DAAB II
.::La partita non è finita::.
Tutti i personaggi della mia ffc sono di
proprietà della Rowling (a parte qualcuno), quindi, ringrazio questa grande
donna per averci regalato con i suoi libri un mondo meraviglioso, quello di
Harry Potter…
Io ho terminato, buona lettura
Angèle
* le parti in corsivo (come in tutte
le ffc) sono ricordi….
Dedicato
a: DeepDerk, Marilia, Nightmare, Sab, Sarriketta Malfoy,Daphne, Pyros Ikari,*
July@*, Pink, Rachele 90, **ginny**, Clo87, Sunny, Vale, Edvige, Lulu, Cloudy,
Phoebe80, Karry, Avana Kedavra, Bambolina, Ruka 88, Maga Magò, Sillina,
Karmensita, Daffydebby, Angela.
-Chap 1: Riprendiamo i contatti…-
Draco Malfoy era disteso su una coperta
nel parco di NewFreedom.
Le
braccia incrociate dietro la testa a mo’ di cuscino ed il chiarore delle stelle
gli faceva compagnia.
I
capelli biondi leggermente più corti rispetto a tre anni prima ed un leggero
inizio di barba, su quel viso perennemente serio ed affascinante, conferivano a
quell’auror, ormai venticinquenne, un’aria decisamente più matura e spavalda
che molte donne avevano dimostrato di apprezzare.
Sorrise
inconsciamente, quando la testolina nera appoggiata sul suo petto iniziò a
muoversi a piccoli scatti.
Il
dolcissimo odore di pesche e di mandorle gli stuzzicò il naso, facendogli
muovere la mano che teneva blandamente appoggiata sulle spalle della giovane
verso il suo capo in una carezza stramaledettamente leggera.
La
bruna si sciolse in quel contatto, come le succedeva sempre e, senza aspettare
oltre, lo strinse forte a sé, tuffando il naso nella maglia dell’uomo che amava
ormai da troppo tempo in silenzio.
Draco
rispose a quella tacita richiesta d’affetto, baciando la fronte della ragazza.
-Dormito
bene, principessa?- le chiese mentre appoggiava la testa su quella di Mary
Anne.
La
ragazza sorrise prima di sospirare soddisfatta. –Diciamo che sei comodo.-
Draco
ridacchiò, issandosi a sedere per sgranchirsi la schiena.
Gli
occhi grigi vagarono sul volto elegante e delicato di Anne.
Le
passò dolcemente una mano tra i capelli prima di posarle un bacio sulla fronte.
-Solo
comodo?- le disse con un accenno di risentimento nella voce.
-Anche
profumato…-
Draco
rise, passando un dito sul nasino leggermente all’insù della bruna.
Gli
occhi azzurri espressivi brillavano tremuli alla tenue luce di un lampioncino
dietro di loro, le labbra carnose e ben disegnate erano atteggiate in un mezzo
sorriso che Draco semplicemente adorava con tutto se stesso. Represse un forte
istinto di chinarsi su di lei e rubarle un lungo ed intenso bacio come faceva
da troppo tempo nei suoi sogni più nascosti.
Anne
aveva continuato a fissarlo: ghiaccio contro mare, ebano contro oro. Avrebbe
tanto voluto issarsi leggermente sulla sua schiena e ridurre al minimo lo
spazio che separava i loro corpi. Sapeva che Draco le voleva bene ma non
riusciva a capire quanto. Desiderava ardentemente fare chiarezza nel loro
rapporto aveva, però, paura di rovinare
tutto. Così, taceva, ingoiando nel più intimo il batticuore che l’assaliva ogni
qual volta Draco la guardava.
Le
stelle scintillarono brevemente sopra di loro, ammiccando ai due giovani e
facendoli destare da quel silenzio che era calato.
-Sarà
meglio tornare!- Draco fu il primo a risvegliarsi; scostò un po’ la frangia
dagli occhioni di Anne, tirandosi in piedi. Le porse una mano gentile e l’aiutò
a rialzarsi.
La
donna inciampò nei suoi piedi e finì tra le braccia del ragazzo che fu più che
felice di tenerla stretta a sé.
Respirarono
entrambi la fragranza che emanavano, sorridendosi.
-Stai
bene?- le chiese Draco, accarezzandole
con una mano tutta la schiena. Sentiva le morbide e proporzionate forme di Anne
schiacciate contro il suo corpo, facendolo sentire in paradiso.
-Sì…-
Anne si distaccò con riluttanza, rimettendosi in piedi da sola.
Recuperarono
la coperta, piegandola con cura insieme.
Un
gioco di sguardi e di mezzi sorrisi li fece arrossire e quando si avvicinarono
per ultimare la piegatura del plaid qualcosa successe: Anne si era accostata
così tanto a Draco che lui riusciva a contare le pagliuzze verdi presenti nei
suoi occhi; aveva sentito il calore della ragazza propagarsi sul suo corpo e la
voglia di averla, di poter sfiorare almeno per una volta quelle labbra non
l’aveva più fatto ragionare.
Si
era chinato con lentezza e gentilmente le aveva rubato un bacio: labbra morbide
e vellutate avevano accolto le sue più sottili e ruvide, la timidezza della
risposta uguagliava la sfrontatezza della domanda, la voglia di sparire l’uno
nelle braccia dell’altra era tenerissima.
Ad
un tratto, però, qualcosa s’interruppe.
