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Autore: YuXiaoLong    11/01/2011    1 recensioni
Capita di rado, ma le storie di due mondi possono intrecciarsi.
Yulannath dell'Accademia dei Due Draghi (salvo in casi formali, Yu) è un giovane bizzarro: sognatore, distante, distratto, irrilevante per i Terrestri, che lo conoscono con un altro nome. Ma egli è un Viaggiatore, capace di attraversare il Confine, la barriera che separa la Terra dall'Inframondo: il mondo gemello che alberga ogni sorta di creatura fantastica. Ma ben presto il suo destino lo porterà al di là di entrambi, fra rancori e ambizioni senza tempo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ars Arcana, Capitolo VI

La Zona Buia

 

 

Quando Yu finalmente si risvegliò, l’oscurità attorno a lui era così fitta che gli ci volle qualche istante per capire che aveva effettivamente riaperto gli occhi. L’odore dell’aria attorno a lui era stantio, l’atmosfera calda, pesante e umida. Di certo, pensò, non era più nel santuario.

Non riusciva a ricordare come fosse arrivato lì, ma al momento non aveva importanza; doveva uscire da quella specie di sepolcro (ammesso, si disse con un brivido, che vi fosse un’uscita), capire dove fosse finito e poi… be’, e poi ci avrebbe pensato su. Dove l’aria fosse un po’ più fresca.

Si tastò tutto attorno per farsi un’idea dell’ambiente, ma non appena sfiorò il pavimento fece una smorfia di disgusto: era viscido, ricoperto di una qualche sostanza oleosa, che, stranamente, non gli imbrattò le mani. Continuò a saggiare il suolo, finché le sue dita non incontrarono un oggetto fresco, sfaccettato e liscio, e, constatò con un mezzo sorriso, pulito: il suo cristallo-torcia.

Un po’ rincuorato dalla sua presenza, lo strinse e lo attivò, circondandosi di un alone di pallida luce. Cauto, il mago si alzò a sedere e si guardò attorno: di fianco a lui, a meno di due metri, si spalancava la bocca di un qualche enorme, nerissimo abisso; provò a sporgersi leggermente (molto leggermente, aveva il terrore di pozzi e simili) per sbirciare giù, ma si ritrasse subito con un’ondata di nausea: l’oscurità laggiù era, se possibile, ancor più fitta, e dalle profondità della terra spirava un vento caldo, regolare, pulsante, come il respiro di una qualche enorme, immonda bestia. Era certo, però, di non essere finito nella pancia di qualche bestia: era solo una qualche specie di grotta dannatamente fetida. La sostanza che ricopriva la pietra, vide, era nera come la pece, lucida, e, notò con disgusto, sembrava viva; la sua superficie non era mai liscia, ma sempre piena di increspature e piccole onde, un costante fremito che il mago non sapeva spiegarsi. Il movimento era più evidente e febbrile laddove la luce del suo cristallo era più intensa, come se quella massa scura detestasse la luce, o ne fosse in qualche modo danneggiata.

Vincendo le vertigini, Yu si alzò in piedi e si allontanò dal baratro, ispezionando i dintorni alla ricerca di un’uscita.

L’operazione fu più lenta e difficile del previsto: sebbene il cristallo si fosse illuminato al suo comando, qualcosa sembrava non andare con l’incantesimo; per quanto il giovane cercasse di intensificare la luce per avere una visuale più ampia, tutto ciò che otteneva era un malsano alone di luce giallastra, che a stento riusciva a gettar luce a più di qualche metro.

Come se il buio mi si stringesse attorno, pensò, con un brivido.

Sospirò e decise che era inutile sprecare la sua magia in quel modo; ricominciò ad ispezionare la grotta, muovendosi con passi brevi e circospetti, più silenziosamente possibile: qualunque cosa abitasse quel posto, perché di certo vi erano creature abbastanza disgustose da abitarlo, non voleva incontrarla.

