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Autore: Dira_    25/01/2011    18 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XXIII
 


 

But that’s just how the story unfolds/ You get another hand soon after you fold
And when your plans unravel they sayin’ what would you wish for
If you had one chance?¹

(Airplanes, B.o.B. feat Hayley Williams)
 
Hogwarts, Infermeria.
Quasi ora di cena.
 
Malditesta agghiacciante.
Ecco cosa sentì James quando riprese i sensi.
Quello e una fastidiosa sensazione di compressione alla testa.
Porco Nargillo, me la sono rotta!
Se cominciava ad imprecare come uno Scamandro era davvero messo male.
Aprì gli occhi sull’infermeria di Hogwarts, ma quello se l’era aspettato. Del resto era svenuto tra le braccia di Teddy, dopo che si erano materializzati davanti ai cancelli di Hogwarts.
Forse non è stata un’idea furba dirgli che stavo bene prima di smaterializzarci…
Si guardò attorno: gli altri letti erano vuoti.
Certo che da quando non ci sono la gente si comporta tanto meglio… Dove sono i traumi da Quidditch?
Poi si ricordò che per quell’anno, causa Torneo, il Campionato era stato sospeso.
“James…”
E la voce di Teddy, ultimo tassello nel quadro noto dei suoi casini. Chiuse gli occhi, cercando di sembrare addormentato, ma ovviamente l’altro era al suo capezzale da un po’.

“So che sei sveglio, non fare la commedia.” … E infatti.
James quindi incrociò lo sguardo severo del professor Lupin, seduto accanto al letto. Perché ora il suo ragazzo aveva quell’espressione: da professore.
Ce l’aveva anche a dodici anni. Il suo destino era già segnato.
“Ehm…” Disse. Senza adrenalina, lontano dallo scontro e con un’emicrania epocale si rendeva conto che aver sfidato quel tizio non era stata un’idea brillantissima. “Lo so. Sono un idiota. Devo crescere. Non posso pensare di fare l’auror se vado in giro a sfidare gente di cui non mi piace la faccia.” Brontolò tutto di un fiato.
Ouch. Fa male anche parlare.
Teddy inarcò le sopracciglia. I capelli, indicatore emotivo, in quel momento stazionavano sul blu, forse un po’ più spento rispetto al solito. Poi tirò un sospiro. “Beh, hai riassunto quello che volevo dirti.” Le sopracciglia si aggrottarono. “Si può sapere che ti è preso?”
“Senti, non era partita in quel modo…” Tentò di giustificarsi. Ed era vero. Okay, la supponenza di quel cretino straniero gli aveva fatto perdere le staffe, ma aveva pensato al massimo di bruciacchiargli un po’ i vestiti.
Quel tipo mi ha preso troppo sul serio!
“Lo hai sfidato a duello, James.” Sottolineò con forza. “Cosa ti aspettavi facesse? I duelli magici sono una cosa seria!”
“Oh, andiamo! Se fosse stata seria gli avrei dato appuntamento per mezzanotte e avrei chiamato un arbitro! Era solo una cosa… un…” Si fermò, perché sapeva di essere nel torto, anche senza gli occhi pieni di rimprovero di Teddy. “Non era neanche valido!” Protestò comunque, perché si rifiutava di addossarsi tutta la colpa.

Teddy scosse la testa. “Non è questo il punto. Hai aggredito un ragazzo che non ti aveva fatto niente.”
Veramente sono io quello in infermeria.” Obbiettò tastandosi la fronte e scoprendo di averla fasciata da una benda. “E con la testa rotta!”
“La tua testa non si rompe così facilmente.” Fu la replica ironica. “Gli hai tirato un pugno, mi è stato detto. Forse la reazione è stata spropositata, ma…”
“Oh, puoi dirlo forte! Mi ha scaraventato contro un albero!”

“… ma te lo sei meritato.” Concluse Ted, ignorando la sua espressione sconvolta. “Ti sei comportato come uno stupido, con un ragazzo che non ti conosce e non aveva idea delle tue vere intenzioni. Non sei più ad Hogwarts, dove tutti conosco il tuo temperamento e sanno come trattarti.”
James non replicò, colpito dall’accusa. Una parte di sé, sapeva perché aveva combinato quel casino. O almeno, perché vi aveva dato inizio senza preoccuparsi delle conseguenze.

Odiava l’idea di non fare più parte di quel piccolo ecosistema magico. Era una cosa stupida, ma l’idea che sua sorella, la sua sorellina di quindici anni, frequentasse quel tipo l’aveva allarmato. O forse era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
La sua vita fuori era grandiosa, certo. Ma non era più come essere a scuola. Niente professori pronti a fargli capire quando sbagliava, niente più ordini, regole, orari. C’era lui, e il mondo. Fine.
Era come essere in un’altra dimensione rispetto alle persone che amava.
Perché sono quasi tutte qui…
“È stato una serie di cose dette e … fatte.” Borbottò, ma non cercò ulteriori giustificazioni. “Non volevo combinare un disastro diplomatico. Spero di non averlo fatto.” Aggiunse.
No, vero? Eh?
“Non credo. A meno che Luzhin non denunci l’aggressione… Ma visto che ha accettato di sua spontanea volontà, gli sarebbe difficile provare che è interamente colpa tua.”
“Ma non ci saranno problemi per Hogwarts, no? Insomma, non sono uno studente…” Ad un cenno affermativo di Teddy, continuò “E per me?” Spiò poi con una certa angoscia. Essere buttato fuori dall’Accademia per quel motivo gli era sembrato improbabile. Prima di quel momento.

Ted con suo enorme sollievo scosse la testa. “Non sei in servizio, Jamie. Ma una nota disciplinare non te la toglie nessuno.”
James sospirò, stendendosi sui cuscini, mentre l’emicrania pulsava fievole, ma presente. Tutto sommato, era stato fortunato. Teddy e la McGrannit – era inquietante rivederla nelle vesti di docente – li avevano fermati in tempo.
Se non fossero arrivati… Beh, preferisco non pensarci.
Notò con la coda dell’occhio che sul comodino c’era una pila di compiti, un calamaio e un paio di libri.
È rimasto a vegliarmi tutto il tempo…
E a giudicare dalla posizione del sole, oltre i vetri, era un bel po’ di tempo.
Il senso di colpa non migliorò la sensazione di essere stato lanciato contro l’espresso di Hogwarts.
“Mi dispiace…” Mormorò, e lo pensava davvero. Si vergognava come un ladro di calderoni ad aver ceduto alla rabbia e al fastidio.
“Non è a me che devi dirlo.” Replicò pacatamente Ted. “Dovrai scusarti con Sören e con Lily. Era sconvolta.”
James non replicò nulla, ma annuì, sapendo che avrebbe dovuto passare giorni a strisciare per ottenere il perdono della sorellina. Sapeva essere impietosa.

