Capitolo
12 – bisogna salire!
Si
rizzò a sedere urlando.
“Si
è svegliata” sentì qualcuno dire;
aprì le palpebre a fatica, come se fossero
state pesantissime, e si ritrovò in un ambiente non
eccessivamente illuminato.
Delle sagome le stavano di fronte, e in pochi secondi riconobbe le
facce
apprensive di James e di quei due bambocci di Fire City.
“Jessie!
Grazie al cielo!”
Jessie
sbatté le palpebre. “Jim”
farfugliò, rendendosi conto solo dopo alcuni secondi
che erano letteralmente anni che non lo chiamava così.
“Mi
hai fatto prendere uno spavento” fece lui,
dopodiché si voltò di lato tossendo
vistosamente.
“Come
ti senti? Ce la fai ad alzarti?” chiese Sukie avvicinandosi a
lei, e Ben fece
lo stesso finendo proprio sotto il naso di Jessie.
“Via,
via! Ché mi serve aria!” Jessie balzò
all’in piedi scacciando tutti e tre e si
mise in una posa altezzosa, rivolta ai suoi tre acerrimi nemici.
“Arrendetevi
subito…”
“Jessie,
ti sembra il momento?” la interruppe Brock, cosa che la
irritò terribilmente.
“Chiudi
la fogna, Moccioso Grande, è sempre
il momento buono!” lo freddò brusca,
dopodiché scostò i capelli di lato e
recitò, dito puntato in avanti:
“Arrendetevi
subito o preparatevi a soffrire!”
“Sia…”
tosse, “mo il
Tea…ohe…doete..cahire…”
“Nella
galassia portiamo pena e dolore!”
“Perhé…
perhé… huahahuhh…!”
Jessie
si sgonfiò totalmente alla vista di James in preda ad una
tosse convulsa[1].
Quindi
si guardò intorno, nel tentativo di riprendere coscienza di
dove fosse e che
cosa stesse succedendo. James smise di tossire, ma nemmeno gli altri
sembravano
granché in forma: i due bambocci erano sporchi di qualcosa
che sembrava
fuliggine, e il piccolo biondo si stringeva la spalla con una mano. Il
moccioso
aveva un braccio sporco di sangue - anche la manica della giacca ne era
insozzata
- e pure la mocciosa sembrava sconvolta.
“Si…
si può sapere che diamine sta succedendo?” le
parole le morirono quasi in gola.
“Ti
ricordi di Jessiebell, o dobbiamo spiegarti tutto daccapo?”
domandò Miriam,
serissima.
“Sì,
ricordo… più o meno…”.
“Bene:
ci siamo rifugiati all’interno del palazzo, ma ci
sposteremo”. Miriam guardò
Phil, poi aggiunse: “presto. Ora che si è
svegliata non possiamo rallentare”.
“Rallentare?
Ma che significa?” Oramai era sempre più confusa.
Si sentì improvvisamente le
gambe molli e andò giù, ma James la sorresse in
tempo.
Ash
si premette forte la mano ferita: bruciava in una maniera indicibile,
tanto che
oramai il dolore del braccio era passato in secondo piano.
“Dà
qua”. Misty gliela prese e ne sfilò il polsino
lacerato che oramai non serviva
più a niente, gettandolo a terra. Tirò
dalla tasca degli shorts un pacchetto di fazzolettini di carta, e ne
premette
un paio sulla ferita. Quindi si tolse il codino dai capelli, che era
già molto
allentato facendola sembrare uno spaventapasseri, e
lo infilò alla mano del suo amico così da
tener ferma la medicazione provvisoria.
“Lo
so che non serve a molto, ma almeno si arresta un po’ la
fuoriuscita di sangue”
disse. Premette con le dita sui fazzoletti, e quasi restituì
la mano al legittimo
proprietario.
Ash
restò qualche minuto interdetto, poi riuscì a
dire un impacciato “grazie,
Misty”.
Miriam
attraversò la sala, dirigendosi in direzione della parete da
dove era caduto il
grosso mobilio che stava disteso intralciando il passaggio come un
poderoso
cadavere. Bussò producendo un rumore vuoto, e subito dopo
ordinò ai suoi due
Pokémon proprio accanto a lei:
“Sfondatela!”
Entrambi
i due Evee si lanciarono contro la parete con un attacco Azione, e il
legno
ammuffito celato sotto la carta da parati cedette sotto i colpi con un
rumore
che fece sussultare tutti.
“Pi…”
Pikachu, stordito, si svegliò mentre Ash l’aveva
ripreso in braccio. Il
ragazzino gli rivolse un sorriso tranquillizzante.
“Come
va, Pikachu?” gli bisbigliò. Il roditore non
riuscì a fare altro che a
squittire un “pi…” intontito.