La fortuna, tuttavia, gli concesse un vago sorriso: quel posto orribile aveva, a quanto pareva un’uscita, o, per lo meno, un qualche pertugio dal quale spirava un’aria meno fetida. Yu imboccò il passaggio con estrema cautela, conscio di essere completamente disarmato e dei limiti della sua magia. Il viaggio sembrò durargli un’eternità: il cunicolo era angusto, pieno di svolte, e tutto ricoperto da quella robaccia disgustosa; per giunta, ovunque, dall’oscurità, provenivano strani suoni, indecifrabili, ma angosciosi e carichi di presagi sinistri.

Quando finalmente fu all’aperto, benché la galleria fosse quasi completamente pianeggiante, era sfinito e tremante. E lo spettacolo cui si trovò davanti non lo rincuorò.

Dove… sono finito…?

Sopra di lui, il cielo era nero come la pece, privo di qualsiasi astro a squarciare le tenebre, e l’unica luce, a parte il suo piccolo, triste cristallo, veniva da bagliori arancioni all’orizzonte, come distanti incendi, e da fiammate che, di tanto in tanto, fuoriuscivano con fragore da strane spaccature nel terreno. La maggior parte del suolo e di ogni superficie era ricoperta dalla medesima sostanza nerastra, e non c’era alcuna traccia di esseri viventi, tranne lui.

L’unica nota positiva era che, uscito da quella grotta nefasta, la stretta del buio si era attenuata, e adesso la luce del cristallo splendeva più vigorosa.

Quello non era Inframondo…  ma nemmeno la Terra poteva albergare un simile sfacelo.

Poi, nel brulicante, viscido rumoreggiare di quel mondo tetro, lo raggiunse un suono famigliare: una sirena, da un punto imprecisato nel buio, più a valle rispetto a lui, accompagnato dall’accensione, brusca e improvvisa, di una qualche grossa luce, probabilmente un riflettore o un faro potente, che poi divennero due, poi tre.

Sotto il lamento della sirena, i tre bagliori cominciarono a spostarsi, rapidi, verso di lui. Per un istante, il mago pensò ingenuamente che potesse trattarsi di soccorsi: magari erano altri terrestri, venuti a salvarlo da quell’incubo.

Ma, quando vide cosa stava avvicinandosi, sferragliando, dovette ricredersi: tre enormi macchinari simili ad enormi insetti correvano su di lui, spostandosi velocissimi su quattro paia di zampe lunghe ed affilate che uscivano dai loro corpi tozzi e tondeggianti.

Sfrecciarono su per il pendio, tranciando e travolgendo ogni cosa sul loro percorso, puntando su di lui. Yu capì in un istante che, chiunque comandasse quelle macchine, di certo non voleva aiutarlo, perciò tornò, suo malgrado, ad infilarsi nell’oscuro pertugio da cui era uscito e disattivò il cristallo, sperando che fosse sufficiente ad ingannare gli insetti metallici. Quelli raggiunsero il punto dove si trovava e, per alcuni secondi, sostarono, girando su se stessi lentamente per illuminare i dintorni.

Cauto, il mago si ritrasse più in profondità e si riparò dietro ad una protuberanza rocciosa, sperando che lo spessore fosse sufficiente ad occultare il calore del suo corpo.

Non ebbe il tempo di appurare se lo stratagemma aveva funzionato, perché, all’improvviso, sentì uno stridore metallico, seguito da uno schianto potente. Contro ogni forma di buon senso, assecondò la sua morbosa curiosità e sbirciò dal suo nascondiglio cosa mai potesse affrontare quegli orrori di metallo, ma non vide nulla, se non uno dei suoi inseguitori ribaltato zampettare inutilmente contro il cielo nero, prima che la scena diventasse un incomprensibile turbinare di scintille, schianti, oscurità e strani brontolii gutturali.