Draco
aveva provato una strana sensazione nel baciarla: un profondo calore gli aveva
invaso il cuore, si era sentito felice e
tranquillo… e inappropriato.
Lui,
Draco Thomas Malfoy, non poteva essere felice. Ebbe paura e, senza troppo
pensarci, si distaccò con poca gentilezza, arrossendo.
-Scusami.
E’ stato un errore.-
Poche
parole dette con freddezza ed Anne vide il suo mondo crollarle addosso. Sbatté
le palpebre un paio di volte nel tentativo di riprendersi da quel torpore
accogliente e rituffarsi in un mondo che non le stava di certo sorridendo.
-Un…
un errore?- chiese con la voce che le tremava leggermente.
Draco
si strinse nelle spalle. Aveva una voglia matta di stringerla di nuovo a lui e
farle capire che quello che stava dicendo era solo una sciocchezza. Ma si
trattenne, come un vero auror. Rimase impassibile, freddo, insensibile.
-Per
me sei solo un’amica…-
Bugia.
Menzogna. Balla. Frottola.
Sentì
nel suo cervello rimbombare tutti i sinonimi che la lingua inglese aveva per
esprimere il concetto di una cosa non vera. Falsa.
Draco
non riusciva a considerare Anne come un’amica da quel lontano periodo in cui
era diventato babbano.
Anne
non poté evitare ai suoi occhi di riempirsi di pianto. Il labbro inferiore le
tremava leggermente ma non permise ad una sola lacrima di sgorgare e rigarle le
guance ancora rosse.
Inghiottì
il magone e sorrise come aveva sempre fatto per nascondere i suoi veri
sentimenti.
-Sì.
Hai ragione. Non siamo fatti per stare assieme.- Ogni parola una stilettata al
cuore. Perché doveva mentire così?
Sospirò
e raccolse la sua borsa dal prato. –Beh, allora, andiamo?-
Draco
dovette camminare dietro di lei lungo la strada, nel vano tentativo di tornare
di un umore allegro. Osservò quelle piccole spalle alzarsi ed abbassarsi ad un
ritmo troppo veloce ed allora capì ed abbassò lo sguardo.
Mary
Anne stava piangendo per colpa sua.
***
Il soggiorno di una grande casa alle
porte della piccola periferia di NewFreedom era in penombra. Sul tavolo poco
distante dal divano di fronte il camino, c’erano gli avanzi di una pizza e due
coche.
La
lampada dalla luce arancione era accesa, lanciando ombre sul sofà dove qualcuno si stava muovendo in
modo piuttosto ambiguo.
Maggie
era completamente appiccicata alla faccia di un ragazzo dai capelli color
melanzana.
Le
mani giovani ed attive più che mai vagavano sulle spalle ampie e muscolose di
TJ.
Gli
stava accarezzando con trasporto la base del collo, mentre con dolcezza gli
mordicchiava le labbra.
TJ
la teneva stretta a sé, inebriato del suo profumo e troppo preso a capire,
attraverso l’uso delle dita, quale modello di biancheria intima stesse
indossando la sua ragazza in quel momento per pensare ad altro. Sembrava
piuttosto infastidito dalla stoffa pesante dei jeans di Maggie e quando la
porta d’ingresso si aprì, nessuno dei due ci prestò attenzione.
-Al
piano di sopra c’è una minorenne che sta dormendo…-
Una
voce calda, graffiante e leggermente bassa li fece sobbalzare: TJ si ritrovò
sul pavimento, faccia contro il tappeto, mentre Maggie aveva preso a passarsi
una mano tra i capelli, completamente rossa in viso.
-Anche
se adesso siete maggiorenni non potete dare spettacolo a questo modo…- continuò
a riprenderli quella voce così famigliare.
-Noi
veramente…- cercò di spiegare il povero TJ, togliendo la faccia dalla polvere.
L’uomo
a cui apparteneva la voce scoppiò a ridere, facendosi avanti nella stanza e
chiudendo la porta.
I
capelli rossi leggermente spettinati dal vento, la faccia pulita e lo sguardo
limpido come un cielo terso. Il fisico asciutto e muscoloso, quel sorrisetto
furbo ed inimitabile stampato sulle labbra. Ronald Weasley, un nome ed una
garanzia che pochi potevano dare: un amico leale, un amante appassionato, una
persona irruente.
O
l’amavi o l’odiavi.
-Ron…-
continuò Maggie quando l’uomo si fu seduto sulla poltrona accanto al divano.
–Ci hai fatto prendere un colpo. Pensavamo fossi…-
-Tuo
padre?- concluse per lei Ron, addentando
un pezzo di pizza avanzato in uno dei due piatti sul tavolino.
TJ
lo guardava a bocca aperta. Aveva ancora le orecchie rosse e si vedeva lontano
un miglio che era imbarazzato.
-No,
Draco.- rispose Maggie dopo aver lanciato un’occhiata in tralice al suo
fidanzato che stava ancora seduto sul pavimento con i capelli sconvolti.
Ron
annuì con la testa senza slancio, continuando a masticare. –Capisco…- disse
dopo aver inghiottito il boccone. Si
guardò intorno incuriosito.
-Incredibile
come passino gli anni e questa casa resti uguale a quel periodo. Ci sono persino
gli stessi mobili.-
-Ci
siamo affezionati…-
Ron
annuì, accavallando le gambe.