“… ma con te?”  
Teddy lo guardò sorpreso. “Con me cosa?”
“Scusarmi. Perché ti ho deluso.”

 
Teddy stirò un mezzo sorriso.
“Non mi hai deluso…”
Era stanco, aveva passato tutto il pomeriggio a vegliare quel cretinetto svenuto. Avrebbe voluto fargli una strigliata coi fiocchi, ma quando l’aveva visto aprire gli occhi con aria sofferente, l’idea si era sgonfiata come un palloncino.
Era strano che James si fosse comportato in quel modo, in ogni caso. Certo, era sempre stato geloso di Lily e aveva sempre malsopportato la sua popolarità presso i ragazzi, ma non aveva mai trascinato in un duello uno dei suoi corteggiatori.
La verità era che James, oltre che con quel Luzhin, sembrava essersi infuriato con la situazione in toto.
“Invece sì.” Replicò l’altro, cocciuto. “E se fossi stato al tuo posto, non ci andrei leggero.”
“Già, per fortuna non lo sei, mh?” Lo prese in giro, vedendolo arrossire. “Sono solo rimasto stupito dalla tua reazione.”
“Non lo so…” Fu la risposta borbottante. “È solo… che scoprirlo così…”
“Non credo sia il suo ragazzo.” Gli fece notare.

“Certo, come no.”
“Jamie, Lily non ha mai nascosto certe cose. Probabilmente è davvero solo un amico…”
“Sì, ma… resta il fatto.”
“Quale fatto?” Quel breve scambio di battute riuscì a rendere totalmente muto James. Persino a farlo girare su un fianco, dandogli le spalle. Segnale che qualcosa non andava.
Infischiandosene se qualcuno poteva passare o meno – comunque non sarebbe passato, l’infermeria era deserta – Teddy si sporse e gli passò una mano trai riccioli arruffati della nuca. Se li era tagliati per l’ammissione, ma avevano una ricrescita quietamente straordinaria.

“Jamie… cosa c’è?” Mormorò piano. Perché c’era qualcosa, era evidente da come stava tentando di ignorarlo.
“Mi manca questo posto.” Buttò fuori, quasi con rabbia. “Io… mi manca stare qui.” Non attese la sua risposta, e buttò fuori, come una diga che si era rotta per una minuscola crepa. “Non faccio che dire che vivere a Londra è favoloso, è tutto uno spasso e un divertimento. Lo è … ma torno a casa la sera e… cazzo, sono solo. Non ci sono Rosie, Lils, non ci sono gli Scamandro o i ragazzi di Grifondoro. Sono io, una brandina e … basta.” Lo vide con la coda dell’occhio mordersi le labbra. “E tutti qua hanno le loro cose, il Torneo, io arrivo qua e non so niente. La cosa mi ha fatto impazzire … l’anno scorso avrei saputo da ere che Lily fa il filo a qualcuno.” Tirò su con il naso. “Stasera ai Tre Manici tutti sembravano saperlo da giorni, ed io… mi sono innervosito. E me la sono presa con quel tipo perché ha detto la cosa sbagliata al momento sbagliato.” Concluse.
Teddy non disse nulla, ma lo voltò, mettendoci anche un certo impegno perché James fece resistenza. Quando ci riuscì vide che l’altro aveva gli occhi lucidi e si mordeva un labbro per impedirsi un singhiozzo.
“Ho capito. Questo ovviamente non ti giustifica…” Esordì, poi all’espressione fragile di James, sospirò. “… ma immagino di avere le mie parti di colpa. Sarei dovuto venire a trovarti più spesso. Avrei dovuto capire che ti saresti sentito spaesato.”
“Non sono…!” Obbiettò subito l’altro con testardaggine orgogliosa.

“Lo sei ed è normale.” Lo fermò. “Anch’io mi sono sentito così quando mi sono diplomato. Passiamo qui quasi tutto l’anno James, da quando abbiamo undici anni. Si sta con persone a stretto contatto, si divide con loro la propria vita… e poi finisce. È traumatizzante.”
Non sono traumatizzato.” Replicò cocciuto, arrossendo sulle orecchie, come sempre faceva quando tentava di mentire e sapeva di non convincere nessuno. “E poi tra poco si trasferirà il mio coinquilino. È che… nessuno si sente così dei ragazzi dell’Accademia, ed io mi sento un idiota a sentirmi giù. È quello che ho sempre voluto! L’Accademia, Londra!”
“Devi solo abituarti.” Gli accarezzò la curva del collo. “Credimi, andrà meglio. Intanto… per stasera, rimani a dormire qui. Ho già parlato con il Preside e non ci sono problemi. Domani usi il suo camino per tornare a Diagon Alley.” All’espressione entusiasta di James, si affrettò ad aggiungere. “Ma non mangerai assieme a Scorpius e gli altri. Non è un premio, visto quello che hai combinato. Devi rimanere sotto osservazione ha detto Poppy, almeno per stanotte…”
James fece una smorfia, prima di pensare evidentemente a qualcosa e servirgli un ghignetto. “Quindi, se ho capito bene… mangio nella tua stanza?”
“Beh, sì. Nel salottino.”
“Con te. Perfetto.” Riuscì persino ad alzarsi a sedere, all’idea. “E mi farai da infermierina?”
“Jamie…”
“Chiedevo! E poi dai, che potrei fare mai? Ho la testa che mi scoppia…” Fece un mezzo sorriso, di quelli timidi che gli uscivano raramente e trasformavano Teddy – e il suddetto ne era consapevole – in un ammasso di gelatina priva di volontà. “ Voglio solo stare con te. La cosa che più mi manca di questo posto del resto sei tu.”
“Jamie, non sono una cosa… ma una persona.” Corresse per non dirgli che valeva lo stesso per lui, e che certe volte doveva mordersi la lingua per non chiedere a Vitious un periodo di riposo. A Londra.

Gli mancava James. A dirla tutta, come mai Vic gli era mancata nei mesi in cui lei era in Provenza e lui ancora preso dal corso auror. Stare senza di lei era stata dura, naturale, ma stare senza James…
… è come se mi mancasse un pezzo intero di giornata. Quello più bello.
Sì, sono innamorato. E stavolta come uno scemo definitivo.
“Pensa, mi mancano anche le tue correzioni pallose! Sto proprio messo male…” Si corrucciò il ragazzo ignaro dei suoi pensieri, tirandogli una botta sul plesso solare. “Dimmi che ti manco.”
“Lo sai che è vero…”
“Ma guarda un po’, voglio sentirtelo dire!”