Pochi caotici istanti dopo, tutto ciò che restava delle macchine erano rottami contorti. Yu rimase bloccato dov’era, esterrefatto: non percepiva una presenza malevola, in quel buio, ma non poteva essere sicuro che chi aveva distrutto gli insetti metallici fosse socievole; poteva anche essere un predatore di quella terra buia.

Stava per tornare a rintanarsi, quando una voce profonda lo raggiunse dall’oscurità:

“Fuori dal pertugio, piccoletto. Io sono più furbo di quei rottami”.

Yu si sentì paralizzare per la sorpresa e la paura, ma se era vero che l’estraneo era più furbo dei cosi che aveva appena fatto a pezzi, era inutile cercare di scappare. Uscì, trattenendo il respiro, già sentendosi addosso gli artigli della creatura del buio.

Ma gli artigli non vennero. Lo sconosciuto si limitò ad osservarlo dall’oscurità, con luminosi occhi di un viola intenso, come per valutarlo. Incrociando il loro sguardo, il mago deglutì: pupille verticali, iridi color ametista, e un corpo che si confondeva con il buio circostante.

La creatura che l’aveva salvato era un Drago Oscuro. Non si fosse trovato in un luogo completamente sconosciuto e popolato da orrendi macchinari assassini, la sua anima di accademico ne sarebbe stata deliziata: quei draghi erano rarissimi, e pochi studiosi potevano dire di averne mai osservato uno dal vivo. Ma le circostanze avevano momentaneamente spedito in letargo lo studioso che era in lui.

“Io…” boccheggiò, cercando di trovare le parole per presentarsi al drago.

Ma quello subito lo interruppe: “Risparmia il fiato, Luminal. Non corri pericolo con me: sei abbastanza puro. E hai la Voce, sento”.

Yu sbatté le palpebre e chiuse la bocca. Non aveva idea di cosa la creatura intendesse; tutto ciò che aveva capito era che non gli sarebbe stato fatto del male. E non appena quella consapevolezza fece breccia nella sua mente, il caos che aveva in testa si calmò un poco. Trasse un respiro profondo, e parò con più calma: “Ti sono debitore, o possente. Ma temo di non capire di cosa tu stia parlando”.

“Non qui, devo portarti in un posto più sicuro” borbottò la creatura. Fece una pausa, come se dovesse dire qualcosa di estremamente difficile, ma poi aggiunse: “Ce la fai a salirmi in groppa?”

Il giovane si sentì stordire dallo stupore: cavalcare un drago? La fortuna certo aveva scelto un momento tremendamente bizzarro per esaudire quel suo infantile desiderio.

“Credo di sì, se posso aiutarmi con un po’ di luce”.

“E sia” mugugnò l’altro, appiattendosi a terra per aiutarlo.

Yu si affrettò a riattivare il cristallo per esaminare il drago: era grande, lungo più di una decina di metri, e il suo corpo snello e nerbuto era ricoperto di scaglie nerissime e lucenti. Dalla testa partiva una cresta che, retta da una fila di aculei bianchissimi, arrivava fino alla fine della coda. Le arcate sopra i suoi occhi erano delineate da file di piccole spine candide; altri speroni costellavano il suo corpo con regolarità, come stelle ammiccanti in una notte senza luna.

Arrampicarsi sul suo dorso fu decisamente più complicato che salire su un cavallo (non che il drago avesse delle staffe cui appoggiarsi), ma la creatura, comprendendo la difficoltà del compito, abbassò un ala perché il giovane potesse darsi la spinta, e così, anche se goffamente, il mago riuscì a sistemarsi in uno degli ampi intervalli fra gli aculei dorsali del suo salvatore.

 

Non appena il mago si fu sistemato, il drago balzò in volo con un solo, potente balzo. La valle oscura, e i rottami fumanti dei ragni metallici si allontanarono e sparirono nel buio, mentre la creatura si innalzava sempre più nel cielo tetro.