TJ
si rimise in piedi, prima di accomodarsi sul bracciolo del divano accanto a
Maggie.
La
ragazza aveva i primi 4 bottoni della camicetta aperti ma non pareva essersene
accorta.
Ron
la guardò per un breve momento prima di scuotere la testa.
-Abbottona
le tue vergogne…- disse il rosso in un soffio.
Maggie
divenne bordeaux e con un rapido gesto delle mani iniziò a serrare la camicetta
sul petto.
TJ
era scoppiato a ridere e lei gli aveva lanciato un’opportuna occhiataccia.
-Scemo.-
Calò
un improvviso quanto insolito silenzio ed il rumore dell’orologio, appeso alla
parete, riecheggiò brevemente nella sala.
Una
bollicina di gas partì dal fondo del
bicchiere e raggiunse in un vorticoso giro su se stessa la superficie della
coca; scoppiò in un impercettibile rumore che risvegliò i presenti.
-Non
farai la spia, vero?- TJ aveva le orecchie rosse e sembrava ancora imbarazzato.
Ron
li guardò.
Per
un breve istante, gli balenarono nella mente le immagini di due ragazzini un
po’ più giovani che gli avevano tirato su il morale quando lei era andata via.
Sospirò,
facendo loro un breve occhiolino. –Vorrei…- sorrise furbo e complice. –Ma non
lo farò.-
Maggie
si rilassò visibilmente, scoppiando a ridere e TJ sgonfiò le spalle che aveva
tenuto in tensione.
-Bene!-
esclamò la biondina. –Appurata questa bella notizia, vuoi dirci qual buon vento
ti porta qui?-
-Ehm…-
Ron si grattò la testa. –Sinceramente non lo so.-
Se
si fossero trovati in un cartone animato, in quel momento, una bella goccia
sarebbe apparsa sulle loro teste.
Maggie
inarcò i sottili sopracigli biondi mentre osservava Ron mangiucchiare ancora
gli avanzi delle loro pizze. Rimase in silenzio per un po’ prima di capire.
Doveva
essersi sentito solo a casa sua.
Harry
e Ginny si erano trasferiti in una casa più piccola nella periferia opposta a
quella dov’era situata la Tana. Con un bimbo piccolo e l’imminente matrimonio
alle porte, avevano deciso di anticipare le prove della convivenza.
Ron
era stato pregato da entrambi a seguirli nella nuova casa, ma il rosso aveva
rifiutato: non voleva essere di troppo.
-Vieni.-
disse Maggie, alzandosi. –In cucina, c’è un altro po’ di pizza.-
-Ma
no. Non ti preoccupare.- l’uomo era arrossito appena sulla punta delle
orecchie.
-Scommetto
che hai bruciato la cena.- TJ intervenne nella discussione, mettendosi in piedi
a sua volta. –Quindi non fare complimenti e vieni in cucina, tra un po’
dovrebbero essere qui anche Anne e Draco.-
Ron
aveva le orecchie rosse, ma non ribatté. Seguì i ragazzi in cucina e, dopo un
paio di pezzi di pizza, parlò di nuovo.
-Scusatemi
per l’interruzione.- si ripulì le labbra con un tovagliolo. –Oggi mi sentivo
particolarmente solo.-
Ron
si era riconosciuto diverse volte uno stupido a confidarsi e lasciarsi tirare
su da due ragazzini. Aveva provato anche a parlare con gli altri: Harry, Ginny,
Draco ed anche Anne. Loro erano degli amici fantastici che dopo aver ascoltato
i suoi problemi cercavano di dargli buoni consigli ma lui non voleva nessun
suggerimento. Aveva solo bisogno di essere ascoltato. Così, in principio, aveva
iniziato a raccontare i suoi problemi al suo adorabile nipotino, Edward, mentre
lo cullava o lo imboccava. Era stato un buon ascoltatore, silenzioso e buffo,
poi, però, sua sorella l’aveva sentito e gli aveva proibito di traviare la
mente del bambino contro di lei, la
donna più perfetta che il genere umano avesse avuto il piacere di conoscere.
-Tu
non sei solo…- Maggie era scivolata silenziosa sulle gambe di Ron e l’aveva
abbracciato così stretto, da farlo sentire immediatamente meglio. –Ci siamo io
e TJ.- la biondina si era scostata leggermente dall’uomo che l’aveva guardata
con gratitudine.
-I
nipotini non lasciano solo lo zio preferito…- TJ fece un breve occhiolino in
direzione di Ron che sospirò.
-Vi
ringrazio, picciotti…- il rosso
sorrise loro, facendoli ridere. Aveva visto un film sulla mafia e da allora
usava quel nomignolo per chiamare i due ragazzi.
-Zio
Ron?- sulla soglia della porta con la sua vestaglia rosa c’era Lily; era
cresciuta, tanto.
I
capelli ricci erano molto lunghi, arrivandole alla schiena; non era più paffuta
e tonda come tre anni prima; era magrolina e molto bella, assomigliava tanto di
più ad Anne e Maggie in quel momento.
-Lily…-
La
bambina trascinò i sui piedini inciabattati fino alla sedia dove era seduto
Ron. Si stropicciava gli occhi grandi e particolari, mentre stringeva al petto
il suo orsacchiotto.
Maggie
si alzò dalle gambe del rosso, scompigliando i capelli della sorella minore.