Teddy pensò che un bacio avrebbe risolto la situazione molto meglio dei giri di parole.
Questo andava bene uguale.” Sussurrò James con gli occhi liquidi quando si staccarono. “Ma puoi essere più convincente…”
Teddy rise. “Andiamo, scemo…”

****
 
Hogwarts, Ufficio del Preside Vitious.
Ora di cena.

 
“… e vorremo quindi rinnovarvi le nostre scuse per l’episodio increscioso avvenuto a Hogsmeade…”
Sören ascoltò distratto la conclusione del panegirico del Direttore Jagland. L’uomo sembrava seccato di dover difendere qualcuno che non era neppure un suo allievo. Poteva comprenderlo: essere chiamato nell’ufficio del Preside di Hogwarts perché il Campione di Durmstrang, un infiltrato della Thule, aveva duellato con un mago inglese era qualcosa che l’uomo non aveva pensato di dover mettere in conto quando aveva accettato una cospicua donazione da suo zio.

Lanciò un’occhiata al mezzo-folletto, che aveva un’aria comprensiva che personalmente trovava irritante.
Si guardò attorno.
La presidenza era una stanza caotica, piena di manufatti e strumenti magici di cui Sören ignorava perlopiù la provenienza, tutti assicurati dietro spesse teche di vetro. Avrebbe voluto avvicinarsi per leggere le etichette, ma probabilmente era cosa saggia rimanere seduto dov’era, di fronte alla scrivania, in atteggiamento penitente.
Molti dei quadri magici, raffiguranti ex presidi  – doveva essere una tradizione inglese quella di appendere ovunque dipinti impiccioni – studiavano il colloquio commentando tra di loro a bassa voce.
“Credo che tutti qui desideriamo che i nostri studenti vivano in un clima disteso…” Continuò Vitious. “Per quanto riguarda James Potter è un mago brillante, di gran cuore… ma anche una testa calda.” Vitious gli lanciò un’occhiata attenta. “… non è la prima volta che viene coinvolto in un duello.”
Sören non rispose, lasciando che il Direttore parlasse per lui. Del resto era quella la politica di Durmstrang: gli studenti non avevano capacità di rappresentarsi, né di parlare per sé stessi.
“Il Signor Luzhin è mortificato per ciò che ha fatto. Si scuserà ufficialmente con Hogwarts, se ritenuto necessario. Se gli sarà assegnata una penalità nel Torneo per questo… la accetteremo.”
“Oh, ma no!” Esclamò il piccolo preside. “Si è trattata solo di una scaramuccia tra ragazzi, non c’è motivo di andare sull’ufficiale. Ritengo che la questione si possa chiudere qui… Le scuse che eventualmente il Signor Luzhin vorrà rivolgere al Signor Potter sono una questione privata, a cui Hogwarts non prenderà parte.”
“Naturalmente.” Confermò il Direttore. Si alzarono in piedi e l’uomo strinse la mano al mezzo-folletto. Lo fece con disinvoltura, che però non riuscì a nascondere un vago fastidio.

Jagland è un Purosangue da dieci generazioni. Non una sola goccia di sangue babbano. Starà pensando che Durmstrang non avrebbero mai permesso l’ingresso di un ibrido, figuriamoci la sua nomina a preside…
Sören imitò comunque il proprio direttore, senza particolari sentimenti: l’incidente si era chiuso con un semplice e velato rimbrotto: meglio di quanto avesse sperato.
Seguì Jagland, scendendo le scale, visto che la stanza era locata in due piani.
“Ah, Direttore Jagland, attenda un attimo, vorrei parlarle di una cosa riguardo al Torneo!”
Il richiamo di Vitious permise a Sören di poter curiosare in giro, cosa che desiderava fare da quando aveva passato gli ostili gargoyle all’entrata.

Era la prima volta che aveva modo di trovarsi nel centro del potere di una scuola e quello oltretutto sembrava una sorta di piccolo museo.  
Si avvicinò ad una teca, la più grande, in cui era conservata una spada istoriata di rubini grossi quanto il pugno di un neonato.
 
‘Spada di Godric Grifondoro. Usata da Harry J. Potter per uccidere il Basilisco nella Camera dei Segreti e da Neville Paciock per uccidere l’Horcrux Nagini.’
 
La famosa spada, quindi…
Era una spada forgiata dagli elfi, inattaccabile dalla ruggine e dallo sporco.
Assorbe solo ciò che la fortifica…
La osservò con l’amore scientifico che aveva sempre provato per quel genere di manufatto. Avrebbe voluto impugnarla.
Anche se probabilmente non potrei. Solo un grifondoro può farlo.
Si ripeté diligentemente la lezione a mente: era all’Istituto che aveva studiato la storia delle due Guerre Magiche. Non ricordava tutto, ma ricordava di aver preso appunti su quel manufatto.
Trovarselo davanti era elettrizzante.
Alzando lo sguardo si trovò di fronte al ritratto di un mago piuttosto anziano, con una lunga barba bianca e vesti piuttosto vivaci. Gli sorrideva dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna, e forse era solo un gioco di luci, ma sembrava che gli occhi azzurri brillassero, penetranti.
Sulla pergamena dipinta sulla cornice lesse: ‘Albus Percival Wulfric Brian Silente’.
Distolse immediatamente lo sguardo, dando le spalle alla teca e al ritratto, per spostarsi dal lato opposto.
Ho sempre detestato i quadri parlanti…
E sapere a chi apparteneva quello sguardo lo faceva sentire ancora più a disagio. 
Un mago che ha dato la sua vita per il bene…
Vedendo che Jagland non riusciva a smarcarsi dell’hogwartsiano, si ritenne autorizzato a continuare nella sua piccola esplorazione: gli permetteva di distrarsi dal sordo bruciore allo stomaco che provava.
Nervosismo.
Zio saprà presto cos’ho fatto… e dubito che sarà disposto a giustificarmi.
E poi c’era la questione Lily: avrebbe dovuto trovare il modo di farsi perdonare.
E non so da dove cominciare… Sempre che voglia parlarmi. Le adolescenti spesso adottano la tecnica del silenzio, a quanto mi è stato dato di capire.
La prospettiva lo gettava nell’angoscia più nera, e non era certo che fosse solo per l’ulteriore livello di difficoltà che avrebbe raggiunto il suo compito.
Lanciò un’occhiata distratta al ‘Pensatoio di Albus…’: non finì neanche il nome, dopotutto era solo una bacinella argentata, ormai svuotato del liquido necessario. Poi alzò lo sguardo su una serie di ritratti che confabulavano palesemente su di lui.
Rifilò loro una smorfia, prima di soffermarsi su un ritratto in particolare. Vi era raffigurato l’unico preside addormentato, e l’unico lì dentro che probabilmente avesse un’età inferiore ai cento anni.
Rimase bloccato in contemplazione, come aveva fatto per la spada di Grifondoro, ma per motivi molto diversi.
Quell’uomo – poteva avere al massimo una quarantina d’anni – aveva qualcosa di… familiare. Era interamente vestito di nero e dava l’idea di un grosso pipistrello, persino nel sonno.
Ma non è questo…
Era il viso scuro, le sopracciglia aggrottate. C’era qualcosa in lui che…
Mi ricorda mio padre…
Solo vagamente, in realtà. Le proporzioni del viso erano diverse, suo padre non aveva mai avuto un naso così imponente; ma avevano gli stessi zigomi ossuti, che erano anche i suoi, e le stesse labbra sottili e tese in una linea dura. Lo stesso viso emaciato.
Abbassò lo sguardo per leggere il nome, mentre sentiva alle sue spalle Jagland tentare di congedarsi.
 
