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Autore: sweetPotterina    03/01/2011    12 recensioni
Hermione Granger decide di intraprendere il suo nuovo anno ad Hogwarts per poter completare la sua carriera scolastica. Con sè, porta però un piccolo segreto: il suo matrimonio con Ronald Weasley.
Troppo confusa riguardo i suoi sentimenti, si troverà di fronte a delle scelte da prendere che segneranno per sempre la sua vita: tra sbagli, gesti impulsivi ed imprevisti, scoprirà che a volte se lo si vuole veramente i sogni possono diventare realtà e come intraprendere la via apparentemente più facile non sia sempre la scelta giusta.
Dal secondo capitolo:
-Granger, che ci facciamo qui?
-Ho bisogno di un piccolo favore.
Era sconcertato. Cosa mai poteva volere la Mezzosangue da lui? E, soprattutto, cosa mai poteva darle?
-Di cosa si tratta?
Hermione lo guardò per un lungo istante prima di rispondere –Io voglio che tu faccia l’amore con me.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Draco/Pansy, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ombra costante'
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Dedico questo capito a tutti voi che con infinita pazienza mi seguite e mi sostenete con le vostre bellissime parole.
Non smetterei mai di ringraziarvi, vi adoro davvero.

Buon Anno!



CAPITOLO V
IL MATRIMONIO

L'amore è un bellissimo fiore,
ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull'orlo di un precipizio.
(Stendhal)


Un respiro profondo e poi un altro ancora.
Alzò lo sguardo sul grande specchio di fronte a lei e si scrutò attentamente: niente in ciò che vedeva rifletteva l’immagine di una sposa felice.
Non le si avvicinava nemmeno lontanamente.
Si passò una mano sulla solita ciocca ribelle, ricacciandola dietro l’orecchio, accarezzando poi distrattamente il lungo velo attaccato con una complicata, ma elegante acconciatura sulla sua testa.
La testa, le faceva male e sembrava scoppiarle terribilmente.
Tese le braccia dritte lungo il fianco per il nervoso, impedendosi di strapparsi l’abito bianco che indossava, e trattenne le lacrime che minuto dopo minuto rischiavano di sgorgare dai suoi occhi, evitando di rovinare così tutto il trucco che con molta fatica Ginny aveva applicato sul suo viso.
In realtà le erano serviti pochi minuti per acconciarla e truccarla, le era servito molto di più convincerla a parlare.
Erano dodici ore che ormai si era gettata sull’assoluto mutismo.
Da quando la sera prima era andata a dormire nella cameretta della sua infanzia, aveva passato tutta la notte a singhiozzare, finché all’alba, ricomponendosi, aveva deciso di reagire nell’unica maniera possibile.
Con il silenzio, l’unico suo vero amico.
Fingere era insopportabile, come una spina nel fianco troppo profonda.
Ogni bugia rimbombava poi nella sua mente facendola sentire sporca e indegna delle persone che le stavano intorno.
Parlare semplicemente era difficile, come quando si cerca di esprimersi in una lingua che non si conosce. Niente di ciò che poteva dire si avvicinava alla realtà, alle vere parole che dentro di lei spingevano a forza per uscire.
Ascoltare persino era divenuto pesante, come un grande sacco che pian piano si colma dall’interno.
Le preghiere di sua madre e della sua migliore amica, di sfogarsi o di spiegarsi, non facevano altro che ricordarle ciò aveva vissuto fino a pochi mesi prima.
Alla fine, le sue espressioni si erano quindi ridotte a dei brevi cenni di assenso e diniego, sorridendo con grande sforzo solo per tranquillizzare i suoi cari.

Lisciò per l’ennesima volta il lungo abito, tirandolo malamente da dietro quando si accorse che ne era rimasto impigliato un lembo su un vecchio chiodo.
Fortunatamente adesso, a meno di un ora dalla celebrazione, tutti si erano decisi a lasciarla in pace, occupandosi degli invitati e degli ultimi preparativi.
Sola, in quella piccola stanza, aveva fatto su e giù senza tregua consumando la suola delle sue scarpe nuove, provando inoltre tutte le posizioni possibili, da una piccola sedia in legno al pavimento, senza darsi pace.
Le gambe le tremavano, le mani le sudavano e lo stomaco era una nuvola nera che si contorceva minacciando una tempesta.
Alla fine non aveva trovato altra scelta che concentrarsi sul suo aspetto che ormai da molti giorni non si rischiava a guardare, impaurita dall’immagine che lo specchio le avrebbe rimandato.
Ignorando nuovamente il suo volto, si concentrò su ciò che stava sotto il suo mento e trattenne un respiro nel costatare che in fondo era bella, un incanto nel suo abito nuziale.
Un piccolo corpetto, ricamato sui bordi da brillantini rosa pallido, stringeva il suo petto lasciando scoperte le spalle e le magre braccia.
Un piccolo nastro, dello stesso colore dei brillantini, avvolgeva la sua vita con un elegante fiocco dietro la schiena, creando un effetto voluminoso sulla gonna, gonfiandola quel tantino che le conferiva un aspetto fiabesco.
Quell’abito era perfetto, esattamente come aveva sempre sognato.
Alla fine sua madre non aveva comprato il vestito che aveva scelto, ma un altro più semplice e in qualche modo più bello: era stato uno dei primi che in quella stessa boutique aveva indossato prima di scartarlo, perché troppo perfetto per indossarlo ad un matrimonio privo d’amore, sebbene quel matrimonio fosse il suo.
Infastidita da quel nuovo pensiero distolse lo sguardo dall’abito, concentrandosi così nuovamente sul suo volto deformato dai lunghi pianti che ormai accompagnavano le sue notti negli ultimi mesi.
Infatti, a dispetto del trucco che aveva evidenziato i suoi occhi profondi e le sue morbide labbra, non c’era traccia della sua solita aria fiera e determinata, sicurezza e serenità erano un lontano ricordo.
Chi era quella donna di fronte a lei non lo sapeva.
Era bella, bellissima e le somigliava. Ma non era lei.
Sentì le urla della signora Weasley e dei passi avvicinarsi, così velocemente coprì lo specchio con il vecchio telo e si mise ritta al centro della stanza in attesa, con le mani giunte dietro la schiena. Immobile.
I passi si fermarono e sentì bussare alla porta. Non disse nulla e poco dopo riconobbe suo padre varcare la soglia.
-Tesoro, sei pronta? È ora.
Hermione fece un lieve cenno col capo fingendo ancora una volta un sorriso tirato.
Suo padre le venne in contro prendendole la mano.
–Sei bellissima, Hermione. Non so come farò senza di te d’ora in poi.
Ecco perché aveva preferito rimanere da sola. Se non era per chiederle come stesse, la gente le si avvicinava per farle complimenti e ricordargli quanto il passato stava divenendo troppo in fretta un lontano ricordo.
Lontanissimo.
Strinse le dita della mano libera in un piccolo pugno e con l’altra raccolse la mano di suo padre, lasciandosi baciare la fronte prima che questo le calasse giù il velo fine e trasparente. Sorrise ancora una volta, lieta che almeno lui non avesse il minimo sospetto del suo attuale stato interiore.
A discapito dei suoi due migliori amici e di sua madre.
E doveva ringraziare proprio lei, sua madre, per questo. Doveva ringraziarla anche per aver organizzato il matrimonio al posto suo senza minimamente coinvolgerla, così come aveva espressamente richiesto, ma adesso non era del tutto convinta. In fondo, la stava aiutando in un matrimonio che non voleva assolutamente celebrare, anche se questa era una notizia a lei sconosciuta.
-Non essere nervosa Hermione, è tutto pronto, ci stanno aspettando- la rassicurò suo padre quando la sentì tremare, invitandola poi ad uscire dalla stanza.
Hermione ignorò le sue parole e, stringendosi nelle spalle, varcò la soglia.
È tutto pronto e va tutto bene, pensò, prima di ricordarsi di respirare ancora e ancora.