Ron
strinse a sé Lily che si era sporta in alto per salutarlo. La sistemò sulle sue
gambe appoggiando la testa sulla sua piccola spalla. –Ti abbiamo svegliato?- le domandò,
accarezzandole con fare protettivo la schiena.
Lily
scosse la testa. –No, ho fatto un brutto sogno…-
Maggie
si fece avanti, prendendole il viso tra le mani. Ogni volta che Lily aveva
degli incubi c’era sempre di cui preoccuparsi. -Cos’hai sognato?-
La
bambina ci rifletté. Sembrava non ricordasse tutto con chiarezza. –Il nulla.-
Ron
sentì Lily rabbrividire ed immediatamente le passò una mano sulla testa.
–Io
e nient’altro. Bianco e nero si alternavano, creando il nulla. Io non esistevo,
però sapevo di esserci… Mi sentivo vuota, leggera ed ho avuto paura…-
Gli
occhi della bambina si erano riempiti di lacrime e tutti rividero il terrore in
quelle iridi così calde e particolari.
–Stai
tranquilla.- Ron la sollevò, girandola verso di sé. La strinse in un abbraccio
paterno, cercando di acquietare quei singhiozzi che inesorabili avevano
iniziato a riempire la stanza con il loro rumore.
TJ
e Maggie si lanciarono un’occhiata, capendosi al volo. Entrambi temevano che
qualcosa di antico e terribile si stava risvegliando e che, ben presto, le loro
vite sarebbero state di nuovo sconvolte.
***
Un lampo squarciò il cielo, prima
trapuntato di stelle.
Quel
temporale, estivo ed improvviso, era scoppiato inaspettato sulla piccola villa
alla periferia di Londra, dove Harry Potter e Virginia Weasley convivevano.
La
pioggia aveva preso a scendere senza sosta sulle tegole rosse e le gocce scivolavano
con tristezza giù lungo i vetri delle finestre.
Nella
casa c’era un insolito quanto piacevole silenzio, interrotto, di tanto in
tanto, dai rintocchi silenziosi dell’orologio a pendolo.
-Cosa
dici di queste stoffe qui?- la voce allegra e pimpante della bella rossa di
casa, arrivò ovattata dalla camera da letto.
Era
stesa sul letto, insieme ad Harry.
Stavano
visionando la stoffa per i vestiti delle damigelle . O meglio lei visionava la
stoffa mentre Harry cercava di tenersi sveglio, baciandole con trasporto il
collo mentre con le mani le tormentava la pelle sotto la maglia di cotone.
-Harry
James Potter vuole smetterla di tormentarmi e darmi una mano con queste stoffe?-
Virginia
si era girata verso Harry con un’espressione falsamente scocciata.
Il
bruno aveva sbuffato, staccandosi leggermente dalla pelle morbida e profumata
di ciliegia della sua compagna.
-Scusami…-
disse, tirandosi a sedere ed incrociando le gambe l’una sull’altra. –E’ colpa
tua che hai questo profumo di ciliegia che mi viene voglia di morderti…-
Ginny
scoppiò a ridere, respingendo agilmente un secondo attacco dell’uomo. Scese dal
letto, mettendosi in piedi ad una distanza di sicurezza.
–Non
dare la colpa a me della tua indisciplinatezza.- I suoi occhi celesti vagarono
sulla figura accovacciata del suo quasi marito: i capelli neri corti ed
arruffati, gli occhi verdi leggermente più scuri e quella canotta bianca che
aderiva a quel fisico statuario e faceva contrasto con la sua pelle abbronzata,
unico ricordo della recente vacanza trascorsa al mare.
Ginny
si ritrovò ad arrossire cosciente degli strani pensieri che le erano balenati
in mente, guardando Harry.
Il
bruno si alzò a sua volta, avvicinandosi pericolosamente a lei. Aveva notato lo
strano rossore su quelle guance solitamente pallide ed un sorriso era affiorato
sulle sue labbra.
-Arrossisci
per i tuoi pensieri, piccola Ginny?-
Harry si era avvicinato così tanto a Virginia da incastrarla contro il
muro alle sue spalle. Aveva appoggiato le mani dietro la rossa, bloccandole
ogni via di fuga.
-Non
sono arrossita…- rispose lei, abbassando lo sguardo ed assumendo un
atteggiamento da bambina.
-Ah,
no?- Harry le sfiorò le guance con le labbra, facendola rabbrividire. –Allora,
perché sei calda qui?-
Virginia
aveva gli occhi socchiusi ed aveva iniziato a trattenere il respiro.
–Non
lo so…- rispose in un soffio, prima che l’uomo le catturasse possessivamente le
labbra rosse.
Era
da tanto tempo che non riuscivano ad avere attimi di intimità: tra il bambino
ed i preparativi per il matrimonio la loro vita privata si era ridotta
all’osso.
-Buono.
Sai di vaniglia…- le disse Harry, afferrandola per la vita e tirandosela in
braccio.
Ginny
rise troppo forte, soprattutto quando la buttò sul letto e le si sdraiò un po’
sopra.
-Presa…-
le sussurrò, accarezzandole i capelli.
Era
così bella con le guance rosse e l’aria smarrita; gli occhi leggermente lucidi
e quei capelli rossi che disegnavano venature incantevoli sul bianco del
lenzuolo.
Si
chinò su di lei, rubandole un altro bacio.