‘Severus Piton, preside di Hogwarts (1997-1998)’
 
Severus Piton…
Ovviamente sapeva chi era. Aveva contribuito alla caduta di Voldemort, infiltrandosi nelle sue file per anni, come spia per l’Ordine della Fenice. Aveva letto su di lui, come ne aveva letto qualsiasi giovane mago del mondo. Era una delle tante  figure eroiche delle due guerre.
Ha il mio stesso nome. Probabilmente il fratello di Lily è stato chiamato dietro a lui.
Severus Piton…
Aveva un cognome di origine babbana, ma il nome era della tradizione magica.
Un mezzosangue, quindi?
“Oh, è inutile che lo fissi, sai giovanotto? Non si sveglierà. Non si è mai svegliato.” Lo informò una voce di donna, proveniente da un quadro alla sua destra.
“C’era da aspettarselo Dylis, da un tale figuro…” Replicò un altro mago, altrettanto decrepito e con una ridicola papalina leggermente sbilenca in testa.  
“Oh, via! Non essere antipatico, Everard… Non è mai stato un tipo socievole, neanche in vita. Avrà le sue buone ragioni per non aver mai aperto gli occhi e noi dobbiamo rispettarle.”
“Era di origine babbana?” Si informò, sentendosi piuttosto ridicolo a far conversazione con dei pezzi di vernice e tela. A Durmstrang sarebbe stato ritenuto pazzo.

Pur vero che di solito all’Istituto i quadri se ne stanno in silenzio.
“Severus? Oh, sì.” Convenne la donna chiamata Dylis, distogliendo dalle sue riflessioni. “Mi sembra… vero Phineas?”
Un mago dall’aria arcigna spuntò dalla cornice della donna facendo un borbottio d’assenso. “Mezzosangue, da parte di padre. Un vero peccato. Tolto questo, era un perfetto Serpeverde.”

“Quindi era la madre ad avere poteri magici.”
“Naturale.” Convenne l’arcigno Phineas. “E Serpeverde, com’è logico. Severus fu una delle poche eccezioni alla regola. Non molti mezzosangue, a quei tempi, venivano smistati nella nostra gloriosa Ca-…”
“E il cognome della donna?” Incalzò.  
Possibile che…
Eppure c’erano troppi punti di contatto per essere solo una mera serie di coincidenze.
Nato babbano, madre strega, Serpeverde. Tutti i Prince sono sempre stati serpeverde.
No, impossibile. Zio mi aveva detto che papà era l’ultimo Prince maschio.
“Oh caro ragazzo, domanda difficile!” Fu la strega a rispondere: sembrava trovare sommo diletto nei pettegolezzi. “Dovresti chiedere ad Albus. Lui sicuramente lo sa, erano molto legati…”
Sören non fece in tempo a chiedersi se andare a chiedere sarebbe stato perdere definitivamente la dignità, quando Jagland ritenne che avevano perso sin troppo tempo in quella stanza.
“Sören, è ora di andare.”
Il ragazzo annuì, non potendo fare altro, ad ordine diretto. Si congedò con un cenno della testa dai quadri, sentendosi davvero stupido e seguì l’uomo.

Fino a che non si chiuse la porta dell’ufficio alle spalle però, ebbe la netta impressione di essere fissato da un paio di penetranti occhi azzurri.
 
****
 
Torre di Grifondoro, Sala Comune.
Otto di sera, Dopocena.
 
Il fuoco scoppiettava nell’enorme camino in stucco rosso e oro, cifra stessa dell’accoglienza di una Casa che sapeva essere casa. Lily si rosolava beatamente i piedi, ma raggomitolata con grazia sulla poltrona. Del resto non poteva far altro: era bloccata lì dalle premure della sua famiglia.
“Oh, ehi, eccoti qui! Come ti senti Lily?”
La quindicenne emise uno sbuffo. Okay, i segni di interessamento alla sua persona erano sempre bene accetti. Ma a parte gli scherzi, Rose era la nona persona a chiederle come si sentisse nel giro di un’ora.

Quasi fossi stata io quella ad essersi infilata in una rissa travestita da Duello!
“Sto bene. Davvero!” Esclamò, ritirando le gambe per portarsele al petto: a parte tutto, era bello essere seduta davanti al fuoco della Sala Comune di Grifondoro, sommersa dalle attenzioni della sua famiglia.
È raro vederci tutti assieme… ci manca Domi, ma la sua Preside deve tipo tenerla in ostaggio.
“Mi avevano detto che eri svenuta…” Sottolineò la cugina, con aria da chioccia.   
“Sono cosciente.” Ribatté, guardando male il cugino. “Allora sei stato tu a spargere la voce di un mio collasso!”
“Boh. A me era parso di aver capito così…” Borbottò il ragazzino grattandosi la fronte.
Scorpius, immancabilmente affianco della propria ragazza e con le braccia insolitamente piene di libri, sbuffò divertito. “Rosellina, la dolce Lilian mi sembra godere della sua consueta buona salute.”
“Ti ringrazio Scorpius, finalmente qualcuno che nota l’evidenza!” Esclamò sollevata. Se persino Thomas era lì, significava che l’impressione che aveva dato alla conclusione del Duello non era delle migliori.