Un passo, poi ancora un altro.
Lentamente, troppo, stava percorrendo la navata della piccola chiesa e non riusciva a credere ai suoi occhi. Era meravigliosa.
L’aveva visto soltanto una volta in precedenza, lo stesso pomeriggio in cui era andata via da
Hogwarts per trasferirsi dai suoi genitori; sua madre l’aveva trascinata lì una volta sbucata dal camino del loro salotto.
Era una chiesa abbandonata e diroccata che poteva contare probabilmente gli stessi anni delle mura di Hogwarts e, nonostante per la sua storia l’aveva trovata affascinante, non si era minimamente interessata a quelle quattro mura. L’avevano scelta i signori Weasley apposta, perché lontana sia dal mondo magico, che non vedeva l’ora di poter assistere al matrimonio dell’anno, che dagli occhi indiscreti dei comuni babbani.
Era protetta con migliaia di incantesimi anti babbani e non, fin oltre i due ettari di terra che la circondavano.
Quella mattina, quando era arrivata, aveva ammirato stupita le decorazioni all’esterno delle mura della chiesa e i fiori e le luci tutt’intorno, persino sugli alberi. Tuttavia non aveva idea che anche l’interno sarebbe stato ristrutturato, non aveva idea che sarebbe divenuto così bello.
Gli affreschi sul soffitto erano tornati vividi e chiari, le statue lucide e intatte, le panchine ordinate una dietro l’altra erano ornate da raffinati fiocchi e cesti di fiori, mentre il corridoio centrale era ricoperto da un lungo tappeto rosso adesso ricoperto da petali rosa, lasciati ricadere dalla piccola Victorie che li precedeva.
Il vestito, il luogo, la chiesa. Era tutto perfetto, a parte…
La stretta sul braccio di suo padre la ridestò dai suoi pensieri, lasciando così ricadere il suo sguardo sull’uomo alto e forte che l’aspettava all’altare trepidante.
Ronald Weasley era infatti nervoso e impaziente, con le mani tremanti e torturate dietro la schiena. Aveva un sorriso sul volto che avrebbe potuto illuminare il mondo intero nel caso il sole avesse deciso di prendersi una vacanza.
Istintivamente Hermione gli sorrise e vide le guance di lui imporporarsi di un lieve rossore. Come sempre, quando lei gli sorrideva.
Nel suo elegante abito da cerimonia nero, raffinato e adatto, come non lo era stato anni fa al Ballo del Ceppo, Ronald era un uomo che aveva abbandonato i suoi tratti da adolescente sottolineando quelli appena visibili della neo maturità.
Il vestito evidenziava la sua nuova corporatura, più massiccia e forte che poteva rassicurare qualsiasi donna si sarebbe trovata tra le sue braccia.
I suoi capelli pettinati gli conferivano un aria più seria e adulta, così come il mento mascolino e il pomo d’Adamo che saliva e scendeva lungo la sua gola ansiosa e sicuramente adesso secca.
Tuttavia, erano le sue espressioni e i suoi occhi azzurri sempre limpidi e sinceri che la rassicurarono, seppur soltanto per un istante.
Quello era il suo Ron, il ragazzo di cui si era innamorata anni prima, che l’aveva fatta piangere e sentire inadeguata nel suo corpo da ragazza, che le aveva anche fatto scalpitare il cuore quando la sfiorava e le parlava di loro balbettando.
Il ragazzo che aveva sentito più vicino al cuore tanto da spingerla a buttarsi tra le sue braccia per baciarlo, colui che riusciva a farla ridere con pochi gesti così come farla infuriare con poche parole. Quello era il suo migliore amico, il ragazzo a cui non avrebbe mai potuto fare del male e con cui sicuramente sarebbe stata felice, in un modo o nell’altro.

Era giunta alla fine della traversata e la mano tesa di Ron adesso l’attendeva. Suo padre le aveva baciato un’altra volta la fronte prima di farle di nuovo gli auguri e accomodarsi sulla panchina in prima fila riservata ai familiari più stretti. Sentiva lo sguardo preoccupato di sua madre sulla sua schiena, con la quale fino a poche ore prima aveva litigato, e gli sguardi rassegnati e sconsolati di Ginny e Harry, suoi testimoni.
Li aveva notati fin dal suo arrivo in chiesa, ignorandoli però con prepotenza.
Sapeva che non erano d’accordo con la sua scelta, ma cosa avrebbe potuto fare?
Annullare questo matrimonio avrebbe deluso e ferito molte persone e lei non voleva creare niente di tutto questo, non ora che tutti sembrano finalmente aver trovato un equilibrio e un po’ di pace.
Oltretutto, se davvero avesse rinunciato a sposare Ron, a lei non sarebbe rimasto più nulla: i Weasley l’avrebbero ripudiata, così come tutti i suoi amici se avessero scoperto chi lei amava davvero, senza contare che avrebbe messo in difficoltà Harry e Ginny perché Ron sicuramente l’avrebbe odiata.
Avere una vita diversa da quella che desideri è sempre meglio che non averla.
Fu questo ultimo pensiero a darle il coraggio di prendere finalmente la mano tremante del suo fidanzato, avanzando così al suo fianco, dando inizio alla cerimonia.
Il bonario pastore sorrise loro innalzando le mani al cielo prima di cominciare a parlare.
Aveva fatto una scelta e non si sarebbe tirata indietro. Poteva persino considerarsi fortunata dati gli eventi, perché stava sposando un uomo che l’amava incondizionatamente e a cui lei voleva un bene infinito.
Sorrise tra sé e strinse la mano di Ron, mentre una lacrima traditrice, nascosta dal bianco velo, solcava il suo volto, simbolo di un segreto addio.
Sarebbe andato tutto bene, doveva essere per forza così.

