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Autore: Angele87    12/12/2005    39 recensioni
Dove abbiamo lasciato i nostri eroi? Il momento che stavano vivendo sembrava tranquillo e felice... Era tutto un'illusione. La lotta tra male e bene non si è mai conclusa, la partita non è ancora finita. I nostri eroi sono qui per riprendere da dove avevano lasciato. Chissà cosa li aspetterà? Io tremo per loro, voi?
Genere: Avventura, Azione, Dark, Drammatico, Generale, Mistero, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DAAB II

DAAB II

.::La partita non è finita::.

Tutti i personaggi della mia ffc sono di proprietà della Rowling (a parte qualcuno), quindi, ringrazio questa grande donna per averci regalato con i suoi libri un mondo meraviglioso, quello di Harry Potter…

Io ho terminato, buona lettura

Angèle

* le parti in corsivo (come in tutte le ffc) sono ricordi….  

 

 

 

Dedicato a: DeepDerk, Marilia, Nightmare, Sab, Sarriketta Malfoy,Daphne, Pyros Ikari,* July@*, Pink, Rachele 90, **ginny**, Clo87, Sunny, Vale, Edvige, Lulu, Cloudy, Phoebe80, Karry, Avana Kedavra, Bambolina, Ruka 88, Maga Magò, Sillina, Karmensita, Daffydebby, Angela.

 

 

-Chap 1: Riprendiamo i contatti…-

 

 

Draco Malfoy era disteso su una coperta nel parco di NewFreedom.

Le braccia incrociate dietro la testa a mo’ di cuscino ed il chiarore delle stelle gli faceva compagnia. 

I capelli biondi leggermente più corti rispetto a tre anni prima ed un leggero inizio di barba, su quel viso perennemente serio ed affascinante, conferivano a quell’auror, ormai venticinquenne, un’aria decisamente più matura e spavalda che molte donne avevano dimostrato di apprezzare.

Sorrise inconsciamente, quando la testolina nera appoggiata sul suo petto iniziò a muoversi a piccoli scatti.

Il dolcissimo odore di pesche e di mandorle gli stuzzicò il naso, facendogli muovere la mano che teneva blandamente appoggiata sulle spalle della giovane verso il suo capo in una carezza stramaledettamente leggera.

 

La bruna si sciolse in quel contatto, come le succedeva sempre e, senza aspettare oltre, lo strinse forte a sé, tuffando il naso nella maglia dell’uomo che amava ormai da troppo tempo in silenzio.   

Draco rispose a quella tacita richiesta d’affetto, baciando la fronte della ragazza.

 

-Dormito bene, principessa?- le chiese mentre appoggiava la testa su quella di Mary Anne.

 

La ragazza sorrise prima di sospirare soddisfatta. –Diciamo che sei comodo.-

 

Draco ridacchiò, issandosi a sedere per sgranchirsi la schiena.

Gli occhi grigi vagarono sul volto elegante e delicato di Anne.

Le passò dolcemente una mano tra i capelli prima di posarle un bacio sulla fronte.

 

-Solo comodo?- le disse con un accenno di risentimento nella voce.

 

-Anche profumato…-

 

Draco rise, passando un dito sul nasino leggermente all’insù della bruna.

Gli occhi azzurri espressivi brillavano tremuli alla tenue luce di un lampioncino dietro di loro, le labbra carnose e ben disegnate erano atteggiate in un mezzo sorriso che Draco semplicemente adorava con tutto se stesso. Represse un forte istinto di chinarsi su di lei e rubarle un lungo ed intenso bacio come faceva da troppo tempo nei suoi sogni più nascosti.

 

Anne aveva continuato a fissarlo: ghiaccio contro mare, ebano contro oro. Avrebbe tanto voluto issarsi leggermente sulla sua schiena e ridurre al minimo lo spazio che separava i loro corpi. Sapeva che Draco le voleva bene ma non riusciva a capire quanto. Desiderava ardentemente fare chiarezza nel loro rapporto  aveva, però, paura di rovinare tutto. Così, taceva, ingoiando nel più intimo il batticuore che l’assaliva ogni qual volta Draco la guardava.

 

Le stelle scintillarono brevemente sopra di loro, ammiccando ai due giovani e facendoli destare da quel silenzio che era calato.

 

-Sarà meglio tornare!- Draco fu il primo a risvegliarsi; scostò un po’ la frangia dagli occhioni di Anne, tirandosi in piedi. Le porse una mano gentile e l’aiutò a rialzarsi.

 

La donna inciampò nei suoi piedi e finì tra le braccia del ragazzo che fu più che felice di tenerla stretta a sé.

Respirarono entrambi la fragranza che emanavano, sorridendosi.

 

-Stai bene?-  le chiese Draco, accarezzandole con una mano tutta la schiena. Sentiva le morbide e proporzionate forme di Anne schiacciate contro il suo corpo, facendolo sentire in paradiso.  

 

-Sì…- Anne si distaccò con riluttanza, rimettendosi in piedi da sola.

 

Recuperarono la coperta, piegandola con cura insieme.

Un gioco di sguardi e di mezzi sorrisi li fece arrossire e quando si avvicinarono per ultimare la piegatura del plaid qualcosa successe: Anne si era accostata così tanto a Draco che lui riusciva a contare le pagliuzze verdi presenti nei suoi occhi; aveva sentito il calore della ragazza propagarsi sul suo corpo e la voglia di averla, di poter sfiorare almeno per una volta quelle labbra non l’aveva più fatto ragionare.