D’accordo, ho avuto un capogiro, ma niente che non sia passato indossando di nuovo l’orecchino di controllo!
Stava bene e se James era quasi illeso, e al momento tra le braccia consolanti di Teddy, allora non c’era nulla che giustificasse quell’improvvisa riunione elaborante preoccupazioni.
“Beh… qualcuno vuole spiegarmi cos’è successo esattamente? Io e Scorpius eravamo in biblioteca…”
“Ci siamo persi tutto il divertimento! Mi sento tagliato fuori e questo è orribile!” Si imbronciò, interrompendo la propria ragazza: Lily lo trovava divertente ma doveva essere un bell’affare gestire la sua logorrea. Non era certa di invidiare Rose.

Forse solo per i bicipiti e il suo sorriso da scanzonata canaglia. Forse.
“James ha sfidato a duello l’amico di Lily. Come c’era da aspettarsi, ha perso miseramente.” Spiegò Tom stringato, con il consueto tono annoiato di chi trovava l’umanità nient’altro che una massa di stolti.
Al, seduto sul bracciolo della sua poltrona, gli tirò una ciocca di capelli, in avvertimento.
“Ma chi, Sören Luzhin?” Chiese Scorpius, sbalordito. Aveva un gran ghigno da pettegolezzo succoso stampato in faccia.
Lily lo trovava adorabile in maniera assolutamente quieta e platonica.
Tom sospirò, ma si sforzò di articolare gentilmente il resto della spiegazione sotto lo sguardo giudice del proprio ragazzo. “…esatto. Luzhin gli ha causato una commozione cerebrale sbattendolo a cinque metri da dov’era. Senza l’ausilio della bacchetta. Quindi…”
Merda.” Sussurrò Scorpius, improvvisamente meno ridanciano. “Ed io che pensavo di dovermi guardare solo da Dominique e dalle sue lunghe gambe da Veela.”

“Le sue lunghe cosa?”
“Ricorda che la mia fedeltà va a te, mia caramellina succosa!”
Tom serrò appena le labbra, irritato da tutte quelle inutili interruzioni.

Probabilmente non gli piace granché stare qua. Tommy si trova a suo agio solo in posti tetri e noiosi…  
Al infatti gli mise una mano sulla spalla, e continuò per lui. “… il fatto è che hanno veramente trasformato il duello in una rissa. James prima l’ha steso con un pugno.”
“Potty…” Sospirò Scorpius, ma gli occhi gli brillavano. “Ha questo irrisolto complesso del macho… È delizioso.”

“È un cretino, ma non è questo il punto.” Tagliò corto Albus. “Il punto è che è finito in infermeria perché Sören gli ha quasi rotto la testa.” Concluse, mentre osservava il dito di Tom girovagare pigro lungo il suo braccio.
“Sì, ma come sono arrivati a quel punto? Voglio dire, Jamie è di incantesimo facile, ma non è un bruto privo di controllo.” Interloquì Rose perplessa, mentre spostava il peso della borsa piena di libri nell’altra spalla. Scorpius fu lesto a prendergliela, ignorando le sue proteste come se non le sentisse.
“Per quanto mi riguarda, è un bruto privo di controllo.” Commentò Tom.
“Nessuno è interessato alla tua opinione di parte, Signor Dursley…” Replicò Al, intrecciando la mano alla sua sia per impedirgli di ribattere, sia per stoppare la corsa della suddeta sotto la sua camicia.
Dopo quell’affermazione scese il silenzio: Lily sapeva che doveva essere lei a rispondere alla domanda della cugina, ma aveva solo una gran voglia di andare a cercare l’amico per capire cosa diavolo gli fosse preso.
E non restare qui a rassicurare tutti sul fatto che non sono spaventata da quel che è successo…
… beh, magari un pochino, ma sono una donna forte. Ragazza. Una ragazza forte.
“Per Lils.” Fu Hugo a parlare e lo fece in chiaro, quando di solito era tutto un borbottare. “È per Lils che è successo il casino. Di sicuro.”
A quel punto alla ragazza non restò altra scelta se non parlare. Anche perché aveva gli sguardi di tutti puntati addosso. “James ha frainteso la natura dei rapporti tra me e Ren. Siamo solo amici.” Iniziò prima che qualcuno potesse ribattere. Rose sembrava particolarmente propensa. “… sono volate un paio di offese. James ha lanciato il guanto, e Ren l’ha raccolto. Fine della storia.”
Normalmente l’idea che un ragazzo si battesse per lei con quel pazzo irragionevole di suo fratello l’avrebbe lusingata.  
Stavolta si era solo preoccupata a morte.  
E poi … quello che ho provato attraverso Ren. Cosa diavolo era?
“Ci saranno ripercussioni sulla scuola?” Chiese intanto Scorpius.
“Non credo, insomma, Jamie è un mago diplomato, e Sören uno studente in visita…” Osservò Al meditabondo. “Comunque non ho visto il tedesco in infermeria. Non essendo un episodio inerente al Torneo sarà Durmstrang ad occuparsi di lui …”

Lily registrò solo quella parte di frase.
Allora è alla nave adesso…
Doveva trovare il modo per smarcarsi e andare a cercare l’amico. Come sarebbe entrata nel vascello, visto e considerato che non era permesso, beh…
A quello ci penserò quando sarò lì. Orgoglio Grifondoro! 
Lanciò uno sguardo a Scorpius e alla cugina, ed ebbe la soluzione servita su un piatto d’argento: le loro occhiaie stanche e il modo in cui Rosie si era mangiata le unghie.
“Come va la preparazione della Prova?” Chiese, facendo in modo che la sentisse tutto il consesso.
L’attenzione fu immediatamente incanalate sui due, con particolare attenzione su Scorpius, che non ci mise molto prima di rivolgere la risposta non a lei, ma bensì ad un entusiasta Hugo.
“Pare che non ci sia solo il Basilisco…” Aggiunse Rose. “E comunque, forse abbiamo trovato un incantesimo per renderlo momentaneamente cieco… Sapete, essendo il suo sguardo capace di uccidere.”
A quel punto persino l’attenzione di Tom fu calamitata – bastava metterlo in una competizione tra cervelli – Lily poté tranquillamente alzarsi in piedi, stiracchiarsi e passare oltre il buco del ritratto senza che nessuno la notasse.

Adoro il Tremaghi.  
 
****
 
Attracco delle barche, Vascello di Durmstrang.
Dopocena.
 