Il
cielo fu squarciato da un lampo, seguito a ruota da un tuono che fece vibrare i
vetri delle finestre.
Harry
e Ginny non ci badarono molto, troppo presi a togliersi i vestiti. Non si
accorsero del cigolio della porta che si apriva e di un rumore ovattato di
passetti percorrere la distanza che separava l’intruso dal loro letto
matrimoniale.
-Tabo-tabo.-
Ginny
scaraventò, con un movimento brusco delle gambe, Harry sul pavimento. Si
rassettò velocemente la maglia ed il jeans, già in parte sbottonato.
-Edward…-
disse, scendendo dal letto e prendendo in braccio il bambino.
Harry
si rialzò leggermente ammaccato dal pavimento; aveva sbattuto in malo modo il
gomito, facendosi male. Nemmeno durante gli allenamenti da Auror, gli era mai capitato
di ferirsi.
-Che
hai, amore?- Ginny aveva totalmente ignorato il suo povero quasi marito, dedicando la sua attenzione al piccolo di casa.
Era
sempre così, Virginia era una mamma fantastica. Per Edward, avrebbe volentieri
camminato sui carboni ardenti.
Harry
alcune volte si ritrovava ad essere un po’ bonariamente
geloso del suo adorato campione. Gli mancavano quei momenti in cui tutta
l’attenzione di Ginny era stata per lui.
-Tabo-tabo
paura…- rispose il piccolo Eddie.
Harry
accarezzò il braccio paffuto del bambino, facendolo voltare verso di lui.
–Il
mio campione non deve aver paura…-
Edward
si sporse verso suo padre, per il quale aveva una venerazione.
–Tabo-tabo
papà.- esclamò, mentre Harry lo tirava in collo.
Ginny
accarezzò la schiena del bambino che aveva nascosto il visino sul petto del
padre. Si scambiò un’occhiata con Harry che sospirò rassegnato.
-Addio,
notte sfrenata di sesso…- Ginny rise contro la bocca dell’uomo che si era
chinato su di lei per un breve bacio a fior di labbra.
-Dai…-
La rossa gli accarezzò la nuca. –Se riesci a farlo addormentare in meno di 5
minuti ti aspetto in bagno per una doccia rilassante…-
Harry
sorrise, prima di baciare con un sonoro schiocco il piccolo collo profumato di
biscotti di suo figlio. –Io adoro le missioni impossibili…- e senza aggiungere
altro scomparve, inghiottito dall’oscurità del corridoio.
Ginny
sospirò mentre un sorriso infinitamente dolce le si disegnava sulle labbra.
La
sua vita, in quel momento, era troppo perfetta ed aveva paura per questo.
Non
aveva mai ricevuto sconti durante il suo cammino, mai un attimo di pace ed
adesso temeva che un’altra terribile bufera si stesse per abbattere sulla sua
vita.
Rabbrividì
e la cicatrice che aveva sull’addome le pizzicò. Non ci fece molto caso;
accadeva spesso quando il tempo stava per cambiare.
Aprì
l’armadio per recuperare gli asciugamani per il loro bagno e anche lei lasciò
la camera da letto.
Non
sapeva quanto la sua sensazione fosse esatta.
***
Angelia si coprì il volto elegante,
tirando sui capelli neri e più corti rispetto al passato, il cappuccio del
mantello da strega.
La
luna brillava incontrastata nel cielo notturno che intrappolava Diagon Alley in
una atmosfera tetra e tranquilla.
Il
vento era fresco ed umido come quello che spirava alla fine dell’estate, carico
di profumi e segreti.
Le
insegne di legno penzolavano sui negozi, producendo rumori sinistri e
sgradevoli; i passi della giovane donna riecheggiavano sui mattoni della
strada, ormai deserta.
Angelia
svoltò subito dopo la gelateria di Fortebraccio, imboccando un vicolo ancora
più scuro e spaventoso della inanimata Diagon Alley. Immediatamente, si sentì
osservata da presenze nascoste nella soffocante oscurità, udì sospiri e
bisbigli che ebbero il potere d’impaurirla ma non di scoraggiarla. Era troppo
vicina al suo scopo e nulla l’avrebbe fermata.
Nemmeno lui.
Percorse
il più velocemente possibile Nokturn Alley, districandosi con facilità ed
esperienza nei meandri poco raccomandabili di quella via.
Diverse
volte streghe dall’aria strana, l’avevano bloccata offrendole lavori indecenti
che lei aveva prontamente rifiutato.
Incredibile
quanta feccia potesse trovarsi in quel posto e, il sol pensiero che avrebbe potuto
farvi parte anche lei, le metteva i brividi.
Superò,
con un passo più lungo, la pozzanghera putrida che la separava dall’entrata del
locale, dove aveva appuntamento con il suo fornitore.
Lanciò un’occhiata agli avanzi di galera che erano seduti nel bar: bevevano
grandi boccali di quella che lei sperò essere burrobirra calda ma, dalle guance
rosse e dagli occhi lucidi degli avventori, capì che doveva trattarsi di
qualcos’altro di molto più forte.
Sospirò,
aprendo con una leggera spinta la pesante porta di legno marcito dalle troppe piogge.
Un’ondata
di calore e cattivo odore l’accolse, facendola desiderare di non essere mai
entrata in quel posto.
La
puzza di alcool e di fumo le aveva fatto salire un conato di vomito e per pochi
attimi indugiò sulla soglia, senza muovere un muscolo.