Si era chinato con lentezza e gentilmente le aveva rubato un bacio: labbra morbide e vellutate avevano accolto le sue più sottili e ruvide, la timidezza della risposta uguagliava la sfrontatezza della domanda, la voglia di sparire l’uno nelle braccia dell’altra era tenerissima.

 

Ad un tratto, però, qualcosa s’interruppe.

Draco aveva provato una strana sensazione nel baciarla: un profondo calore gli aveva invaso il cuore, si era  sentito felice e tranquillo… e inappropriato.

Lui, Draco Thomas Malfoy, non poteva essere felice. Ebbe paura e, senza troppo pensarci, si distaccò con poca gentilezza, arrossendo.

 

-Scusami. E’ stato un errore.-

 

Poche parole dette con freddezza ed Anne vide il suo mondo crollarle addosso. Sbatté le palpebre un paio di volte nel tentativo di riprendersi da quel torpore accogliente e rituffarsi in un mondo che non le stava di certo sorridendo.

 

-Un… un errore?- chiese con la voce che le tremava leggermente.

 

Draco si strinse nelle spalle. Aveva una voglia matta di stringerla di nuovo a lui e farle capire che quello che stava dicendo era solo una sciocchezza. Ma si trattenne, come un vero auror. Rimase impassibile, freddo, insensibile.

 

-Per me sei solo un’amica…-

 

Bugia. Menzogna. Balla. Frottola.

Sentì nel suo cervello rimbombare tutti i sinonimi che la lingua inglese aveva per esprimere il concetto di una cosa non vera. Falsa.

Draco non riusciva a considerare Anne come un’amica da quel lontano periodo in cui era diventato babbano.

 

Anne non poté evitare ai suoi occhi di riempirsi di pianto. Il labbro inferiore le tremava leggermente ma non permise ad una sola lacrima di sgorgare e rigarle le guance ancora rosse.

Inghiottì il magone e sorrise come aveva sempre fatto per nascondere i suoi veri sentimenti.

 

-Sì. Hai ragione. Non siamo fatti per stare assieme.- Ogni parola una stilettata al cuore. Perché doveva mentire così?

Sospirò e raccolse la sua borsa dal prato. –Beh, allora, andiamo?-

 

Draco dovette camminare dietro di lei lungo la strada, nel vano tentativo di tornare di un umore allegro. Osservò quelle piccole spalle alzarsi ed abbassarsi ad un ritmo troppo veloce ed allora capì ed abbassò lo sguardo.

Mary Anne stava piangendo per colpa sua.

 

***

 

Il soggiorno di una grande casa alle porte della piccola periferia di NewFreedom era in penombra. Sul tavolo poco distante dal divano di fronte il camino, c’erano gli avanzi di una pizza e due coche.

La lampada dalla luce arancione era accesa, lanciando ombre  sul sofà dove qualcuno si stava muovendo in modo piuttosto ambiguo.

 

Maggie era completamente appiccicata alla faccia di un ragazzo dai capelli color melanzana.

Le mani giovani ed attive più che mai vagavano sulle spalle ampie e muscolose di TJ.

Gli stava accarezzando con trasporto la base del collo, mentre con dolcezza gli mordicchiava le labbra.

 

TJ la teneva stretta a sé, inebriato del suo profumo e troppo preso a capire, attraverso l’uso delle dita, quale modello di biancheria intima stesse indossando la sua ragazza in quel momento per pensare ad altro. Sembrava piuttosto infastidito dalla stoffa pesante dei jeans di Maggie e quando la porta d’ingresso si aprì, nessuno dei due ci prestò attenzione.

 

-Al piano di sopra c’è una minorenne che sta dormendo…-

 

Una voce calda, graffiante e leggermente bassa li fece sobbalzare: TJ si ritrovò sul pavimento, faccia contro il tappeto, mentre Maggie aveva preso a passarsi una mano tra i capelli, completamente rossa in viso.

 

-Anche se adesso siete maggiorenni non potete dare spettacolo a questo modo…- continuò a riprenderli quella voce così famigliare.

 

-Noi veramente…- cercò di spiegare il povero TJ, togliendo la faccia dalla polvere.

 

L’uomo a cui apparteneva la voce scoppiò a ridere, facendosi avanti nella stanza e chiudendo la porta.

I capelli rossi leggermente spettinati dal vento, la faccia pulita e lo sguardo limpido come un cielo terso. Il fisico asciutto e muscoloso, quel sorrisetto furbo ed inimitabile stampato sulle labbra. Ronald Weasley, un nome ed una garanzia che pochi potevano dare: un amico leale, un amante appassionato, una persona irruente.

 

O l’amavi o l’odiavi.

 

-Ron…- continuò Maggie quando l’uomo si fu seduto sulla poltrona accanto al divano. –Ci hai fatto prendere un colpo. Pensavamo fossi…-

 

-Tuo padre?-  concluse per lei Ron, addentando un pezzo di pizza avanzato in uno dei due piatti sul tavolino.

 

TJ lo guardava a bocca aperta. Aveva ancora le orecchie rosse e si vedeva lontano un miglio che era imbarazzato.

 

-No, Draco.- rispose Maggie dopo aver lanciato un’occhiata in tralice al suo fidanzato che stava ancora seduto sul pavimento con i capelli sconvolti.