Okay. Forse avrebbe dovuto avere un piano. Perché non sapeva come entrare.
Lily si ficcò le mani nelle tasche del giubbotto, succhiandosi il labbro pensierosa: la nave era illuminata, quindi la gente c’era.
Non che di solito stiano da altre parti, eh…
L’unico problema era che l’ingresso era chiuso e la passerella ritirata. E non c’era nessuno in giro, né una guardia né un accidente di durmstranghiano.
Sospirò, visto che era quasi venti minuti che aspettava che qualche allievo si palesasse per farsi portare dentro. Stava quasi per rinunciare – anche se le bruciava – quando vide che sulla fiancata della nave non c’erano solo assi lisce e oblò scarsamente illuminati.
C’era una scala. O meglio, chiamarle scala era un po’ eufemistico. Erano una serie di… maniglie usate per arrampicarsi.
Gergo marinaio. Faccio schifo.
In ogni caso doveva servire per avere accesso al ponte se si affiancava la nave con una barchetta.
Si guardò le mani, le unghie perfettamente curate e poi la scaletta: aveva un’aria viscida, incrostata e decisamente poco amichevole.
Sospirò di nuovo, lanciando una silenziosa imprecazione verso quell’idiota di Sören, che invece di farsi curare in infermeria aveva preferito rintanarsi in quel mostro marino travestito da mezzo di locomozione.
Speriamo di non scivolare. Un bagno nel Lago Nero è l’ultima cosa di cui ho voglia.
Afferrò con forza uno dei pioli e cominciò a salire: era una fortuna che non soffrisse di vertigini come Rose, ma avesse invece ereditato la noncuranza per le grandi altezze dei genitori.
Questa nave misurerà almeno cento piedi… dal livello dell’acqua.
Tenne la presa con tutte le sue forze e ringraziò una serie di coincidenze che le avevano fatto scegliere un paio di converse per l’uscita di quel pomeriggio, al posto dei soliti stivaletti di pelle.
Non che non scivolino… ma voglio vedere qualcuno a scalare questa roba con un paio di tacchi!
Riuscì ad arrivare al parapetto e con sollievo saltò finalmente dentro: non c’era anima viva sul ponte.
Ottimo.
Naturalmente non aveva la minima idea di dove fosse l’entrata per la sottocoperta.
È già tanto che so cos’è una sottocoperta.
Si guardò attorno, incuriosita. Nonostante tutto, quella nave era affascinante. Forse perché era praticamente spaventosa con tutto quel legno scuro e le decorazioni gotiche fatte da teste di sirena – e non quelle della mitologia babbana – e viticci avviluppati su se stessi come scheletri di alberi morenti.
Quella nave assomigliava a Ren: certo, l’amico non era… spaventoso… ma c’era qualcosa in lui che era in qualche modo triste, come le espressioni di quelle sirene.
Finalmente trovò l’accesso all’interno. Prese la bacchetta e tentò con un alohomora. Ebbe fortuna.
Probabilmente nessuno pensa di salire da quelle schifide scalette…
La nave era immersa nel silenzio. Da alcune porte filtrava della luci e si sentivano delle voci, ma non c’erano persone nel corridoio.
Questo dovrebbe essere il primo piano… dall’alto. Quindi… beh, la camera di Ren dovrebbe trovarsi immediatamente qua sotto.
Non che sapesse quale fosse esattamente. Ma ricordava che l’amico le aveva detto che si trovava in fondo al corridoio.
Speriamo anche che sia l’ultima.  
Percorse il corridoio, fiocamente illuminato: sembrava che le torce alimentate con la magia fossero un classico anche a Durmstrang. Lei le aveva sempre trovate un po’ tetre.
Arrivò all’ultima porta. La luce era accesa e qualcuno stava parlando. Non Ren, doveva quindi essere l’altro, quel Poliakoff.  
Parlava in tedesco, e quindi Lily non riuscì a capire nulla. Sembrava agitato.
Spaventato… Perché cavolo qui sono tutti spaventati? Siamo studenti, siamo costantemente monitorati per evitare che ci ammazziamo con tutta la magia che abbiamo nelle vene. Quindi… cosa?
Tese le orecchie, ma inutilmente: non comprendeva una sola sillaba di quell’idioma straniero.
Poi sentì la voce di Sören, una sola replica, secca. Una pausa. Poi un’altra frase.
Lily fece appena in tempo a scostarsi che la porta venne spalancata con violenza e venne quasi colpita dalla punta illuminata di una bacchetta.
“Ehi, così mi accechi!” Proruppe d’istinto. La luce del lumos la abbacinò mentre la lama di luce proveniente dalla camera illuminava il corridoio. Poliakoff, ritto sulla soglia e con la bacchetta spianata, la fissò confuso.
“Lilian?” Fu la voce di Ren a rompere il momentaneo e sconcertato silenzio. “Cosa ci fai qui?”
“Ero venuta a vedere come stavi!” Fu l’ovvia risposta, perché ovvia lo era davvero. “Puoi dire al tuo amico di piantarla?!”
“Kirill, abbassa quella bacchetta.” Lily riuscì finalmente a guardare in viso entrambi. Il suddetto Kirill aveva un’espressione di diffidenza stampata in viso, mentre Sören sembrava serio.

Beh, come sempre…
Vide anche che aveva dei grossi lividi violacei attorno agli occhi, anche se il naso era meno gonfio di quando si sarebbe aspettata.
Comunque Jamie ci è andato pesante. Che imbecille.
Cuosa ci fa tu qvi?” La apostrofò Kirill, abbassando la bacchetta palesemente di malavoglia. “Perché tu è sempre qui? Cuosa cerchi?”
“Cerco il mio amico Ren.” Replicò senza scomporsi. “Non di carpirvi segreti sulla Prima Prova, se è questo che ti chiedi.”
“Abbassate la voce, entrambi.” Tagliò corto Sören. “Entra, Lily… se ti trovano potresti passare dei guai.”
“Grazie!” Sorrise dispettosa al tipo, che sembrava molto meno amichevole dell’ultima volta.
E anche più sudaticcio.
Sembrava nervoso e quando Sören chiuse loro la porta alle spalle prese a torcersi la bacchetta tra le mani.
“Lily, ti ho già detto che non è il caso che tu venga qui. Come sei entrata?” Le chiese l’amico, lanciandole una lunga occhiata penetrante. Lily cominciò a pensare che forse non era stata una gran pensata.
No! Non lasciarti fuorviare. Sei qui per avere spiegazioni. Risposte. Qualunque cosa.
“Sono salita su una specie di scaletta di servizio, sai, sulla fiancata della nave.” Spiegò ai due attoniti ragazzi. “… e poi sono, beh… entrata?”
Sören inarcò le sopracciglia, elaborando l’informazione. “… Audace, non c’è dubbio.”
“Ovvio! Hai presente dove sono stata smistata? Ad ogni Casa le sue caratteristiche. Nel mio caso, audacia e cavalleria. La seconda è roba da ragazzi… la prima non necessariamente.” Sorrise di rimando, riuscendo ad ottenere finalmente un sorriso in risposta. “Volevo solo vedere come stavi.”
“Bene.” Il tono faceva pensare a tutt’altro, ma Lily non lo disse. Perlomeno, non in presenza di quel ragazzo dall’aria ostile e furtiva.

