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Autore: Carmilla Lilith    02/02/2011    2 recensioni
Lady Elizabeth Coleridge stringe tra le mani una rosa bianca, emblema della promessa di morte che ha ricevuto cinquant’anni prima. Che cos’è accaduto nel maniero sui Carpazi, quella gelida notte di Dicembre? (storia partecipante al contest "Once upon a Bloody December indetto da storyteller lover e classificatasi nona a parimerito)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Bad blood'
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The sun no longer rises

Epilogo: The sun no longer rises

 

Non v’era mai stata alcuna prova della colpevolezza di Lady Elizabeth, ma tutti erano convinti che fosse stata lei ad uccidere la sorella.
Ne era convinto il padre, che morì di crepacuore il giorno di Natale, quando Elizabeth gli disse che Kathrin era morta. Ne erano convinti Sir e Lady Dragos, che obbligarono Zlotan a rompere il fidanzamento con Elizabeth, e ne erano convinti i domestici, che però dovettero restare per poter ricevere la loro paga.
Lady Elizabeth trascorse il resto della sua vita nella più totale solitudine, evitata da tutti e costretta a rinunciare a Lord Zlotan Dragos, l’unico a credere alla sua innocenza.
Inoltre, circa una settimana dopo la morte di Kathrin, Lady Elizabeth fece un sogno: Gabriel sedeva ai piedi del suo letto e le giurò che si sarebbe vendicato, costringendola a vivere cinquant’anni di solitudine e terrore, prima di ucciderla nel modo più infame e doloroso possibile. Al suo risveglio dall’incubo, Lady Elizabeth aveva trovato la rosa bianca appartenuta alla sorella sul suo cuscino.
 
“Sei Gabriel, vero?” domandi, senza voltarti.
“Ve l’aspettavate, no?” domando, divertito. Tutto sommato, però, la tua rassegnazione m’infastidisce. Avrei preferito sentirti urlare, supplicare pietà.
Lo ammetto, sono un sadico di natura: amo il mio aspetto serafico che racchiude un’anima perfida ed oscura. Ed amo il dolore che posso infliggere e che mi distrae dalla dannazione eterna alla quale sono condannato.
“Sì, penso che manteniate le promesse. Facciamola finita.” rispondi, senza emozioni. Ormai hai provato ogni dolore, milady: hai perso ogni amore, ogni rispetto. Eri troppo orgogliosa e combattiva per suicidarti e così hai espiato la tua colpa vivendo.
Forse, per una volta, il mio morso sarà un atto liberatorio e non un dolore fine a sé stesso.
Non ti renderò un vampiro, ma preferisco non dirtelo: so che hai questa paura e voglio lasciartela fino alla fine.

Avvicino le mie labbra al tuo collo e ti sento rabbrividire, mentre un’altra lacrima scende lungo la tua guancia grinzosa. Ed è giunta la fine. 

L'ANGOLO DELL'AUTRICE

Eccoci giunti alla fine di questo racconto! Tanto per cominciare, qualche piccola nota: il titolo dell'epilogo è ispirato ad una splendida canzone degli Immortal mentre, come avrete notato, il titolo del racconto è tratto dalla favola di Biancaneve. Per il cognome dei Coleridge mi sono invece ispirata all'autore di "The Rime of the Ancient Mariner", appunto Samuel Coleridge.  
Nella maggior parte dei dialoghi i personaggi si danno del “voi” in segno di rispetto. I dialoghi in cui è assente questa prerogativa sono quelli tra genitori e figli e tra Lady Kathrin e Gabriel, in quanto quest’ultimo appartiene ad una classe sociale inferiore rispetto a quella di Kathrin.

Infine, permettetimi di passare ai ringraziamenti:  grazie di cuore a tutti coloro che hanno seguito questo racconto, in particolar modo a coloro che hanno avuto la buona volontà di recensire. Grazie, grazie, grazie!
Non posso nemmeno dimenticare storyteller lover, che ha indetto il magnifico contest che mi ha riportata a scrivere racconti sovrannaturali dopo un lungo periodo di  pausa dal genere. Mi permetto di suggerire a tutti voi che mi avete seguita di leggere gli altri racconti che hanno partecipato al contest "Once upon a bloody December".

Sperando che il racconto sia stato di vostro gradimento, vi saluto e alla prossima! 
   
 
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