
lentamente e in tono
sempre più sbasso e ispirato, voltandosi a poco a poco sul
tavolo; e
progressivamente anche tutti gli altri studenti avevano finito per
voltarsi a
loro volta verso un unico punto, che poi tutti insieme cominciarono a
guardare
con eguale fissità…
-
Figlioli? Perché guardate tutti me?- chiese Antos
nervosamente.
Il
giorno dopo, di buon mattino, le due fanciulle si fecero aiutare a
indossare l’armatura,
convocarono l’assemblea e chiamarono all’assalto
della città, sostenendo che
entro breve essa sarebbe caduta nelle loro mani Sapevano entrambe che
avrebbero
dovuto interrogare i soldati sulla loro volontà di
proseguire o meno la guerra,
ma avevano deciso di saltare quella parte per evitare perdite di tempo,
dato
che la crisi d’astinenza si aggravava di minuto in minuto. Ma
le due non
avevano fatto i conti con Tersite, il soldato semplice che ne secondo
canto si
oppone ad Agamennone insultandolo. Ebbero bene a ricordarsene quando il
soldato, brutto come la fame e spaventoso nel modo di parlare,
levò la sua voce
sopra il clamore dell’esercito e gridò: - Atride,
di che ti lamenti? Che brami
ancora? Piene di bronzo hai le tende, e molti donne sono nelle tue
tende,
scelte, ché a te noi le diamo per primo, quando abbiam preso
una rocca; e
ancora hai sete d’oro, che ti porti qualcuno dei Teucri
domatori di cavalli,
riscatto pel figlio preso e legato da me o da un altro dei Danai? O
vuoi…
-
Ehi, tizio! Piantala, insomma, di che oro parli?- sbottò la
fanciulla adirata,
dato che il solo metallo che l’aveva colpita nella sua tenda
era quello delle
armi e dell’armatura, pesantissima, che le serrava il petto e
le era larga di
spalle (in quanto non esisteva una sola armatura da donna in tutto
l’esercito
acheo, purtroppo) e pertanto s’irritava molto al sentir
nominare
quell’argomento. Frattanto Antos si chinava su di lei e
mormorava:
-
Probabilmente non è possibile saltare a piè pari
certi brani del poema, alcune
cose le dobbiamo affrontare per forza! D’altronde se saltiamo
certi pezzi così
importanti…
-
Hai ragione, per caso ti ricordi come finiva la faccenda nel…
In
quel momento le due giovani udirono un colpo secco e si voltarono verso
Tersite…ma Tersite non c’era più. Al
suo posto videro Ybris, in piedi tutto
gongolante con lo scettro in mano, che esclamò:
- E’ così facile picchiar la gente,
qui!
-
Ybris! Che cosa hai fatto?- esclamò Antos, vedendo Tersite
steso a terra, con
una gran macchia violacea sulla schiena, nel punto dov’era
stato colpito.
-
Antos, è così che si risolve la cosa nel secondo
canto, non ti ricordi?
Nella
loro mente si aprì d’improvviso un panorama di
ricordi sulle loro letture
iliadiche di quarta ginnasio: Odisseo che picchia Tersite…
-
Eh, si vede che eravate troppo prese a guardare il culo del professor
Kallistos!- commentò Ybris scuotendo il capo.
I
due Atridi guidavano la moltitudine immensa dell’esercito
Acheo, silente e
minaccioso, spalleggiate da vicino dai loro compagni di classe; ed era
la prima
volta che nell’aria c’era una tale tensione, al
punto che la classe, di solito
tanto allegra e chiassosa, avanzava cupamente senza troppo entusiasmo.
A
un tratto apparve davanti a loro lo spettacolo terribile delle mura di
Troia
dalle quali sgorgava, ininterrotto, il fiume dei soldati; e li
capeggiavano Trikes
e Pur, le due classiciste, che avanzavano coraggiosamente sui loro
carri
da guerra.
Immediatamente
Antos, memore del piano formulato coi compagni, balzò
giù dal carro e si gettò
di corsa contro Trikes; la quale, pensando che semplicemente
l’amica stesse
rispettando la trama originale dell’Iliade, si
girò e tornò di corsa verso
Troia.
Terrorizzata
all’idea di perdere quella magnifica occasione, Antos che
tutti conoscevano
come “la poltronaia” raddoppiò la
velocità di corsa e si mise a urlare: -
Trikes! Trikes, vieni qui!
Per
sua fortuna, in quel momento furono chiuse le porte di Troia e la
classicista
rimase miseramente chiusa fuori. La compagna ebbe così modo
di raggiungerla e
le saltò addosso con tutta l’armatura esclamando:
- Trikes, un momento!
-
Antos! Cosa c’è?- chiese a bassa voce la ragazza,
stupita da quell’espressione
confidenziale che, certo, stonava un po’ con un campo di
battaglia omerico.