Il
volto le era diventato pallido e gli occhi azzurri si erano riempiti di lacrime
a contatto con quella fitta nebbia maleodorante e tossica.
Si
avvicinò al bancone, dove un posto si era appena liberato. Si sedette, mantenendo
il cappuccio sulla sua testa.
-Cosa
ti porto?- una barista dalla faccia ancor meno raccomandabile dei suoi clienti
le si presentò davanti: aveva i capelli raccolti in una crocchia spelacchiata,
gli occhi piccoli e troppo truccati; la faccia era tonda e la pelle delle
guance segnata da sue cicatrici così profonde da far invidia a quella di Harry
Potter. Poggiò una mano grassoccia sul
bancone consunto e sporco.
Angelia
trattenne a stento una smorfia quando notò che le mancavano due dita.
-Burrobirra.-
prese la porchette dove aveva il denaro. –Grazie.- mise sul tavolo una falce
che sparì velocemente nella borsetta di cuoio che la locandiera aveva appesa al
petto.
Il
servizio fu veloce e ben presto un boccale fu appoggiato con poca grazia sul
bancone di fronte ad Angelia che, però, non ci pensò affatto ad assaggiare la
burrobirra.
-Che
ci fa un bel fiore in questo letamaio?-
Angelia
fece finta di non aver sentito, stringendosi maggiormente nel suo mantello
viola scuro.
-Ehi,
bel faccino mi hai sentito?-
Angelia
udì una voce conosciuta rispondere al
suo posto. Sapeva di non doversi voltare e così fece.
-La
signora non vuole compagnia…-
Ascoltò
lo scocciatore cercare di ribattere ma bastò un’altra occhiata del suo
salvatore per metterlo a tacere.
Passò
qualche secondo e sentì una mano farle scivolare l’ultimo ingrediente nella
sacca del mantello.
-Aggiungendolo
a poche gocce, lo sdodeno* completa la tua opera…- era una voce calda che parlò a poca distanza
dal suo orecchio.
Angelia
mise 5 falci nella mano che l’uomo le aveva allungato. –Addio…-
Una
parola, un saluto veloce e la sua collaborazione con quello strano individuo
era finita.
Si
voltò di fretta, sperando di poterlo almeno guardare per una volta ma l’unica
cosa che riuscì a cogliere fu un frammento del mantello nero che scompariva
dietro la porta.
-Grazie.-
***
Draco accarezzò la testa boccolosa della
bambina che aveva rimesso a letto con tanta fatica.
I
suoi occhi vagarono su quel viso addormentato, mentre una leggera ombra di
preoccupazione li rendeva più tempestosi.
Il
petto di Lily si muoveva ad un ritmo tranquillo e regolare e, nonostante
questo, l’uomo non riusciva a sentirsi rilassato.
La
bambina si era appena ripresa dal periodo di vigenza al San Mungo, dove i medimaghi
le avevano somministrato una serie di terapie per il ristabilimento dei suoi
poteri magici.
Draco
allungò una mano per afferrare quella che la piccola aveva alzato
inconsciamente. La tenne stretta, con dolcezza, tra le sue più grandi fino a
quando tutto non si acquietò di nuovo.
-Sei
troppo apprensivo con Lily…- Anne era entrata nella stanza, accovacciandosi,
senza fare rumore, contro lo stipite della porta.
I
lunghi capelli neri erano leggermente mossi, soprattutto verso le punte; ogni
ciocca si girava su se stessa, formando un ricciolo corposo e ben definito. Gli
occhi blue erano gentili, come sempre. Non c’erano sbavature di eccesso, in
quel sorriso piacevole e timido.
Draco
si voltò a guardarla, sorprendendosi piacevolmente colpito dall’abbigliamento
della giovane.
Anne
era carina sotto ogni punto di vista: le gambe sode ed affusolate, la vita
stretta e minuta come quella di un’ape, la pelle candida e levigata che
s’imporporava incantevolmente sulle guance quando s’imbarazzava.
Anne
arrossì quando intercettò lo sguardo grigio di Malfoy e cercò di
allungarsi il più possibile la gonna del
vestito estivo che stava indossando.
Draco
si voltò velocemente, imporporandosi appena.
-Mi
preoccupo il giusto e tu lo sai.-
La
ragazza si tirò in piedi, avvicinandosi al letto di Lily. Strinse l ebraccia sul seno, facendo
un piccolo sorriso in direzione dell’uomo.
-Sai
che adora più te che la sua famiglia?-
Draco
ridacchiò. –Per famiglia intendi te stessa?-
Anne
guardò verso l’alto con un’aria un po’ scocciata. –Sì…-
-Sei
gelosa di me e del fatto che tua sorella mia adora…-
La
ragazza fece una faccia scandalizzata. –No!- esclamò troppo in fretta per
essere la verità. Si sedette sul letto, sbruffando, quando Draco continuò a
guardarla in maniera eloquente.
-Va
bene…- riprese, voltando appena la testa per guardarlo. –Forse un pochino…-
indicò con le dita della mano un piccolo spazio.
Draco
ridacchiò di nuovo, allargandole l’indice ed il pollice. –Facciamo così…-
Anne
gli schiaffeggiò bonariamente la spalla. –Che scemo.- si fermò quando si
accorse che gli stava parlando come se nulla fosse accaduto. Le sarebbe
piaciuto se fosse stato così ma, in realtà, qualcosa era successo e, quel
qualcosa, non era andato come lei sperava.