“Presto,
ci sono delle scale!” informò Miriam dopo aver
rientrato i due Evee nelle
sfere, e si apprestò a salire i gradini seguita a ruota
dagli altri, Ash per
ultimo. Era completamente buio, avanzavano alla cieca e velocemente, il
rumore
dei piedi che pestavano sui gradini di legno marci e vuoti.
“Come
facciamo ad orientarci?” chiese Phil, e Miriam rispose
prontamente:
“Se
ricordo bene, queste portano al piano di sopra” fece una
pausa, poi continuò:
“fidatevi”.
“Fidarci?”
sbraitò Jessie mentre saliva le scale con furia,
“io non so nemmeno che diamine
succede, ed io mi devo anche fidare?”
“Proprio
tu, ladruncola, devi fidarti più degli altri se ci tieni
alla pelle” le rispose
Miriam con sufficienza, continuando a salire i gradini. Si avvertiva un
forte
odore di ammuffito, l’umidità era pesantissima
tanto che sembrava quasi difficile
respirare.
“Ahio!”
“Ehi!”
“Idiota,
guarda dove metti i piedi!”
“Ma
che succede?” chiese Ash, perplesso. Si erano fermati
improvvisamente.
“Abbiamo
raggiunto un’uscita” disse Miriam che, bloccata da
un ostacolo invisibile,
aveva fatto sì da intralciare la marcia di tutti gli altri
che la seguivano.
Poggiò una mano sulla parete legnosa, così umida
e marcia che il bagnato si
avvertiva immediatamente al tatto, fece un passo indietro atterrando
con un
piede direttamente su quelli di Phil e mollò un calcio con
l’altro, aprendo un piccolo
squarcio.
“Aspetta,
ti aiuto” Phil che le era dietro, comprese le sue intenzioni,
si aggrappò con la
mano contro il muro umido e mollò un altro calcio che
aprì un ulteriore varco.
Miriam e Phil, quindi, si sforzarono a suon di spallate per far cadere
il pezzo
di legno marcio che stava tra i due buchi, e dopo un calcio di Phil
anche
l’ultima scheggia cedette lasciando spazio per un passaggio
sufficientemente
grande.
Uscirono
uno per uno e respirarono di sollievo dopo la malaria a cui erano stati
costretti, ritrovandosi in una saletta piccola e priva di arredamento.
Solo
alcuni quadri ammuffiti che rappresentavano paesaggi rupestri stavano
malamente
attaccati alle pareti, e in un angolo si trovava un lavatoio mentre dal
lato
opposto c’era una nicchia scura che aveva tutta
l’apparenza di un focolare
rustico. La luce debole penetrava da una sere di tre finestrelle tonde
in alto
a destra che davano all’esterno, troppo piccole e dalla
pietra troppo massiccia
da poter essere allargabili manualmente. Quello che aveva
l’apparenza di un corridoio
buio era dalla parte opposta del passaggio, e la luce artificiale
filtrava da
qualche fessura nel soffitto.
“E
ora, dove siamo?” chiese Sukie, direttamente rivolta a
Miriam. La donna lasciò
passare qualche secondo, poi ebbe come un’illuminazione.
“Siamo
al piano intermedio. Questa è una saletta di passaggio per
la servitù, da qui
si possono raggiungere le camere private dei signori”.
Sorrise, per metà
soddisfatta. “Sembrava impossibile, ma forse non siamo poi
tanto lotani dalla
meta. Devono esserci altre scale che conducono direttamente alle stanze
private. Ci basterà entrare in una delle camere che danno ad
ovest e salire sul
tetto passando per la finestra, così come ho fatto io per
entrare”.
“Senti,
Indiana Jones in gonnella” proruppe Jessie, “non ci
ho capito un’acca! Perché
quella befana è
diventata una specie
di superpokémon?”
Miriam
la guardò di sottecchi, poi sospirò.
“Allora,
per farla molto semplice: tutti noi abbiamo una ghiandola detta
pineale, che
funziona un po’ come il nostro terzo
occhio. In poche parole, il suo è un terzo occhio
particolarmente
sviluppato, e mantiene delle caratteristiche ereditate dai
Pokémon che
nell’uomo non sono presenti. Parliamo, ragazzi, della
capacità di trarre
energia, dei meccanismi di auto-conservazione del Pokémon
ferito in battaglia.
E ci sono le caratteristiche psichiche: quelle le permettono di copiare
e
riprodurre – nei limiti del possibile – attacchi
Pokémon. E di comandare i
Pokémon stessi”.
Si fermò. “Un essere
umano non potrebbe sostenere una simile potenza per tutta la vita, ecco
perché
è solo in determinate condizioni che le vere
potenzialità di Jessiebell sono
riuscite ad emergere. E qui entra in gioco la posizione dei pianeti ed
il Tempo
del Potere. Ma abbiamo dei punti di vantaggio dalla nostra”.