-
Sai se Aner ha qualche sigaretta?
-
Mi pare di avergli visto il pacchetto ieri, però non
so…- balbettò la
classicista confusa. - Perché me lo chiedi?
-
Forza, noi siamo tutti in crisi d’astinenza, io non ce la
faccio più a stare
senza e c’è Futon che tra un po’ si fuma
anche i buoi sacrificali! Puoi
mandarlo a chiamare?
-
Ma Aner è Elena, non può uscire dalla
rocca…- obiettò Trikes.
-
Infatti io e te adesso diremo di voler combattere tra di noi e
manderemo un
araldo a chiamare Priamo; all’araldo daremo un biglietto da
consegnare ad Aner,
per dirgli di dare il pacchetto a Priamo e di farglielo portare
giù!
-
E…chi ha progettato questa genialata?- domandò
Trikes, alquanto scettica.
-
Tutti noi- replicò Antos fieramente.
In
pochi minuti fu allora deciso che si mandasse un araldo a cercare
Priamo
all’interno della rocca; e, un momento prima che questi
partisse, Antos
gli affidò un’anfora da consegnare a Elena,
all’interno della quale aveva
lasciato scivolare un biglietto, scritto di suo pugno, così
concepito:
“URGENTE
Aner,
se hai delle sigarette mettile nell’anfora e dalla a Priamo,
qui al campo sono
tutti in crisi d’astinenza da tabacco!”
Curiosamente
armato d’anfora, l’araldo venne allora spedito a
Troia e si recò subito sulla
torre, dove sedevano gli anziani, tra cui Priamo, ed Elena la bella,
ovverossia
Aner, che se ne stava rannicchiato in un angolo, imbarazzato e
arrabbiato
perché quei vecchi porci non facevano altro che fissarlo con
la bava alla bocca
come se fosse stato una bella ragazza. Subito l’araldo si
appressò a Priamo e
gli riferì l’invito dei capi degli Achei; e mentre
il vegliardo faceva
preparare il carro per sé e per Antenore, egli si rivolse ad
Aner e gli porse
l’anfora, dicendo: - Sire Menelao ti manda questo, Elena
Tindarea!
Perplesso,
Aner prese dalle sue mani l’anfora e la scrutò
senza troppa convinzione.
Supponendo che certamente la compagna doveva avere qualche motivo per
inviargli un
oggetto del genere, immediatamente vi guardò dentro e
trovò il biglietto; alla
cui lettura, piuttosto sorpreso, tirò fuori dalla tasca del
chitone un
pacchetto di sigarette e lo lasciò cadere dentro
l’anfora con un profondo
sospiro. Fatto ciò, restituì l’anfora
all’araldo perché questi la riportasse a
sire Mene…pardon, ad Antos.
Quando
dunque sire Priamo fu in procinto di partire sul suo carro, Ideo (tale
era il
nome dell’araldo) si aggregò a lui per ritornare
nella pianura. Là, mentre
Margherites, Ybris e Aiskiuné intrattenevano il vecchio re
coi giuramenti e i
sacrifici, Antos, Ghiuné, Eirene e Xene si appartarono e
aprirono l’anfora.
-
Finalmente!- esclamò Antos, estraendo avidamente il
pacchetto. – Mi sento
rinascere!
Ma
quando l’aprì, la classicista vide al suoi interno
una sola sigaretta.
Occorsero
alle fanciulle tre minuti interi per riprendersi dallo shock e dalla
delusione…ma come accade a tutte le ragazze, allo shock e
alla delusione si
sostituì una tremenda incazzatura.
-
Quel maledetto di Aner! Poteva dircelo semplicemente che ne aveva una
sola! Che
bisogno c’era di prenderci in giro?
-
Eppure lo sa benissimo in quanti siamo a fumare qua al campo!
-
Vi giuro che quando torniamo in classe gli faccio la testa come un culo!
Fu
in quel preciso momento che si udì, al di là dei
vari gemiti di sconforto e
delle varie promesse di vendetta, una flebile risatina ormai troppo
nota…
lentamente, ormai conoscendo la risposta, le quattro si volsero.
-
E ora ditemi come pensate di fare fino alla fine dell’Iliade
con una sola
sigaretta in tutte quante siete!- disse l’Omino, che quel
giorno indossava,
oltre alla sua solita tunichetta bianca, anche una sorta di mantellina
rossa
fiammante (probabilmente per rendersi visibile sul campo e non essere
calpestato dai soldati).
-
Guarda che bastardo questo Omino!- sbottò Xene contrariata.
-
Ma non è giusto! Noi dobbiamo interpretare gli eroi
dell’Iliade, ma sarebbe più
giusto se fossimo ad armi pari! Loro erano certamente avvantaggiati
rispetto a
noi perché non erano in crisi d’astinenza!-
protestò Antos imbronciata.
