Capitolo
2: A Palazzo.
- Ministro
Frollo?
Erano nell'enorme studio del Ministro. Qui, a differenza
della sua spoglia stanza da letto, campeggiavano decine di scaffali
colmi di
libri e di cartelle. Lui ed Esmeralda stavano appunto discutendo delle
ultime
clausole al patto che poco prima avevano stilato in carrozza.
- Che vuoi, Gaston, non vedi che sono occupato? Sto
parlando con la signorina.
Il povero Gaston, cameriere, cerimoniere, tuttofare,
all'occorrenza anche boia fece una specie di sorriso incerto verso la signorina, che se ne stava comodamente
appollaiata sopra un paio di cuscini, gambe incrociate, il mento sopra
il
polso. Un pezzo di figliola da spavento che si diceva avesse fatto
perdere il
lume della ragione al padrone. Strano però, pensò
Gaston, perché il Giudice non
solo non aveva chiuso la porta, ma non sembrava poi troppo infastidito
da
quell'interruzione. Non almeno come lo era di solito. Gaston non sapeva
che la
signorina era già arrivata a palazzo. Se lo avesse saputo
mai e poi mai avrebbe
osato disturbare il capo.
- Allora, Gaston? Forse il gatto ti ha mangiato la lingua?
Il povero cameriere si riscosse.
- Eh? Oh, no capo. No davvero, no. Nessun gatto.
- Bene, allora che cosa c'è? Qualcosa di molto importante, mi auguro, per interrompermi
in un momento come questo.
Gaston deglutì.
- La … la … lettera.
- Che lettera?
- Quella che aspettavate. Da Sua Maestà, Signore.
- Dai qua.
Con un gesto
elegante del braccio il Giudice liberò il polso dal pesante
ingombro del
velluto e tese, acuta, una mano elegantissima.
- Svelto - disse agitando due dita in aria. Gaston si
avvicinò con diffidenza, come scottassero. Poi vide che il
padrone sorrideva e
così sorrise anche lui.
- Posso andare, padrone?
- Sì, Gaston. Anzi, no aspetta. C'è
giù Lydia?
- Lydia la vostra bal … governane, signore?
- Lydia, Lydia. Tu ne conosci molte altre con quel nome?
- Oh, no. C'è una sola Lydia in casa, capo. E come dice
sempre 'Sono in questa casa da quando il piccolo Claude …'.
- Silenzio. Non ti han mai detto che il silenzio è d'oro? -
sorrise il Giudice. Sembrava che avesse appena deglutito un limone - Ad
ogni
modo, chiamami Lydia, dille di stare pronta, tra poco avrò
bisogno di lei.
Gaston si inchinò e scomparve.
- Oh, bene - sospirò Frollo quando l'altro se ne fu andato,
e con un gesto secco ruppe la ceralacca della busta. Dette un'occhiata,
aggrottò
le sopracciglia - Il nostro caro sovrano si degna di farci sapere la
data della
visita. Pare che voglia che organizzi una cena … per
presentarmi sua cugina. Ma
ti pare?
Esmeralda, che fino a quel momento era rimasta accoccolata
su un divano (non aveva ben presente come si usava, Frollo aveva dovuto
spiegarle che ci si siede lì sopra, non per terra), fece una
specie di smorfia.
- Quanto abbiamo?
- Meno di quel che in prima istanza avrei potuto augurarmi,
temo, cara.
- Eh?
- Pochissimo. Per questo dobbiamo cominciare subito. Pronta,
bambina cara?
Ciò detto si alzò, stiracchiandosi e le si
avvicinò
sorridendo.
Esmeralda lo guardò, diffidente. Non riusciva ancora ad
abituarsi a quel Frollo così rilassato, così
maledettamente tranquillo. In fin
dei conti erano soli in una stanza, e con la porta chiusa, per giunta!
Lui sorrise col suo sorriso da gatto, andò verso un piccolo
mobile e ne trasse una bottiglia di cristallo. Versò da bere
per entrambi.
- Bevi - fece ironico porgendole un bicchiere di vino
colore del sangue e un delizioso odore a metà tra le fragole
e la resina - Ti
assicuro che non è un filtro d'amore.
Esmeralda non lo avrebbe mai ammesso, ma la giornata, la
stanchezza, la sete le avevano messo addosso una gran voglia di
riposare un
po'. Quel vino era un eccellente medicina.
- Dunque, adesso arriverà la mia governante, Lydia. Una
buona donna, forse un pochino … da trattenere. La cosa
importante è che tu, mia
cara, ti comporti con lei (come con chiunque) come se fossi in tutto e
per
tutto la gitana che mi ha fatto perdere la testa - e qui
arricciò vagamente il
naso - quindi dritta, un poco afflitta, palpitante ma senza esagerare.
