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Autore: Dira_    15/01/2011    20 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XXI


 
 

Why does it feel the same / To fall in love or break it off?

And if young love is just a game
Then I must have missed the kick off¹…
(Going away to college, Blink 182)



 
14 Ottobre 2023.
Hogsmeade, Pomeriggio.
 
Lily non riusciva a credere ai propri occhi.
Sul serio, neanche volendo si sarebbe mai immaginata che il suo pacato, caro amico Sören e quello scimmione senziente di suo fratello Jamie si sarebbero sfidati.
Procedeva assieme ad Al e Tom per i vicoli di Hogsmeade, diretti al boschetto adiacente la Stamberga Strillante. Da che mondo e mondo, i duelli non autorizzati tra studenti si tenevano lì. Era sufficientemente lontano dal villaggio per non far accorrere immediatamente qualche mago e strega adulta, ma abbastanza vicino da poter andar a chiedere aiuto nel caso qualcuno si fosse fatto male.
James scostò una fronda, rivelando una piccola radura. Di quel posto lui era certamente un esperto, visto che aveva calcato quel suolo sia come duellante che come secondo dei suoi stupidi compagni d’occasione.
Vuoi un secondo o un arbitro sempre pronto per un duello tra idioti? Chiedi a James Potter.
Fino all’anno scorso l’adagio era questo…
Albus accanto a lei tirò un lungo sospiro. “Non posso credere di stare per assistere ad una cosa del genere. James è un idiota.”
“Comprovato.” Confermò Tom scostando un ramo pendente per farli passare.

“Dobbiamo fermarli!”
“E come Lils?” Chiese Al con aria frustrata, guardando le schiene dei due contendenti. “Anche se andassimo a chiamare un professore, tempo che torniamo e si sono già scaricati addosso almeno una ventina di incantesimi…”
“Ma tu sei un Caposcuola!”
“Sì, ma loro non sono sotto la mia autorità. Sören è di Durmstrang, e James non è più uno studente…” Le spiegò con dispiacere. “Non ho il potere fattuale di fermarli. E anche su quello fisico, temo di non esser messo meglio…”

Lily si morse un labbro. Li distaccò per raggiungere l’amico, che camminava immediatamente dietro a James, scuro in volto.
Devo tentare almeno con lui!
“Ren!” Lo apostrofò con urgenza, prendendolo per un braccio. Lo sentì irrigidirsi, come se gli avesse appena dato una frustata. Lasciò immediatamente la presa. “Ti prego, lascia perdere!”
“Non posso.” Fu la risposta, ma se l’era aspettata. Sören dava l’idea di uno estremamente ligio al proprio codice di comportamento e tutta quella roba che lei non avrebbe mai compreso.

“Certo che puoi!” Disse comunque. “Mio fratello è un deficiente, gli è partita la brocca! Se mi dessi una mano e tentassimo di farlo ragionare…”
“Mi ha sfidato a duello, Lilian.” Gli spiegò, cercando evidentemente di dominare la collera per non aggredirla. Non ci riuscì tanto bene, perché stava guardando male anche lei. “Le regole dei duelli magici sono ferree. Se vieni sfidato e rifiuti, sei un codardo. Ed io non sono un codardo.”
“Certo che non lo sei! Sei un Campione del Tremaghi, affronterai delle prove spaventose, come puoi pensare…” Si fermò, vedendo che a malapena la stava ascoltando. “Non devi dimostrare niente!”

Sören a quel punto le scoccò un’occhiata raggelante, che le fece venire immediatamente un’intensa voglia di fare un passo indietro, spaventarsi o urlargli contro.
“Tu non mi conosci.” Sibilò, e per un attimo le sembrò davvero che avesse ragione. Aveva gli occhi freddi, come due pozzi neri che sembravano invitarla ad entrarci dentro, per poi inghiottirla.
Non sembrava il suo solito Ren. Non sembrava direttamente Ren.
Istintivamente fece quel famoso passo indietro, quasi sbattendo contro Tom.
“Allora, volete muovervi? Non è che ho tutto il giorno!” La voce di James spezzò quel momento, e Sören le diede le spalle, raggiungendo l’altro ragazzo. Non prima di aver però scambiato un’occhiata con Tom, indecifrabile. Fu poco più di un attimo e non riuscì a vedere l’espressione del cugino.
“Tutto bene?” Le chiese poi Tom a bassa voce, e fu certa che non volesse farsi sentire da Al, che al momento lottava contro la sciarpa impigliatasi in un ramo.
“Sì… io. Sì.” Confermò due volte, ma non ne fu sicura neppure una. Si era spaventata, era questa la verità. E Tom l’aveva capito.
E sono certa che non fosse così vicino … Mi ha raggiunta quando Ren mi ha risposto male?
Tom non le diede la possibilità di chiedere: andrò piuttosto ad aiutare Al, borbottando qualcosa sulla congenita incapacità dell’altro di mantenere il pathos di certi momenti.
Non le chiese niente, e non disse niente. Gliene fu grata.
Lily raggiunse i due contendenti. Si sentiva il cuore battere furioso in gola.
Neppure nelle sue peggiori ipotesi avrebbe mai pensato che quell’incontro sarebbe potuto finire con uno scontro. Certo, non era così ingenua da pensare che James, maschio alfa della famiglia, avrebbe accolto con calore un suo amico maschio, in quanto lei piccola della casa.
Ma da qui a pensare che si sarebbero puntati le bacchette addosso…
E poi perché diavolo tutti pensano che stiamo assieme?!
“Ci serve un arbitro!” Esclamò James non appena Lily calcò piede nella radura, improvvisato campo di battaglia. “Vuoi farlo tu?”
“Non ci penso neanche.” Replicò cercando di fargli capire quanto fosse stupido, e quanto lo detestasse in quel momento.