 

Ron annuì con la testa senza slancio, continuando a masticare. –Capisco…- disse dopo aver inghiottito il boccone.  Si guardò intorno incuriosito.

 

-Incredibile come passino gli anni e questa casa resti uguale a quel periodo. Ci sono persino gli stessi mobili.-

 

-Ci siamo affezionati…-

 

Ron annuì, accavallando le gambe.

TJ si rimise in piedi, prima di accomodarsi sul bracciolo del divano accanto a Maggie.

La ragazza aveva i primi 4 bottoni della camicetta aperti ma non pareva essersene accorta.

Ron la guardò per un breve momento prima di scuotere la testa.

 

-Abbottona le tue vergogne…- disse il rosso in un soffio.

 

Maggie divenne bordeaux e con un rapido gesto delle mani iniziò a serrare la camicetta sul  petto.

TJ era scoppiato a ridere e lei gli aveva lanciato un’opportuna occhiataccia.

 

 -Scemo.-

 

Calò un improvviso quanto insolito silenzio ed il rumore dell’orologio, appeso alla parete, riecheggiò brevemente nella sala.

Una bollicina di gas  partì dal fondo del bicchiere e raggiunse in un vorticoso giro su se stessa la superficie della coca; scoppiò in un impercettibile rumore che risvegliò i presenti.

 

-Non farai la spia, vero?- TJ aveva le orecchie rosse e sembrava ancora imbarazzato.

 

Ron li guardò.

Per un breve istante, gli balenarono nella mente le immagini di due ragazzini un po’ più giovani che gli avevano tirato su il morale quando lei era andata via.

Sospirò, facendo loro un breve occhiolino. –Vorrei…- sorrise furbo e complice. –Ma non lo farò.-

 

Maggie si rilassò visibilmente, scoppiando a ridere e TJ sgonfiò le spalle che aveva tenuto in tensione.

 

-Bene!- esclamò la biondina. –Appurata questa bella notizia, vuoi dirci qual buon vento ti porta qui?-  

 

-Ehm…- Ron si grattò la testa. –Sinceramente non lo so.-

 

Se si fossero trovati in un cartone animato, in quel momento, una bella goccia sarebbe apparsa sulle loro teste.

Maggie inarcò i sottili sopracigli biondi mentre osservava Ron mangiucchiare ancora gli avanzi delle loro pizze. Rimase in silenzio per un po’ prima di capire.

 

Doveva essersi sentito solo a casa sua.

 

Harry e Ginny si erano trasferiti in una casa più piccola nella periferia opposta a quella dov’era situata la Tana. Con un bimbo piccolo e l’imminente matrimonio alle porte, avevano deciso di anticipare le prove della convivenza.

Ron era stato pregato da entrambi a seguirli nella nuova casa, ma il rosso aveva rifiutato: non voleva essere di troppo.

 

-Vieni.- disse Maggie, alzandosi. –In cucina, c’è un altro po’ di pizza.-

 

-Ma no. Non ti preoccupare.- l’uomo era arrossito appena sulla punta delle orecchie.

 

-Scommetto che hai bruciato la cena.- TJ intervenne nella discussione, mettendosi in piedi a sua volta. –Quindi non fare complimenti e vieni in cucina, tra un po’ dovrebbero essere qui anche Anne e Draco.-

 

Ron aveva le orecchie rosse, ma non ribatté. Seguì i ragazzi in cucina e, dopo un paio di pezzi di pizza, parlò di nuovo.

 

-Scusatemi per l’interruzione.- si ripulì le labbra con un tovagliolo. –Oggi mi sentivo particolarmente solo.-

 

Ron si era riconosciuto diverse volte uno stupido a confidarsi e lasciarsi tirare su da due ragazzini. Aveva provato anche a parlare con gli altri: Harry, Ginny, Draco ed anche Anne. Loro erano degli amici fantastici che dopo aver ascoltato i suoi problemi cercavano di dargli buoni consigli ma lui non voleva nessun suggerimento. Aveva solo bisogno di essere ascoltato. Così, in principio, aveva iniziato a raccontare i suoi problemi al suo adorabile nipotino, Edward, mentre lo cullava o lo imboccava. Era stato un buon ascoltatore, silenzioso e buffo, poi, però, sua sorella l’aveva sentito e gli aveva proibito di traviare la mente del bambino contro di lei, la donna più perfetta che il genere umano avesse avuto il piacere di conoscere.

 

-Tu non sei solo…- Maggie era scivolata silenziosa sulle gambe di Ron e l’aveva abbracciato così stretto, da farlo sentire immediatamente meglio. –Ci siamo io e TJ.- la biondina si era scostata leggermente dall’uomo che l’aveva guardata con gratitudine.

 

-I nipotini non lasciano solo lo zio preferito…- TJ fece un breve occhiolino in direzione di Ron che sospirò.

 

-Vi ringrazio, picciotti…- il rosso sorrise loro, facendoli ridere. Aveva visto un film sulla mafia e da allora usava quel nomignolo per chiamare i due ragazzi.

 

-Zio Ron?- sulla soglia della porta con la sua vestaglia rosa c’era Lily; era cresciuta, tanto.

I capelli ricci erano molto lunghi, arrivandole alla schiena; non era più paffuta e tonda come tre anni prima; era magrolina e molto bella, assomigliava tanto di più ad Anne e Maggie in quel momento.

