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Autore: RoseScorpius    30/12/2010    52 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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14.
LSD
Lanciarazzi Su Dominique

 

Dicono che al giorno d'oggi i divorzi sono nell'aria, che li respirano i bambini nei loro passeggini come le vecchiette ingobbite dagli anni e dai chili di cibo per gatti che trascinano ogni giorno fino al parco. Un po' come lo smog delle automobili babbane, insomma. Solo che lo smog non induce gli adolescenti a buttarsi giù da una finestra, o a diventare dei bulletti di periferia, mentre i divorzi – a sentire gli esperti – sono la causa di questi ed altri catastrofici mali del mondo. Forse anche del buco nell'ozono, perché si sa che due genitori divorziati sono costretti ad avere automobili separate, e a percorrere un sacco di strada per scaricare i figli al consorte quando il loro turno di baby parking è finito.
Ma lo sapete cosa dico io? Il problema non è che la gente si separa: il problema è che la gente si mette insieme. Insomma, guardiamo le cose come stanno: se mamma e papà non si fossero messi insieme io non sarei mai nata, e di conseguenza non avrei avuto nessuno dei miei problemi. Se mamma e Draco non si fossero messi insieme, io ed i miei cugini non saremmo stati costretti a dannarci l'anima per farli separare. E se Scorpius e Domi si metteranno insieme dovrò spendere un sacco di soldi da uno psicologo per convincermi che io non voglio uccidere mia cugina.
E poi dicono che il problema sono le separazioni... ma magari qualcuno si separasse!

 

***

 