Il fratello fece una smorfia di rimando, dimostrando che anche quello stava concorrendo a alimentare il suo desiderio di rivalsa idiota verso lo straniero. “Bene, visto che i due serpentelli si rifiuteranno sicuramente, faremo senza!”
“Mi leggi nel pensiero, idiota.” Fu la risposta di Al, appena giunto con la sciarpa in mano. “Se volete farvi a pezzi, lo farete senza il nostro appoggio.”
Sören non replicò, ma estrasse la bacchetta, gesto sufficiente.

Lily inspirò.
Che poi non ho mica capito perché siamo arrivati a questo punto. Sarò scema, ma davvero non ci arrivo… È una reazione esagerata!
Chi l’aveva più sorpresa, e non in positivo, era stato Sören.
Non avrei mai pensato che avrebbe accettato. È molto più maturo così.
Anche se certo… è un ragazzo. E certo… non lo conosco davvero.
Era questo a farle più male di tutto.
Si sedette accanto al fratello e a Tom, maturando una lenta e inesorabile consapevolezza.
Non conosceva davvero Sören. Di questo ne era certa anche senza usare i suoi poteri.
E forse dovrei usarli…
 
Forse non sarebbe dovuto arrivare a quel punto.
Una parte di sé in quel momento gli stava urlando contro, sostenendo che stava commettendo un errore di valutazione enorme.
Suo zio gli aveva ordinato di entrare in contatto con la famiglia Potter.
E lui si stava preparando a prendere a calci nel sedere – seppur magicamente – il primogenito.
Non era la missione, quella. Non c’entrava nulla. Era lui che non riusciva a tollerare l’idea di essere insultato da un simile, tracotante idiota.
Aveva passato l’intero incontro con i nervi tesi. Aveva conosciuto Thomas, aveva notato che questi non era stato affatto convinto dalla sua interpretazione di Luzhin. Questo l’aveva reso nervoso, enormemente. L’aveva mascherato bene. Era andato tutto splendidamente finché non era arrivato quel James Potter, fino a quel momento solo uno dei tanti membri della famiglia che non avrebbe dovuto incontrare direttamente.
L’aveva insultato. E con il chiaro intento, seppur ridicolo, di umiliarlo.
Per il puro gusto di farlo…
Odiava quel genere di mago.
E non poteva dare interamente la colpa al suo temperamento. Gli era stato inculcato, sin da bambino, che tutte le offese ricevute dovevano essere lavate nel sangue.
Naturalmente non aveva intenzione di uccidere James Potter.
Ma dimostrargli chi sono … anche se solo un poco… questo sì. 
“Pronto Ren?” Gli chiese quello con un ghigno che trovava irritante più di un intero cespuglio di ortiche.
Per un paio di mesi in un centro d’addestramento ti credi superiore a me?
“Sì.” Lo informò comunque, perché la forma era importante. Lo era sempre. Gli diede le spalle e contò i passi necessari a distanziarsi.
Non voleva guardare Lily: sapeva di aver sbagliato tutto con lei, di averla spaventata e persino Thomas glielo aveva fatto notare, avvicinandosi – e non sembrava un tipo protettivo.
Al momento non gli importava.
Erano mesi che dissimulava, sorrideva, fingeva. Non era mai stato così tanto tempo qualcun altro, anzi, persino nelle missioni più complesse e delicate era sempre stato se stesso.
Era una sensazione straniante, gli faceva pensare, desiderare cose che non erano reali, non per lui.
E questo lo confondeva, lo frustrava.
Era arrivato ad un punto di rottura, e se n’era accorto solo quando James Potter l’aveva stuzzicato.
Non sarebbe potuto tornare indietro neanche volendo.
Si voltò, espirando, e tese la bacchetta di fronte a sé, un movimento ripetuto tante di quelle volte da essere diventato naturale come respirare. O quasi.
“Bacchette pronte al mio via…”
 
****
 
Londra, Ministero della Magia. Dipartimento Per la Cooperazione Magica Internazionale.
Ufficio di Draco Malfoy.
 
“Il Ministero Americano vuole Thomas…?”
Malfoy inarcò le sopracciglia, come se fosse perplesso dal sentirgli ripetere la frase pronunciata poco prima.

Non aveva mai avuto modo di parlare veramente con Draco durante la loro adolescenza. Solitamente, le loro conversazioni finivano subito in rissa. Harry si era accorto, in ogni caso, che era tipico dell’altro usare principali, poche subordinate e in generale essere piuttosto stringato.
Aveva detto una sola frase, ed era bastata per spalancargli un mondo di interrogativi.
“Immagino che ormai l’avessi capito da solo…” Disse intanto quello. “Un agente del DALM americano che presenzia al processo, che poi insegue il tuo figlioccio fino in Scozia… Indizi abbastanza indicativi, direi.”
“Sì, questo l’avevo capito. Ma perché?”

Il biondo scosse la testa, abbandonandosi sullo schienale della poltrona. Fece un gesto vago con la mano. “Per chi è, naturalmente. Un tipo interessante, se capisci cosa intendo…”
Harry si sfregò la fronte, dove un tempo era la cicatrice, con forza. L’idea che degli stranieri cercassero di impossessarsi – era quello il termine giusto – di Thomas, come se fosse una cosa, lo mandava su tutte le furie.