***

Un respiro profondo e poi un altro ancora.
Il pomeriggio precedente, troppo sconvolto dalla notizia di Blaise, era schizzato in fretta e furia dalla sua camera in cerca della femmina Weasley, l’unica ragazza che sapeva essere più vicino ad Hermione. Ci volle qualche ora per scoprire che anche lei era partita in anticipo in quanto sua damigella d’onore.
Senza perdere altro tempo era rimasto allora di guardia, in agguato sulla torre dei Grifondoro, in attesa di qualche studente ancora in giro dopo la cena in Sala Grande.
Tuttavia, quel giorno sembrava che tutti avessero deciso di seguire egregiamente le regole, ritirandosi nei propri dormitori subito dopo i pasti. Non incontrò così nessuno nelle ore successive, rimanendo invece solo con la Signora Grassa che non si era trattenuta dal tempestarlo di domande sciocche e irritanti.
L’aveva ricambiata di insulti e minacce quando ad una certa ora tarda della notte si era ritrovato senza via d’uscita, ma questa imperterrita non lo aveva fatto entrare. Si era persino rifiutata di chiamare per lui qualche studente.
All’una e quarantacinque della notte, affranto e dubbioso, era perciò ricorso al Piano B: la Preside.
L’averla svegliata nel cuore della notte non aveva giovato a suo vantaggio, ma d’altronde non aveva mai nutrito una certa simpatia nei suoi confronti e aspettare altro tempo ancora poteva essere rischioso. Se ci fosse stato suo padre, probabilmente sarebbe stato già fuori da un pezzo, ma ormai non poteva contare sull’aiuto di nessuno.
Inutilmente aveva chiesto e richiesto all’anziana donna un permesso speciale che gli consentisse di poter anche lui partecipare al matrimonio.
Un permesso che la McGranitt tuttavia gli aveva fermamente rifiutato, in quanto lui non aveva ricevuto alcuno invito, com’era comprensibile.
Senza tra l’altro alcuna informazione utile, era stato cacciato quindi dal suo ufficio, in balia del piano C, l’ultima sua risorsa.
All’alba, stanco e affamato, era saltato dalla Torre di Astronomia in sella alla sua amata scopa, con l’intento di scappare dal castello. Una pessima idea visto che per un pelo aveva rischiato di ferirsi, scontrandosi contro la barriera magica intorno alle alte mura.
Disperato e senza la minima idea su come fermare la catastrofe prima che fosse troppo tardi, si trovava abbattuto sul tavolo della sua casa in Sala Grande.
Hermione.
Non riusciva a ripetere altro nella sua mente da qualche ora, come se richiamarla inconsciamente avesse il potere di farla apparire davvero al suo fianco. Al sicuro.
Stupido.
Un epiteto che ad alternanza spezzava quella litania nei meandri della sua mente.
Era stranito dal suo comportamento nelle ultime dodici ore, che lo aveva allontanato da ogni possibilità di rifocillarsi e riposare.
Da quando Blaise gli aveva confidato delle imminenti nozze della Grifondoro, qualcosa dentro di lui era scattato, agitandolo e spingendolo da una parte all’altra come una piccola trottola impazzita che cerca un po’ di pace.
Certo, in quel momento era da poco giunto alla conclusione che si fosse innamorato della strega, ma poteva mai essere vero? Non aveva avuto tempo per pensarci.
Anche se non poteva negare un forte interesse nei suoi confronti, così come un certo coinvolgimento carnale, non si poteva certo ignorare che i sentimenti, figurarsi l’amore, fossero stati sempre un qualcosa di incompatibile con il suo stesso essere.
Adesso, a mente lucida, convenne con se stesso che non era certo una questione di sentimento ad animarlo, ma bensì di possesso.
Quante volte aveva ripetuto che Hermione Granger era sua?
Tante, troppe volte.
E benché fosse a conoscenza del suo legame con il più piccolo dei Wealsey già da tempo, ciò che lo aveva scombussolato era semplicemente l’idea di perdere una sua proprietà definitivamente.
Una proprietà di cui non si era ancora stancato.
Considerando inoltre che importunare e violare il corpo di una donna sposata era ben diverso dal farlo con una ragazza fidanzata, Draco non aveva assolutamente voglia di perdere ogni suo diritto su di lei.
Lei, infine, aveva ancora troppi conti in sospeso con lui e, quell’oggi, non si sentiva di certo magnanimo per lasciar correre.
Bugiardo.
Non era un altro epiteto che di tanto in tanto affiorava nella sua mente, ma una sensazione. Quando, tra sé, giustificava il suo interesse per la Grifondoro con dichiarazioni materialistiche, la sensazione di mentire in modo eclatante si faceva largo nel suo stomaco.
Per l’ennesima volta si sentiva raggirato, perché durante le giornate o i singoli momenti spesi con lei, era stato cieco di fronte a quella verità che così tante volte gli era passata sotto il naso. Si era impuntato per scoprire la verità, ma in realtà non l’aveva mai cercata davvero.
Se lo avesse fatto probabilmente non sarebbe mai arrivato a questo punto, lei non sarebbe stata lontana mille miglia da lui, a sposarsi con un altro.
E lei glielo aveva detto mille volte.

-… mettitelo bene in testa, Malfoy: io non sarò mai più tua!

Scioccamente aveva male interpretato le sue parole, egoisticamente aveva solo pensato a se stesso, credendo che dicesse così per il disprezzo che lei nutriva nei suoi confronti, ignorando il vero significato nascosto dietro quella piccola frase che negli ultimi mesi era stata fonte di furia e frustrazione.
Sentimento o possesso, in quel momento avrebbe voluto piangere per la disperazione, gridare così forte da raggiungerla e fermarla.
Non riuscì a fare nulla di tutto ciò.
Il sangue pulsava forte nelle sue vene ma le sue braccia erano ormai stanche, così come le sue gambe che cedevano molle, prive di speranza. Lo stomaco era un groviglio di emozioni che ricacciava in dietro persino la fame più nera: provava un’estrema rabbia nei propri confronti e verso quella creatura che gli aveva tenuto così testardamente nascosto un simile segreto.
Alla fine, inspiegabilmente, lei aveva scelto un’altro, era andata in contro volontariamente ad un destino che escludeva il suo, lasciandolo fuori dal suo mondo per sempre.
Perché, Mezzosangue?
Privo di forze, così come di idee e fiducia, si appisolò sul grande tavolo Serpeverde della Sala Grande, ancora deserta. Il silenzio che regnava attorno a lui era sovrastato dalla dolce melodia della sua sirena che riecheggiava nella sua mente, preda di dolci ricordi.
Nemmeno si accorse dei fiocchi di neve che lentamente cadevano sulla sua testa.

-Draco.
Un brusio fu ciò che lo accolse quando venne rilasciato dalle braccia di Morfeo. Schiuse piano gli occhi cercando di schiarire le immagini appannate che la vista gli rimandava, mentre qualcuno sembrava chiamarlo con insistenza, scuotendolo sulla spalla.
-Draco, ehi, tutto bene?
-Blaise, che succede?- rispose assonnato, riconoscendo il suo migliore amico.
-Non lo so, dimmelo tu. Che diamine ci fai ancora qui?
Un secondo e tutto ciò che era successo nelle ultime ventiquattro ore tornò vivido nella sua mente.
Si alzò repentinamente dalla sua sedia, incredulo di come fosse riuscito a dormire in un momento talmente delicato.
–Che ore sono?
Blaise, stupito da così improvviso cambiamento, indietreggiò prima di rassicurare il biondo con un sorriso.
-Calmati, sono solo le otto.
-Le otto? Solo?
Draco lasciò il moro e si mise le mani nei capelli stremato, cadendo nuovamente sulla panca di legno. Era tardi e lui non sapeva ancora come fare per raggiungerla e fermarla.
-Draco- lo chiamò Blaise.
-Non ora Bla, sono nella merda e non so come uscirne al momento.
-Draco - lo richiamò di nuovo Blaise, stavolta con insistenza, affinché lui la smettesse di dargli le spalle e riemergere dal tavolo su cui sembrava sprofondato.
-Blaise. Non. Ora- abbaiò, richiamando così tutta l’attenzione dei suoi compagni che si apprestavano a prendere posto per la colazione, guardando curiosi la scena.
Blaise sbuffò e gettò le mani in aria prima di dirigersi verso l’uscita.
–Come vuoi, vorrà dire che il biglietto lo leggerò da solo.
Draco si voltò di scatto, curioso e sorpreso.
–Quale biglietto?
Blaise arrestò il passo e, senza voltarsi, svolazzò tra le dita un piccolo foglio di pergamena.
Il biondo lo raggiunse in un batter d’occhio, strappandogli il biglietto dalle mani; il suo cuore batteva di nuovo, forte e vivo.

Dietro la statua della Strega Orba c’è un passaggio segreto che porta a Mielandia.
Se l’ami, fai in fretta.
Dissendio.