Quando l’aria attorno a lui cominciò a farsi un po’ più fresca ed ebbe perso quella nota greve e oleosa che aveva a terra, Yu riuscì anche a godersi l’esperienza: sentiva il vento sul viso, ed avvertire sotto di sé i colpi d’ala possenti e il respiro regolare del grande drago aveva un che di esaltante, checché la paura di cadere gli impedisse di abbandonarsi completamente all’ebbrezza del volo.

Il viaggio nel buio fu lungo: solo pochi, isolati sprazzi di quelle sinistre luci arancioni interrompevano la monotonia dell’onnipresente oscurità, e l’orizzonte era distinguibile solo quando il drago volava in direzione di uno di quei bagliori crepuscolari. E, curiosamente, la creatura continuava a salire e salire… dove lo stava portando?

“Reggiti forte, Luminal” lo ammonì.

Il mago non capì, né ciò che il suo interlocutore intendeva, né, di nuovo, cosa diamine fosse un Luminal, ma decise che avrebbe interrogato il drago in un secondo momento; si chinò sul suo collo e si aggrappò con tutte le sue forze, nascondendo il viso contro la sua pelle corazzata.

Un istante dopo, ebbe l’impressione che il drago avesse sfondato una qualche strana barriera, come una membrana elastica: si sentì passare addosso decine e decine di piccoli, gommosi tentacoli, che cercarono di strapparlo dal dorso del suo salvatore. Ma lo strattone fu troppo breve, e la creatura troppo veloce ad attraversare quel muro invisibile, perciò Yu riuscì a mantenere, anche se a fatica, la sua posizione.

E quando riaprì gli occhi, gli parve di essere finito in un altro mondo ancora: tutto attorno a lui si estendeva un’infinita distesa di un blu profondo, puntellata da miriadi e miriadi di stelle, pianeti, galassie e variopinte nebulose; qua e là, soffici banchi di nubi argentate si trascinavano nel cielo stellato, e delicate striature di ogni colore visibile attraversavano qua e là il paesaggio; la stessa terra, gli alberi, ogni cosa, sembrava composto da sola luce, o energia, delineata da sottili linee luminose e a malapena pervasa da un alone colorato.

Il mago si guardò attorno, sbalordito, convinto di essere stato catapultato in un qualche bizzarro sogno. Ma quando si guardò alle spalle, tornò alla realtà: la barriera che avevano attraversato era reale, e aveva l’aspetto di un’immane cortina di impenetrabile oscurità fremente, che interrompeva bruscamente quel paesaggio fantastico, ingoiandolo nella sua sinistra tenebra.

“Che luogo è mai questo?” domandò, con un filo di voce.

Il drago sbuffò dalle narici, infastidito.

“Che domande sono queste? Non riconosci casa tua, Luminal?”

Yu sospirò, ma carezzò con delicatezza la base del massiccio collo della creatura.

“Ho un nome, possente: mi chiamo Yulannath, ma preferisco Yu, e se ti faccio queste domande, è perché non ho idea di dove sono, né di cosa sia un Luminal”.

“Io sono Azadrath Alastellata, e questa è la Frontiera, la Zona Franca, e la casa del tuo popolo, piccolo Luminal. Anche se da un po’ di tempo a questa parte, sta diventando la Zona Buia” rispose Azadrath, un po’ meno seccato, cominciando a planare dolcemente verso quello che sembrava un grande palazzo fra le colline. Le sue mura sembravano avere un grado di opacità maggiore, rispetto all’ambiente circostante. “La tua gente chiama questo posto Astrelia. O almeno, così lo chiamava molto tempo fa”.

“Perché dici la mia gente? Io sono un Viaggiatore, ma sono un essere umano” lo interrogò il mago, confuso.

Il drago rise. “Non c’è più umanità in te di quanta non ve ne sia in me, piccolo Luminal. Ho vissuto qui abbastanza da essere in grado di riconoscere un Luminal quando lo vedo, anche se è un Esule come te”.

