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Autore: S o p h i e    18/01/2011    2 recensioni
“Hai pianto?”
“No”
“Allora perché hai gli occhi rossi?”
“Perché ho troppo sangue nel cervello”.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                                                                                             Pioggia sul mio corpo


You sang me Spanish lullabies,

I never want to see you unhappy, 
I thought you want the same for me.
 
Iris era convinta che si potesse volare.
Da quando lui le aveva detto che la forza di gravità si trovava dentro le scarpe, camminava scalza.
All’inizio pensò di non avere bisogno della polvere di fata, ma da quando lui si era portato via ogni pensiero positivo, Iris non riusciva più a spiccare il volo.
Le aveva promesso di rimanere, che non l’avrebbe mai abbandonata, eppure ora che il sole era tramontato, la parte sinistra del suo materasso era sempre ghiacciata, un po’ come il sangue che circolava controvoglia dentro il corpo della ragazza.
 
“Mi spieghi cosa significa?”
“Che cosa?”
“Il tuo nome.”
“Significa che mi riesci a vedere solo dopo un terribile temporale.”
 
Iris era l’arcobaleno.
E lo era davvero, perché quando c’era lui nella sua vita, Iris aveva smesso di aspettare la pioggia per mostrarsi agli occhi della gente. Avevo smesso persino di essere superstiziosa, perché quando c’era lui, lei il suo riflesso allo specchio lo indicava sempre.
Si, quando c’era lui era tutto più semplice. Quando c’era. Ma chi poteva sapere cosa significasse vivere senza di lui, chi lo poteva anche solo immaginare cosa si potesse provare a sentirsi come l’eisberg dove aveva sbattuto il Titanic. Perché tutti ritenevano fosse colpa sua, che non doveva trovarsi lì. Nessuno aveva mai pensato che doveva essere, invece, il Titanic a dover navigare in un altro punto? Che poi il mare era talmente tanto grande che, nessuno si sarebbe offeso se avesse investito altre particelle d’acqua salata.
Iris si sentiva come quell’enorme pezzo di ghiaccio. Innocente. Perché lei se ne stava immobile, senza dare fastidio a nessuno, ed era stato lui a colpirla, a distruggerla in mille pezzi, a renderla fragile.
E adesso che lui non c’era più, i cocci di quell’amore non riusciva più a metterli insieme.
 
“Dove si prende l’espresso per il Paradiso?”
“Perché pensi di meritarlo il Paradiso?”
“Non so, magari se tu mi accompagnassi i cancelli dorati verrebbero aperti al nostro passaggio.”
 
Non ci riesco. Lo so amore, me l’avevi fatto giurare, ma proprio non riesco a smettere di pensarti.
Mi martelli dentro il petto, il tuo sorriso ferisce le pareti della mia anima, mi perfori punti che non credevo neppure di avere. Non ci riesco amore, non chiedermi di fare l’impossibile, non sono Walt Disney, non posso fare tutto ciò che riesco a pensare. Perché se fosse così noi adesso, staremmo ancora insieme. Saremmo ancora due Starlights.
Però il nostro cammino è terminato, non bruciamo più insieme i confini infiniti dell’Universo.
E ora che tutto intorno a me è buio pesto, mi accorgo di avere la risposta alle loro domande.
 
“Hai pianto?”
“No.”
“Allora perché hai gli occhi rossi?”
“Perché ho troppo sangue nel cervello.”



...
Stasera ero un pò così, e non riesco nemmeno più a parlare.
Esattamente come Iris sto andando alla deriva.
Vi chiedo perdono, non siete costrette a leggere questo ammasso schifoto di parole.
E non cerco neppure frasi lodative, volevo solo che qualcuno sapesse e questo mi sembrava il modo più adatto.
Non sarà neppure tanto romantico, in effetti non lo è per niente, ma c'era il romanticismo, c'era ogni cosa, prima che lui andasse via.
Sophie.
  
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