Fissò sorpreso quel biglietto per interi istanti, incredulo della speranza offertagli. Non aveva idea di chi fosse il mittente né del motivo che lo avesse spinto ad aiutarlo, ma sembrava sapere molte cose.
Troppe.
Fu Blaise a riscuoterlo.
–Allora, novità interessanti?
Il biondo alzò lo sguardo su quello dell’amico non riuscendo a dire nulla. Sorrise e basta.
Blaise lo osservò preoccupato prima di fermarlo, quando lo vide allontanarsi in fretta.
-Draco, tu sai quello che stai facendo, vero?
Il biondo inarcò un sopracciglio curioso. –Che significa?
-Se tu vai lì e fermi quel matrimonio scatenerai una guerra, e non è esattamente quello che ti serve al momento, nella tua situazione.
-Blaise, sei stato proprio tu a dirmi di andare da lei prima che sia troppo tardi e adesso vorresti fermarmi?
Anche se inizialmente lo aveva incoraggiato, successivamente Blaise aveva avuto paura che l’amico potesse mettersi nei guai per una stupida cotta o infatuazione. Sapeva quanto Draco, con le donne, potesse essere molto testardo e impulsivo, preda dei suoi soli istinti.
Si mise le mani in tasca, avvicinandosi a Draco e ignorando una testolina scura che in fretta si allontanava dal loro tavolo furente.
-No, voglio solo che tu sia conscio di ciò che stai facendo prima che sia troppo tardi. Tu, ami davvero la Granger? Perché se non è così sono costretto a caricarti sulle spalle e rinchiuderti nella tua stanza fin quando tutto questo sarà finito.
Aveva ignorato volontariamente quella condizione nel biglietto e le parole preoccupate del compagno lo colpirono. Comprendeva i suoi dubbi, ma lui al momento non ne possedeva. Anche se, riguardo i suoi propositi era ancora incerto, sentiva che la cosa giusta da fare fosse andare da lei e fermarla; ogni nervo e cellula nel suo corpo lo gridava ferocemente.
Prese un lungo respiro e quindi, per la prima volta, parlò con il cuore a voce alta.
-Io non lo so, Blaise. So solo che se lei si sposa la perdo per sempre e non posso permetterlo perché senza di lei mi sento solo.
Eccola l’unica, certa verità che faticava tanto ad ammettere. Quale fosse il suo nome, l’unica cosa di cui era sicuro era che ciò vedeva attorno a sé in assenza di Hermione era in nulla.
Con lei, la sua vita in bianco e nero aveva assunto i colori più sgargianti dell’arcobaleno e la sua anima era stata toccata nel profondo.
Mai nessuno, prima di lei, gli aveva mostrato un sentimento sincero così grande, che non fosse l’odio.
Chi mai vorrebbe tornare nelle stalle, quando ha, anche solo per poco, sfiorato le stelle?
Forse era egoistico da parte sua, ma non gli importava.
Blaise sorrise commosso e, con un ultima pacca sulla schiena, lo spinse fuori dalla Sala. Ormai tutti avevano lo sguardo puntato sui due amici, cercando di comprendere la loro fitta conversazione.
–Bhè, che stai aspettando allora? Non mi va di averti tra i piedi per l’eternità.
Prima di rendersene conto, Blaise aveva trasfigurato la sua divisa in un elegante abito da cerimonia. Grato, Draco si ripromise di ringraziarlo una buona volta come si deve e, senza perdere altro tempo, corse con quanta adrenalina in corpo verso la sua meta.
Sto arrivando, Granger.

Un passo, poi ancora un altro.
Era in ritardo, non lo sapeva davvero ma ne era sicuro.
Riusciva a intravedere in lontananza una piccola baita in legno e poco distante una grande chiesa elegantemente addobbata.
Non ti azzardare a sposarti Mezzosangue. Non ti azzardare.
Se lo ripeteva ormai da minuti, da quando uscito dal castello si era ritrovato come previsto a Mielandia. Da lì, la smaterializzazione al luogo della cerimonia era stata automatica e in un batter d’ali, grazie ad una anziana donna, vestita in modo succinto ed elegante, in ritardo come lui al matrimonio.
Semmai avesse scoperto chi gli avesse mandato il biglietto, lo avrebbe sicuramente avvertito di fare più attenzione la prossima volta, visto che senza quella coincidenza sarebbe stato al punto di partenza.
Dopo aver superato un Auror di guardia, con l’aiuto della donna con la quale aveva astutamente simpatizzato, l’aveva lasciata indietro per correre a per di fiato lungo la distesa verde, poiché la smaterializzazione all’interno sembrava essere stata bloccata per motivi di sicurezza.
Non sapeva ancora che fare, se irrompere durante la celebrazione e convincerla a non sposarsi o semplicemente prenderla sulle spalle e portarla più in fretta possibile lontano di lì. In entrambi i casi c’erano degli intoppi che non sarebbero stati facili da superare, ma ci avrebbe pensato sul momento: adesso la preoccupazione maggiore era arrivare in tempo.
Aveva paura, lo sentiva dal magone al centro dello stomaco e dal cuore che non smetteva di palpitare con violenza al centro del suo petto.
Perderla adesso, a pochi metri da lei era la cosa che più temeva.
A tradimento l’immagine del suo viso affiorò nella sua mente, dolce, gentile, bellissimo. Le sorrideva, lo guardava semplicemente con amore. Quell’amore che a lungo aveva rifiutato, ignorato nei suoi occhi.
Come aveva potuto?

Un passo, poi ancora un altro.
Senza rendersene conto era arrivato. Raccogliendo le ultime forze, salì quei pochi gradini della chiesa poggiando poi i palmi aperti delle sue mani sulla grande e immane porta di legno antico.
Tastò attentamente la superficie ruvida e, dopo aver tratto un lungo e profondo respiro, spinse forte spalancando l’ingresso. Estrasse immediatamente la bacchetta, pronto a combattere se c’è ne fosse stato bisogno, ma alzando lo sguardo in fondo alla navata si accorse finalmente del surreale silenzio.
Non c’era nessuno.
L’interno era elegantemente addobbato, il lungo tappeto rosso era cosparso di rose, segno che la sposa aveva fatto il suo ingresso.
Il grande libro del pastore era chiuso, ancora sull’altare, e le panche di legno non erano più allineate ma oblique come se fossero balzati e corsi fuori per festeggiare l’unione degli sposi.
Il matrimonio era finito.
Le gambe improvvisamente gli cedettero e il petto venne invaso da una strana sensazione, dal vuoto.
Il cuore aveva smesso di battere e la sua mente si era svuotata di qualsiasi pensiero, solo il suo inconscio sembrava aver capito che era arrivato troppo tardi, che era finita.
La bacchetta scivolò dalla sua presa e, con le mani nei capelli, si lasciò finalmente andare a quelle lacrime che mai aveva avuto il coraggio di emettere, in lunghi anni di sofferenza.
Suo padre, sua madre e adesso Hermione.
Lo avevano abbandonato tutti e lui era rimasto solo. Come se fosse stato buttato in un pozzo senza fondo, si sentì perso in un limbo in cui non c’era né vita né morte, solo un corpo che si muove senza più un’anima.
Lei era stata la sua ultima speranza.
Una speranza perduta per sempre.