Yu sospirò, e concentrò la sua attenzione sul palazzo. Più domande faceva, meno ci capiva.

“La paura mi ha fatto dimenticare le buone maniere, Azadrath. Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato” aggiunse, quando Azadrath toccò terra in uno dei cortili del grande edificio. Fu un atterraggio dolce, e il mago avvertì appena la vibrazione.

Di nuovo, la creatura sbuffò e scosse il capo.

“Meglio tardi che mai. E comunque, era mio dovere” bofonchiò, impacciata.

“Conosci qualcuno che possa occuparsi delle tue ferite?” si preoccupò il giovane: ora che lo osservava bene, notava che le zampe affilate di quegli infernali marchingegni avevano ferito il drago in alcuni punti.

“Ferite? Oh… solo graffi. Andranno a posto nel giro di qualche giorno, piccolo Yu. Non dovresti preoccuparti per me, sembra che tu abbia problemi ben più gravi”.

“Cosa te lo fa pensare?”

“Ad esempio, il fatto che non ti ricordi della tua patria. Ma i problemi che hai in quanto Luminal posso capirli solo in parte, e forse non ti sembrano nemmeno i più grossi. Ma tu possiedi la Voce di un Drago Celeste, il che significa che qualunque posto tu abbia eletto a tua dimora fuori dalla Zona Franca è in pericolo”.

Yu si ingobbì e sbuffò leggermente. Ancora misteri, ancora enigmi.

“Posso farti ancora delle domande, per passare il tempo? Sembra che stiamo aspettando qualcuno o qualcosa…” chiese, carezzando di nuovo le scaglie lisce del drago. Sapeva che non era un gesto fuori luogo, perché i draghi, come molte creature magiche, avevano del contatto fisico una percezione e un’idea diversa dagli esseri umani.

“Hmm” brontolò quello, un po’ rabbonito dai modi del giovane. “Immagino tu possa trarre giovamento da un po’ di ciò che so. E comunque, la Principessa si fa attendere. Perciò immagino che sì, soddisferò qualche tua curiosità. Ma non tutte, alcune cose te le dovrà dire lei” rispose, in tono condiscendente.

Il mago sorrise fra sé. Azadrath era evidentemente compiaciuto dalla sua curiosità e probabilmente amava esibire la propria saggezza quasi quanto gli piaceva mostrare la sua prestanza. E se, le sue ipotesi erano corrette, molto probabilmente non aveva grosse occasioni di mettersi in mostra.

“Per prima cosa” esordì, sistemandosi più comodo in groppa alla creatura, posto che questa non gli aveva intimato di scendere, “cosa significa che io ho la Voce di un Drago Celeste?”

“Significa che una piccola parte del potere di quel drago ti pervade, anche se ancora non sai farvi ricorso. Lo rappresenti, in un certo senso. Sarebbe più corretto dire che adesso sei la Voce di un Drago Celeste. Rallegrati! E’ un onore che di rado viene concesso a qualcuno che non sia un drago!”

Yu annuì. Fino a quel punto, la cosa sembrava incoraggiante: essere riuscito a contattare in qualche modo il Drago della Valle costituiva un discreto successo, dopo tutto.

“Spiegami meglio, se puoi. In cosa si traduce, questo legame?” insistette.

“Te ne accorgerai, man mano che imparerai ad attingere alla sua forza” replicò Azadrath, vago. “Diciamo che ti ha donato qualcosa di suo. Qualcosa che, se porti a termine il tuo compito, resterà tuo”.

In altre parole, qualunque cosa fosse, avrebbe lasciato un segno permanente, rifletté il mago. Era prevedibile, dopo tutto: non si attinge mai ad una grande forza senza restarne segnati in qualche modo. Restava da vedere la forma che questo segno avrebbe preso. Il drago aveva parlato di un dono, ma Yu non poteva essere sicuro che sarebbe parso tale anche dalla sua prospettiva di umano… o Luminal, a sentire Azadrath.