 

-Lily…-

 

La bambina trascinò i sui piedini inciabattati fino alla sedia dove era seduto Ron. Si stropicciava gli occhi grandi e particolari, mentre stringeva al petto il suo orsacchiotto.

Maggie si alzò dalle gambe del rosso, scompigliando i capelli della sorella minore.

 

Ron strinse a sé Lily che si era sporta in alto per salutarlo. La sistemò sulle sue gambe appoggiando la testa sulla sua piccola spalla.  –Ti abbiamo svegliato?- le domandò, accarezzandole con fare protettivo la schiena.   

 

Lily scosse la testa. –No, ho fatto un brutto sogno…- 

Maggie si fece avanti, prendendole il viso tra le mani. Ogni volta che Lily aveva degli incubi c’era sempre di cui preoccuparsi. -Cos’hai sognato?-

 

La bambina ci rifletté. Sembrava non ricordasse tutto con chiarezza. –Il nulla.-

Ron sentì Lily rabbrividire ed immediatamente le passò una mano sulla testa.

–Io e nient’altro. Bianco e nero si alternavano, creando il nulla. Io non esistevo, però sapevo di esserci… Mi sentivo vuota, leggera ed ho avuto paura…-

 

Gli occhi della bambina si erano riempiti di lacrime e tutti rividero il terrore in quelle iridi così calde e particolari.

–Stai tranquilla.- Ron la sollevò, girandola verso di sé. La strinse in un abbraccio paterno, cercando di acquietare quei singhiozzi che inesorabili avevano iniziato a riempire la stanza con il loro rumore.

 

TJ e Maggie si lanciarono un’occhiata, capendosi al volo. Entrambi temevano che qualcosa di antico e terribile si stava risvegliando e che, ben presto, le loro vite sarebbero state di nuovo sconvolte.

 

***

 

Un lampo squarciò il cielo, prima trapuntato di stelle.

Quel temporale, estivo ed improvviso, era scoppiato inaspettato sulla piccola villa alla periferia di Londra, dove Harry Potter e Virginia Weasley convivevano.

La pioggia aveva preso a scendere senza sosta sulle tegole rosse e le gocce scivolavano con tristezza giù lungo i vetri delle finestre.

Nella casa c’era un insolito quanto piacevole silenzio, interrotto, di tanto in tanto, dai rintocchi silenziosi dell’orologio a pendolo.

 

-Cosa dici di queste stoffe qui?- la voce allegra e pimpante della bella rossa di casa, arrivò ovattata dalla camera da letto.

 

Era stesa sul letto, insieme ad Harry.

Stavano visionando la stoffa per i vestiti delle damigelle . O meglio lei visionava la stoffa mentre Harry cercava di tenersi sveglio, baciandole con trasporto il collo mentre con le mani le tormentava la pelle sotto la maglia di cotone.

 

-Harry James Potter vuole smetterla di tormentarmi e darmi una mano con queste stoffe?-

Virginia si era girata verso Harry con un’espressione falsamente scocciata.

Il bruno aveva sbuffato, staccandosi leggermente dalla pelle morbida e profumata di ciliegia della sua compagna.

-Scusami…- disse, tirandosi a sedere ed incrociando le gambe l’una sull’altra. –E’ colpa tua che hai questo profumo di ciliegia che mi viene voglia di morderti…-

 

Ginny scoppiò a ridere, respingendo agilmente un secondo attacco dell’uomo. Scese dal letto, mettendosi in piedi ad una distanza di sicurezza.

–Non dare la colpa a me della tua indisciplinatezza.- I suoi occhi celesti vagarono sulla figura accovacciata del suo quasi marito: i capelli neri corti ed arruffati, gli occhi verdi leggermente più scuri e quella canotta bianca che aderiva a quel fisico statuario e faceva contrasto con la sua pelle abbronzata, unico ricordo della recente vacanza trascorsa al mare.

 

Ginny si ritrovò ad arrossire cosciente degli strani pensieri che le erano balenati in mente, guardando Harry.

Il bruno si alzò a sua volta, avvicinandosi pericolosamente a lei. Aveva notato lo strano rossore su quelle guance solitamente pallide ed un sorriso era affiorato sulle sue labbra.

 

-Arrossisci per i tuoi pensieri, piccola Ginny?-  Harry si era avvicinato così tanto a Virginia da incastrarla contro il muro alle sue spalle. Aveva appoggiato le mani dietro la rossa, bloccandole ogni via di fuga.

 

-Non sono arrossita…- rispose lei, abbassando lo sguardo ed assumendo un atteggiamento da bambina.

 

-Ah, no?- Harry le sfiorò le guance con le labbra, facendola rabbrividire. –Allora, perché sei calda qui?-

 

Virginia aveva gli occhi socchiusi ed aveva iniziato a trattenere il respiro.

–Non lo so…- rispose in un soffio, prima che l’uomo le catturasse possessivamente le labbra rosse.

Era da tanto tempo che non riuscivano ad avere attimi di intimità: tra il bambino ed i preparativi per il matrimonio la loro vita privata si era ridotta all’osso.

 

-Buono. Sai di vaniglia…- le disse Harry, afferrandola per la vita e tirandosela in braccio.

Ginny rise troppo forte, soprattutto quando la buttò sul letto e le si sdraiò un po’ sopra.

 

-Presa…- le sussurrò, accarezzandole i capelli.