Era passata una settimana, un’esaltante settimana di mutismo ed occhiate di sottecchi, da quando avevo interrotto gli studi di anatomia di Scorpius e mia cugina. E in una settimana avevo avuto modo di riflettere, e di esaminare la situazione da una prospettiva diversa: perché – potevo anche essere idiota, e il modello nella mia testa poteva anche essere la personificazione del sex appeal – ma non aveva alcun senso buttare alle ortiche sedici anni di amicizia per un biondino del cavolo. Ergo, non era Dominique quella che dovevo odiare. E a pensarci bene nemmeno Scorpius: il confine tra odio e amore era troppo sottile, e non potevo permettermi rischiare. Così ero giunta ad una semplice e naturale conclusione: dovevo ignorarlo. E questo non voleva dire che lo avrei ucciso con lo sguardo ogni volta che fosse entrato nel mio campo visivo, o che sarei uscita da una stanza sbuffando ogni volta che ci fosse entrato lui. Al contrario: lo avrei salutato civilmente ogni mattina, gli avrei passato la caraffa del succo d’arancia e lo zucchero con un sorriso cortese, gli avrei lasciato la precedenza per andare in bagno senza arrabbiarmi, avrei lavato anche il suo piatto dopo cena, e la sera, prima di andare a chiudermi in camera mia, gli avrei augurato la buona notte. Sarebbe tutto finito là. E, prima che me ne accorgessi, sarebbe ricominciata la scuola, e mi sarei presa una cotta astronomica per il primo Caposcuola dal sorriso intrigante contro cui sarei andata a sbattere nel corridoio dell’Espresso per Hogwarts. Semplice, no?
Semplice questo cavolo. Ogni volta che lui cercava di rivolgermi la parola ed io, come da copione, trovavo una scusa per svignarmela, non potevo impedirmi di sbirciarlo con la coda dell’occhio, sperando di vedere un’espressione delusa turbare i suoi lineamenti delicati. E, ogni volta che Scorpius si adeguava al mio silenzio senza farsi grandi problemi, sentivo lo stomaco precipitare nel vuoto, e la romantica scenetta che mi si era dipinta nella mente, in cui Scorpius mi si gettava ai piedi dichiarandomi amore eterno ed implorando il mio perdono, si scioglieva come un quadro lasciato sotto la pioggia. Ma il peggio era che nella mia testa, oltre alle solite sconcerie del redivivo modello, aveva preso l’abitudine di comparire anche un patetico filmetto romantico di serie Z, che terminava con un bacio sotto la pioggia, con tanto di Torre Eiffel sullo sfondo, talmente sdolcinato da far venire il diabete a qualsiasi persona sana di mente (categoria dalla quale io ero ovviamente esclusa). E, ciliegina sulla torta, il protagonista maschile del filmetto non aveva nessuna tartaruga e portava sul naso un paio di occhiali da vista esattamente uguali a quelli che Domi aveva buttato nel cassonetto dell’immondizia il venerdì precedente. A questo punto il prossimo gradino verso il fondo dell’abisso della follia sarebbe stato nascondere una foto di Scorpius sotto il cuscino e passare la notte a sbaciucchiarla. Cosa che rischiavo di fare molto presto, se Draco non avesse smesso di appendere foto di suo figlio in giro per la casa. In particolare, detestavo una foto del sopraccitato biondino a cinque anni, strategicamente appesa accanto alle scale: da piccolo aveva i capelli completamente albini, anche più chiari di quelli del padre, che gli scendevano in morbidi boccoli fino quasi alle spalle, e le sue guance erano adorabilmente paffute, con due pomelli rossi in stile Heidi a peggiorare ulteriormente le cose. Per non parlare degli occhioni verde chiaro, sgranati e ingenui come solo gli occhi di un bambino possono essere. Ogni volta che vedevo quella foto mi veniva una stramaledetta voglia di entrare nella cornice e stringerlo forte tra le braccia, immergendo il volto nei suoi capelli soffici per sentirne il profumo.
Sabato 31 luglio, giusto perché piove sempre sul bagnato, quando fui costretta a passare davanti alla foto per andare in bagno, mi ritrovai a pensare che, se mai avessi avuto un figlio, avrei voluto che fosse così. Ovviamente a quel punto il modello non poté fare a meno di venirsene fuori con un’inquietante osservazione: vuoi un figlio così ergo vuoi così anche il padre. Ed io non potei fare a meno di bestemmiarmi dietro in tutte le lingue a me note e ignote. Entrai in bagno sbattendo la porta, e non mi stupii di trovarci Scorpius, intento a studiarsi la rada peluria del mento davanti allo specchio: ormai sembrava che quel bagno fosse diventato il nostro principale luogo di rendez-vous. Al contrario fui parecchio stupita dal suo abbigliamento: indossava una semplice camicia bianca, con le maniche arrotolate sopra i gomiti ed i primi bottoni aperti, infilata dentro a uno dei jeans aderenti che avevamo comprato con Dominique. Incredibile quanto più figo sembrasse con un semplice paio di jeans a vita bassa. E, soprattutto, incredibile quale effetto deleterio avesse sui miei neuroni il sopraccitato paio di jeans un po’ calato sul sedere.
Per un attimo fui tentata di fare dietrofront e andare a invadere il bagno di mamma e Draco, ma poi mi dissi che dovevo imparare a respirare la sua stessa aria senza che il modello nella mia testa desse in escandescenze (cosa che al momento, naturalmente, stava facendo) e andai a piazzarmi accanto a lui, davanti allo specchio.
« Ciao. » dissi, con fredda cortesia.
« Ciao. » rispose Scorpius, rivolto ai peli delle sue guance.
Raccattai una matita per occhi e un paio di ombretti dal piano del lavandino, e cominciai a truccarmi con estrema indifferenza, complimentandomi con me stessa per il mio insospettato talento nella recitazione. Il modello, da bravo egocentrico, mi lanciò un’occhiata profondamente offesa, ma in qualche modo riuscii ad ignorare anche lui.
Bhe, sto migliorando...”
Scorpius si grattò la gola e mi lanciò un’occhiata veloce, come se non volesse farsi scoprire a guardarmi. E probabilmente non lo avrei scoperto, se non avessi passato tutto il tempo ad incrociare gli occhi nel tentativo di vedere il suo riflesso nello specchio senza girare il viso. Feci finta di niente e cominciai a passarmi la matita sotto il secondo occhio, meticolosamente. Alla quindicesima occhiata, però, mi sentii in dovere di voltarmi verso di lui. Scorpius questa volta non tentò di nascondere il fatto di avermi guardata, e mantenne gli occhi saldamente piantati nei miei.
Sentii un brivido percorrermi la spina dorsale per tutta la sua lunghezza, ma ancora una volta sfoderai il mio talento da Oscar, e riuscii a parlare con voce impeccabilmente annoiata. « Sì, dovresti farti la barba. » osservai.
Poi tornai a rivolgere la mia attenzione allo specchio, e mi dedicai all’ombretto. Forse avrei dovuto fare il contrario, e mettere prima l’ombretto e poi la matita, ma…
« Rose? » la voce di Scorpius mi fece sobbalzare, e rischiai seriamente di cavarmi un occhio con l’applicatore dell’ombretto. Feci finta di non averlo sentito – nonostante la mia credibilità, in quel frangente, fosse più bassa della temperatura del Polo Sud – e continuai ad imbrattarmi le palpebre di viola. « Rose » ripeté Scorpius, vagamente esasperato « potemmo, per favore, parlarne da persone civili? »
« Parlare di cosa? » chiesi, senza staccare gli occhi dallo specchio: meno lo guardavo, più possibilità avevo di mantenere le mie facoltà mentali inalterate fino alla fine della conversazione.
Anche senza vederlo, tuttavia, percepii il suo sguardo bruciarmi sulla pelle. « Di quello che è successo venerdì scorso. »
Scoppiai in una risata talmente da oca che mi feci schifo da sola. « Non è successo niente, per quanto mi riguarda. »
« E allora perché non mi parli? » insistette Scorpius.
A questo punto fui costretta ad abbandonare i miei infruttuosi tentativi di truccarmi, e mi voltai verso di lui. Vederlo, come al solito, scatenò ormoni, modello e brividi lungo la schiena. Dei brividi strani, insoddisfatti, brividi di attesa, che si sarebbero placati solo quando avrei potuto far scorrere le mie dita tra i suoi capelli, ed avrei sentito il sapore delle sue labbra sulle mie. Ovvero mai.
Mi costrinsi a richiamare i miei neuroni all’ordine, ed in qualche modo riuscii a mettere assieme una frase di senso compiuto. « Ti sto parlando. » osservai, inarcando un sopracciglio.