“D’accordo. Allora, ecco un altro quesito: perché ai Draghi Celesti serve una Voce? Non possono essere destati, per scongiurare un grande pericolo?” proseguì, dopo aver riflettuto un attimo.

Di nuovo, il drago rispose prontamente, senza esitazione: “La loro forza è troppo grande, ed essi hanno difficoltà a calibrarla; è opportuno che si destino solo quando il pericolo è proporzionato al danno che la loro potenza scatenata potrebbe causare. La forza trasmessa attraverso la loro Voce, spesso, è più che sufficiente”.

Era evidente che la creatura non poteva o non voleva essere più specifica di tanto, perciò il giovane decise di cambiare argomento: “Va bene, quanto hai detto sui Draghi Celesti per ora basterà. Quanto a me, invece… seguiti a chiamarmi Luminal, ma io sono umano. Sono un Viaggiatore, sì… ma umano. Un Terrestre, se conosci quel mondo. Perché mi chiami Luminal?”

Azadrath volse di lato la grande testa per guardarlo con un occhio viola.

“Proprio non capisci, piccolo Yulannath? Io sono un Viaggiatore. Tu sei un Luminal. Tutti i Luminal hanno il potere di attraversare il Confine, ma non tutti i Viaggiatori sono Luminal. Ma tu sei un Luminal, ne sono sicuro. Sei solo un Esule, ma col tempo tornerai in sintonia con la tua patria ancestrale” disse, aggrottando le sopracciglia. “Poco importa se sei nato sulla Terra. Le tue vere origini sono qui”.

“Ma sulla Terra i miei occhi sono di un colore normale, non sono così come li vedi ora” ribatté il giovane, sentendosi un po’ mancare la terra sotto i piedi.

Andava bene sentirsi dire di essere la Voce del Drago della Valle… ma scoprire di essere una specie di alieno? Quello era un po’ troppo, per prenderlo semplicemente per buono.

Azadrath sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Indi, brontolò qualcosa nel suo linguaggio, scuotendo appena il capo, poi rispose, paziente: “Certo che sono di un colore diverso, mio ingenuo cucciolo. Ti sei Adattato alla vita sulla Terra, o l’hanno fatto i tuoi antenati prima di te, tanto da dimenticarsi le loro origini. E’ probabile che i Luminal da cui discendi si siano mescolati con gli esseri umani tanti anni fa… ma l’eredità Luminal è anche magica e spirituale, e si è palesata in te. Adesso che hai cominciato a Viaggiare, il tuo legame con la Terra si affievolirà, e tornerai ad avere l’aspetto di un Luminal a tutti gli effetti. Ancor più in fretta, ora che hai sviluppato un legame così profondo con un essere spirituale dell’Inframondo”.

Yu deglutì.

“E… che aspetto ha un Luminal?” chiese, titubante.

Non ne aveva idea, e, da come Azadrath si era comportato, aveva dato per scontato che somigliassero a degli umani… il che era plausibile, se doveva essere stato possibile per i suoi antenati mescolarsi coi Terrestri… ma chi glielo garantiva, dopo tutto?

Ma il drago rise di gusto.

“Non temere, non diventerai un mostro. Ne avrai un’idea quando vedrai la Principessa” lo rassicurò, sorridendo. “Di’, mi trovi brutto?” gli chiese, all’improvviso.

Il mago, preso in contropiede, batté le sopracciglia, perplesso. “No, affatto. Penso che tu abbia un aspetto magnifico… la Principessa somiglia ad un drago?” ribatté.

Azadrath sorrise ancora. “Per niente” fu la risposta.

Il giovane sospirò e scosse il capo. La situazione era così assurda che cominciava a sentirsi ubriaco: gli girava la testa, era stanchissimo, e non era certo di riuscire a ragionare con lucidità.