Era così bella con le guance rosse e l’aria smarrita; gli occhi leggermente lucidi e quei capelli rossi che disegnavano venature incantevoli sul bianco del lenzuolo.

Si chinò su di lei, rubandole un altro bacio.

 

Il cielo fu squarciato da un lampo, seguito a ruota da un tuono che fece vibrare i vetri delle finestre.

Harry e Ginny non ci badarono molto, troppo presi a togliersi i vestiti. Non si accorsero del cigolio della porta che si apriva e di un rumore ovattato di passetti percorrere la distanza che separava l’intruso dal loro letto matrimoniale.

 

-Tabo-tabo.-

 

Ginny scaraventò, con un movimento brusco delle gambe, Harry sul pavimento. Si rassettò velocemente la maglia ed il jeans, già in parte sbottonato.

 

-Edward…- disse, scendendo dal letto e prendendo in braccio il bambino.

 

Harry si rialzò leggermente ammaccato dal pavimento; aveva sbattuto in malo modo il gomito, facendosi male. Nemmeno durante gli allenamenti da Auror, gli era mai capitato di ferirsi.

 

-Che hai, amore?- Ginny aveva totalmente ignorato il suo povero quasi marito, dedicando la sua attenzione al piccolo di casa.

Era sempre così, Virginia era una mamma fantastica. Per Edward, avrebbe volentieri camminato sui carboni ardenti.

Harry alcune volte si ritrovava ad essere un po’ bonariamente geloso del suo adorato campione. Gli mancavano quei momenti in cui tutta l’attenzione di Ginny era stata per lui.

 

-Tabo-tabo paura…- rispose il piccolo Eddie.

 

Harry accarezzò il braccio paffuto del bambino, facendolo voltare verso di lui.

–Il mio campione non deve aver paura…- 

 

Edward si sporse verso suo padre, per il quale aveva una venerazione.

–Tabo-tabo papà.- esclamò, mentre Harry lo tirava in collo.

 

Ginny accarezzò la schiena del bambino che aveva nascosto il visino sul petto del padre. Si scambiò un’occhiata con Harry che sospirò rassegnato.

 

-Addio, notte sfrenata di sesso…- Ginny rise contro la bocca dell’uomo che si era chinato su di lei per un breve bacio a fior di labbra.

 

-Dai…- La rossa gli accarezzò la nuca. –Se riesci a farlo addormentare in meno di 5 minuti ti aspetto in bagno per una doccia rilassante…-

 

Harry sorrise, prima di baciare con un sonoro schiocco il piccolo collo profumato di biscotti di suo figlio. –Io adoro le missioni impossibili…- e senza aggiungere altro scomparve, inghiottito dall’oscurità del corridoio.

 

Ginny sospirò mentre un sorriso infinitamente dolce le si disegnava sulle labbra.

La sua vita, in quel momento, era troppo perfetta ed aveva paura per questo.

Non aveva mai ricevuto sconti durante il suo cammino, mai un attimo di pace ed adesso temeva che un’altra terribile bufera si stesse per abbattere sulla sua vita.

 

Rabbrividì e la cicatrice che aveva sull’addome le pizzicò. Non ci fece molto caso; accadeva spesso quando il tempo stava per cambiare.

Aprì l’armadio per recuperare gli asciugamani per il loro bagno e anche lei lasciò la camera da letto.

 

Non sapeva quanto la sua sensazione fosse esatta.

 

***

 

 

Angelia si coprì il volto elegante, tirando sui capelli neri e più corti rispetto al passato, il cappuccio del mantello da strega.

La luna brillava incontrastata nel cielo notturno che intrappolava Diagon Alley in una atmosfera tetra e tranquilla. 

Il vento era fresco ed umido come quello che spirava alla fine dell’estate, carico di profumi e segreti. 

Le insegne di legno penzolavano sui negozi, producendo rumori sinistri e sgradevoli; i passi della giovane donna riecheggiavano sui mattoni della strada, ormai deserta.

 

Angelia svoltò subito dopo la gelateria di Fortebraccio, imboccando un vicolo ancora più scuro e spaventoso della inanimata Diagon Alley. Immediatamente, si sentì osservata da presenze nascoste nella soffocante oscurità, udì sospiri e bisbigli che ebbero il potere d’impaurirla ma non di scoraggiarla. Era troppo vicina al suo scopo e nulla l’avrebbe fermata.

 

Nemmeno lui.

 

Percorse il più velocemente possibile Nokturn Alley, districandosi con facilità ed esperienza nei meandri poco raccomandabili di quella via.

Diverse volte streghe dall’aria strana, l’avevano bloccata offrendole lavori indecenti che lei aveva prontamente rifiutato.

Incredibile quanta feccia potesse trovarsi in quel posto e, il sol pensiero che avrebbe potuto farvi parte anche lei, le metteva i brividi.

 

Superò, con un passo più lungo, la pozzanghera putrida che la separava dall’entrata del locale, dove aveva appuntamento con il suo fornitore. Lanciò un’occhiata agli avanzi di galera che erano seduti nel bar: bevevano grandi boccali di quella che lei sperò essere burrobirra calda ma, dalle guance rosse e dagli occhi lucidi degli avventori, capì che doveva trattarsi di qualcos’altro di molto più forte.

Sospirò, aprendo con una leggera spinta la pesante porta di legno marcito  dalle troppe piogge.

 

Un’ondata di calore e cattivo odore l’accolse, facendola desiderare di non essere mai entrata in quel posto.