Scorpius sbuffò. « Sai cosa intendo. »
« No, non lo so. » mentii.
Vai così, Rose: negare sempre, anche davanti all’evidenza.
Avrei voluto restare a guardarlo, immersa nel verde delicato dei suoi occhi, in attesa di una risposta, ma mi costrinsi a voltarmi nuovamente verso lo specchio, e a riprendere le mie maldestre attività di maquillage. Cercai di convincermi che ignorarlo, in fondo, mi veniva quasi spontaneo, ma fui miseramente smascherata dall’inquietante presenza che, in un angolino del mio cervello, stava progettando di togliergli il saluto per fargli capire quanto in realtà fosse innamorato della sottoscritta.
Negare, Rose, negare fino alla morte…
Perché infondo a me Scorpius non piaceva davvero: quello che provavo per lui era solo una strana forma di attrazione fisica nata dal fatto che ci eravamo ritrovati a vivere nella stessa casa. Perché naturalmente a me non piaceva quando trovavo i suoi occhi fissi nei miei, quando le sue guance si tingevano di un leggero rosa dopo una mia frecciatina particolarmente subdola, quando scendevo in soggiorno con una scusa idiota per sentirlo suonare, e lui si voltava verso di me e mi guardava, senza smettere di carezzare i tasti del pianoforte con le sue dita affusolate. E ogni volta che lo sentivo suonare “Per Elisa” non desideravo di chiamarmi Elisa… Perché sicuramente quando la sua voce un po’ troppo profonda per i suoi lineamenti dolci, ancora da ragazzino, pronunciava delle parole rivolte solo a me, e quando le sue iridi chiare scivolavano sul mio viso, concedendomi la sua totale attenzione, non sentivo le farfalle nello stomaco. E non mi sentivo importante, per qualcuno, e per una volta tanto nella mia vita…
« Rose… » Perché a me non piaceva il modo in cui pronunciava il mio nome, scivolando sulla erre con quell’accento vagamente aristocratico, ma senza ammosciarla… « Cazzo, sembra uno di quei film babbani completamente assurdi… » Perché a me non piaceva sentirlo mormorare le parolacce a mezza voce, quasi sperasse che nessuno lo sentisse, quando era esasperato… « Senti, io… accidenti, se la smettessi di fare quella faccia e mi lasciassi parlare, magari, non sarebbe così complicato! »
Inarcai un sopracciglio in direzione della mia immagine riflessa dallo specchio. « E chi non ti lascia parlare? Sono muta. »
« Sì, certo… vuoi che ti faccia la traduzione di quello che sta dicendo la tua faccia in questo momento? » sbuffò.
Lo ignorai e continuai a passarmi l’ombretto sulla palpebra dell’occhio destro, che ormai era così viola che sembrava che qualcuno mi avesse appena presa a pugni. Con la coda dell’occhio vidi Scorpius alzare le braccia e portarsi entrambe le mani sulla nuca, tra i capelli color miele, in un gesto di esasperazione estrema.
« Merlino, Rose, sto solo cercando di dirti che… Dio, che tu… » Perché a me non piaceva quando cercava di spiegare concetti troppo complicati, e si bloccava a metà di una frase, mordendosi il labbro inferiore… E perché in quel momento, naturalmente, la mia mente bacata non aveva proposto una decina di conclusioni alternative per la frase “Dio, che tu…”, tutte varianti più o meno sdolcinate di “mi piaci da impazzire”…« Che… » “Che…?” « Che tu… » “Che io…?” « Cavolo, lo sai com’è fatta tua cugina! » sbottò Scorpius, alla fine « Voleva che mi mettessi addosso i vestiti nuovi, e quando le ho detto di no mi ha letteralmente strappato la maglia di dosso! »
Non mi sembrava che ti dispiacesse così tanto, però…” A me invece dispiaceva infinitamente che il suo discorso, così promettete all’inizio, si fosse concluso con una banale lista di scuse senza capo né coda.
Miseriaccia, Rose! E per fortuna che dovevi fartelo passare dalla testa!” Ma c’era ben poco da fare: la mia coerenza aveva raggiunto da tempo i miei neuroni, seppelliti da qualche parte sotto un monumento ai caduti, e più mi imponevo di allontanarmi da Scorpius, più mi ritrovavo a sperare che lui mi impedisse di farlo. Era come la famosa storia del “me ne vado… ma guarda che me ne vado sul serio… sto andando, eh!”: me ne stavo là, sulla porta, con la valigia in mano, e dichiaravo di non volerlo vedere mai più, ma aspettavo solo una parola, un gesto, un guizzo di sentimento nei suoi occhi per gettarmi tra le sue braccia giurando che non lo avrei mai lasciato.
« Allora? » la voce di Scorpius mi riscosse bruscamente dai miei pensieri « Non dici niente? »
Serrai la mascella, ignorando il modello che si stava ancora guardando attorno, stralunato, in attesa della tanto agognata dichiarazione. « Mi fa piacere sapere che tu pensi che mia cugina sia una ninfomane » replicai, con gelido sarcasmo « Ma non vedo perché la cosa dovrebbe interessarmi. »
E con questo l’Oscar non me lo soffia più nessuno.
Scorpius aprì e richiuse la bocca un paio di volte, con l’aria di chi si è preparato un fantastico discorsetto, che l’interlocutore ha appena fatto saltare ponendogli una domanda che non si sarebbe mai aspettato. « Io… bhe, ecco… » balbettò, imbarazzato « È solo che… » “Che mi ami alla follia e mi vuoi sposare? Per la luna di miele propongo l’Egitto…” « Insomma, ci tenevo a chiarire questo malinteso, ecco. »
Insomma, ma vaffanculo! O ti dichiari o puoi anche portare quelle tue chiappe (dannatamente attizzanti) fuori da questo bagno!
Inarcai entrambe le sopracciglia, reprimendo a fatica l’istinto di picchiarlo. « Tutto qui? »
Niente dichiarazione? Niente bacio? Niente anello di fidanzamento? Niente? Ma proprio niente di niente…?
Ero così delusa che non riuscii nemmeno a sentirmi sollevata perché lui e Domi non avevano fatto niente.
Scorpius prese a torturarsi le mani, nervosamente. « Bhe, sì… insomma, mi sembrava giusto che sapessi che tra me e tua cugina non c’è niente. » “Sembra giusto anche a me: mi sarebbe proprio dispiaciuto spaccarti quel bel faccino …” « E poi, bhe… pensavo che ti desse fastidio, a dire il vero… »
« Fastidio? » replicai, con un’espressione di stupore in stile “Weasley davanti all’ennesimo maglione di nonna Molly per Natale”. « Chi, a me? » scoppiai a ridere « Ma quale fastidio? »
Fastidio era riduttivo. Rabbia, furore, ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, odio profondo, istinti omicidi, voglia di prendere quella sua testolina bionda e incastrarla nella tazza del cesso, incontenibile tentazione di sperimentare un paio di leve articolari su qualcuno… altro che fastidio!
« Oh… ah… » borbottò Scorpius. Sembrava alquanto perplesso, e mi parve anche di leggere un pizzico di delusione ben nascosta infondo ai suoi occhi. Ma forse stavo solo vedendo quello che volevo vedere. « Quindi per te è tutto a posto? »
Mi strinsi nelle spalle. « Si, certo, nessun problema. » “A parte tutto.” « Cosa vuoi che me ne freghi? » “Di nuovo, a parte tutto.”
Scorpius inclinò il capo e, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata indecifrabile, mi voltò le spalle e posò la mano sulla maniglia della porta. « D’accordo… allora io vado: tua madre dice che siamo in ritardo… »
E scivolò in corridoio, richiudendosi velocemente la porta alle spalle.
Si, ecco, vattene, bravo...
Lanciai l’applicatore dell’ombretto nel lavandino, sibilando un commento non troppo lusinghiero sulla virilità di Merlino. Ero ufficialmente un’idiota. Un’idiota illusa, se proprio volevamo rigirare il coltello nella piaga.
A Scorpius non piaci. Quale parte di questa frase non ti è chiara, Rose? Forse la parte in cui tu dovresti girargli alla larga e smettere di vedere rose e cuoricini ogni volta che ti rivolge la parola?”Appoggiai la fronte alla superficie fredda dello specchio, maledicendo il giorno in cui qualche idiota aveva avuto la brillante idea di regalare un arco a Cupido.
Non era normale che andassi così fuori di testa per un secchione che, tra le altre cose, mi stava anche terribilmente sulle scatole. Certo che nemmeno Scorpius era normale, però: tutte quelle scene per dirmi due cazzate? Non aveva il minimo senso.
A meno che…
“…”
Solo allora realizzai che potevo avergli appena dato il nulla osta per una sua eventuale relazione con Dominique…