Se ciò che la creatura diceva era vero, la sua vita era stata un susseguirsi di vari ordini di illusione: l’idea di essere un terrestre, e di appartenere ai luoghi della sua infanzia… l’idea che l’Inframondo fosse la sua seconda casa, il rifugio dal grigiore e dalla malinconia che avvertiva sulla terra… l’idea di essere un essere umano… sembrava andare tutto all’aria come un castello di sabbia.

Poteva razionalizzarlo, sapeva che l’avrebbe fatto… ma sul momento, l’impatto era forte. Non si sentiva più sicuro di nulla, e adesso che il drago aveva rimescolato le acque del suo passato, il futuro gli sembrava più incerto che mai.

E il povero Rangrin… chissà se se l’era cavata?

Il pensiero che anche il nano potesse essere stato risucchiato in quella fetida oscurità gli diede un conato di vomito. Se così era stato, l’aveva abbandonato al suo destino… era un pensiero orribile!

Deglutì a fatica e rovesciò la testa all’indietro, volgendo il viso al cielo colorato. Un respiro profondo, e i pensieri si sarebbero rimessi un po’ a posto.

Il nano era con lui nel santuario, era vero, ma non aveva toccato la gemma, né stava toccando lui quando lui l’aveva toccata. Quindi era improbabile che fosse stato trasportato lì. Inoltre, l’avrebbe visto nella grotta, e sicuramente l’avrebbe sentito, se fosse stato lì.

Espirò lentamente e si calmò un poco: Rangrin era relativamente al sicuro nell’Inframondo, c’erano tutte le ragioni per supporlo; e quello avrebbe pensato fino a prova contraria. E comunque fossero andate le cose, avrebbe dovuto pensarci dopo: non poteva darsi troppe pene per il nano, sul momento, era già abbastanza difficile fare i conti con le novità su se stesso.

“Comunque sia, benvenuto in guerra” disse il drago, dopo un po’, riscuotendo Yu dai suoi pensieri.

“Da quando si dà il benvenuto, in guerra?” ribatté lui con una smorfia. “E perché ti consideri coinvolto nella guerra fra Euxelia e Altosole?”

Azadrath rise.

“Euxelia e Altosole? Sono solo una parte di un tutto assai più grande. No, io ti sto dando il benvenuto nella Grande Guerra Astrale… ma vedo che la Principessa si avvicina, quindi sarà meglio che tu scenda. Sarà lei a spiegarti, dopo tutto sono affari di famiglia…” disse, chinandosi per agevolare la discesa al giovane.

Quello seguì il consiglio e si lasciò scivolare giù dal dorso della creatura, volgendo lo sguardo nella sua stessa direzione per fronteggiare la misteriosa Principessa dei Luminal.

Dapprima, tutto ciò che vide fu una figura luminosa e snella muoversi fra le esili colonne che circondavano il cortile con una leggerezza tale da sembrare un miraggio. Con grazia, scivolò verso di loro e discese con fluidità i pochi gradini che rialzavano il loggiato.

Quando fu abbastanza vicina da riuscire a distinguerne i tratti, Yu poté apprezzarne l’inusuale bellezza, diversa dalle principesse delle fiabe che aveva imparato a conoscere e immaginare da bambino, ma forse ancor più ricca di fascino: il suo viso era pallido e affilato, e il suo corpo asciutto e proporzionato; le labbra, due sottili petali rosa sulla neve. Gli abiti, pur principeschi, sarebbero stati più adatti ad un principe, che ad una principessa: una camicia dal colletto rigido e sontuosa allacciatura di alamari cuciti con filo d’oro, e dei pantaloni di fattura preziosa, il tutto realizzato in una seta grigio perla che ben si intonava col suo etereo pallore. I suoi corti capelli argentei, morbidi e leggermente ondulati, stavano disciplinati in un’acconciatura elegante nella sua semplicità. E gli occhi, grandi, dal taglio deciso, erano dello stesso indaco di quelli del mago.