Passarono pochi minuti, forse di più, quando si accorse di un ombra familiare che lo sovrastava.
I suoi capelli li avrebbe riconosciuti ovunque.
-Hermione.
Si asciugò le guance umide e tirò su con il naso alzandosi poi in piedi. Voltandosi verso la figura alle sue spalle, però, si accorse che non era chi aveva immaginato, ma una donna sicuramente con molti più anni della sua Mezzosangue, ma non per questo meno bella. Non ci volle molto per comprendere che era sua madre.
La signora Granger, osservava curiosa e comprensiva il ragazzo, gli occhi chiari e preoccupati.
–Va tutto bene?
Draco si stupì di tanta gentilezza nei suoi confronti. Non lo conosceva nemmeno eppure il suo sorriso era ricoperto di assoluta dolcezza.
Ricomponendosi, rispose. –Sì, grazie.
Concesse un tirato sorriso alla donna prima di voltarsi e andare via. Le somigliava troppo ed era sin troppo felice.
-Aspetta- lo richiamò la signora Granger. –Tu sei Draco, non è vero?
Il mago sgranò gli occhi e, alzando un sopracciglio, rispose incerto.
–Come conosce il mio nome?
Non poteva credere che persino una babbana lo potesse riconoscere a tal punto.
La signora Granger lo scrutò attentamente, da testa a piedi, poi soddisfatta sorrise rincuorata e gli si avvicinò. Eccetto lei, nessuno sapeva, nemmeno la sua stessa figlia, che nelle notti più cupe richiamava ripetutamente il suo nome.
–Perché solo lui potrebbe dimostrare una sofferenza così simile a quella della mia bambina, in questo momento.
Draco non sapeva cosa pensare, era sorpreso e non riusciva a interpretare le parole della donna.
Tuttavia, essersi mostrato debole, per giunta di fronte a una babbana, era un fatto imperdonabile.
Assumendo un tono grave e distaccato, le rispose duro.
-Non capisco di cosa stia parlando. Ad ogni modo credo che si sia sbagliata: sua figlia si è appena sposata e non credo che la sofferenza sia ciò che sta passando- rispose con amarezza, serrando i pugni.
Voleva andarsene, voleva sparire il prima possibile.
Ciò nonostante vide la fronte della donna corrugarsi in un espressione confusa mentre il sopracciglio veniva alzato in un’azione così simile alla sua Mezzosangue. Poi la vide improvvisamente sorridere e alzare un dito in un punto indistinto alle sue spalle.
-Hai carattere, Draco, e non mi stupisce che Hermione si sia interessata a te, anche se per esserti presentato in ritardo sei abbastanza presuntuoso. Ma non perdere altro tempo, a meno che tu voglia farla aspettare ancora.
Il suo orgoglio, risentito dalle accuse della donna, avrebbe sicuramente ruggito di protesta in quel momento, se non fosse che un battito prepotente si scagliò sul suo petto e le sue mani vibrarono di felicità.
Mi sta aspettando.
-Ma…
-Qualsiasi domanda sono certa troverà risposta seguendo il piccolo sentiero alle tue spalle, fino al lago. Arrivederci.
Draco sorrise inavvertitamente e, mentre la donna le dava le spalle, non aspettò oltre dirigendosi verso il punto indicato.

***

Hermione piangeva, ancora.
Era tutto finito e, anche se ancora non ne era del tutto convinta, sapeva in cuor suo di aver fatto la scelta giusta, forse non la migliore, ma sicuramente quella più giusta. Qualcuno continuava a non essere d’accordo con lei, ma col tempo avrebbero capito anche loro.
Al diavolo tutti!
Era sotto un grande albero, ricco e verde che la riparava dai raggi caldi del sole, in riva ad un piccolo lago dall’acqua limpida e cristallina.
Dei piccoli fiori galleggiavano su di esso e una rana gracchiava una triste canzone cullando il suo animo inquieto. Con le unghie martoriava la terra sottostante, sporcando il bianco abito così come tempo fa aveva annerito il suo puro cuore.
Stupida. Stupida. Stupida.
Ecco cos’era, una sciocca ragazzina, illusa e ipocrita.
Aveva agognato e desiderato con violenza quell’amore che non le apparteneva, che la vita non le aveva destinato, e ciò che ci aveva guadagno era semplicemente un’innocenza perduta e un cuore sbriciolato in infinti pezzi talmente invisibili da non poter essere più ricongiunti.
Aveva stravolto la sua vita con bugie e segreti, divenendo così una persona talmente diversa da sentirsi un’estranea dentro il suo stesso corpo.
Gettando una pietra sul piccolo lago, non si accorse subito di come questa non avesse prodotto nessun tonfo nell’acqua. Fu quando riapparve magicamente nelle sue mani che, sgranando gli occhi, si guardò intorno confusa.
L’accarezzò tra le dita, notando delle lettere incise comparire su di essa.

Illusa.

Inarcò un sopracciglio sorpresa, certa però che intorno a lei non ci fosse nessuno.
Durante la celebrazione aveva alternato infiniti sguardi sul grande portone della chiesa, sognando ad occhi aperti scioccamente la comparsa del ragazzo che mai sarebbe arrivato per salvarla da se stessa.
Alla fine aveva agito nella maniera più giusta, dileguandosi poi a conti fatti per sfogare tutta la tensione cui era stata vittima durante quella mattina, prima di ricominciare una nuova vita.
Arrabbiata con la sua mente che sembrava giocarle brutti scherzi, rigettò nell’acqua il piccolo sassolino.
Era stata un’illusa, è vero, ma a proprie spese si era scontrata con la realtà ferendosi irrimediabilmente.

Stupida.

Il sassolino, dopo pochi istanti, riapparve di nuovo tra le sue mani, stavolta con un messaggio diverso.
Stupida era un complimento se ricordava tutti i suoi errori nell’ultimo anno.
E dire che Hermione Granger, fino all’anno precedente, non sapeva nemmeno cosa fosse un errore.
Il primo, origine della grande catastrofe che aveva travolto lentamente la sua vita, fu una semplice parolina: Sì.
Sì al suo fidanzamento con Ronald Weasley.
Il secondo errore, fu quell’incosciente e avventata proposta al ragazzo che più la odiava al mondo.
Terzo, confessare il suo amore al ragazzo che più la odiava al mondo.
Come se si fosse scottata lasciò cadere di nuovo nel lago il sassolino, alzandosi spaventata da terra per guardarsi meglio intorno.
-Chi c’è?
Non c’era nessuno.
La pietra, magicamente riapparsa ai suoi piedi, rispose.

Ipocrita.