 

***

 

Dieci minuti dopo, quando ebbi esaurito tutte le bestemmie in aramaico, mi decisi a scendere in salotto, dove mamma, Draco e Scorpius mi stavano aspettando per andare alla Tana. Draco, per l’occasione, e tanto per non rischiare che i Weasley si sentissero suoi pari, aveva deciso di sfoggiare tutta la sua innata classe Malfoy, e se ne stava ritto accanto alla porta, in uno smoking nero che non guardai troppo, perché temevo che avrei dovuto sborsare un centinaio di Galeoni anche solo per averlo consumato con gli occhi. Scorpius – come constatai con sommo dispiacere – aveva abbandonato i jeans aderenti e la camicia bianca per un aristocratico completo di giacca e cravatta, e se ne stava accanto al padre con l’aria avvilita di chi si è visto infilare addosso i vestiti da un genitore, come se avesse cinque anni e mezzo. Mamma indossava un vestitino lilla che le arrivava appena sopra il ginocchio ed un coprispalle chiaro chiuso da un fiocco sotto il seno, il tutto completato da un paio di orecchini a perla e una graziosa collanina. Mi sentii vagamente sciatta, nei miei jeans con le toppe alle ginocchia, abbinati ad un paio di sneakers mezze distrutte e ad una maglietta dei Cannoni di Chudley, che doveva essere appartenuta a James, o forse a Fred, prima che me la ritrovassi a sorpresa nell’armadio.
« Era anche ora! » sbuffò mamma, sventolandomi in faccia l’orologio: evidentemente credeva che mi sarei sentita in colpa per averli fatti aspettare. Evidentemente si sbagliava. « Cosa hai fatto agli occhi? » aggiunse poi, squadrandomi con un’espressione a metà tra il preoccupato e lo schifato.
Alzai le spalle. « Ho sedici anni. Non posso truccarmi? »
A giudicare dalla sua faccia no, ma le fui grata per il suo silenzio compassionevole: ero vagamente conscia di essermi stampata in faccia più o meno un’intera confezione di ombretto viola, per tenermi le mani occupate durante la conversazione con Scorpius, ed ero assolutamente certa di non volerne essere consapevole in modo più approfondito.
« Bene, direi che possiamo andare. » concluse Draco, ed aprì la porta in un inatteso impeto di cavalleria, facendoci segno di precederlo.
Scorpius emise un gemito disperato. « Papà… »
« No, per la centesima volta. » replicò Draco, irremovibile « Metterai quei jeans quando non potrò vederti. Avanti. » soggiunse, facendo un cenno eloquente verso la porta.
Mamma, che evidentemente si riteneva in dovere di dare il buon esempio, uscì in giardino, seguita da Scorpius, che non sembrava ancora essersi ripreso dal trauma di essere stato vestito dal padre a sedici anni. Li imitai, ma Draco mi bloccò sulla soglia, chinandosi per squadrarmi la faccia da vicino. « Non è per nascondere un occhio nero, vero? » bisbigliò.
Inarcai un sopracciglio. « Preoccupato, Malfoy? »
« Solo che tua madre scopra che ho guardato tuo cugino prenderti a pugni senza intervenire. »
Alzai gli occhi al cielo. « Che stronzo… »
In effetti, però, potrei farmi accidentalmente scappare un accenno alla scazzottata in presenza di mamma…
La quale, per l’appunto, parve piuttosto confusa dal nostro confabulare. « C’è qualche problema? » chiese.
« No » rispose Draco, impassibile « perché dovrebbe esserci qualche problema? »

 

***

 