Aveva provato sulla propria pelle quella sensazione. La sensazione disgustosa di sentirsi oggetto di interesse da parte del potere costituito. Come Scrimgeour aveva fatto con lui.
Non voleva che accadesse lo stesso a Tom.
“Ma perché proprio gli americani? Dall’Europa li divide un oceano… perché sono così interessati a ciò che accade qui?”
“La Thule ha agito anche da loro. Se ne sentono minacciati quanto noi. Inoltre, l’ho sperimentato con i miei occhi, sono molto più avanzati in ogni campo della Magia. Non sono rimasti fermi all’epoca di maghi come Silente.” Draco si alzò dalla scrivania, andando alla vetrata, dandogli le spalle. “… Sono i nostri cervelli che vogliono.”
“… Scusa?”
“È un modo di dire di origine babbana, dovresti conoscerlo. Fuga dei cervelli.” Replicò l’altro con un ghignetto. “In Europa abbiamo un grande potenziale, menti brillanti. Ma spesso i nostri governi le soffocano, preferendo mantenere lo status quo. Il Ministero inglese non è diverso. Siamo dei conservatori, Potter. Lo siamo sempre stati…” Fece una pausa, inarcando un sopracciglio che ad Harry ricordò mostruosamente il modo di fare di Piton. “Politica, capisci ciò di cui sto parlando?”
“Non hai davanti un ragazzino, Draco.” Lo rintuzzò infastidito. “E abbiamo fatto molto, dopo la sconfitta di Voldemort.”
“Certo, se per molto intendi allontanare i Dissennatori da Azkaban, cosa che non doveva neppure essere discussa e dare qualche riconoscimento a esseri come i Centauri o … gli elfi domestici.” Fece una smorfia seccata. “Ma io ti sto parlando di scienza. Innovazione. Gli Americani, in questo, ci sono superiori. Avrei mandato mio figlio a Salem, se fosse stato possibile. Purtroppo non abbiamo accordi bilaterali in tal senso.”

“Non capisco questo cosa c’entri con Tom…”
“Il tuo ragazzo è l’innovazione che cercano.” Lo guardò esasperato. “Un corpo, umano, tornato alla vita dopo aver ricevuto un’anima. È alchimia ad altissimi livelli. È la prova che si può tornare dalla morte… Gli americani cercano menti brillanti, ma lui è il famoso uovo di Chimera.” Alla sua espressione attonita, fece un mezzo sorriso, indovinando il corso dei suoi pensieri. “Sorpreso che io sappia certe cose? Potter, faccio parte di un ufficio che si occupa delle relazioni internazionali tra maghi. Noi qui sappiamo tutto. Siamo l’ufficio di riferimento dell’agente Scott. Il tuo protetto è un affare che non riguarda solo l’Inghilterra.”

“Quindi… vogliono studiarlo?”
Draco fece un lieve cenno della testa. “Sì, ma non come una cavia. Sono più furbi di così. Scott è qui per offrirgli l’ammissione all’Istituto Magico di Salem², uno dei più importanti centri di ricerca magica del mondo. Non appena si sarà diplomato, naturalmente.”

“Vogliono comprarlo…”
“Esattamente, Potter.” Confermò. “Vogliono portarlo in America, ma vogliono che venga con loro di sua spontanea volontà. Non possono rapirlo, ma possono persuaderlo.”
“Tom non cadrebbe mai in una trappola simile.”

Draco gli lanciò uno sguardo divertito. “E chi ti dice che il tuo figlioccio la vedrebbe come tale?”
Harry non rispose. Draco aveva un punto: Tom, nella lettera che gli aveva spedito, non aveva accennato a nulla del genere.
Ma se questa proposta gliel’avessero già fatta?
Il fatto che non gliene avesse parlato, significava solo che non voleva metterlo a conoscenza della cosa.
E la cosa non mi piace.
Naturalmente non era come l’anno scorso. Doveva avere due pesi e due misure: un offerta lavorativa in America non era come nascondergli John Doe.
“È tutto qui quello che dovevi dirmi?” Chiese, o meglio se lo sentì dire. Aveva la testa da tutt’altra parte.
Malfoy sembrò accorgersene, perché schioccò la lingua in un moto di fastidio.
“Merlino Potter, è davvero difficile tenerti concentrato su discorsi più lunghi di una chiacchierata da pub, vedo…” Fermò una sua protesta. “Non ho finito. Non era questa l’informazione che volevo passarti, visto che si tratta di qualcosa che già potevi capire da solo. Era solo qualcosa che immagino avresti voluto sapere.”
“Allora cosa?”
Draco sembrò vagamente lusingato dall’avere di nuovo la sua attenzione. Era ancora quel vanesio ragazzino, dopotutto.
“Si tratta di un informazione confidenziale. Il Ministero americano ha un ufficio incaricato della sorveglianza della Thule. È da lì che sono venuti quei due agenti, compresa la Hardcastle, l’anno scorso.”
“… Quindi?”
“Quindi, si dà il caso…” Staccò le parole, con esasperazione. “Che abbia qualche amico là. E credimi, Potter, voi auror avreste molto da imparare.”
Harry non si lasciò fuorviare dalla frecciatina. “Cos’hai scoperto?”

