Capitolo 3
« Io non esisto più. Sono un fantasma. »
(Him)
« Io non esisto più. Sono un fantasma. »
(Him)
Di notte è sveglio, sempre sveglio.
Intorpidito, indolenzito.
Ma sveglio.
Purtroppo con la lucidità arriva anche la consapevolezza- la solita, il suo tormento eterno: non poter vivere alla luce del sole come i vivi è davvero un terribile castigo, qualcosa che lui non si è mai meritato. Gli fa male tutto se solo si azzarda a spiare luce diversa da quella della luna, pallida e collerica.
Ma non ha davvero tempo per lamentarsi, oggi: c’è lavoro da sbrigare. Strade da percorrere.
Tracce da seminare.
Si alza nell’etere e cerca sua sorella nei sogni. È solo la seconda volta che lo fa, ma la sicurezza con cui la rintraccia gli strappa un sorriso.
Non si sono mai incontrati, mai nemmeno sfiorati. Eppure è così facile trovarla…
La stacca con delicatezza dall’incubo sulla scuola in prossima riapertura - un’interrogazione che sta andando a rotoli, in cui l’insegnante di italiano brandisce una scure- e lascia che trovi da sola la strada per il buio, la calma, il silenzio.
Poi, quando si sente pronto, comincia a camminare, come la notte precedente.
E a seminare pagine per la strada costellata di vetri rotti e rifiuti. Fogli scritti a penna, battuti a computer. Sono tutti frammenti di una storia. Nonché indizi lucenti, come i sassolini bianchi che hanno marcato la strada di Hansel e Gretel.
Non si illude, ovvio, che Kail si precipiti a raccoglierli a prima vista. Conoscendola, anzi- ha avuto ventisette anni di non vita per osservarla- probabilmente li eviterà. O non se ne accorgerà nemmeno, concentrata com’è su di lui.
Tuttavia, non può impedirsi di trovare confortante il suono dei piedi nudi della ragazzina alle sue spalle né di sperare che sappia raccogliere e dare un senso alle tracce che sta lasciando per lei.
‘Dopotutto’ si dice. ‘Kail non guarda mai dove mette i piedi.’
…
Thump, fa sua sorella, dietro di lui, piantando il naso per terra.
Nemmeno a farlo apposta.
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