Ci smaterializzammo appena fuori dall’affollato giardino della Tana, e fummo accolti da un’orda di gnomi che, con somma disperazione del diretto interessato, scambiò l’orlo dei pantaloni di Draco per un buffet di antipasti. Zio Harry ci venne ad accogliere con un sorriso estremamente tirato, accompagnato da mio padre, anche lui tirato come uno stitico al gabinetto, ma senza alcun sorriso.
« Harry, auguri. » sorrise mamma, staccandosi dal braccio di Draco per andare a schioccargli due calorosi baci sulle guance. Harry ricambiò i baci rigidamente, e si allontanò da mamma più in fretta possibile, comprensibilmente preoccupato dagli sguardi assassini che gli stavano rivolgendo sia Draco che papà.
« Sì, ehm… grazie. » borbottò, sistemandosi nervosamente il nodo della cravatta.
A quel punto i quattro vecchi compagni di scuola piombarono in un silenzio imbarazzato: Draco si guardava attorno come chi sta cercando il sacco di letame da cui proviene la puzza che gli ha invaso le narici, zio Harry – a giudicare dalla sua espressione avvilita – si sentiva come se il sacco di letame fosse lui, e mamma non manifestava la minima intenzione di accorgersi della presenza del suo ex marito, che dal canto suo sembrava sul punto di provare l’autoipnosi per convincersi che era tutto, solo un brutto sogno.
Decisi di intervenire, prima che qualcuno si sentisse in dovere di dimostrare che le cose potevano andare anche peggio di così. « Ciao, papà. » lo salutai, sforzandomi di sorridere.
Gli occhi di Draco si posarono su mio padre, talmente freddi che, nonostante fosse luglio, mi sembrò di sentire il gelo del ghiaccio sulla pelle, e papà ricambiò lo sguardo con altrettanto odio, senza nemmeno darsi il disturbo di guardarmi in faccia quando rispose. « Rose, come stai? »
Oh, a meraviglia. Mio padre se ne frega di me, cosa potrebbe mai turbare la mia immensa gioia?
« Bene. » risposi, con voce piatta. « Tu? »
« Bene. » disse, chinando appena il capo.
Difficile decidere chi di noi fosse meno sincero. Comunque, in quel momento, non contava un granché: mi sentivo… bhe, male, cavolo. Peggio di quando avevo beccato Scorpius e Domi a “provare magliette” (questo almeno stando alla versione del biondastro, che doveva ancora essere confermata). Perché Scorpius era un Serpeverde, era un Malfoy, ed era un rompipalle. Mentre mio padre era mio padre, e avrebbe dovuto volermi bene anche se fossi stata una criminale.
Per un attimo fui tentata di chiedergli se gli andava di accompagnarmi a mettere il regalo per lo zio in salotto, o di inventarmi una qualsiasi altra patetica scusa per restare un po’ sola con lui, ma il mio orgoglio mi trattenne: non ero io quella che avrebbe dovuto cercare di instaurare una conversazione. Non avrei nemmeno dovuto essere io a salutarlo per prima, e in ogni caso lui avrebbe dovuto stringermi in uno dei suoi calorosi abbracci Weasley, e chiamarmi con uno di quei disgustosi soprannomi zuccherosi che mi aveva appioppato quando avevo tre anni ed ero ancora troppo piccola per potermi ribellare. Potevo anche capire che quando non ci vedevamo si scordasse della mia esistenza, ma non avrei mai pensato che potesse ignorarmi con tanta disinvoltura anche quando gli stavo sotto il naso.
E a proposito di disinvoltura, zio Harry ne avrebbe davvero avuto bisogno, quando il suo dovere di oste gli impose di salutare Draco. « Allora… ehm… benvenuto, Mal… » lo sguardo ammonitore di mamma lo costrinse a simulare un potente attacco di tosse « hem… Draco. » si corresse, porgendogli la mano con estrema riluttanza.
Draco fissò la sua mano per alcuni istanti, sfoggiando un’espressione profondamente schifata, prima ti tendere lentamente la sua, e sfiorare appena la punta delle dita dello zio.
In quel preciso istante un grido attraversò il giardino, facendoci sobbalzare tutti. « Scooooooorp! » Il diretto interessato ebbe appena il tempo di impallidire, prima che Al gli si fiondasse letteralmente tra le braccia, come una specie di koala particolarmente appiccicoso. « Cavolo! » sbottò Al « Ma è tanto difficile rispondere alle lettere che ti mando? »
Le facce di Draco e Harry erano semplicemente impagabili: avevano addirittura dimenticato di sciogliere la loro ostile stretta di dita, e se ne stavano mano nella mano a guardare i due ragazzi, con gli occhi più grandi della faccia, e l’aria di chi aveva intenzione di fare un test di paternità al più presto, per scoprire chi diamine fosse il padre di quei due estranei.
Scorpius posò le mani sulle spalle di Al, e lo allontanò da sé storcendo il naso in una perfetta imitazione del padre. « Al, ti prego… » disse, arrossendo leggermente « penseranno che siamo gay… »
« Oh, se è per questo non c’è problema… » gli assicurai, sghignazzando sotto i baffi « Lo pensiamo già. »
Scorpius mi lanciò un’occhiataccia, ma non replicò. Mio cugino, al contrario, sembrò finalmente accorgersi della mia presenza, e mi salutò con uno sguardo furioso. « Anche tu, eh! » esclamò « Merlino, ma te la devo fare io la ricarica per convincerti a rispondere ai messaggi? »
Corrugai le sopracciglia, perplessa. « Me la sono fatta dieci giorni fa, la ricarica. »
« E allora, di grazia, si può sapere perché non hai risposto a uno solo dei tremila messaggi che ti ho mandato in questi giorni? »
La sua voce adirata riuscì solo a confondermi ancora di più: indubbiamente quando s’incazzava Al diventava una iena, ma di solito lo faceva solo se mi scambiava per suo fratello, o se attentavo alla salute psicofisica del suo migliore amico.
« Oh, credo di non averli neanche letti… » ammisi, cercando di ricordare quando fosse stata l’ultima volta che avevo visto il mio cellulare. Effettivamente non mi sembrava di averlo più toccato, da quando Al mi aveva dato conferma della tutto-meno-che-provvidenziale cotta di Scorpius per Dominique. « Non so nemmeno dove ho messo il cellulare… »
« Bhe, vedi di fartelo venire in mente. » sbuffò Al, squadrandomi con aria torva. « E leggi i messaggi… soprattutto i più vecchi. »
« Ok. » Lo accontentai, stringendomi nelle spalle.