Malfoy per un momento tradì evidente preoccupazione. Avrebbe capito solo dopo il perché.
“Dissennatori, Potter. La Thule pare si stia interessando ai Dissennatori.”
 
 
****
 
Parco di Hogwarts.
 
A Teddy sembrava incredibile, ma era lui a stare dietro alla professoressa McGrannit, mentre questa, quasi centenaria, incedeva con energia verso i cancelli di Hogwarts, pronta a smaterializzarsi.
È davvero una strega potente… usare la Materializzazione a quest’età…
Neville era corso in sala professori, poche manciate di minuti prima, trafelato.
 
“Hannah mi ha appena chiamato via camino, c’è uno scontro tra studenti ad Hogsmeade!” Si era allenato la cravatta. Era sporco di terriccio ovunque. “Io sono impegnato con… beh, nelle serre, ma qualcuno deve andare a controllare!”
Ted, che stava consultando gli appunti per la lezione di lunedì aveva alzato lo sguardo in tandem con la professoressa McGrannit, che al momento stava prendendo il the con Vitious. Erano gli unici professori presenti al momento.
Il piccolo preside aveva tirato un grosso sospiro. “Di chi si tratta?”
“Mia moglie ha detto che sono uno studente straniero e…” Qui aveva fatto una pausa e aveva fissato Ted, che aveva avuto un orrendo presentimento. “… James Potter.”
“James?” Effettivamente sapeva che doveva incontrarsi con i fratelli.
E l’amico di piuma di Lily. Il Campione di Durmstrang.
“Qualcuno deve fermarli, prima che sorga un guaio diplomatico con Beaux-Batons o con Durmstrang…” Era stato praticamente un ordine, anche se formulato in maniera gentile.
Ted si era alzato, riponendo accuratamente fogli e libri dentro la sua cartella.
“Vado io preside… non si preoccupi.” Aveva sospirato, rassegnato dall’inevitabilità del suo karma.
“La accompagno.” Era stata la McGrannit a parlare, e Teddy si era voltato, probabilmente con una faccia estremamente stupida perché la donna gli aveva rivolto uno sguardo perplesso. “Per caso non sono gradita?” Aveva chiesto infatti.
“No, no… assolutamente! Cioè, certo che è gradita… ehm.” Aveva concluso, mentre Neville nascondeva un sorriso dentro un tentativo di tossire e Vitious faceva generosamente finta di nulla.
Un giorno avrebbe avuto ragione della suo essere imbranato. Forse.
“Vogliamo andare, professor Lupin?”
 
E si tornava al momento presente.
La McGrannit tirò fuori la bacchetta, pronunciando un breve incantesimo che fece muovere i pesanti cancelli della scuola.
“La ringrazio per essere venuta…” Si sentì in dovere di dire. “Non saprei neppure come gestire la situazione, da solo…”
“È piuttosto delicata.” Convenne la donna. “Ma immagino che un Potter renda sempre una situazione particolarmente delicata…”
Teddy sorrise. Aveva sempre pensato che l’ex-preside, ora professoressa, fosse dotata di un’ironia acuta e sottile.

Sperava davvero che James non avesse fatto qualcosa di stupido come sfidare a duello il Campione di Durmstrang.
Anche se non era molto fiducioso in tal senso. James era un autentico genio nel combinare quel genere di disastri. Con l’età si erano diradati, certo, ma i pochi che ancora faceva avevano dimensioni epiche.
Sarebbe stato proprio da lui litigare con un allievo di una delle due scuole ospiti e sfidarlo a duello.
Sospirò mentre varcava i cancelli, pronto a smaterializzarsi. La donna gli lanciò un’occhiata perplessa.
“È solo… che non è la prima volta.” Dovette spiegare. “Con James.” Aggiunse.
“Pensi per me. Ho avuto ben due generazioni della sua famiglia, e tre per i Potter.” Stirò un mezzo sorriso. “Perlomeno lei è un professore. Spero che abbia più ascendente di suo padre con Black e Potter.”
“Non lo chiamerei ascendente…” All’occhiata confusa, arrossì fino alla punta dei capelli – nel suo caso non era una metafora. “Ehm. Meglio fare in fretta.”

 
****
 
“Jamie, falla finita!”
“Andiamo, stai diventando ridicolo!”

James non poteva farla finita. Anche se a chiederglielo era Lily, la sua adorata sorellina. O quel rompipalle di Al.

Si rialzò dolorante, dall’ennesimo incantesimo castato dalla bacchetta dello straniero.
Era forte, il maledetto.
Inspirò lentamente, sentendo i polmoni comprimersi in maniera spiacevole. Era certo di essersi rotto una costola, o forse no. Gli incantesimi lanciati da quel tipo, che adesso gli stava di fronte in una posa quasi rilassata, erano precisi. Ma non erano potenti. Non stava neanche attaccando.
Era questo a mandarlo in bestia.
Non sta facendo sul serio!
Era riuscito solo a lanciargli uno stupeficium, che l’altro aveva parato con un sortilegio scudo mai visto prima, considerando che gli aveva rimandato indietro il colpo, e solo per tutto l’allenamento che faceva era riuscito a schivarlo.
Il mio stesso colpo…
“Dovresti dar retta ai tuoi fratelli…” Gli disse il bastardo. Era certo però di stare innervosendolo. Il duello non si era concluso in una manciata di attimi, come sicuramente aveva sperato.
Spiacente bello, sono un osso più duro di così.
Non gli piaceva. Non era solo la sua faccia – peraltro odiosa – e neppure il fatto che l’avesse trattato da idiota analfabeta. Che già questo sarebbe bastato e avanzato. C’era qualcos’altro che lo irritava, oltre la sua supponenza.
O forse no. Forse semplicemente gli stava sull’anima e aveva una voglia matta di dargli una lezione di umiltà.
“Dove hai imparato a duellare, eh?” Chiese, ignorando gli sguardi dei fratelli e di Thomas.
Finché duellavano non si sarebbero azzardati ad avvicinarsi. E a strigliarlo a dovere.
“A Durmstrang.”
“Puttanate. Non ti insegnano a duellare così, in nessuna scuola.”
“Evidentemente non sei mai stato nella mia.” Replicò quello senza scomporsi. Era una sfinge.

