Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: minimelania    28/01/2011    2 recensioni
“Scegli me o il fuoco” aveva detto Claude Frollo ad Esmeralda, condannata al rogo.
E per salvarsi la ragazza aveva scelto lui.
Ora, nella carrozza che la conduce al Palazzo di giustizia, lei sembra già sapere quale destino l’attende. Invece, il Giudice ha in mente un progetto da proporle completamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: A Palazzo.

- Ministro Frollo?
Erano nell'enorme studio del Ministro. Qui, a differenza della sua spoglia stanza da letto, campeggiavano decine di scaffali colmi di libri e di cartelle. Lui ed Esmeralda stavano appunto discutendo delle ultime clausole al patto che poco prima avevano stilato in carrozza.
- Che vuoi, Gaston, non vedi che sono occupato? Sto parlando con la signorina.
Il povero Gaston, cameriere, cerimoniere, tuttofare, all'occorrenza anche boia fece una specie di sorriso incerto verso la signorina, che se ne stava comodamente appollaiata sopra un paio di cuscini, gambe incrociate, il mento sopra il polso. Un pezzo di figliola da spavento che si diceva avesse fatto perdere il lume della ragione al padrone. Strano però, pensò Gaston, perché il Giudice non solo non aveva chiuso la porta, ma non sembrava poi troppo infastidito da quell'interruzione. Non almeno come lo era di solito. Gaston non sapeva che la signorina era già arrivata a palazzo. Se lo avesse saputo mai e poi mai avrebbe osato disturbare il capo.
- Allora, Gaston? Forse il gatto ti ha mangiato la lingua?
Il povero cameriere si riscosse.
- Eh? Oh, no capo. No davvero, no. Nessun gatto.
- Bene, allora che cosa c'è? Qualcosa di molto importante, mi auguro, per interrompermi in un momento come questo.
Gaston deglutì.
- La … la … lettera.
- Che lettera?
- Quella che aspettavate. Da Sua Maestà, Signore.
- Dai qua.
 Con un gesto elegante del braccio il Giudice liberò il polso dal pesante ingombro del velluto e tese, acuta, una mano elegantissima.
- Svelto - disse agitando due dita in aria. Gaston si avvicinò con diffidenza, come scottassero. Poi vide che il padrone sorrideva e così sorrise anche lui.
- Posso andare, padrone?
- Sì, Gaston. Anzi, no aspetta. C'è giù Lydia?
- Lydia la vostra bal … governane, signore?
- Lydia, Lydia. Tu ne conosci molte altre con quel nome?
- Oh, no. C'è una sola Lydia in casa, capo. E come dice sempre 'Sono in questa casa da quando il piccolo Claude …'.
- Silenzio. Non ti han mai detto che il silenzio è d'oro? - sorrise il Giudice. Sembrava che avesse appena deglutito un limone - Ad ogni modo, chiamami Lydia, dille di stare pronta, tra poco avrò bisogno di lei.
Gaston si inchinò e scomparve.
- Oh, bene - sospirò Frollo quando l'altro se ne fu andato, e con un gesto secco ruppe la ceralacca della busta. Dette un'occhiata, aggrottò le sopracciglia - Il nostro caro sovrano si degna di farci sapere la data della visita. Pare che voglia che organizzi una cena … per presentarmi sua cugina. Ma ti pare?
Esmeralda, che fino a quel momento era rimasta accoccolata su un divano (non aveva ben presente come si usava, Frollo aveva dovuto spiegarle che ci si siede lì sopra, non per terra), fece una specie di smorfia.
- Quanto abbiamo?
- Meno di quel che in prima istanza avrei potuto augurarmi, temo, cara.
- Eh?
- Pochissimo. Per questo dobbiamo cominciare subito. Pronta, bambina cara?
Ciò detto si alzò, stiracchiandosi e le si avvicinò sorridendo.
Esmeralda lo guardò, diffidente. Non riusciva ancora ad abituarsi a quel Frollo così rilassato, così maledettamente tranquillo. In fin dei conti erano soli in una stanza, e con la porta chiusa, per giunta!
Lui sorrise col suo sorriso da gatto, andò verso un piccolo mobile e ne trasse una bottiglia di cristallo. Versò da bere per entrambi.
- Bevi - fece ironico porgendole un bicchiere di vino colore del sangue e un delizioso odore a metà tra le fragole e la resina - Ti assicuro che non è un filtro d'amore.
Esmeralda non lo avrebbe mai ammesso, ma la giornata, la stanchezza, la sete le avevano messo addosso una gran voglia di riposare un po'. Quel vino era un eccellente medicina.