Certo che ogni tanto Al è davvero strambo…
« A proposito » aggiunse, squadrandomi con aria perplessa « Cos’hai fatto agli occhi? »
E che palle, però!” « Ho sbattuto su uno spigolo. » risposi, impassibile.
L’espressione di Al si fece se possibile ancora più dubbiosa. « Con tutti e due gli occhi? »
« Prima uno e poi l’altro. » precisai.
A quel punto il mio cuginetto Serpeverde capì che non era il caso di indagare oltre, ed accettò la mia risposta in silenzio.
Harry e Draco, che avevano seguito la nostra conversazione con sempre maggior perplessità, sembrarono ricordarsi solo allora di essere ancora mano nella mano e si affrettarono ad allontanarsi l’uno dall’altro, imbarazzati. « Bene, ehm… ciao Rose, Scorpius… » ci salutò Harry. Io e Scorpius rispondemmo educatamente al saluto e gli facemmo gli auguri, dimostrando di essere almeno un migliaio di volte più civili dei nostri genitori « ehm… ora, se volete seguirmi… » borbottò lo zio, facendoci strada verso la casa. Mamma e Draco lo seguirono, mentre papà si limitò a tirare una pedata ad uno gnomo e se ne andò nella direzione opposta. Per un attimo fui tentata di seguirlo, e feci un passo nella sua direzione, ma poi cambiai idea, e mi bloccai con un piede ancora alzato in aria.
Scorpius, che sembrava essersi appena autoproclamato mio personale psicanalista, mi lanciò uno sguardo penetrante. « Va tutto bene con tuo…? »
In quel momento sentii un braccio circondarmi le spalle, e la voce di Hugo lo interruppe piuttosto scortesemente. « Ragazzi, stiamo per cominciare la riunione. » annunciò, guardando Scorpius in cagnesco per rendergli chiaro che lui non aveva nessun diritto di partecipare « Venite? »
Al si esibì in una smorfia contrariata. « Non potrebbe venire anche… »
« No. » dichiarammo io e Hugo, all’unisono. Il suo braccio si serrò con più forza attorno alle mie spalle, e non ebbi bisogno di guardarlo negli occhi per sapere che stava tentando di assassinare Scorpius con lo sguardo. « Ah, era implicito, Malfoy » aggiunse « ma tanto per essere sicuri… prova a dare fastidio a mia sorella e ti uccido. »
Hugo era di un anno più piccolo, ma era solo poco più basso di lui, e decisamente più robusto. Conoscendo Scorpius mi sarei aspettata che si preoccupasse maggiormente di salvarsi la vita, piuttosto che di difendere la sua inesistente immagine di uomo figo e sprezzante del pericolo. Ma infondo quando mai Scorpius si era comportato come avevo previsto?
Il biondastro in questione, infatti, inarcò un sopracciglio con aria strafottente. « Dovrei avere paura, Weasley? » chiese, sfoderando una voce strascicata fastidiosamente simile a quella del padre.
« Sì, dovresti. » replicai, lanciando un’occhiata velenosa all’ “uomo figo e sprezzante del pericolo” della situazione. Scossi la testa e presi Hugo per il braccio, trascinandolo verso la porta che si apriva sul retro della casa. « Andiamo. »
Nessuno poteva trattare male il mio fratellino. A parte la sottoscritta, naturalmente.
Mentre ci inerpicavamo su per le strette scale della Tana, tanto per ribadire quanto appena detto, gli tirai una spinta, mandandolo a sbattere contro il muro. « E comunque cosa ti fa pensare che se Scorpius mi desse fastidio non sarei capace di difendermi da sola? » chiesi.
Hugo ridacchiò, e mi scompigliò i capelli. « Naturalmente volevo dire che, dopo che tu lo avresti ucciso con una mossa di Karate, lo avrei resuscitato per ucciderlo una seconda volta. » rettificò.
Sorrisi. « Così va meglio. »
Adoravo mio fratello: era l’unica persona al mondo che potesse permettersi di essere iperprotettiva nei miei confronti senza insultare il mio orgoglio di cintura nera di Karate. Anche se naturalmente un po’ di scena dovevo farla, tanto per salvare le apparenze.
Quando raggiungemmo la soffitta, dove si sarebbe tenuta la riunione del clan Weasley-Potter, la trovammo già piuttosto affollata: Domi si stava limando le unghie seduta su un vecchio baule, Lily e Louis, gli unici che avessero avuto il coraggio di sdraiarsi sui due centimetri di polvere che ricoprivano il pavimento, stavano ridacchiando davanti ad un vecchio album di foto, Roxanne stava invano tentando di aprire la mente di Lucy a tutta la magnificenza del Quidditch (e del Puddlemore United… mai capito perché tifasse quella squadraccia…), mentre Molly stava trapanando i gingilli di Fred con uno dei suoi soliti discorsi sulla responsabilità e sul buon senso.
Sorrisi, vagamente stupita. « C’è anche Molly? »
Hugo alzò le spalle. « Ci ha sgamati, e ha deciso che è suo dovere controllare che non combiniamo nessuna cazzata. »
Tipico di Molly.”
Era anche abbastanza tipico che i nostri cugini, troppo presi dai fattacci loro, non si fossero nemmeno accorti della nostra presenza. Per un attimo fui tentata di approfittare della situazione e tirare dritto per la mia strada fingendo che Dominique non esistesse, ma poi ricordai che era con Scorpius che ce l’avevo (o perlomeno, che avrei dovuto avercela) e mi costrinsi ad andare a salutarla. Perché io volevo bene a mia cugina, no?
“… fammi pensare… NO.”
« Domiii! » esclamai, sfoderando un sorriso entusiasta « Che bello vederti! »
L’abbracciai e le stampai due sonori baci sulle guance, nonostante il modello di Calvin Klein stesse protestando furiosamente, sventolando uno striscione su cui campeggiava la scritta “Dominique al rogo!”.
Domi mi piantò la lima per unghie sul naso, costringendomi ad allontanarmi, e mi lanciò un’occhiata penetrante. « Rose, cos’hai bevuto? »
Io voglio bene a Dominique, io voglio bene a Dominique, io… no che non le voglio bene, cavolo! Certo, infatti l’adoro!
… non esattamente, ma costrinsi il mio sorriso bugiardo a restare al suo posto. « Non ho bevuto niente, perché? » chiesi « È solo che sono contenta di vederti… ti voglio bene, sai? »
Domi sbuffò e mi piantò addosso uno sguardo infastidito. « Qualunque problema mentale tu abbia, oggi non è giornata. »