Dalla
collana dov’erano attaccate le sfere Poké fece
uscire nuovamente i suoi due
Pokémon Evee, che si sedettero accanto a lei. Miriam si
accovacciò, e indicò
loro il collare argentato che entrambi indossavano.
“Vedete
questo?”
“Sì,
ce l’hanno tutti i tuoi Pokémon” disse
Ben.
“E’
un collare particolare” confermò Miriam.
“E’ fatto con una lega speciale che al
contatto influisce positivamente sui Pokémon, proteggendoli
da eventuali
attacchi inibitori o di confusione di altri Pokémon
psichici. E, per ora, sono
l’unica protezione che abbiamo contro i poteri psichici della
signorina Jessiebell”.
“Sì,
ma… come hai intenzione di liberare i nostri
Pokémon?” chiese Ash. “Non dirmi
che hai dell’acciaio extra con te!”
“Pika-chuuu!”
Fu
in quel momento che gli altri notarono la sua presenza.
Pikachu
si era completamente ripreso, e tra le braccia del suo padrone era
spaventoso
con un’espressione crudele dipinta sulla faccia. Piccole
scariche elettriche
venivano emanate dalle sue gote, e tra le sue mani Ash sentiva il
ringhiare
sommesso che veniva emesso dal torace. Pikachu, con uno strillo
combattivo,
aumentò le scariche dalle gote tanto che Ash fu costretto a
lanciarlo per aria
e ad allontanarsene, per evitare di esserne colpito.
“Piiiiiikaa!”
“Come
ha fatto a seguirci senza che ce ne
accorgessimo?” esclamò Ben, esterrefatto.
“Veramente
l’ho portato io” rispose Ash, ma non ebbe il tempo
di completare la frase che
fu sollevato per il bavero della giacca da Phil, fuori di sé.
“Come
sarebbe veramente l’ho portato io?
Ma
sei fuori? Tutti i Pokémon sono diventati assassini e tu che
fai?”
“Basta,
Phil!” gridò Miriam.
“Lascialo,
gli stai facendo male!” esclamò Misty accorrendo
da lui, ma fu spinta a terra
da una testata di Pikachu che saltò in aria atterrando su tutte e
quattro le zampe.
“Pikaa!”
squittì Pikachu rabbioso, puntando Ash come sua preda. Phil
mollò la presa e si
parò davanti ad Ash per proteggerlo, mentre il roditore si
preparava a prendere
la rincorsa per sferrare quello che doveva essere un attacco
Locomovolt.
“Neptune,
Pluto!” l’ordine di Miriam fu anche più
lento dei suoi due Pokémon che si
pararono contro il Pikachu per arrestare la sua folle corsa, inondando
la
saletta di scariche elettriche vaganti che costrinsero i presenti a
gettarsi a
terra.
“No!”
gridò Ash liberandosi dalla presa di Phil,
“così gli farete del male, fermi!”
Ash
si rialzò in piedi, Misty gli afferrò la giacca
strillando a sua volta, nel
boato prodotto dalle scariche e dagli attacchi dei due Evee:
“Ash, fermati!
Sta’ qua! Sta’ qua, diamine!”
Lui
non se ne curava, e strattonò al punto da stracciare la
manica della giacca e
da sfilarsela per correre incontro al suo indemoniato amico in
difficoltà.
“Ho
detto feeeeeermiiiii!”
Ash
fu accidentalmente colpito alla schiena da un attacco Colpocoda di
Pluto; emise
un gemito strozzato, la schiena inarcata, prima di cadere al suolo.
“Ash!”
strillò Misty, lasciò cadere la giacca stracciata
al suolo e si precipitò dal
suo amico, il cuore che le batteva a mille.
“Ash,
no!…”
Si
sentì strattonare e gettare di lato; Brock le aveva
afferrato il polso
spingendola all’indietro, proprio nel momento in cui Neptune
e Pluto si
mettevano in formazione per contrastare una scarica elettrica bluastra
del
Pikachu posseduto che aveva mirato proprio in direzione della ragazza.
“Ma
non è possibile!” esclamò Miriam,
“un Pikachu non può avere un livello tanto
alto da tenere testa a due Evee del mio calibro!”
“Pikachu
non è un Pokémon normale”
riuscì a dire James in un fil di voce, spaventato
come non mai.
“E
adesso che è impazzito, sembra ancora peggio del
solito” aggiunse Jessie che
fissava inorridita l’entità della luce emessa dal
Pokémon, con la sgradevole
sensazione che prima o poi quelle scosse avrebbero beccato anche lei
friggendola da capo a piedi.
“Neptune,
attento!”