Quest’era era l’accusa che più la feriva, perché la più grave che lei avesse commesso, andando contro ogni suo principio.
Arrabbiata, urlò ancora, indietreggiando con le spalle sul grande albero.
-Adesso basta, fatti avanti.
Era disarmata, spaventata, e quando udì un piccolo fruscio poco distante sentì il cuore mancarle.
-Paura, Mezzosangue?
Quella voce non aveva bisogno di presentazioni e con il cuore in gola, non più per la paura, si voltò verso l’oggetto della sua perdizione.
-D-Draco!
-Salve, Granger. Non essere sorpresa, anche se non è stato per niente carino da parte tua non invitarmi. Davvero scortese.
La sua apparizione tra dei piccoli ma folti cespugli, era meglio di quanto nelle ultime ore avesse sognato.
Il suo lento avanzare nella verde natura lo trasformava in un piccolo dio sceso sulla terra ferma.
Anche se dai suoi occhi, due pozze argentee vuote senza alcun fondo che le fecero venire la pelle d’oca, non sembrava, era evidente che fosse stremato; la giacca sulla sua spalla destra e la camicia aperta che lasciava spazio al suo petto scolpito e sudato, lo testimoniavano.
Ad ogni modo la sua fantasia venne interrotta dai suoi zigomi tirati, dalle labbra strette e la sua espressione dura che caricarono una forte tensione nell’aria, come se vi fosse in atto una battaglia in cui lei era l’avversaria.
Avrebbe voluto buttarsi tra le sue braccia ma si ricompose e, incrociando le braccia al petto, come un forte scudo con il quale proteggersi, rispose piano mettendo molta cura nelle sue parole.
Essere schernita e umiliata da lui era l’ultima cosa che in quel momento desiderava.
-Non credevo che il matrimonio di un traditore del proprio sangue e di una lurida Mezzosangue potesse interessarti.
Le parve, forse, di scorgere una sorta di fastidio lungo le sue membra alle proprie parole, ma non gli diede peso.
L’unica cosa che le premeva scoprire era come e perché lui era lì, davanti a lei.
Se non fosse che l’aria stessa che la circondava sembrava essersi raffreddata con il suo arrivo, avrebbe potuto benissimo pensare di vedere un miraggio.
-Infatti non mi interessa- rispose il biondo, uscendo dagli alti cespugli.
Hermione avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e baciarlo con passione.
Non fece tuttavia nulla di tutto ciò, serrando i pugni, ferita dal suo apparente disinteresse.
Draco si avvicinò, lentamente.
Come un felino che ha adocchiato la sua preda e attende il momento giusto per catturarla, azzannando la sua giugulare.
Aveva voluto spaventarla e sapere di esserci riuscito lo soddisfò pienamente, nonostante avesse appena cominciato.
Una volta lasciata la piccola chiesa alle sue spalle, aveva corso con quanto fiato in gola per raggiungerla e quando finalmente l’aveva trovata, in riva al lago sotto il grande albero verde, era rimasto folgorato da tanta bellezza: immersa nella natura, candida ed eterea appariva nel suo elegante abito nuziale, che fasciava il suo corpo come un telo di seta dorato avvolgerebbe una dea.
Tuttavia, subito dopo, la gelosia lo aveva stuzzicato per il malsano rimpianto di non essere stato lui l’uomo all’altare ad aspettarla e farla sua per sempre.
La rabbia, era arrivata quindi subito dopo come una naturale conseguenza, animando adesso ogni sua azione, seppur con temperamento.
Era lì per raccogliere la speranza di riaverla, semmai questa ci fosse stata, ma per questo, non si sarebbe fatto abbindolare di nuovo da lei. Stavolta, toccava a lui dirigere i giochi.
Deciso, la scrutò quindi attentamente prima di rispondere piccato.
–Tuttavia, non posso far finta di nulla quando qualcosa mi viene rubato. Qualcosa a cui io tengo moltissimo.
Hermione non riusciva a interpretare le sue parole.
Sembrava infastidito, peggio, arrabbiato, ma allo stesso tempo divertito. L’unica cosa che seppe per certo fu la direzione che prese il suo sguardo: sulla sua mano sinistra.
Istintivamente nascose le mani dietro la schiena, indietreggiando ancora. Ormai lui l’aveva raggiunta e, di fronte a lei, la sovrastava in altezza.
-Non capisco di cosa stai parlando, Malfoy.
-Vorrà dire che mi tocca rinfrescarti la memoria.
Aprì la bocca per replicare, ma questa venne catturata dalle labbra di lui che l’ammutolirono con un bacio. Il tempo sembrò fermarsi e ogni cosa spegnersi riducendosi al silenzio, interrotto solo dal battito dei loro cuori.
Draco non si mosse, rimase fermo con le labbra sulle sue, inalando il dolce profumo di pesca e assaporando impercettibilmente la bocca di rosa della strega, che con gli occhi sgranati sembrava essersi pietrificata.
Hermione, appunto, aveva le gambe che le tremavano e le mani che le prudevano per l’immane sforzo di tenerle lontano dal corpo del mago così vicino al suo.
Un respiro profondo e probabilmente avrebbe potuto sfiorarlo visto che una mano del biondo era poggiata sopra la sua nuca, sul grande arbusto, mentre l’altra sorreggeva ancora la giacca sulla sua spalla.
Indecisa se cedere ai desideri del suo cuore o alle minacce della sua mente, rimase ferma finché il canto roco di un uccello sorvolò le loro teste rompendo quel graffiante silenzio.
La ragione prevalse agendo per lei d’impulso.
Draco indietreggiò stupito, portandosi una mano sul labbro adesso sanguinante.
-Come hai osato?- sputò, puntando i suoi occhi in quelli irati della riccia.
L’immagine che adesso rimandava l’algido principe era quella di un irresistibile e seducente dannato.
Maledizione a lui.
-Che sei venuto a fare qui?- abbaiò stanca e piccata, dal suo tentativo di sottometterla con il suo, ormai ovvio, ascendente.
Draco si leccò il labbro, ripulendolo dal liquido amaro e, ricacciando in dietro il tentativo di prenderla a schiaffi per punirla del suo gesto, si ricompose.
Si passò una mano tra i capelli e, lasciando scivolare via la giacca, ghignò.
-Mi riprendo ciò che è mio, Mezzosangue.
Una sola falcata e Draco aveva ricoperto di nuovo le distanze, afferrando Hermione per i fianchi e facendo combaciare così i loro bacini.
Poi, prima che la strega potesse protestare o rifiutarlo, la imprigionò in un forte abbraccio, e chinandosi su di lei lasciò scorrere una sua mano dalla sua spalla fin sopra la nuca. Adesso che la teneva stretta tra le sue braccia, chiedendo ripetutamente accesso alla sua bocca, stringendosi sul petto per respingere i suoi sempre più deboli pugni, si rese conto di quanto le era mancata.
-Sei stata un’illusa a credere che sul serio ti avrei lasciata andare così- soffiò sulle sue labbra, approfittando del momento in cui Hermione provò a rispondere per far scivolare la propria lingua nella sua bocca.
Le carezzò il palato, rincorrendo la sua lingua lascivamente, sfuggendo in tempo alla sua morsa quando lei cercò ancora di morderlo. Ma Draco ormai percepiva il suo cedimento, dalle sue mani poggiate adesso sul suo petto e dalle sue labbra che ormai avevano smesso di lottare con foga, ormai tramutata in passione.
Hermione, infatti, seppur ancora dubbiosa delle vere intenzioni del mago, lasciò perdere pian piano ogni remora, per farsi riscaldare dalle braccia e dalla dolce bocca del suo amato. Negli ultimi mesi aveva più volte rivissuto nella sua mente e nei suoi sogni quei momenti con lui, con sofferente nostalgia.
Draco lambì con cura e dedizione le sue labbra, mordicchiando il suo labbro superiore, e si lasciò travolgere dal piacere che gli procurava ogni volta la vicinanza del corpo di lei schiacciato sul proprio.
Il suoi seni sfregavano sul suo petto ad ogni respiro e le gambe tra loro incrociate lasciavano la possibilità ad Hermione di sentire l’eccitazione del biondo sul suo basso ventre.
Draco lasciò scivolare una mano lungo il suo fianco, continuando a baciarla, ora sul mento ora dietro il collo.
-Solo una stupida avrebbe speso così tanto tempo prezioso ad allontanarmi, sai?- mormorò, prima di stuzzicare il lobo del suo orecchio destro.
Il corpo di Hermione si era acceso, e adesso, avido di piacere, richiedeva le attenzioni delle mani del mago che invece continuavano a scivolare dal suo collo fin sopra la sua scollatura.
-Cosa stai cercando di dimostrare?- chiese, invece, trattenendo il respiro.
Draco ghignò e scese a succhiare una parte sensibile del suo collo, facendola fremere.
–Niente che tu non sappia già, Mezzosangue.
Hermione, risentita dalla sua vaga risposta, cercò di allontanarlo puntando le mani sul suo petto, nel vano tentativo di spingerlo via.
–Basta, Draco. Sono stanca dei tuoi continui giochetti.
Draco si incupì e, mutando la carezza sul suo collo in una morsa ferrea, la ridusse al silenzio.
Giochetti?
Hermione, improvvisamente spaventata, sgranò gli occhi.
-Chi è che ha dato inizio a questa caccia al topo? Che è venuta da me prendendosi ciò che voleva, scappando subito dopo? Sei tu quella che ha preso in giro tutti qui, Mezzosangue.
-Come puoi dire così? Io sono…
-Una persona onesta? È questo che volevi dire?- la interruppe sarcastico.
Hermione deglutì, mentre poteva sentire benissimo la fronte imperlarsi di sudore, quant’era agitata.
Draco continuò, con un sorriso vittorioso sulle labbra.
–Non mi sembravi onesta quando sei venuta da me a chiedermi di fare l’amore con te, tradendo così il tuo fidanzato.
-Questo non è giusto, Malfoy. Io…
-Giusto? Tu vieni da me a parlarmi di cos’è giusto? Piccola ipocrita, secondo te è stato giusto ingannarmi per usarmi? È stato giusto per te mentirmi continuamente sulle vere motivazioni che ti hanno spinta sul mio letto? È stato giusto tacermi che ti sposavi?
Draco ribolliva dalla rabbia, minuto dopo minuto, e il sangue pulsava forte nelle sue vene, fin sopra la sua testa che sembrava volergli scoppiare.
Ogni accusa l’aveva sputata con rancore e disprezzo per ripagarla della tortura che aveva subito in quelle settimane fino a farlo impazzire.
Non era stato lui a chiedere tutto questo, Hermione Granger non era stata mai niente per lui e così sarebbe sempre stato se lei non si fosse insinuata nella sua vita.
Pensava che avrebbe avuto almeno il coraggio di chiedergli scusa, di giustificarsi, ma invece continuava a difendersi con stupide ragioni che lui continuava a non capire.