Vedi, è odiosa!” urlò il modello, nella mia testa. “E tu sta’ zitto!” Merlino, da quando aveva cominciato pure a parlare? Decisi di ignorarlo e di fingermi interessata ai problemi di Domi, chiedendole come mai non fosse giornata, ma la risposta a tutti i miei dubbi entrò nella soffitta in quel momento, sotto la forma di un’esaltatissima Kathie seguita da un altrettanto avvilito James.
Domi sibilò qualcosa di semplicemente irripetibile. Io mi trattenni nei limiti del non censurabile, e mi limitai a sollevare entrambe le sopracciglia. « Kathie, cosa ci fai qui? »
Kathie mi rivolse un sorriso che emanava gioia da tutti i denti, dai buchi tra i denti e persino dalle gengive. « Oh, ciao, Rose. Io e James ci siamo messi assieme, non lo sapevi? »
Lanciai uno sguardo perplesso a James, che se ne stava dietro la sua nuova ragazza come un depresso barboncino al guinzaglio. « Dev’essermi sfuggito… » commentai.
Domi emise un sibilo talmente ben riuscito che mi chiesi se stesse bestemmiando in Serpentese, e andò a sedersi dalla parte opposta della soffitta, accanto a Molly e Fred. Kathie, accecata dalla gioia per la sua nuova relazione con James, o dalla congiuntivite, o magari da una maledizione che le aveva lanciato Domi di nascosto, non si accorse nemmeno della palese incazzatura di mia cugina, e continuò a sorridere come Hagrid davanti a un uovo di drago. « È stupendo, vero? »
Probabilmente avrei usato un aggettivo un po’ meno entusiasta per descrivere l’imminente morte di una coppia di fidanzatini per mano di una bionda con ascendente Veela, ma non ritenni di doverglielo comunicare. Kathie mi rivolse il trentacinquesimo sorriso nel giro di mezzo minuto e mi superò. James la seguì, trascinando i piedi come un bambino che segue la mamma fuori dal parco giochi, con la differenza che il suddetto bambino non avrebbe tirato una spallata così violenta all’innocente cugina. « Ti uccido… » sibilò.
E non dubitai che lo avrebbe fatto, se fosse sopravvissuto alle ire di Dominique. Ma non sarebbe sopravvissuto – mi dissi subito dopo, quando l’idiota decise di andarsi a sedere accanto all’unica persona all’interno di quella stanza che stesse tramando il suo omicidio. E vorrei sottolineare il fatto che, con questa brillante mossa, riuscì anche ad attirarsi le ire di Kathie.
Geniale, davvero.
Domi, non appena James posò le chiappe accanto a lei, lo fulminò con una delle sue occhiatacce assassine meglio riuscite. « Che vuoi? » domandò, brusca.
James si voltò verso di lei, vagamente perplesso. « Voglio sedermi… non posso? »
« No. » tagliò corto lei « Non c’è abbastanza posto per me, te e Kathie. » pronunciò il nome della ragazza come se fosse stata una marca particolarmente scadente di carta igienica riciclata.
L’espressione di James a questo punto era paragonabile solo all’espressione che lui stesso avrebbe potuto assumere davanti a una copia del galateo. « Oh… ma Kathie è seduta su quella sedia vicino all’armadio, non la vedi? »
« Dovresti andare a sederti vicino a lei, allora. » lo freddò Domi, tornando a dedicarsi alle sue unghie per rendere chiaro che quella conversazione finiva lì. James non parve molto contento della piega che avevano preso le cose, ma non gli restò altro da fare che obbedire all’ordine e trascinarsi mestamente dalla sua ragazza.
Dopo quella scenetta, la soffitta piombò in un silenzio imbarazzato. Stavo per dire qualche cazzata tanto per rompere il ghiaccio, ma il disturbo mi fu risparmiato da Al, che spalancò la porta portandosi dietro un disturbo ben più grosso, alias Scorpius Malfoy.
Il modello depose immediatamente lo striscione che inneggiava alla morte di Domi e cominciò a dimenare il bacino sventolandosi sopra la testa un cappello da cowboy. La parte razionale del mio cervello, invece, non era così contenta di vederlo. Anzi, non era contenta proprio per niente: io dovevo dimenticare Scorpius, per la miseria!
Mi alzai in piedi di scatto. « Al! Avevamo detto che lui » accompagnai quella parola puntando un dito accusatore in direzione del biondastro « non poteva venire! » sbottai.
Al mi lanciò una delle sue classiche occhiatacce della serie “brutta Grifondoro razzista!” e chiuse la porta alle spalle di Scorpius prima che il codardo potesse darsela a gambe. Ora che si trovava in mezzo a una decina di Weasley tutti più o meno ostili non faceva più lo spavaldo, il signor “uomo figo e sprezzante del pericolo”.
« Avevamo detto niente estranei alle riunioni per l’operazione LSD! » gli ricordai.
« Anche Kathie è un’estranea, però per lei non hai fatto problemi. » mi fece notare Al, freddo.
« Comunque non sei tu che devi decidere chi invitare alle riunioni. » intervenne Hugo « Questo è un problema mio e di Rose, e quindi decidiamo noi. »
Fratellino, l’ho già detto che ti amo?” Al aprì la bocca ma, non trovando nulla da ribattere, la richiuse, e mise il broncio.
Sorrisi, soddisfatta: se decidevamo io e Hugo non c’era problema, Malfoy sarebbe stato fuori da quella porta entro mezzo secondo. Incrociai le braccia, sentendomi potente.
« Kathie resta e Malfoy se ne va. »
« Kathie se ne va e Malfoy resta. »
Io e Hugo siamo proprio una squadra stupend… un secondo, cos’ha detto?” Mi voltai verso mio fratello, scandalizzata, mentre il modello mi faceva il gesto dell’ombrello e si metteva a dimenare il bacino con rinnovato entusiasmo.
« N… non puoi fare sul serio… » balbettai.
Hugo mi rivolse uno sguardo di scuse. « Se dipendesse da me non avrebbe nemmeno dovuto mettere piede in questa casa, ma obiettivamente Malfoy è nella merda tanto quanto noi, e credo che abbia il diritto di sapere. Mentre Kathie – senza offesa » si affrettò a dire, voltandosi verso di lei « con questa storia non c’entra un emerito cavolo. »
Della serie: viva la coerenza… chi era che fino a cinque minuti fa minacciava di ammazzare Malfoy?
Hugo alzò gli occhi al cielo. « Sì, lo so quello che ho detto prima, Rose, non fare quella faccia. Ma ci ho pensato, e potrebbe essere un informatore prezioso. In fondo sono solo affari, nessuno ha detto che dobbiamo volergli bene, no? »
« Bhe, io dico di no. » dichiarai, ostinata « Come la mettiamo, adesso? »