Pikachu
aveva evitato agilmente l’attacco Idropompa di Neptune e si
era lanciato in
picchiata contro il corpo privo di sensi di Ash.
“Cosa
avrà intenzione di fare?” strillò Ben.
“Oddio”
fece Brock, “non può usare un
Codaccia…”
Misty
si era nuovamente lanciata nella mischia, gettandosi praticamente
contro
Pikachu che non si risparmiò e le sferrò contro
il suo potente Codacciaio.
Sentì un gelo che le attraversò la spalla, e la
scossa di dolore le sconquassò
tutto il torace. Cercò di urlare, ma nemmeno in quello
riuscì, mentre i suoni
si affievolivano attorno a sé.
“Misty!”
gridò Brock, ma si fermò, incapace di agire.
“Bisogna
fare qualcosa!” disse Sukie, “se Pikachu li
colpisce con la scossa, moriranno”.
“Pluto,
Stordiraggio! [2]” strillò Miriam, paonazza,
“possibile che non riesci ad
abbatterlo?”
Pluto
lanciò il suo Stordiraggio contro Pikachu, ma non fu
abbastanza veloce da
evitare una scossa elettrica talmente forte da farlo brillare come una
torcia
per alcuni secondi con guaiti terribili prima di cadere al suolo.
“Pluto!”
Pikachu
ebbe strada libera verso le sue due prede. Li guardò
famelico, le gote che
sprigionavano scosse elettriche, e si preparò al colpo di
grazia:
“Piiii…
ka…”
D’improvviso,
però, si bloccò.
“Che
succede?” fece Jessie terrorizzata mentre si stringeva quanto
più forte
possibile ad un James ancora più terrorizzato di lei.
“Dev’essere
lo Stordiraggio” ipotizzò Brock.
Miriam
era rossa in faccia, e rimase con la bocca aperta senza dire una parola
per un
paio di secondi. Poi si riprese ed ordinò:
“Neptune!
Finiscilo!”
Neptune
si rialzò a fatica dal colpo ricevuto alla zampa posteriore,
e approfittando
della Confusione di Pikachu gli sferrò contro un Iper Raggio
non eccessivamente
forte che però fu sufficiente a mandare al tappeto il
pericoloso avversario.
Non
appena Pikachu sbatté con il muso sul pavimento, tutti ad
eccezione di Jessie e
James che erano rimasti pietrificati dalla paura accorsero in aiuto dei
loro
amici.
“Misty,
apri gli occhi!” la pregò Brock, sollevandole il
busto da terra. La spalla era
nera, colpa dell’attacco troppo forte da sopportare.
“Ha
un ematoma spaventoso” disse preoccupato a Ben, che si era
affacciato per
vedere di che si trattava.
“Se
solo il mio Shroomish fosse con me, saprebbe curarlo”
commentò il bambino,
preoccupato. I capelli sciolti di Misty erano tutti rovinati, e alcuni
così
sporchi da starle azzeccati sulla fronte e sulle guance.
Ash
non era certo messo meglio. Phil cercò di caricarlo in
braccio:
“E’
messo non bene” informò, “ma forse si
riprenderà”.
Il
colpo alla schiena era stato di una pericolosità quasi
fatale, ma per fortuna l’Umbreon
aveva l’autocontrollo necessario per evitare che
l’attacco potesse realmente
uccidere.
“Pluto,
Pluto!” Miriam intanto si era inginocchiata davanti al suo
Pokémon, che fumava
ancora come carne arrosto. Non c’era quasi più
segno del lucido manto nero che
lo caratterizzava; solo spaventose chiazze rosse lungo tutto il suo
corpo.
“Ti
prego, Pluto” mormorò disperata, ma bastava
guardarlo in faccia per convincersi
della realtà.
Pluto
era morto.
Sarà
un mese piuttosto impegnativo, e fino alla fine di febbraio non posso
garantire
di essere veloce perché, purtroppo, ho ben altro da
preparare – e chi mi segue
da un po’ di tempo sa anche di che si tratta…
Ringrazio
chi mi segue, e spero di non deludere le aspettative per questa FF!
Alla
prossima!
Note:
[1]
motto del film “Pokémon Ranger e il Tempio del
Mare”. Scena in cui i membri del
Team Rocket si scambiano i corpi e recitano il seguente motto:
Jessie:
“Arrendetevi subito o preparatevi a soffrire!”
James:
“Siamo il Team Rocket e lo dovete capire”.
Jessie:
“Nella galassia portiamo pena e dolore!”
James:
“Perché questo è il destino noi che
abbiamo nel cuore!”
Meowth:
“Meowth, il mio sì che è un bel
nome!”
Di
seguito il link youtube del motto:
http://www.youtube.com/watch?v=5wRyfP2TE00