Ecco cos’è… Non riesco a capire che tipo sia.
Durante un duello, gli era stato ripetuto fino alla nausea all’Accademia ma ne aveva già avuto un assaggio nei racconti dei suoi genitori, si poteva arrivare a comprendere l’avversario.
In un duello capisci chi hai davanti. Senza schermi.
Invece quel Sören non stava lasciando trasparire niente. Lo teneva a distanza, sia fisica che emotiva. A parte lo sfogo in cui aveva accettato la sfida, non si era più scoperto.
Non è normale che un diciassettenne si comporti così… Che razza di mostro di autocontrollo è?
Impedimenta!” Gridò, ma l’incantesimo venne riflesso dall’ennesimo scudo, prima di tornare indietro con rinnovata violenza. James lo schivò per un soffio, cadendo a terra per lo spostamento d’aria.
Di nuovo, dannazione!
Sören non commentò, ma a James non sfuggì il vago sorrisetto che gli aleggiò sulle labbra.
“Cos’hai da ridere!? Prendi questo duello sul serio!” Gridò, sentendosi il viso scottare di rabbia e vergogna. Lo stava umiliando.
Come a voler confermare quel suo pensiero, Sören inarcò le sopracciglia. “Non credo ce ne sia bisogno… Sei lento. E prevedibile.” Aggiunse.
James sentì la collera montargli nel petto. Una parte di sé, la stessa che non voleva ascoltare i fratelli, sapeva di starsi comportando come un idiota.
Ha accettato il duello, però fa sembrare me il coglione rissoso!
Era andato tutto storto.
Ti toglierò quella faccia immobile, stronzo!
Doveva avvicinarsi, era l’unico modo per aver ragione della sua guardia. Era certo, sicuro, che una volta arrivato sufficientemente vicino sarebbe riuscito a colpirlo.
Non ha fatto altro che mandarmi indietro i miei incantesimi e gettarmi gambe all’aria, quindi non vuole che mi avvicini… Voglio e devo fargli perdere le staffe! È l’unica possibilità che ho per mandare a segno un colpo!
L’illuminazione gli arrivò come un fulmine, perché poteva non essere il più brillante del mucchio, ma la sua testa in azione funzionava. Eccome.
E sorrise.
 
Quel Potter non era la delusione che si sarebbe aspettato. Era sì, lento e prevedibile, ma molto meno di quanto si fosse aspettato da un ragazzotto inglese cresciuto come figlio d’arte e in tempo di pace.
Aveva un buon potenziale magico, ed era intuitivo. Aveva inoltre un’ottima sincronia con la sua bacchetta.
Se fosse stato allenato fin da bambino come lo era stato lui, fino a farsi sanguinare le mani e sentirsi ad un passo dallo svenire, probabilmente sarebbe stato un opponente capace di metterlo in seria difficoltà, forse persino di batterlo.
Ma gli manca l’esperienza… Ed è troppo impulsivo.
Poi lo vide sorridere.
Non riuscì a fare mente locale che l’altro puntò a terra la bacchetta, a pochi metri da lui e gridò.
Reducto!
L’incantesimo si infranse assordante sul terreno, sollevando una nuvola di foglie e polvere che lo investì completamente.
Sören fece un passo indietro, cercando di coprirsi il viso. Aveva gli occhi pieni di polvere e terra.
Abbassò la guardia. Se ne accorse nel momento stesso in cui sentì qualcosa, qualcuno vicino a sé. Sentì anche Lily trattenere il respiro.
… Cosa…?
“Beccato, stronzo!”
E qualcosa impattò contro il suo naso. Un pugno.
Crollò a terra, sentendosi la testa esplodere di dolore e il naso come una scheggia di vetro.
James, no!
Quella era decisamente la voce di Lily. Aprì gli occhi, sentendoseli bruciare come se ci avessero colato cera liquida.

James Potter stava a pochi passi da lui, la bacchetta stretta nel pugno sinistro. Se la passò nella mano destra, puntandogliela contro.
“Non sei questo granché se ti stende un pugno, crucco…” Ghignò soddisfatto. “Fatto male?”
Sören aveva sempre saputo di non essere in grado, talvolta, di gestire le proprie emozioni. C’era da dire che nessuno si era mai preso la briga di spiegargli come reagire a certe situazioni.
Nessuno l’aveva mai picchiato in quel modo barbaro e offensivo. Nessuno.
Nessuno si doveva permettere.
Si rialzò in piedi, ignorando il dolore, concentrato su quel ghigno odioso. L’aveva già visto in bocca ad altra gente. A John Doe, quando lo chiamava ‘bambino impaurito’ … a suo zio.
Odiava quel sorriso.
 