Ma il tratto più strabiliante erano le grandi ali piumate che, dalla schiena della Principessa, rimanevano appena scostate dal suo corpo, dando l’impressione che fosse avvolta in un soffice mantello bianco.

Yu, incantato, si esibì in un profondo inchino, ma non riuscì per un istante ad impedirsi di guardare quella fanciulla radiosa. Lei, d’altra parte, non ne parve offesa e, rivolto un radioso sorriso ad Azadrath, si precipitò ad abbracciarlo.

“Azadrath, vecchio furfante! Non lasciarmi più qui da sola così, senza dir niente” esclamò, accarezzandolo sul petto coriaceo. Al pari delle sue apparenze, la sua voce era forte, decisa.

Azadrath non rispose, e si limitò a sorriderle di rimando, con aria paterna.

Il mago, sentendosi di colpo molto fuori posto, si allontanò di un passo dai due e si ingobbì un po’ per sembrare più piccolo.

“E guardati, come ti sei conciato! Queste tue marachelle mi faranno morire per il dispiacere, un giorno di questi!” continuò a rimproverarlo bonariamente lei. “Vediamo di trovare al più presto qualcosa per queste ferite, eh?” terminò, staccandosi dal drago per guardarlo negli occhi.

Quello sorrise e con una zampa indicò l’imbarazzato Yu.

“Avevo buone ragioni per lasciarti così bruscamente, Principessa. Credo di averti appena trovato un nuovo alleato. E’ penetrato nella Zona Buia, non lavora per i tuoi nemici, ed è la Voce di un Drago Celeste. Di certo, il suo aiuto ti sarà inestimabile” spiegò.

A quelle parole, la donna si volse con aria vagamente sorpresa verso il giovane, che nulla di meglio avrebbe potuto chiedere, in  quel momento, se non di sprofondare nei recessi stellati del paesaggio.

“Yulannath dei Due Draghi, per servirvi. Ma Yu è sufficiente” bofonchiò, arrossendo.

La Principessa sorrise, e chinò a sua volta il capo, in segno di saluto.

“Perdonami per l’accoglienza poco cortese, Yulannath” si scusò. “Da molto tempo a questa parte, gli unici abitanti di questo palazzo, e del mio intero regno, siamo io e il mio Azadrath. Per quello che può valere un titolo in frangenti come questo, io sono Arshilenne, ultima legittima Principessa dell’Impero Astrale Luminal. Ti prego di essere mio ospite, almeno per oggi; io e te abbiamo molte cose di cui parlare, e sento che tu sei alla ricerca di molte risposte”.


Angolo dell’autore: nuovo capitolo, nuovo personaggio. Ho pensato di deviare un po’ dal solito cliché della leggiadra principessa in sottana, per puntare su qualcosa con un po’ più di carattere. E un po’ di nuovi interrogativi (be’, spero di aver messo qualche pulce nell’orecchio ò.ò”) su Yu e i Viaggiatori, buoni e cattivi. Un po’ alla volta, le risposte arriveranno, e altri personaggi faranno il loro ingresso sulla scena. E magari anche i cattivi avranno un po’ di spazio sul palco. Perché ogni tanto ci vuole (muhahaha!), checché io tifi sempre per i buoni. ù.ù

 

Che altro dire? Rinnovo ancora il mio ringraziamento a tutti coloro che mi hanno fatto l’onore di leggere il mio racconto, in special modo a Zest e Lunastorta94 per le recensioni incoraggianti di cui mi hanno omaggiato *3*

Oh, e un grazie (sto diventando ripetitivo é_è) anche a tutti coloro che hanno inserito Ars Arcana fra le storie seguite / da ricordare / preferite. Vi cuoro tanto tanto. *.*


Gaaah! Sono una frana nelle relazioni col pubblico! @_@

 

Ma ora basta delirare, ché mi devo laureare. Q.Q *torna a studiare per il suo ultimo esame universitario*

   
 
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