La puzza di alcool e di fumo le aveva fatto salire un conato di vomito e per pochi attimi indugiò sulla soglia, senza muovere un muscolo.

Il volto le era diventato pallido e gli occhi azzurri si erano riempiti di lacrime a contatto con quella fitta nebbia maleodorante e tossica.

Si avvicinò al bancone, dove un posto si era appena liberato. Si sedette, mantenendo il cappuccio sulla sua testa.

 

-Cosa ti porto?- una barista dalla faccia ancor meno raccomandabile dei suoi clienti le si presentò davanti: aveva i capelli raccolti in una crocchia spelacchiata, gli occhi piccoli e troppo truccati; la faccia era tonda e la pelle delle guance segnata da sue cicatrici così profonde da far invidia a quella di Harry Potter.  Poggiò una mano grassoccia sul bancone consunto e sporco.

 

Angelia trattenne a stento una smorfia quando notò che le mancavano due dita.

 

-Burrobirra.- prese la porchette dove aveva il denaro. –Grazie.- mise sul tavolo una falce che sparì velocemente nella borsetta di cuoio che la locandiera aveva appesa al petto.

 

Il servizio fu veloce e ben presto un boccale fu appoggiato con poca grazia sul bancone di fronte ad Angelia che, però, non ci pensò affatto ad assaggiare la burrobirra.

 

-Che ci fa un bel fiore in questo letamaio?-

 

Angelia fece finta di non aver sentito, stringendosi maggiormente nel suo mantello viola scuro.

 

-Ehi, bel faccino mi hai sentito?-

 

Angelia udì una voce conosciuta  rispondere al suo posto. Sapeva di non doversi voltare e così fece.

 

-La signora non vuole compagnia…-

 

Ascoltò lo scocciatore cercare di ribattere ma bastò un’altra occhiata del suo salvatore per metterlo a tacere.

Passò qualche secondo e sentì una mano farle scivolare l’ultimo ingrediente nella sacca del mantello.

 

-Aggiungendolo a poche gocce, lo sdodeno* completa la tua opera…-  era una voce calda che parlò a poca distanza dal suo orecchio.

 

Angelia mise 5 falci nella mano che l’uomo le aveva allungato. –Addio…-

 

Una parola, un saluto veloce e la sua collaborazione con quello strano individuo era finita.

Si voltò di fretta, sperando di poterlo almeno guardare per una volta ma l’unica cosa che riuscì a cogliere fu un frammento del mantello nero che scompariva dietro la porta.

 

-Grazie.-

 

***

 

Draco accarezzò la testa boccolosa della bambina che aveva rimesso a letto con tanta fatica.    

I suoi occhi vagarono su quel viso addormentato, mentre una leggera ombra di preoccupazione li rendeva più tempestosi.

 

Il petto di Lily si muoveva ad un ritmo tranquillo e regolare e, nonostante questo, l’uomo non riusciva a sentirsi rilassato.

La bambina si era appena ripresa dal periodo di vigenza al San Mungo, dove i medimaghi le avevano somministrato una serie di terapie per il ristabilimento dei suoi poteri magici.

 

Draco allungò una mano per afferrare quella che la piccola aveva alzato inconsciamente. La tenne stretta, con dolcezza, tra le sue più grandi fino a quando tutto non si acquietò di nuovo.

 

-Sei troppo apprensivo con Lily…- Anne era entrata nella stanza, accovacciandosi, senza fare rumore, contro lo stipite della porta.

I lunghi capelli neri erano leggermente mossi, soprattutto verso le punte; ogni ciocca si girava su se stessa, formando un ricciolo corposo e ben definito. Gli occhi blue erano gentili, come sempre. Non c’erano sbavature di eccesso, in quel sorriso piacevole e timido.

 

Draco si voltò a guardarla, sorprendendosi piacevolmente colpito dall’abbigliamento della giovane.

Anne era carina sotto ogni punto di vista: le gambe sode ed affusolate, la vita stretta e minuta come quella di un’ape, la pelle candida e levigata che s’imporporava incantevolmente sulle guance quando s’imbarazzava.

 

Anne arrossì quando intercettò lo sguardo grigio di Malfoy e cercò di allungarsi  il più possibile la gonna del vestito estivo che stava indossando.

Draco si voltò velocemente, imporporandosi appena.

 

-Mi preoccupo il giusto e tu lo sai.-

 

La ragazza si tirò in piedi, avvicinandosi al letto  di Lily. Strinse l ebraccia sul seno, facendo un piccolo sorriso in direzione dell’uomo.

 

-Sai che adora più te che la sua famiglia?-

Draco ridacchiò. –Per famiglia intendi te stessa?-

 

Anne guardò verso l’alto con un’aria un po’ scocciata. –Sì…-

 

-Sei gelosa di me e del fatto che tua sorella mia adora…-

 

La ragazza fece una faccia scandalizzata. –No!- esclamò troppo in fretta per essere la verità. Si sedette sul letto, sbruffando, quando Draco continuò a guardarla in maniera eloquente.

 

-Va bene…- riprese, voltando appena la testa per guardarlo. –Forse un pochino…- indicò con le dita della mano un piccolo spazio.

 

Draco ridacchiò di nuovo, allargandole l’indice ed il pollice. –Facciamo così…-

 

Anne gli schiaffeggiò bonariamente la spalla. –Che scemo.- si fermò quando si accorse che gli stava parlando come se nulla fosse accaduto. Le sarebbe piaciuto se fosse stato così ma, in realtà, qualcosa era successo e, quel qualcosa, non era andato come lei sperava.