Lily avrebbe tanto voluto essere forte. Come sua nonna, davvero, per una volta avrebbe voluto avere la forza di sua nonna, o di Rosie, per poter prendere la bacchetta e separare suo fratello e Ren.
Probabilmente non funzionerebbe lo stesso, altrimenti Al ci avrebbe già provato… 
“Sono troppo lontani l’uno dall’altro per farli separare da una barriera…” Le aveva spiegato.
Aveva quindi seguito impotente e arrabbiata lo scontro. Era privo di senso e suo fratello si stava solo rendendo ridicolo.
Poi James aveva trovato il modo per sbloccare quello stallo. Aveva distratto Sören con uno stratagemma ed era riuscito ad avvicinarsi. Gli aveva dato un pugno in faccia, seguendo il suo istinto da rissaiolo cretino.
E adesso…
Adesso Lily sentiva le emozioni  di Sören.
All’inizio del duello aveva deciso di togliersi l’orecchino di controllo, e fino a quel momento aveva pensato che fosse stato un gesto inutile. Non si era sentita diversa o non aveva sentito niente di diverso.
Poi l’amico aveva ricevuto quel pugno in piena faccia, ed era caduto. Lei aveva gridato.
E adesso la sentiva. Chiara e forte come se fosse sua, quell’emozione.
Era rabbia.
Tanta di quella rabbia che si era sentita mozzare il respiro ed appannare la vista.
“Lily?” Si sentì afferrare per un polso da Al. “Lils, che hai?”
Non fece in tempo a rispondere  - che espressione aveva per distogliere l’attenzione di Al dallo scontro? – che Sören si rialzò di scatto. Mosse appena la bacchetta, senza emettere una parola – un incantesimo non verbale? - e James fu scaraventato violentemente all’indietro.

Lily osservò immobile il fratello sbattere contro il tronco di un albero e crollare a terra con un lamento.
“No, ehi! Fallo rialzare!” Sbottò Al, mentre Tom lo bloccava dal frapporsi trai due.
Sören per tutta risposta non sembrò intenzionato a dargli retta, come regole imponevano.
È furioso. Non vuole fermarsi, vuole fargliela pagare…
Ma non c’era solo rabbia. Lily non sentiva solo rabbia.
È paura.
Ha paura. Ma cosa…?
Finì in un attimo. Quando Sören aprì bocca per pronunciare l’incantesimo una folata di vento e luce si frappose tra lui e James.
Una materializzazione!
Qualcuno gli afferrò il polso. Teddy gli afferrò il polso.
 
“Basta così.”


E quelle sensazioni sparirono di colpo. Lily si accorse di essersi alzata in piedi. Aveva camminato verso di loro, e non se ne era resa conto.
Oh, cavolo…
Sören in compenso sembrava una statua di sale. Fissava Ted come se lo considerasse una specie di apparizione. Cosa che, in effetti, era.
Ted invece aveva quell’espressione seria, che Lily gli aveva visto raramente in viso, quella che precedeva un bel po’ di guai se non gli fosse stato data retta.
“Il duello è finito…” Continuò senza mollare la presa. “Oltretutto, il tuo avversario è a terra.”
Sören sembrò finalmente rendersi conto di cosa stava succedendo. Si irrigidì e fece un lieve cenno della testa.
“Sì…” Disse soltanto. “Certo.” Abbassò il braccio che reggeva la bacchetta e Teddy lo lasciò andare, per chinarsi ad aiutare James a rialzarsi.
Albus accanto a lei inspirò lentamente. Lily notò che stringeva la bacchetta in pugno, e lo stesso faceva Tom. Avevano delle espressioni tese, entrambi.
Quindi Sören aveva davvero tentato di fare del male a James?
“Signorina Potter, si sente bene?”
Lily sobbalzò quando sentì la voce della professoressa McGrannit accanto a sé. Perché la professoressa era accanto a sé. E lei non l’aveva neanche notata fino a quel momento.

Spero che si sia materializzata e non sia qui da un po’, perché giuro, sto perdendo colpi…
“Beh… sì.” Annuì confusa. “Perché me lo chiede? Non ero io che stavo duellando…”
“È molto pallida.” Il tono della strega era definitivo e non dava spazio di replica. Lo disse senza staccarle gli occhi di dosso, mettendola tra l’altro abbastanza a disagio. “Segua il professor Lupin e suo fratello in infermeria.”

“Ma sto bene!”  Tentò comunque, anche se si sentiva girare la testa. Era per via dell’orecchino? Era perché se l’era tolto?
“Dai Lils…” La incoraggiò Al, passandole un braccio sulle spalle. “Dà retta alla professoressa, non hai una bella cera… Ti sei presa un bello spavento dopotutto.”
“Io…” Sospirò, vinta. “Okay.”
Non sapeva neanche cosa pensare. Era tutto accaduto così in fretta. Del resto il duello non poteva che esser durato una decina di minuti.
Massimo.
Probabilmente non aveva senso farlo, ma lanciò lo stesso un’occhiata a Sören. Il ragazzo intercettò il suo sguardo, ma lo distolse subito. Gli sanguinava il labbro, e cercava di tamponarselo con un fazzoletto.
James l’ha colpito in bocca… Deve avergli fatto male…
La McGrannit a quel puntò lanciò un’occhiata anche a lui. “Lei.” Scandì. “Il suo nome.”
“Sören.” Rispose meccanicamente, poi ebbe un’esitazione ma forse fu solo un’impressione di Lily. “… Luzhin. Sören Luzhin, allievo di Durmstrang.”
“Bene Signor Luzhin, venga con noi. Dovrà spiegare l’accaduto al suo referente…” Magari fu un’altra impressione, ma la donna lo guardò come se lo conoscesse.