Lydia si
occuperà della tua stanza, che ovviamente ho già
disposto sia accanto alla mia.
In modo da poter comunicare tra noi … con libertà.
- Comunicare con voi?
Io non ci dormo in una stanza accanto alla vostra!
Frollo ghignò.
- Io ho il sonno pesante. E ti assicuro, mia bambina, che
dormire accanto a me è il luogo più sicuro in cui
dormire di tutta la casa.
Ricorda che questo è un Palazzo di Giustizia. Girano
guardie, soldatacci, boia.
Persino certi orribili sbruffoni con i capelli biondi e l'armatura che
…
- Non insultate il mio Febo! - sibilò lei.
- E chi te lo ha insultato? Siete perfetti l'uno per
l'altra, credimi. Sembrate proprio fatti apposta. Comunque, quando
Lydia
arriverà tu seguila. In camera tua troverai di che lavarti e
rivestirti di
abiti decenti. Dopo di che ci rivedremo per cena, per la prima lezione.
- Perché che hanno i miei abiti che non vanno?
Il Giudice le lanciò una lunga occhiata che poteva essere
intesa in molti modi. In fin dei conti Esmeralda, con la fascia tra i
capelli e
quello splendido corpetto ricamato, non era affatto male, andava
ammesso.
- Niente. Per una zingarella proprio niente. Ma per la
moglie di un Giudice sì. Soprattutto se quel Giudice
è Ministro e un uomo della
mia levatura.
Esmeralda sorrise.
- E sentiamo, un uomo della vostra levatura …
- Dovresti darmi del tu, mia cara. Fa molto più intimo,
capisci.
- Io non vi darò mai proprio …
- Non ti darò, su
da brava.
A Esmeralda venne voglia di strozzarlo. Si slanciò verso di
lui.
- Brutto … - disse cercando di graffiarlo in faccia. Ma lui
era più alto di lei di almeno tutta la testa, e molto forte,
nonostante
l'apparenza diafana. Le bloccò i polsi con una stretta
ferrea e senza lasciarle
spazio l'attirò finché i loro nasi quasi non si
toccarono.
- Ascolta gitana, abbiamo fatto un patto. Il patto è quello
che io comando e tu obbedisci. Naturalmente fino alla fine del patto,
non un
minuto di più. Ci sono clausole che non ti sono chiare?
Lei stava per sputargli in un occhio (due
volte in un giorno, ragguardevole) quando
qualcuno bussò alla porta.
- Claude? Claude, piccino, dove diavolo … oh! Scusate ma
non credevo che foste impegnati!
Senza aspettare risposta dalla porta era appena comparsa
nella stanza una grassoccia donna sulla settantina, minuscola, robusta,
sorridente. Portava una gran cuffia in testa e un grembiule lindo e
stirato
come un giglio fresco.
- Claude! - disse scuotendo la testa canuta, ma con un
accenno di sorriso sulle labbra - Così si trattano le
signorine? Cara! Cara,
cara, cara! Non sai quanto sono contenta, vieni qui, che Dio ti
benedica, come
sei bella, brava!
Con passo inaspettatamente deciso era arrivata fin sotto Esmeralda,
l'aveva afferrata per la vita (le arrivava più o meno ai
fianchi) e se l'era
tirata giù. Adesso la stava coprendo di baci.
- Bella, bambina! Io lo sapevo che un giorno o l'altro
questo mascalzone mi avrebbe portato a casa una signora, una brava
ragazza!
Altroché certe dame tutto fronzoli o peggio
… non sai quante me ne ha fatte passare! E' sempre stato
tanto inquieto il mio
Claude.
Il Ministro era bianco come un cencio. Riuscì a stento - e
con molto garbo - a staccare Lydia da Esmeralda, dopo di che,
schiarendosi la
voce, suggerì:
- Lydia, perché non fai vedere alla mia … ehm
… fidanzata
la sua stanza? Io devo sbrigare certe pratiche.
Così dicendo si mise a sedere e abbassò gli occhi
sopra
certi fogli.
- Ma certo! Vieni carina, vieni con Lydia. Oh, santo cielo,
ma sei pelle e ossa! E senti qui che polsi magri magri … ma
non ti preoccupare,
ora c'è Lydia. E adesso vieni con me cara, andiamo, vieni.
Così dicendo l'afferrò per una manica e se la
tirò dietro
verso la porta. Non l'avrebbe mai detto, ma all'improvviso Esmeralda fu
quasi
dispiaciuta di dover lasciare il rifugio in compagnia di quella specie
di
incrocio tra una fatina buona e una pazza. Mentre Lydia già
sgambettava in
corridoio, tornò un attimo indietro, e si
affacciò alla porta.
- Ci rivediamo a cena, vero … Claude?
Lui alzò gli occhi, divertito.
- Ma certo. Non vorrai mica perdere la prima lezione.