 

-I medimaghi avevano preannunciato questa serie di incubi…-  la ragazza era scesa dal letto, accucciandosi sul pavimento, poco distante dal cuscino di Lily. Aveva appoggiato la testa sul materasso, osservando, con i suoi grandi occhioni azzurri, il petto di sua sorella che continuava a muoversi con regolarità.

 

Draco si era soffermato brevemente a guardarla, mentre con la mente ritornava a qualche ora prima. Si poteva essere più stupidi di lui? Sicuramente no.

 

-Già.- disse, distogliendo lo sguardo. Contò mentalmente fino a 10, prima di parlare di nuovo. –Mi dispiace principessa…-

 

Anne alzò gli occhi un po’ arrossati. –Per cosa?-

 

Draco si sedette sul pavimento, incrociando le gambe, l’una sull’altra. –Per quello che è successo. Sono davvero desolato… sono stato uno sciocco…-

 

Il cuore di Anne aveva preso a battere talmente forte che non riusciva a sentirne più il palpito.  Aveva chinato la testa, lasciando che i suoi capelli corvini celassero il rossore delle guance.  Perché doveva sentirsi sempre così? Perché non aveva il coraggio di dire a Draco che, se per lui quel gesto non aveva significato nulla, per lei era stato importantissimo?

Lo sentiva parlare, non capendo una sola sillaba del suo discorso. Aveva chiaro solo una cosa, Draco si stava scusando per qualcosa che l’aveva resa così felice…

 

-Non importa…- disse improvvisamente, bloccando il suo flusso di pensieri.

Il biondo si fermò un po’ disorientato.

Anne aveva alzato di scatto la testa, rivelandogli quell’incarnato roseo leggermente arrossato.

 

Come faceva a resisterle? E, soprattutto, perché doveva farlo?

 

-Ho capito che per te non ha significato nulla. Non parliamone più, d’accordo?-

 

Draco la guardava ammaliato e l’unica cosa che riuscì a fare fu annuire.

Anne si chinò verso di lui, baciandogli la guancia. –Come se nulla fosse successo…- gli sussurrò all’orecchio, mentre le lacrime cercavano di uscire dai suoi occhi.

 

Malfoy le passò le braccia attorno alla vita sottile, attirandola a sé. La strinse forte, come se da quello dipendesse il destino del mondo. Rimasero attaccati, l’uno nelle braccia dell’altra, tentando forse di esorcizzare la paura, affrontandola.

 

Nessuno dei due si accorse del dolore dell’altro, del cuore che batteva e della testa che girava. Soffrirono da soli, nonostante fossero abbracciati.

Sarebbe bastata una sola parola, eppure nessuno dei due la disse.

 

 

***

Ron si trascinò verso casa, senza una gran voglia di entrarci.  Era così vuota da quando Harry e Ginny si erano trasferiti, da quando lei era andata in Bulgaria…  

Mise la chiave nella toppa  e, quando spalancò la porta, sentì la puzza di bruciato della sua cena. 

 

Nauseante.

 

Pensare che a lui cucinare piaceva.

Draco gli aveva insegnato tante ricette facili, eppure sembrava averle dimenticate.

Gettò le chiavi sulla ciotola d’argento, nell’ingresso, chiudendosi rapidamente la porta alle spalle.

In casa faceva molto caldo e l’aria era totalmente irrespirabile.

Sbruffò, mentre correva in cucina per aprire le finestre.

La pentola nel lavello faceva così tanta malinconia: bruciata o meglio carbonizzata…

 

-Ron…-

 

Si voltò di scatto e, per un bellissimo momento, gli parve di aver visto Hermione seduta sul tavolo. Sospirò, quando si accorse della sua situazione disperata. Stava diventando matto.

“Andava tutto così bene” pensò, mentre afferrava la padella e apriva il tiretto dove c’era la spazzatura. Quel dannato cassetto s’incastrava sempre.

Provò a spingerlo con più forza ma non sembrava volersi muovere. “Perché diavolo ho dovuto chiederle di sposarmi?!” digrignò i denti, mentre gli occhi si riempivano di lacrime.

Provò ancora a spingerlo, con più forza, ma non si spostò nemmeno di un millimetro. “Perché cavolo gliel’ho chiesto?!?”

 

In uno scatto di ira, assestò un calcio al mobile, un altro e poi un altro e un altro ancora.

Un rumore infernale aveva riempito la cucina, ma quel dannato cassetto rimaneva ancora aperto.

 

Ron si fermò, quando avvertì un dolore profondo al ginocchio. Aveva il respiro affannoso e orami le lacrime non gli facevano vedere più nulla. Si lasciò scivolare a terra, rannicchiandosi contro il mobile della cucina.

 

L’amava così tanto da farsi male. Respirare senza di lei era così doloroso. Svegliarsi, ogni mattina, era faticoso senza il suo sorriso a dargli il buon giorno.

 

-Vuoi sposarmi?- le aveva chiesto con un sorriso così radioso. Aveva il cuore che gli batteva troppo veloce e le mani gli stavano sudando.

 

Hermione era rimasta immobile e l’aveva fissato.

Non aveva mai visto quello sguardo sul suo volto. Era vacuo, terrorizzato, smarrito.