“Sissignora.” Mormorò Sören docilmente.
E non è possibile… no?
Lily si sfiorò il lobo, rendendosi conto solo in quel momento che l’orecchino non se l’era ancora rimesso.
 
****
 
Londra, Ministero della Magia. Dipartimento Per la Cooperazione Magica Internazionale.
Ufficio di Draco Malfoy.
 
“Che significa Dissennatori?”

Harry sapeva a volte di fare la figura dell’idiota ripetendo le cose un paio di volte. Era una deformazione professionale dell’agente Auror. Ripeterle significava metterle in dubbio, ma non solo. Permetteva all’altro di rendersi conto della portata delle proprie affermazioni.
E questa è… gigante.  
Purtroppo però Draco Malfoy appartiene al primo tipo di interrogati. Quelli che ti considerano un idiota duro d’orecchio.
“Potter, questa mania di ripetere le cose…” Disse infatti, con fastidio. “Dissennatori, penso tu li conosca bene.”
Harry annuì, mentre i ricordi lo aggredivano, facendogli scendere un rivolo gelido di sudore lungo la schiena. Anche a distanza di anni quello non era un ricordo che era riuscito a digerire del tutto.

Quelle creature orrende non erano ovviamente sparite con l’allontanamento da Azkaban ad opera di Shacklebolt: era impossibile ucciderli. Erano invece state relegate in un’area disabitata dell’Islanda.
E lì dovrebbero trovarsi al momento…   
“Come hai avuto quest’informazione?”
Malfoy arricciò le labbra in un sorrisetto appuntito. “Questo Dipartimento, Potter, assieme all’architettura decisamente più gradevole di quella degli altri livelli, ha anche molte porte. Che portano ad altri Dipartimenti…” Gli lanciò un’occhiata penetrante. Non glielo voleva dire, era ovvio.

Harry non si diede per vinto.
“Non hai risposto alla mia domanda, Draco…” Non l’avrebbe chiamato per cognome, anche se forse l’altro ci sperava. “Come hai avuto queste informazioni? Prima di fare certe affermazioni dovresti darmi dei fatti concreti.”
“La Divisione Bestie.” Sbuffò quello, parzialmente vinto. “Hanno funzionari dislocati su tutto il territorio, soprattutto per monitorare esseri come i Draghi.”

“E…?”
“E li hanno visti, Potter. Una ventina di Dissennatori che si aggiravano per le highlands.” Lo fermò prima che potesse obbiettare che la cosa avrebbe avuto dovere una certa risonanza. “… il fatto è che, da ulteriori accertamenti, non ne è stata trovata traccia.”

“Quindi le indagini non sono partite…”
“Già. Tra l’altro, i testimoni erano due ragazzi usciti da Hogwarts l’anno scorso. Hanno ritenuto che fossero due adolescente suggestionabili.” Fece un gesto vago. “La nebbia, la pioggia, il cattivo umore… ed hanno chiuso il caso.”
“Sì, ma… come fai a collegare questo alla Thule?”

Draco schioccò le labbra in suono contrariato. Harry avrebbe voluto fargli notare che non era nella sua testa, e che quindi i suoi contorti ragionamenti mentali da politicante proprio non li capiva.
Lì ci sarebbe voluta Hermione.
“Prima di tutto, Potter, non sono io che faccio i collegamenti. Semplicemente, mi informo. Non sono tempi chiari, questi…” Commentò asciutto, prendendo tra le dita un tagliacarte e saggiandole la lama con l’indice. “Secondo, come ti ho già detto, ho parecchi amici al DALM americano. Visto che la Thule ha liberato dei Naga nella scuola di mio figlio, ho preferito sapere se ci fossero altro in ballo…”
“Come i Dissennatori?”
“Esatto. La Thule non ha smesso di cercare di portar via il tuo ragazzo…” Fu la risposta. “È qui, anche se non si sa sotto quale mantello si nasconda. Se fossi in te, terrei gli occhi incollati al mio figlioccio.”
Harry si passò una mano trai capelli, frustrato. C’era molto, di quella storia, che non gli tornava.

Prima di tutto, Draco che si offriva di dargli informazioni. Certo, erano uomini adulti, ma ancora gli riusciva difficile credere che l’ex compagno di scuola volesse davvero onorare quel debito a viso aperto. Ma quello era l’ultimo dei problemi.
C’era troppa roba in ballo, e lui non aveva l’autorità o il diritto di mettersi in mezzo. Quella lezione l’aveva appresa dolorosamente l’anno prima.
Sì… ma se mi vengono dette queste cose… Come faccio a non farlo?
“Io sono un auror, Draco… Non è il mio ufficio che si occupa del servizio di sicurezza del Torneo, ma quello di Zacharias Smith.” Obbiettò comunque, cauto. E poi c’era dell’altro. “Posso sapere chi ti ha dato questa informazione? Della Thule connessa all’apparizione dei Dissennatori, intendo.”
“L’agente Scott.” Fu la risposta.   