Non gli era piaciuto dalla prima volta che le aveva rivolto la parola, ma adesso le metteva una sottile inquietudine addosso. Era il compagno di stanza di Ren, ma non lo voleva lì.
Sören sembrò indovinare il suo pensiero. “Kirill, va’ in cambusa.”
“Ma…” Tentò quello. “Non vorrai per caso che rimanga…”
“Ti ho forse dato l’impressione di voler conoscere la tua opinione? Vai.” Stavolta l’ordine fu sotto gli occhi di tutti, e con gran sorpresa di Lily – non erano entrambi allievi? – l’altro annuì, uscendo senza aggiungere altro.

“Ti dà retta…” Osservò piano. Sören, dopo l’effetto sorpresa in corridoio, era ripiombato in quello strano atteggiamento teso e ostile che aveva avuto durante il duello con James.
“È il mio assistente, e mi è inferiore per stato di famiglia. Queste cose a Durmstrang contano.” Spiegò stringatamente senza neppure guardarla. “Non dovresti essere qui.” Aggiunse. “… ma questo lo sai.”
“Sì.” Convenne, sedendosi sul suo letto, ignorando lo sguardo che le riservò. “Siediti, dobbiamo parlare.”
“Non puoi aspettare domattina?”
“No.” Ed era vero. Non sarebbe riuscita a dormire senza avere delle risposte a quanto era successo quel pomeriggio.

Quella situazione era strana anche per lei: non era mai stata tipa da tirare troppo la corda con un ragazzo. Sapeva fino a che punto ci si poteva spingere nel punzecchiare l’ego maschile, ma in quel caso non le importava; Ren era tutta una storia diversa.
Il ragazzo le lanciò una lunga occhiata che stavolta lei ricambiò: era incredibile come gli occhi dell’amico sembrassero senza pupilla. Ovviamente c’era, ma aveva gli occhi così neri che era difficile distinguerla dall’iride.
In quel momento non c’era assolutamente calore nel suo sguardo. Era come se Ren fosse stato risucchiato dentro.
Cos’è successo davvero per farlo chiudere così?
Comunque finì per obbedirle, sedendosi accanto a lei.
“Ho sbagliato… non era mia intenzione colpire a quel modo tuo fratello. Gli farò le mie scuse domattina.” Disse, con la stessa passione che lei avrebbe messo in una pergamena per Storia della Magia.
“Non è questo che voglio sapere.” Replicò piano. Sapeva che l’altro non si sarebbe aperto se non gli avesse offerto qualcosa in cambio. Qualcosa di importante, che non erano Tom e Al, non si conoscevano dalla culla. Ren doveva imparare a fidarsi di lei. “Ho… sentito una cosa quando tu e Jamie avete duellato.”
L’altro ci mise un po’ prima di rispondere. Però almeno adesso la guardava. “Cosa?”
“… ho sentito la tua paura.”

“Io non ho avuto paura.” Il tono era freddo, ma c’era rabbia dietro. Non c’era bisogno di essere chi era per capirlo. “Io non ne ho mai.”
“Non dico paura di James. Che davvero, non farebbe paura a nessuno, quello scemo…” Sorrise. “… però avevi paura.”

“Credo tu…”
“Non mi sto sbagliando.” Lo interruppe. “Non posso sbagliarmi, perché l’ho sentito come tu hai sentito arrivare quel pugno.” Non gli diede tempo di continuare. “Ti ricordi quando mi hai chiesto se fossi una legimante?”
Ancora un lungo silenzio. “Sì, me lo ricordo. Mi hai risposto di no.”
“Nel senso accademico del termine è vero. Non me l’ha insegnato nessuno. Sono una LeNa.” Era difficile dirlo ad alta voce, pensò. Era come ammettere di avere un problema con il bere. Beh, non proprio lo stesso, ma per lei era così.

Del resto vai a dire la gente che senti come si sentono, e dimmi se non ne sono infastiditi come se ti scolassi una bottiglia di whiskey incendiario al loro compleanno.
Sören non rispose, e Lily capì che doveva continuare. “… lo sai, come funziona, immagino. Lo sono dalla nascita. Qui in Inghilterra ti mettono un manufatto magico, un orecchino, per bloccare la… ricezione?” Glielo mostrò. “Oggi me lo sono tolto.”
“Potevi avere un collasso.” Fu la risposta. Era da Ren non scomporsi minimamente ad una notizia del genere. “Suppongo tu non l’abbia mai tolto.”
“Mai, vero.” Inspirò appena. “Io… non volevo frugarti nella testa, è solo…”
“Non ne saresti comunque in grado.” La fermò. “Hai tentato, quando ci siamo conosciuti, ma non avresti scoperto niente. Non ti è mai stato insegnato come controllare i tuoi poteri, e li tieni bloccati da troppo tempo. Persino un occlumante scarso ti avrebbe chiuso fuori dalla sua mente. Ed io non lo sono.”
Lily sentì una specie di sollievo diffondersi lungo il petto. Sören non la stava guardando come le fossero spuntate due teste.

È già qualcosa… Però, aspetta. Non sembra sorpreso!
“Tu… lo sapevi?”
“Lo sospettavo.” Rispose, passandosi una mano trai capelli. Poi si alzò in piedi, andando a mettere sul piccolo fornello in fondo alla stanzetta il bollitore. “All’inizio ho pensato fosse Legimanzia, ma sei troppo giovane per saperla usare. L’alternativa era una sola.”
“Ren, il ragazzo logico.” Sorrise appena, facendolo sorridere di rimando. “… quindi.” Aspettò, sapendo che Sören aveva capito che voleva ancora una risposta da lui. “Vuoi dirmi cos’è successo?” Disse semplicemente.