 

-Come?- era scoppiata a ridere in un attacco di nervosismo. Aveva le guance porpora e si teneva stretto al petto, con tanta forza, il lenzuolo bianco. Le nocche erano marmoree.

 

-Vuoi sposarmi, Hermione Jane Granger?-

Ron aveva ripetuto la domanda, speranzoso in qualche incomprensione.

Hermione, però, aveva capito benissimo. Si era morsa violentemente il labbro inferiore.

 

-Stai scherzando, vero?-

 

Era sembrato come se qualcuno gli avesse preso il cuore e ne avesse fatto un frullato. Era stato molto doloroso vederla lì,  storcere le labbra in un’espressione di sufficienza.

 

-No…- le aveva sussurrato, quando le sue orecchie erano diventate rosse.

 

Non sapeva cosa stava succedendo.

L’aveva vista tirarsi in piedi e preparare le sue cose.

Si era soffermata un solo momento a guardarlo in faccia.

–Io non posso.- aveva ripetuto questa frase per tutto il tragitto che la separava dalla porta.

Ron aveva impiegato un po’ a trovare i pantaloni e rincorrerla. Aveva tentato di fermarla ma lei si era voltata e con uno sguardo gelido e disumano aveva detto.

 

-Non sono pronta per sposarti…-

 

Ron si tirò in piedi. Aveva rivisto quella scena nella sua mente così tante volte. Non aveva capito dove aveva sbagliato. Lui aveva semplicemente seguito quello che il suo cuore gli aveva imposto di fare.

 

-Stupida, stupida Hermione!- esclamò contro se stesso.

Guardò fuori dalla finestra e sospirò.

 

Il vero stupido era solo lui.

 

***

 

Angelia rientrò tardi quella sera a casa. Aveva il mantello che puzzava di fumo e alcool, i capelli leggermente arruffati per il temporale che era scoppiato improvviso su Londra ma il viso soddisfatto.  Tolse velocemente il soprabito e, sarebbe corsa immediatamente a farsi una doccia, se un rumore strano non l’avesse fermata.

 

Silenziosamente si arrestò alla base della scalinata, girò lo sguardo verso il divano e cercò di rilevare qualcosa nel buio più totale.

Rimase in silenzio, aspettando ma non sentì più nulla. Magari se l’era solo immaginato.

 

-Angelia…- una voce sottile e appena udibile.

 

La donna tese le orecchie. –Chi è?-

 

-Un derelitto umano…- la voce si era fatta più alta e Angelia poté capire a chi apparteneva.

 

-Anne?-  disse, avvicinandosi al divano ed accendendo la lampada che si trovava sul tavolo.

 

-Sì…- aveva il naso rosso e gli occhi lucidi, stava piangendo come una fontana.

 

-Che succede, tesoro?- Angelia si sedette velocemente sulla poltrona accanto a lei. La prese tra le braccia, abbracciandola stretta.

 

-Angy…- scoppiò Anne, perdendosi sul petto di sua cugina. –Perché sono così sciocca?- la voce era un sussurro. –Perché lo amo così tanto?-

 

Angelia le accarezzò la testa, afferrando al volo la situazione: Draco Malfoy.

Come la capiva, come conosceva il dolore lancinante che stava provando.  –Perché sei un essere meraviglioso, piccola mia…-  

La donna le aveva fatto alzare la testa, mentre con una mano le aveva asciugato le lacrime. –Sei una persona speciale che riesce a provare un sentimento così tanto bello senza aver paura. Non tutti sono in grado di farcela.-

 

Anne rituffò il viso sulle gambe di Angelia, cercando di scomparirci. –Ma a cosa serve essere in grado di provarlo, se poi non siamo felici…-

 

Angelia rise. –Perché prima o poi la felicità arriverà. Questo è solo un allenamento…-

 

Mary Anne rimase in silenzio a fissare il caminetto spento di fronte al divano. Il pollice della mano sinistra in bocca. –Non mi piace l’allenamento…-

 

Angelia le accarezzò i capelli. –Non piace a nessuno…- abbassò lo sguardo su di lei. –Però mettila in questo modo, prima o poi, per te quest’allenamento finirà.-  le tolse una ciocca dal viso portandogliela dietro l’orecchio. –Il mio non avrà mai fine…- aveva sussurrato, perché Anne si era addormentata.  Sorrise verso il viso arrossato di sua cugina e sospirò.

 

L’estate era finita proprio male.

 

Continua…

 

 

***

 

Bene!

Salve a tutti ragazzi. Ben tornati sulle onde della mia fantasia, vi siete sintonizzati nuovamente? Ehehehe ^___^. Che strano scrivere di nuovo su questi personaggi era da mooolto tempo che non lo facevo e devo dire che il mio rapporto con loro non è iniziato affatto bene. Vedete un po’ cosa ho combinato? Su, su non mi uccidete, in fondo, è solo il primo capitolo sapete che vi potete aspettare di tutto! Ehehehe ^______________^.

 

Beh, vi lascio ora. Spero che mi lascerete un vostro pensierino, qualcosa che mi dica che le mie storie sono sempre bene accette su questo sito che ormai considero la mia seconda casa.  Spero ritroverò tutti voi, più gentili e caldi che mai!

 

Vi do appuntamento al secondo capitolo. “BUON COMPLEANNO, HARRY!”

Che succederà? Mah, io non lo so…

Baciotto

Angèle

      

 

     

 

 

 

   
 
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