Scott… ancora lui!  
“E perché te l’avrebbe data?”
“Non ne ho idea…” Stirò le labbra in una smorfia, e ad Harry per un attimo sembrò perplesso quanto lui. “Non siamo mai stati nel genere di rapporti, sia professionali che non, per cui avrebbe dovuto farmi una confidenza del genere. Ma l’ha fatta. E non stava mentendo.” Fece una pausa, posando il tagliacarte. “Me ne sarei accorto.”
Harry a quel punto capì. “Voleva che tu me lo dicessi. A me, di persona. Sa che ci conosciamo?”
“Dall’altro lato dell’Oceano sanno molte cose di te…” Fu la risposta diplomatica. Non che se ne aspettasse una diversa. “E sì, penso che fosse questo il suo scopo.”

“Ma perché? Non hanno fatto altro che nascondere informazioni su Thomas, sulla Thule… Perché adesso?”
Draco si strinse nelle spalle, un gesto così disarmato che ad Harry fece capire che persino il suo acuto nemico d’infanzia non sapeva che pesci prendere.

E Malfoy potrà essere molte cose, ma non è di sicuro uno stupido… Gli stupidi non sopravvivono a quello che ha passato lui. Specialmente non arrivano fino al Dipartimento Cooperazione.
Poteva non fidarsi totalmente di Draco, ma aveva fiducia nella sua capacità di studiare le persone.
Del resto anche quando eravamo ragazzi sapeva esattamente come e quando colpirmi…
Non sapeva se l’altro sapesse, e glielo stesse nascondendo. Ma dando retta al suo istinto – stupidamente grifondoro o meno - … no, Malfoy stava dicendo la verità.
Ne sa quando me.
“Potter, se avessi un’idea in merito a questa faccenda, farei in modo che l’eroe…” Replicò infatti ironico, ma tutto sommato non livoroso. “… ne fosse a conoscenza. In quella scuola c’è mio figlio, ed è uno dei Campioni.”
“Sì, lo so.” Ad un’occhiata dell’altro, capì che doveva aggiungere qualcosa. Per amor di pace. E perché era certo che sarebbe servito in seguito. Una delle sue sensazioni. “È un ragazzo in gamba, Scorpius. I miei figli lo stimano molto.”
Draco fece una mezza risata, breve e secca. Non era condita dalla cattiveria dell’infanzia. Gli si addiceva tutto sommato. “Ironico, direi.”
“Perché? I figli spesso fanno scelte diverse da quelle dei genitori. Sono, a conti fatti, persone diverse.”

Il biondo roteò gli occhi al cielo, ma ad Harry non sfuggì l’occhiata sorpresa. “Merlino, sei rimasto San Potter…”
Harry sorrise brevemente. Ormai quei nomignoli gli evocavano nostalgia, più che irritazione. Non gli dispiaceva neppure poi troppo che Malfoy si rapportasse a lui come se fossero ancora nei corridoi di Hogwarts. Probabilmente era anche l’unico modo che conosceva.

Sarebbe stato più semplice se nella nostra adolescenza avessimo dovuto occuparci solo della nostra avversione reciproca…
“Sì, hai un punto a questo riguardo…” Gli concesse pacificamente.
Draco fece una mezza smorfia. “Cosa intendi fare con quel che ti ho detto?”
Harry sospirò. “Immagino che per nessun motivo al mondo, a questo punto, potrò mancare alla Prima Prova.”

Draco si alzò in piedi, facendogli implicitamente intendere che quella conversazione era arrivata alla fine. “Ci avrei scommesso galeoni su questa tua ultima sparata…” Replicò beffardo. Poi l’espressione tornò seria. “Con questo considero estinto il mio debito.”
“Consideri…” Non potè fare a meno di sorridere. A quel punto doveva dirglielo. “Non c’è mai stato nessun debito Draco, almeno per quanto mi riguarda.”
“… Prego?” Doveva ammettere che la sua espressione sconcertata era piuttosto divertente. Si guardò bene dal farglielo notare. Lord Malfoy era conosciuto al Ministero per avere una straordinaria coda di paglia.

“Per la testimonianza al processo… La cosa era tra me e tua madre. Fu lei che ha mentì a Voldemort salvandomi la vita. Io in cambio ho salvato la sua famiglia. Per l’Ardemonio… non credevo che meritassi di morire per l’errore di qualcun altro. Tutto qui. Non ho mai pensato che mi dovessi qualcosa per questo.”
“Ma tu…” Gli scoccò un’occhiata dapprima scombussolata, poi indispettita, infine valutativa. Era chiaro che l’avesse preso in contropiede, e questo travalicava persino il suo vecchio istinto di dargli addosso. “Questa non è una mossa molto Grifondoro, Potter…” Si scollò infine dal palato, quasi con riluttanza.

Harry sorrise: non sapeva se sarebbe mai riusciti a provare simpatia l’uno per l’altro, ma apprezzò lo sforzo di riconoscergli un merito. Più o meno. “È da Serpeverde, vero? Beh, dopotutto mio figlio Albus è il loro Caposcuola. Non penso abbia preso da Ginny, in questo caso…” Offrì insinuante.
Draco gli lanciò un’occhiata che gli sembrò quasi allarmata. “Non credo di voler sapere cosa tu sottointenda.” Gli lanciò un’occhiataccia. “E per l’amor di Merlino, esci subito dal mio ufficio!”
Harry rise.
 
 
****
 
 
Note:
1. Qui la canzone. Leggete il testo ;)
2. Mia invenzione, facendo riferimento al MIT (Massachusetts Institute of Technology). Il fatto che sia a Salem, beh… devo spiegarlo? xD
  
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