- Dunque, adesso arriverà la mia governante, Lydia. Una buona donna, forse un pochino … da trattenere. La cosa importante è che tu, mia cara, ti comporti con lei (come con chiunque) come se fossi in tutto e per tutto la gitana che mi ha fatto perdere la testa - e qui arricciò vagamente il naso - quindi dritta, un poco afflitta, palpitante ma senza esagerare. Lydia si occuperà della tua stanza, che ovviamente ho già disposto sia accanto alla mia. In modo da poter comunicare tra noi … con libertà.
- Comunicare con voi? Io non ci dormo in una stanza accanto alla vostra!
Frollo ghignò.
- Io ho il sonno pesante. E ti assicuro, mia bambina, che dormire accanto a me è il luogo più sicuro in cui dormire di tutta la casa. Ricorda che questo è un Palazzo di Giustizia. Girano guardie, soldatacci, boia. Persino certi orribili sbruffoni con i capelli biondi e l'armatura che …
- Non insultate il mio Febo! - sibilò lei.
- E chi te lo ha insultato? Siete perfetti l'uno per l'altra, credimi. Sembrate proprio fatti apposta. Comunque, quando Lydia arriverà tu seguila. In camera tua troverai di che lavarti e rivestirti di abiti decenti. Dopo di che ci rivedremo per cena, per la prima lezione.
- Perché che hanno i miei abiti che non vanno?
Il Giudice le lanciò una lunga occhiata che poteva essere intesa in molti modi. In fin dei conti Esmeralda, con la fascia tra i capelli e quello splendido corpetto ricamato, non era affatto male, andava ammesso.
- Niente. Per una zingarella proprio niente. Ma per la moglie di un Giudice sì. Soprattutto se quel Giudice è Ministro e un uomo della mia levatura.
Esmeralda sorrise.
- E sentiamo, un uomo della vostra levatura …
- Dovresti darmi del tu, mia cara. Fa molto più intimo, capisci.
- Io non vi darò mai proprio …
- Non ti darò, su da brava.
A Esmeralda venne voglia di strozzarlo. Si slanciò verso di lui.
- Brutto … - disse cercando di graffiarlo in faccia. Ma lui era più alto di lei di almeno tutta la testa, e molto forte, nonostante l'apparenza diafana. Le bloccò i polsi con una stretta ferrea e senza lasciarle spazio l'attirò finché i loro nasi quasi non si toccarono.
- Ascolta gitana, abbiamo fatto un patto. Il patto è quello che io comando e tu obbedisci. Naturalmente fino alla fine del patto, non un minuto di più. Ci sono clausole che non ti sono chiare?
Lei stava per sputargli in un occhio (due  volte in un giorno, ragguardevole) quando qualcuno bussò alla porta.
- Claude? Claude, piccino, dove diavolo … oh! Scusate ma non credevo che foste impegnati!
Senza aspettare risposta dalla porta era appena comparsa nella stanza una grassoccia donna sulla settantina, minuscola, robusta, sorridente. Portava una gran cuffia in testa e un grembiule lindo e stirato come un giglio fresco.
- Claude! - disse scuotendo la testa canuta, ma con un accenno di sorriso sulle labbra - Così si trattano le signorine? Cara! Cara, cara, cara! Non sai quanto sono contenta, vieni qui, che Dio ti benedica, come sei bella, brava!
Con passo inaspettatamente deciso era arrivata fin sotto Esmeralda, l'aveva afferrata per la vita (le arrivava più o meno ai fianchi) e se l'era tirata giù. Adesso la stava coprendo di baci.
- Bella, bambina! Io lo sapevo che un giorno o l'altro questo mascalzone mi avrebbe portato a casa una signora, una brava ragazza! Altroché certe dame tutto fronzoli o peggio … non sai quante me ne ha fatte passare! E' sempre stato tanto inquieto il mio Claude.
Il Ministro era bianco come un cencio. Riuscì a stento - e con molto garbo - a staccare Lydia da Esmeralda, dopo di che, schiarendosi la voce, suggerì:
- Lydia, perché non fai vedere alla mia … ehm … fidanzata la sua stanza? Io devo sbrigare certe pratiche.
Così dicendo si mise a sedere e abbassò gli occhi sopra certi fogli.
- Ma certo! Vieni carina, vieni con Lydia. Oh, santo cielo, ma sei pelle e ossa! E senti qui che polsi magri magri … ma non ti preoccupare, ora c'è Lydia. E adesso vieni con me cara, andiamo, vieni.
Così dicendo l'afferrò per una manica e se la tirò dietro verso la porta. Non l'avrebbe mai detto, ma all'improvviso Esmeralda fu quasi dispiaciuta di dover lasciare il rifugio in compagnia di quella specie di incrocio tra una fatina buona e una pazza. Mentre Lydia già sgambettava in corridoio, tornò un attimo indietro, e si affacciò alla porta.
- Ci rivediamo a cena, vero … Claude?
Lui alzò gli occhi, divertito.
- Ma certo. Non vorrai mica perdere la prima lezione.

 

  
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