 

***

 

Venti minuti dopo, neanche a dirlo, ero appollaiata su un vecchio divano mezzo sfondato, spiaccicata tra Scorpius ed Al (ovviamente era stato lui a scegliere quella sistemazione, e in modo altamente antidemocratico, se vogliamo dirla tutta), Kathie era stata sbattuta fuori senza tanti complimenti, con somma gioia di Domi e – sospettavo – anche di James, ed io avevo completamente rivalutato l’opinione che avevo del mio caro fratellino.
Il modello, al contrario, aveva deciso di passare all’altra sponda per sposare Hugo e Albus, dal momento che era per colpa di quei due se al momento mi trovavo praticamente in braccio a Scorpius.
Merlino, si può morire di vergogna?” O anche per il troppo fermento degli ormoni, a seconda.
Scorpius si era tolto la giacca (cosa del tutto comprensibile, visto che fuori c’erano ventisette gradi all’ombra) e si era arrotolato la camicia azzurro pallido fino a dove la stretta stoffa delle maniche lo permetteva, scoprendo l’avambraccio e una parte del bicipite (non molto sviluppato, per fortuna. Da quando aveva tagliato i capelli e aveva smesso di portare gli occhiali distinguerlo dal modello stava diventando sempre più difficile…). E io, da brava cretina, me ne stavo con il braccio spiaccicato contro il suo, e più pensavo al calore della sua pelle sulla mia, più il mio cuore si metteva a battere in modo totalmente anarchico. Durante tutta la sintesi dell’operazione LSD che Hugo aveva fatto a beneficio di Scorpius, non avevo fatto altro che studiare i peli biondi e sottili del suo avambraccio, con l’ovvio risultato che adesso smaniavo dalla voglia di accarezzarli con la punta delle dita.
Idiota.
Le nostre mani erano così vicine che, per non toccare la sua, ero costretta a tenere il polso piegato in una posizione decisamente fastidiosa. Merlino, mi sarebbe bastato rilassare il polso e la mia mano sarebbe scivolata sulla sua… quanto sarebbe stato bello ascoltare le ciarle dei miei cugini tenendolo per mano? Non chiedevo che lui mi parlasse, e nemmeno che mi guardasse. Anche solo tenerci per mano, ognuno per le sue, ma allo stesso tempo uniti da quel legame così intimo e dolce, sarebbe stato…
Orribile, Rose. Orribile, sdolcinato e disgustoso. E poi ci terrei a ricordarti che il grande amore della tua vita sbava dietro a tua cugina.”
Oh, fanculo a tutto! Non ce la facevo proprio a non pensare a Scorpius e a voler bene a Dominique. E il polso, in quella posizione, faceva davvero male…
Avevo quasi trovato il coraggio di sfiorare le sue dita con le mie, quando la voce di mio fratello mi riportò bruscamente alla realtà, quella in cui se io avessi tentato di prenderlo per mano Scorpius mi avrebbe schiantata. Sobbalzai, e mi affrettai a stritolarmi la mano tra le cosce, per non rischiare di cadere in tentazione.
« Allora, Malfoy » intervenne Lily, sostituendosi a Hugo nell’interrogatorio « ci sarà qualcosa che tuo padre odia con tutto sé stesso… »
Scorpius annuì. « Sì, bhe… tu, tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi zii, i tuoi nonni, i Babbani… »
« I babbani hai detto? » chiese Hugo, interrompendo Scorpius all’inizio di quella che probabilmente sarebbe stata la lista più lunga della storia. Quando incontrai lo sguardo di mio fratello, acceso da una scintilla malandrina, non potei impedire che un sorriso cospiratorio mi si dipingesse sul volto. Hugo sogghignò. « Pensi anche tu quello che penso io, sorellina? »
« Oh, bhe, non saprei… stavo solo pensando che sono secoli che non andiamo a trovare i nonni Granger… »

   
 
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