L’amico si voltò, incrociando le braccia al petto.
E vai con la posa di chiusura. Andiamo, ti ho raccontato di me! Del mio segretissimo segreto!
“Non sei arrabbiata con me.” Non era una domanda, non glielo stava chiedendo. Era una constatazione e per giunta sorpresa.
Lily fece spallucce, perché in merito a quella faccenda aveva un’idea molto chiara: forse qualcuno avrebbe potuto tacciarla di superficialità, ma non era nella sua indole ingigantire cose che si erano già risolte da sole. “Perché dovrei esserlo? Ha iniziato mio fratello. Tu, è vero, lo hai assecondato come un idiota, ma … non è stata solo colpa tua. Sono arrabbiata, ma penso che tra un naso rotto e un emicrania vi siate puniti da soli. Faremo tutti in modo che non si ripeta.”
“Oh.” Era così disorientato che a Lily fece tenerezza. “Certo.” Aggiunse. “Naturalmente.”  
“Bene. Però voglio una risposta. Di cosa avevi paura, Ren?” 
 
Di tutto quello che si sarebbe aspettato da Lilian Potter, quella reazione era stata la più sconcertante.
Non solo gli aveva confessato spontaneamente di essere una LeNa, quando lui al momento era in una chiara posizione di debolezza, ma non era arrabbiata. Eppure aveva, a conti fatti, aggredito suo fratello ed era certo che l’altra avesse capito il rischio che era stato corso.
Vuole capire… Vuole capire me.
Era più pericoloso ma allo stesso tempo era sconcertante. Spaventoso. Imbarazzante. Bello?
Lily Potter era una continua sorpresa.
Non poteva dirle la verità, naturalmente. O forse sì. Una parte di verità poteva dirla senza far saltare la propria copertura. E, cosa più importante, voleva dirgliela.
Lily gli aveva offerto il suo segreto, e c’era una parte di sé che stimava quel gesto. Che aveva bisogno di riportare le cose in parità.
Anche se non sei tenuto. Ma perché si fidi di me…
Voglio che si fidi di me.
“Di me stesso.” Mormorò, sentendo lo sguardo attento della ragazza su di sé. “Io… ho avuto paura di perdere il controllo. Nessuno mi aveva mai colpito in quel modo rozzo e irrispettoso.”
“Non hai mai fatto a pugni?” Alla sua espressione, Lily si affrettò a continuare. “Voglio dire… certo che no, a Durmstrang siete tutti doveri e regole.”
Sören sorrise. Spense il bollitore che cominciava a fischiare e si occupò di versare the nelle due tazze smaltate, tanto per fare qualcosa. Aveva bisogno di tenere le mani occupate; si sentiva invaso dalla presenza della ragazza.  

Che Lilian aveva una presenza fortissima. Non era aura magica, era qualcos’altro, che riempiva qualsiasi luogo in cui entrasse, che toccava qualsiasi persona a cui si rivolgesse. Lei probabilmente non se ne rendeva conto, non appieno, ma ogni volta che lei entrava in una stanza, lui lo sentiva.
“In realtà le risse scoppiano anche da noi. È solo che non è mai successo a me.” Le porse la tazza che prese con un leggero ‘grazie’.
“Ho come visto un’altra persona… in te.” Sören si immobilizzò nell’atto di bere, sentendo il panico aggredirgli lo stomaco.  
“In che senso?” Si sarebbe complimentato per il tono fermo, se non avesse avuto il cervello inzuppato di panico.
È una LeNa. Inattiva, ma pur sempre tale. Quanto ha capito effettivamente di cosa provi?
Alcune LeNa riescono addirittura a scoprire interi blocchi del passato di una persona…
Lily tamburellò con le dita sulla tazza. “Non lo so… è stupido, forse. Ma ho pensato che forse mi nascondi molto di come sei veramente.”
Solo un impressione.
Lo era, e questo gli diede sollievo. Come pensava, non aveva scoperto molto. Solo sensazioni.
Bevve un sorso di the per prendere tempo. Lily doveva fidarsi di lui, faceva parte del piano.
È per questo che vuoi che si fidi?
Si sedette accanto a lei, tacitando la domanda che gli era affiorata in mente. “Ci sono molte cose che non sai di me… ma credo sia normale. Neanch’io so molte cose di te.”
“Se me le chiedessi, te le direi.” Proruppe immediatamente, prima di rifletterci. “Magari non tutte, ecco.”
Sören annuì, contento di averla portata sul suo binario di ragionamento. “È naturale. Ognuno ha i propri segreti. Lo ammetto, ho perso la calma… e ti ho risposto male, tra le varie. Mi dispiace. Ma è tutto qui, ho un pessimo temperamento, mi hai scoperto.” Tentò di scherzare. 

Lily fece una risatina, ma non rispose: non aveva bevuto un solo sorso del the: forse non le piaceva.
Qual è la sua bevanda preferita?
“… Per me stai diventando importante. Ti considero un amico.” La voce di Lily era poco più di un sussurro. Non stava arrossendo, ma sembrava comunque imbarazzata. “Non come dicono in giro. Lascia perdere quelle voci.”
“Lo faccio sempre.”
“Vorrei potermi fidare di te.” Alzò lo sguardo e Sören si trovò di fronte quegli occhi mozzafiato. Sentì lo stomaco attorcigliarsi per un milioni di motivi, tutti plausibili. “È importante per me … perché al di fuori della mia famiglia, io non mi fido di nessuno.”

Probabilmente quella era la vera Lily, tolti i sorrisi da gatta, le frecciatine e l’atteggiamento superficiale di chi giocava con il mondo come un bambino pestifero.
Perché suo zio voleva che si avvicinasse a Lily Potter? E se ci stava riuscendo, con la sua bella immagine di amico gentile, perché allora si sentiva come se stesse fallendo?
Questo forse ti eviterà una punizione quando stasera gli dirai cos’è successo…
Non era quello che voleva.
Perché per una volta c’era una persona amica che gli si offriva. E non si offriva davvero a lui, ma a Ren.
Io non sono Ren…
“Puoi fidarti di me, Lilian.” Replicò e lasciò che la ragazza lo abbracciasse. Serrò appena la presa, sperando che non fosse troppo forte. Non era granché ferrato negli abbracci. “Puoi farlo.”
Sto fallendo. Sono sicuro. E non so perché.
 
****
 
Note:
Punto di svolta? Crisi di coscienza di RenRen?
In ogni caso, il prossimo capitolo farà un piccolo saltello, per entrare nel vivo del Torneo. ;)

1. Qui la canzone. Penso che la conoscono più o meno tutti, ma ehi. Sul fatto che sia un po’ commerciale, il capitolo è soprattutto dal punto di vista di Lily. Che è una tipa proprio pop. xD
  
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