Hermione dal canto suo tremava e piangeva, se non per il dolore alla gola, per le sue dure parole.
Ogni accusa aveva tuonato nella sua mente trafiggendola come una pugnalata al cuore.
Una volta, due volte, infinte volte, eppure non era ancora finita, lo leggeva negli occhi rosso fuoco del Serpeverde, iniettati dalla furia che sembrava aver preso il sopravvento sul suo autocontrollo.
–Ma non finisce qui, perché tu hai fatto tutto questo perché mi ami, non è vero? Eppure hai continuato a rifiutarmi, a insultarmi e a scappare via lontano da me per sposarti con un altro. Che razza di amore è mai questo, eh, Granger?
Hermione riusciva a sentire il respiro di lui sul suo petto, le sue dite premere con forza sulla sua gola ormai prosciugata e che le consentiva ormai di respirare a fatica, scossa dai singhiozzi.
-Tu non sai niente di quello che io ho dovuto passare. Tu non sai proprio nulla- fu l’unica cosa che riuscì a dire, ormai anche lei arrabbiata.
Teneva le proprie mani su quella di Draco, nella speranza di poterlo allontanare.
E così fu. La mano di Draco lasciò il suo collo con un ultima carezza, come per scusarsi, indietreggiando di un passo.
Non voleva farle del male, vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime lo feriva sempre aspramente, ma la rabbia accumulata nei giorni passati aveva prevalso: voleva che capisse quanto per lui questi giorni fossero stati duri senza di lei, all’oscuro di una verità che alla fine lo aveva ferito.
-No, hai ragione, non so proprio nulla di te. Ma non ho intenzione di sprecare altro tempo.
Hermione pensò di aver frainteso ciò che aveva appena sentito, ma il suo tono adesso dolce la riscosse. Un brivido la percorse quando la mano fredda di lui sfiorò le sue dita, portandola ad alzare lo sguardo su quelli grigi del mago.
-Sempre se tu mi voglia ancora, ovviamente.
Sarebbe potuta svenire se non fosse che il desiderio di un piccolo barlume di speranza la risvegliò.
-Cosa… cosa vuoi dire?- rispose, tirando su con il naso.
-Che ho bisogno che tu mi faccia un piccolo favore.
Draco sorrise e ad Hermione bastò per poter sentire di nuovo le farfalle svolazzare al centro del suo stomaco.
Quelle parole non erano state scelte a caso, ma rimandavano a un giorno lontano, da cui tutto era iniziato.
-Di cosa si tratta?- chiese timida, accennando un sorriso.
Draco si avvicinò e le porse una mano, che subito Hermione, seppur titubante, raccolse.
Il mago la tirò quindi a sé, portando entrambe le mani della strega sulle sue labbra per un delicato bacio.
Uno, sull’anulare sinistro, libero.
-Voglio che tu sia mia, Hermione.
Aveva sentito quelle parole troppe volte, tanto da sognarle ormai ogni notte, e anche se stavolta furono pronunciate con assoluta dolcezza non poté ignorare chi era in realtà il ragazzo che le stava di fronte.
Indietreggiando, si scostò da lui per recriminare delusa, abbassando lo sguardo per nascondere la sua disillusione.
-Non posso credere che tu continui con questa storia Malfoy, che tu ti ostini tanto solo per… scoparmi.
Il disprezzo sputato con astio dalle sue parole ferì Draco, più dell’evidente rifiuto.
Scopare, oltretutto, non era il termine che mai avrebbe usato per descrivere una sua notte con Hermione. Era stata proprio lei d'altronde a insegnargli le diverse sfumature di quel rapporto.
-Cosa ti fa credere che sia solo per questo? E poi da quando definisci scopata ciò che abbiamo condiviso? Che io ben ricordi, noi, abbiamo fatto l’amore. Non sei stata tu a insistere che fosse chiamata in questo modo?
Hermione rimase colpita dal suo furente tono di voce , indispettita dal suo tentativo di ribaltare le carte in tavola. Era ovvio che per lei non fosse stata una qualunque notte di sesso, era stato lui il primo a definirla tale durante quei mesi. Prima di allora Hermione non si sarebbe mai sognata di pronunciare un simile vocabolo, per lei sconosciuto.
-Perché mai dovrei pensare il contrario, semmai? O, forse, stavolta sei qui per vendicarti? E poi, appunto, io ho sempre parlato d’amore, non tu.
Draco non poteva del resto darle tutti i torti.
Ogni giorno, negli ultimi mesi, aveva con lei giustificato il suo interesse nei suoi confronti con il solo desiderio sessuale. Alle volte, per la sua voglia di rivalsa.
-Smettila di ragionare così cinicamente. Non lo hai ancora capito? Se avessi voluto davvero vendicarmi di te, ne avrei approfittato tempo prima.
-E allora perché?- chiese stanca, alzando gli occhi al cielo.
Stanca di illudersi, di aspettare che lui la ricambiasse, invano.
Draco respirò a fondo, portando indietro i capelli fiaccamente.
Era stanco di inseguirla, di riflettere sui come e i perché a lui indecifrabili. Voleva solo viverla, adesso.
-Tu dici di amarmi, e ammetto che ne sono ancora incredulo, ma è possibile che non ti sfiori nemmeno l’idea che io sia interessato a te? Semplicemente.
-Semplicemente - ripeté Hermione improvvisamente inebetita.
Draco sorrise e confermò annuendo.
-Ma perché?
Era necessario che sapesse la verità.
Draco allungò un passo nella sua direzione e, alzando gli occhi verso il cielo limpido, rispose piano, pensieroso.
-Perché? È una bella domanda.
Hermione seguì il suo sguardo, osservando una piccola nuvola che veloce camminava verso l’ovest. Era leggera e avrebbe voluto esserlo anche lei.
Poi, la mano di Draco sulla sua la fece sussultare. La sua domanda, quasi cadere.
-Perché non ti sei sposata?
Draco si era avvicinato ancora e, con la mano sinistra della ragazza nella la sua, indicando l’assenza della fede, la incoraggiò.
-È il momento di essere sinceri, Granger.
Hermione abbassò lo sguardo, ancora in colpa per aver lasciato Ron all’altare nel fatidico sì.
Era il momento di gettare le armi e scoprire le carte, nascondere ciò che era ormai più che evidente sarebbe stato sciocco, e non aveva più le forze per mentire ancora.
-Perché ho deciso di fare la scelta giusta, per me. Il mio cuore non appartiene a Ron, ma a te soltanto .
Draco era curioso e affascinato.
Non aveva mai visto nessuno mostrare così tanto amore e dedizione.
Ma soprattutto, non aveva mai incontrato nessuno talmente coraggioso da perseguire ciò in cui credere a costo di perdere tutto.
Sapere che aveva fatto tutto questo per lui, infine, non faceva altro che riempire il suo petto di uno strano calore, indomabile e immenso, ma piacevole a tal punto da essere irresistibile.
Cosa aveva mai fatto per meritarsi tanto?
-E dimmi, Granger, com’è possibile ciò?
Sembrava che quella domanda la stesse ponendo più a se stesso.
Hermione sorrise, felice di non essere stata derisa, ma ascoltata con sincero interesse. Non si era mai sfogata con nessuno e farlo con lui non si stata rivelando poi così male.
Forse, il tempo degli errori era finito.
-Io, non lo so. So solo che da poco più di un anno qualcosa è cambiato, tu per me sei cambiato stravolgendo ogni cosa che mi circonda, vivendo costantemente nei miei pensieri. Ho creduto di essere impazzita, che la guerra mi avesse tolto qualche rotella, com’era possibile che d’un tratto non ti odiassi più?
Me lo chiedo anch’io, pensò Draco, sempre più meravigliato dalla piccola creatura nelle sue mani.
Hermione alzò lo sguardo sui suoi occhi chiari, dolci e gentili, e sorrise prima di continuare stringendo forte le sue mani.
-Ma poi, quando ti ho rivisto a scuola, tutto è stato chiaro, indiscutibile.
Questa piccola confessione, non destò Draco stavolta.
Non avvertì nessun fastidio o shock, solo un senso di pace e serenità, come se finalmente avesse trovato la via di casa dopo un lungo viaggio.
Aveva finalmente trovato il suo porto sicuro.
Accarezzò la guancia bagnata di Hermione, adesso certo di cosa fosse giusto fare.
-Anche il mio mondo è cambiato e l’unica mia certezza è che voglio vivere in un mondo a colori. Ma ho scoperto che senza di te, il mio mondo ne è privo.
Hermione aprì gli occhi ancora, commossa dalle sue inaspettate parole. Sentiva il cuore battere veloce e lo stomaco fare le capriole; i suoi occhi cioccolato brillavano dello stesso riflesso che ora animava quelli azzurri di Draco.
-Cosa stai cercando di dirmi?- chiese dubbia, aggrappandosi alle braccia del ragazzo.
Aveva paura. Aveva buttato all’aria la sua vita quella mattina e illudersi di avere ancora qualcosa di così stupendo tra le mani, che fino ad allora le sembrava irraggiungibile, era un sogno troppo grande in cui poter sperare senza venirne scottata.
Draco la sentì tremare, riconoscendo il velo di paura nei suoi occhi, che col tempo aveva imparato a interpretare. Si chinò quindi su di lei, prendendo il suo viso tra le sue mani per posare un piccolo bacio sul suo naso, rassicurandola.
-Ti và di ricominciare con me?
Finalmente la leggerezza che aveva poc’anzi sperato arrivò, sollevandola pochi centimetri dal terreno per la felicità.
Le parve di sognare e, come se per la prima volta avesse paura di non sbagliarsi, si gettò tra le sue braccia, alzandosi in punta di piedi per far combaciare le sue labbra con quelle del bellissimo principe, che ancora stringeva il suo volto in attesa di una risposta.
-Sì- rispose a fior di labbra, prima che Draco la prendesse in braccio ricambiando il suo bacio.
Hermione sentiva di volare tra le sue braccia, come quando da bambina suo padre la issava per farla svolazzare nella sua cameretta; come quando da bambina si sentiva al sicuro, senza il minimo pensiero.
Draco era febbricitante, sentiva di poter esplodere per quella piccola bomba di emozioni travolgenti che si era innescata nel suo cuore. Con Hermione tra le braccia si sentiva semplicemente bene.
Bene come forse non lo era mai stato.
Nessun pensiero o dubbio aleggiava tra i suoi pensieri, lasciandolo libero e leggero. La testa, nonostante le giravolte, non gli girava, semplicemente era incantata dal volto angelico della sua strega che, con i capelli adesso liberi dalla rigida acconciatura, le incorniciavano il viso, lievemente oscurato dalla piccola aureola sulla sua testa creata dal piccolo sole sopra di loro.
Hermione per la prima volta dopo tanto tempo pianse, di felicità.
Adesso non aveva più nessun dubbio, aveva fatto la scelta giusta.