L’Omino,
che stava per risponderle argutamente come al solito,
d’improvviso si fermò e
retrocedette, fregato: - Non ci avevo pensato!
Subito
i classicisti gli furono addosso per approfittare del guadagnato
vantaggio e
anzi lo pressarono tanto con parole, che l’Omino esplose in
questa
esclamazione: - Va bene, va bene, basta, avete ragione!
-
E quindi…?- domandarono i fanciulli, angosciati e speranzosi.
-
Quindi basta! Acconsento a che voi non soffriate maggiormente la
mancanza di
fumo fino alla fine del poema, sebbene la vostra condizione non mi
convinca più
di tanto. Comunque accontentatevi di questo prima che io cambi idea! E
datemi
quella sigaretta! Non proverete più il bisogno fisico di
fumare finché sarete
qui, ma se toccherete del tabacco fino ad allora tornerete al punto di
partenza! Ah ah ah ah!
E
con la sua solita risatina, l’Omino scomparve portandosi
dietro il pacchetto
pressoché vuoto di sigarette.
In
quel momento le classiciste udirono la voce di Margherites chiamare: -
Antos,
vieni! Preparati a combattere!
Ora,
ci si figuri la situazione di Antos e Trikes. Due ragazze egualmente
giovani,
egualmente pigre, due ragazze che come massimo peso nella loro vita
avevano
portato una o due buste piene d’abiti dopo una giornata di
shopping.
Immobile
davanti alla compagna tremante, Antos pose mano alla spada e
cercò di tirarla
fuori dal fodero, ma poiché risultava troppo pesante per la
sua mano, la ragazza
si buttò in ginocchio e si protese verso il terreno, vi
appoggiò la fronte
sollevando il sedere e iniziò a far scivolare verso il basso
l’arma
pesantissima, facendosi aiutare dalla forza di gravità.
-
Che figura, che figura- mormoravano gli adolescenti nascondendosi il
viso tra
le mani, mentre i guerrieri osservavano la scena a occhi sgranati e
l’esile
classicista si rotolava sul terreno per sguainare la spada. Frattanto
Trikes,
sollevata timidamente la lancia con ambo le mani, provò a
scagliarla…riuscendo
a stento a ricoprire una miserevole parabola di un metro e mezzo.
In
quel momento, giunse dal cielo a sottrarla dal ridicolo una candida
nuvola
bianca; una nebbia avvolse la classicista e sostò un poco
sul campo di
battaglia, al punto da impedire e distogliere lo sguardo dei due
eserciti. Al
momento del suo discioglimento, Trikes non c’era
più.
Pochi
momenti dopo, infatti, la ragazza si ritrovò nelle sue
stanza sulla rocca, già
aspettandosi di vedere, voltandosi, Afrodite e di doverla ringraziare.
Ma quando
si volse, non c’era nessuna Afrodite.
C’era
invece un uomo alto e bellissimo dai folti ricci neri e dai chiari
occhi
azzurri del colore del ghiaccio, i quali a dire la verità,
per com’erano
sgranati e stranamente fissi, parevano un po’ quelli di un
drogato.
-
Ehm…sei Afrodite Citerea?- chiese timidamente Trikes,
pensando che la dea si
sarebbe offesa se lei non fosse stata in grado di riconoscerla in tutte
le sue
forme.
-
Macché Afrodite!- sbottò l’uomo,
sgranando ancor di più i suoi -già di per
sé
inquietanti- occhioni blu. – Io sono Ares distruttore di
uomini, il dio della
guerra lacrimosa!
-
Eccoci, perfetto!- replicò Trikes, tutta rossa, spalancando
le braccia per la
figuraccia appena fatta. – Dimmi!
-
Fanciulla candido peplo, vengo a dirti che bramo i tuoi occhi neri
quali
tizzoni ardenti!
-
Sono fidanzata!- disse immediatamente Trikes, mostrandogli un sottile
anello
d’argento all’anulare che, nonostante tutto, non si
era voluta togliere.
-
E’ un rifiuto questo, Trikes bella cintura?
-
Accidenti, sì!
-
Mortale maledetta!- gridò Ares, arrossandosi tutto in viso
per la furia. – Mai
nessuno, uomo o donna, mortale o immortale, ha osato rifiutarsi a me,
Ares
distruttore di uomini! Possa nessun uomo mai interessarsi a te, e possa
tu morire inviolata nel tuo letto,
sventurata mortale!
E
detto ciò, Ares si allontanò, andò su,
verso le cime d’Olimpo, proprio mentre
anche l’Omino (il quale ancora si chiedeva se aveva fatto
bene o male a
concedere quella grazia agli studenti) ritornava alla sua dimora alle
falde
dell’inviolabile montagna.