-I
medimaghi avevano preannunciato questa serie di incubi…- la ragazza era scesa dal letto, accucciandosi
sul pavimento, poco distante dal cuscino di Lily. Aveva appoggiato la testa sul
materasso, osservando, con i suoi grandi occhioni azzurri, il petto di sua
sorella che continuava a muoversi con regolarità.
Draco
si era soffermato brevemente a guardarla, mentre con la mente ritornava a
qualche ora prima. Si poteva essere più stupidi di lui? Sicuramente no.
-Già.-
disse, distogliendo lo sguardo. Contò mentalmente fino a 10, prima di parlare
di nuovo. –Mi dispiace principessa…-
Anne
alzò gli occhi un po’ arrossati. –Per cosa?-
Draco
si sedette sul pavimento, incrociando le gambe, l’una sull’altra. –Per quello
che è successo. Sono davvero desolato… sono stato uno sciocco…-
Il
cuore di Anne aveva preso a battere talmente forte che non riusciva a sentirne
più il palpito. Aveva chinato la testa,
lasciando che i suoi capelli corvini celassero il rossore delle guance. Perché doveva sentirsi sempre così? Perché
non aveva il coraggio di dire a Draco che, se per lui quel gesto non aveva
significato nulla, per lei era stato importantissimo?
Lo
sentiva parlare, non capendo una sola sillaba del suo discorso. Aveva chiaro
solo una cosa, Draco si stava scusando per qualcosa che l’aveva resa così
felice…
-Non
importa…- disse improvvisamente, bloccando il suo flusso di pensieri.
Il
biondo si fermò un po’ disorientato.
Anne
aveva alzato di scatto la testa, rivelandogli quell’incarnato roseo leggermente
arrossato.
Come
faceva a resisterle? E, soprattutto,
perché doveva farlo?
-Ho
capito che per te non ha significato nulla. Non parliamone più, d’accordo?-
Draco
la guardava ammaliato e l’unica cosa che riuscì a fare fu annuire.
Anne
si chinò verso di lui, baciandogli la guancia. –Come se nulla fosse successo…-
gli sussurrò all’orecchio, mentre le lacrime cercavano di uscire dai suoi
occhi.
Malfoy
le passò le braccia attorno alla vita sottile, attirandola a sé. La strinse
forte, come se da quello dipendesse il destino del mondo. Rimasero attaccati,
l’uno nelle braccia dell’altra, tentando forse di esorcizzare la paura,
affrontandola.
Nessuno
dei due si accorse del dolore dell’altro, del cuore che batteva e della testa
che girava. Soffrirono da soli, nonostante fossero abbracciati.
Sarebbe
bastata una sola parola, eppure nessuno dei due la disse.
***
Ron si trascinò verso casa, senza una
gran voglia di entrarci. Era così vuota
da quando Harry e Ginny si erano trasferiti, da quando lei era andata in Bulgaria…
Mise
la chiave nella toppa e, quando spalancò
la porta, sentì la puzza di bruciato della sua cena.
Nauseante.
Pensare
che a lui cucinare piaceva.
Draco
gli aveva insegnato tante ricette facili, eppure sembrava averle dimenticate.
Gettò
le chiavi sulla ciotola d’argento, nell’ingresso, chiudendosi rapidamente la
porta alle spalle.
In
casa faceva molto caldo e l’aria era totalmente irrespirabile.
Sbruffò,
mentre correva in cucina per aprire le finestre.
La
pentola nel lavello faceva così tanta malinconia: bruciata o meglio carbonizzata…
-Ron…-
Si
voltò di scatto e, per un bellissimo momento, gli parve di aver visto Hermione
seduta sul tavolo. Sospirò, quando si accorse della sua situazione disperata.
Stava diventando matto.
“Andava
tutto così bene” pensò, mentre afferrava la padella e apriva il tiretto dove
c’era la spazzatura. Quel dannato cassetto s’incastrava sempre.
Provò
a spingerlo con più forza ma non sembrava volersi muovere. “Perché diavolo ho
dovuto chiederle di sposarmi?!” digrignò i denti, mentre gli occhi si riempivano
di lacrime.
Provò
ancora a spingerlo, con più forza, ma non si spostò nemmeno di un millimetro.
“Perché cavolo gliel’ho chiesto?!?”
In
uno scatto di ira, assestò un calcio al mobile, un altro e poi un altro e un
altro ancora.
Un
rumore infernale aveva riempito la cucina, ma quel dannato cassetto rimaneva
ancora aperto.
Ron
si fermò, quando avvertì un dolore profondo al ginocchio. Aveva il respiro
affannoso e orami le lacrime non gli facevano vedere più nulla. Si lasciò
scivolare a terra, rannicchiandosi contro il mobile della cucina.
L’amava
così tanto da farsi male. Respirare senza di lei era così doloroso. Svegliarsi,
ogni mattina, era faticoso senza il suo sorriso a dargli il buon giorno.
-Vuoi sposarmi?- le aveva
chiesto con un sorriso così radioso. Aveva il cuore che gli batteva troppo
veloce e le mani gli stavano sudando.
Hermione era rimasta
immobile e l’aveva fissato.
Non aveva mai visto
quello sguardo sul suo volto. Era vacuo, terrorizzato, smarrito.