Il tempo si fermò e la natura cullò l’amore delle due anime che a lungo continuarono a ridere e girare su se stessi senza stancarsi mai, preda dei loro soli sentimenti.
Ogni cosa, in quel piccolo paradiso, parve al posto giusto.
Loro erano finalmente al posto giusto, insieme.
Fu forse la loro immaginazione, quando pensarono di percepire addirittura le loro anime, finalmente ritrovate, volteggiare insieme a loro in un antica danza, come la prima volta.
Una cosa fu certa: nessuno dei due si accorse di stare volando sul serio.

 




Ciao a tutti ragazzi! Finalmente eccovi il penultimo capitolo di questa storia. Chiedo umilmente perdono per questo immenso ritardo, ma non ho potuto fare altrimenti per i diversi ed imprevisti impegni che mi hanno colto in quest'ultimo mese. La stesura di questo capitolo mi ha poi preso tantissimo, credo di non aver impiegato mai così tanto per scriverne uno, perchè è stato davvero difficile, quasi impossibile, non riuscivo mai a descrivere ciò che realmente volevo. Non ne sono convinta nemmeno adesso ma non ho potuto farvi aspettare oltre, in tal caso tornerò per apportare delle piccole modifiche. Spero di non avervi deluso ragazzi! Ho cercato di descrivere, e spero trasmettere, i vari stati in cui versavano i due protagonisti e spero per questo, sopratutto nella fine, di non essere caduta troppo nell'OOC. La fine, per Salazaar e Merlino e tutti i maghi è stata la parte più difficile, l'avrò riscritta almeno 7 volte, e spero di aver scelto infine quella più giusta e appropriata.
Fatemi perciò sapere cosa ne pensate, a meno che non volete farmi morire di infarto per calo a cui è soggetta la mia già precaria autostima. Mi scuso per gli eventuali errori e semmai qualcuno riscontrasse delle discordanze lungo la storia vi prego di farmelo notare così che io possa provvedere.
Vorrei far presente per chi non avesse letto l'avviso precedente che ho postato una piccola shot con pov Draco che si ambienta tra il 3 e il 4 capitolo di questa storia. Per chi fosse interessato la potete trovare qui: Attimi rubati, spero vi piaccia. 
Avviso che potrei inoltre aggiungere prossimamente altri capitoli tra quelli passati, oltre l'epilogo, perchè mi sono accorta che vi sono effettivamente dei buchi nella storia che non è giusto lascare vuoti e in sospeso.
Un chiarimento infine che vorrei fare riguardo questo capito è circa la neve che cade quando Draco è sul suo tavolo in Sala Grande prima di addormentarsi e il fatto che Draco ed Herm poi "volino" alla fine. Mi sono ispirata ad una parte di Harry Potter e il principe mezzosangue, in cui Ron fa nevicare quando nota Lavanda fissarlo dal suo tavolo parecchio arrabbiata. Ecco Draco, allo stesso modo, fa nevicare incosciamente perchè si ritrova distrutto non fisicamente ma nell'animo per il matrimonio di Hermione a cui sembra non poter far nulla. Mentre alla fine i due prendono a volare perchè sono effettivamente felici e leggeri, liberi da ogni pensiero, interiormente quando fisicamente. Anche se alla fine non volano esattamente ma semplicemente rimangono sospesi a qualche centimentro da terra. Spero che vi sia piaciuta come idea e che non sia stata invece una cavolata colossale.
Adesso vi saluto, pian piano risponderò alle vostre recensioni con il nuovo metodo introdotto da EFP. Grazieeeee di cuore a tutti voi, che mi seguite e mi preferite, che mi ricordate e VOI, miei amatissimi, che mi recensite.

   
 
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