-Come?- era scoppiata a
ridere in un attacco di nervosismo. Aveva le guance porpora e si teneva stretto
al petto, con tanta forza, il lenzuolo bianco. Le nocche erano marmoree.
-Vuoi sposarmi, Hermione
Jane Granger?-
Ron aveva ripetuto la
domanda, speranzoso in qualche incomprensione.
Hermione, però, aveva
capito benissimo. Si era morsa violentemente il labbro inferiore.
-Stai scherzando, vero?-
Era sembrato come se
qualcuno gli avesse preso il cuore e ne avesse fatto un frullato. Era stato
molto doloroso vederla lì, storcere le
labbra in un’espressione di sufficienza.
-No…- le aveva
sussurrato, quando le sue orecchie erano diventate rosse.
Non sapeva cosa stava
succedendo.
L’aveva vista tirarsi in
piedi e preparare le sue cose.
Si era soffermata un solo
momento a guardarlo in faccia.
–Io non posso.- aveva
ripetuto questa frase per tutto il tragitto che la separava dalla porta.
Ron aveva impiegato un
po’ a trovare i pantaloni e rincorrerla. Aveva tentato di fermarla ma lei si
era voltata e con uno sguardo gelido e disumano aveva detto.
-Non sono pronta per
sposarti…-
Ron
si tirò in piedi. Aveva rivisto quella scena nella sua mente così tante volte.
Non aveva capito dove aveva sbagliato. Lui aveva semplicemente seguito quello
che il suo cuore gli aveva imposto di fare.
-Stupida,
stupida Hermione!- esclamò contro se stesso.
Guardò
fuori dalla finestra e sospirò.
Il vero stupido era solo
lui.
***
Angelia rientrò tardi quella sera a casa. Aveva il mantello
che puzzava di fumo e alcool, i capelli leggermente arruffati per il temporale
che era scoppiato improvviso su Londra ma il viso soddisfatto. Tolse velocemente il soprabito e, sarebbe
corsa immediatamente a farsi una doccia, se un rumore strano non l’avesse
fermata.
Silenziosamente
si arrestò alla base della scalinata, girò lo sguardo verso il divano e cercò
di rilevare qualcosa nel buio più totale.
Rimase in
silenzio, aspettando ma non sentì più nulla. Magari se l’era solo immaginato.
-Angelia…- una
voce sottile e appena udibile.
La donna tese
le orecchie. –Chi è?-
-Un derelitto
umano…- la voce si era fatta più alta e Angelia poté capire a chi apparteneva.
-Anne?- disse, avvicinandosi al divano ed accendendo
la lampada che si trovava sul tavolo.
-Sì…- aveva il
naso rosso e gli occhi lucidi, stava piangendo come una fontana.
-Che succede,
tesoro?- Angelia si sedette velocemente sulla poltrona accanto a lei. La prese
tra le braccia, abbracciandola stretta.
-Angy…-
scoppiò Anne, perdendosi sul petto di sua cugina. –Perché sono così sciocca?-
la voce era un sussurro. –Perché lo amo così tanto?-
Angelia le
accarezzò la testa, afferrando al volo la situazione: Draco Malfoy.
Come la
capiva, come conosceva il dolore lancinante che stava provando. –Perché sei un essere meraviglioso, piccola
mia…-
La donna le
aveva fatto alzare la testa, mentre con una mano le aveva asciugato le lacrime.
–Sei una persona speciale che riesce a provare un sentimento così tanto bello
senza aver paura. Non tutti sono in grado di farcela.-
Anne rituffò
il viso sulle gambe di Angelia, cercando di scomparirci. –Ma a cosa serve
essere in grado di provarlo, se poi non siamo felici…-
Angelia rise.
–Perché prima o poi la felicità arriverà. Questo è solo un allenamento…-
Mary Anne
rimase in silenzio a fissare il caminetto spento di fronte al divano. Il
pollice della mano sinistra in bocca. –Non mi piace l’allenamento…-
Angelia le
accarezzò i capelli. –Non piace a nessuno…- abbassò lo sguardo su di lei. –Però
mettila in questo modo, prima o poi, per te quest’allenamento finirà.- le tolse una ciocca dal viso portandogliela
dietro l’orecchio. –Il mio non avrà mai fine…- aveva sussurrato, perché Anne si
era addormentata. Sorrise verso il viso
arrossato di sua cugina e sospirò.
L’estate era
finita proprio male.
Continua…
***
Bene!
Salve a tutti ragazzi. Ben tornati
sulle onde della mia fantasia, vi siete sintonizzati nuovamente? Ehehehe ^___^.
Che strano scrivere di nuovo su questi personaggi era da mooolto tempo che non
lo facevo e devo dire che il mio rapporto con loro non è iniziato affatto bene.
Vedete un po’ cosa ho combinato? Su, su non mi uccidete, in fondo, è solo il
primo capitolo sapete che vi potete aspettare di tutto! Ehehehe
^______________^.
Beh, vi lascio ora. Spero che mi
lascerete un vostro pensierino, qualcosa che mi dica che le mie storie sono
sempre bene accette su questo sito che ormai considero la mia seconda casa. Spero ritroverò tutti voi, più gentili e caldi
che mai!
Vi do appuntamento al secondo capitolo.
“BUON COMPLEANNO, HARRY!”
Che succederà? Mah, io non lo so…
Baciotto
Angèle