Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: minimelania    03/02/2011    2 recensioni
“Scegli me o il fuoco” aveva detto Claude Frollo ad Esmeralda, condannata al rogo.
E per salvarsi la ragazza aveva scelto lui.
Ora, nella carrozza che la conduce al Palazzo di giustizia, lei sembra già sapere quale destino l’attende. Invece, il Giudice ha in mente un progetto da proporle completamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: Claude contro il Giudice Frollo


Qualche ora più tardi, al riparo delle molteplici coperte del suo letto, Claude si intratteneva in interessanti e amabili conversari con il suo amico, il Giudice Frollo.

- Quale mai demone ti ha accecato, Claude?  No, ma scherziamo. L'hai vista a tavola? Quale parte del concetto di 'dama' non ti è attualmente chiara, mi spieghi?
- Oh, taci.
- No, per l'amore del Cielo, taci tu, Claude! Ti rendi conto di cosa hai appena fatto? Hai stretto un patto con una gitana per cercar di tirarne fuori una signora, in sette giorni!
- Non sette - sospirò l'altro - Otto. Otto precisi a partire da stasera.
Il Giudice Frollo sbuffò.
- So contare, ma la sostanza non conta. La sostanza è che la cosa è impraticabile! Prenditi anzi una pausa, vai dal Re, urlagli n faccia che non la vuoi quella vecchia. Digli qualsiasi cosa ma non - non! - provare neanche a trasformare quella ... mendicante in qualcosa di diverso da lei stessa! Dico, ma hai visto come si comporta a tavola? Si è tolta le scarpe! E tu domani cosa vorresti fare? Evitare che ti cavi via un occhio mentre tenta di maneggiare la forchetta? Impedirle di far volare un'ostrica dritta sul bel vestito del Re? Insegnarle a conversare in lingua d'oc? Dai retta a me, Claude, è impraticabile. E' una cosa che non si può fare, punto e basta.
Claude ci era abituato ai rigori del Giudice Frollo. Loro due si facevano compagnia da quando - molti anni prima - erano nati, insieme. E molta parte della sua vita Claude l'aveva passata ad ascoltare i rimbrotti dell'altro. Anche adesso, nel covo caldo delle coperte, il Giudice non sembrava avere torto. Per niente. Ma del resto lui non aveva mai torto.
- E cosa dovrei fare? - sospirò.
- Spedirla da dove è venuta, chiuso, finito.
- E nel frattempo come la giustifico la cosa del contratto e tutto il resto?
- Non sono affari miei, vedila tu. Mettile in mano qualche pezzo d'argento, vedrai che capirà. Stai certo che questi zingari sono svelti a capire. E ora che fai?
- Mi agito. Posso agitarmi tra le lenzuola in santa pace?
Il Giudice fece una faccia cattiva. La stessa che faceva anni prima quando Claude - nel confortante nascondiglio del guanciale - emanava patetici sospiri per Isabeau.
- Non farai mica come la volta di Isabeau. Io lo conosco quello sguardo da triglia. Tu  non ti giri tra le lenzuola senza scopo. Se lo fai c'è un bel motivo, lo sai bene.
- E quale sarebbe stavolta il motivo?
- Lo stesso dell'altra. Con Isabeau. Non è che ti stai innamorando della zingara?
- Gitana, prego. Non essere offensivo.
- Lo vedi che ti piace? Lo sapevo!
- Oh, taci un po'!
E alzandosi di scatto, con un gesto, Claude accantonò sia le coperte che il Giudice.
Sì, era vero, la gitana era un vero e proprio disastro. Un disastro di proporzioni immani, qualcosa di inimmaginabile. E era chiarissimo che non sarebbe mai riuscita a ingannare nessuno con questa storia della finta dama. Nemmeno se ci si metteva lui. E allora perché cominciare un'opera che sembrava persa in partenza?
Claude sospirò, passeggiando nervosamente avanti e indietro per la stanza. No, in effetti non aveva senso, doveva dirle, doveva ... ma ... ma cos'era quel suono? Sembrava un lamento, una poesia, qualcosa ... si accostò alla finestra, senza capire. Guardò fuori, nella notte scura che avviluppava Parigi come un manto. Non veniva da lì, no, no, veniva ... senza poter credere alle proprie orecchie attraversò in punta di piedi la stanza. Si avvicinò alla porta che divideva la sua stanza da quella di Esmeralda, restò in ascolto, sgranò gli occhi e poi - dopo una breve lotta interiore, stizzita quanto infruttuosa - prese l'assurda decisione di chinarsi e di sbirciare dal buco della serratura.
Sapeva che gli sarebbe costato. Ma al momento non glie ne importava un fico.
Esmeralda, dall'altra parte della porta, inclusa nel buco della serratura come un Cristo nella sua mandorla, si ergeva dritta, a piedi nudi, bella e fiera contro la sponda del letto. Era davanti alla finestra, illuminata solo dai tiepidi raggi della luna e cantava. Cantava piano, a voce così bassa che ci voleva un orecchio raffinato come quello di lui per intendere le brevi, dolci parole che come perle gocciavano fuori dalla sua bocca di cristallo. Era la cosa più dolce ed elegante che Claude avesse mai sentito. Era un antico e malinconico lamento che un'amata, solitaria, rende sul capo reciso del suo caro amato, prima di chiuderlo in un vaso di basilico e innaffiarlo con le proprie lacrime. Lui conosceva quella storia, anche se mai avrebbe potuto sospettare che la conoscesse anche lei.
Eppure lei era lì davanti, lieve, bella, chiusa nel folto delle sue chiome scure che cantava un lamento che avrebbe incatenato il cuore di un dannato. Cha avrebbe fatto svellere dai monti le querce antiche per seguirla, dovunque.
- E' possibile? - si chiese deglutendo - E' possibile che tutta questa grazia stia nascosta sotto la scorza di una gitana irascibile? Che la stessa fierissima bellezza che mi compare davanti di giorno sia la stessa perla di gelsomino che la notte mi rivela così?
- Che stai facendo? - chiese il Giudice Frollo che gli era arrivato alle spalle senza che lui se ne accorgesse.
Claude si tirò su di scatto.
- Niente, niente.
- Niente? Secondo me spiavi la gitana.
- E se anche fosse?
- E' una causa persa.
- Ti credi? - così dicendo indicò la serratura - Tendi le orecchie zuccone, e ascolta.
Anche il Giudice si chinò.
- Non sento niente. Solo una bestia da soma che ronfa?
- Cosa? Come dici?
Era vero. Quando Claude si chinò di nuovo non c'era più l'apparizione diafana. Semplicemente una gitana stravaccata che tormentava nel sonno i damaschi su cui era crollata, di traverso.
- Possibile? 
- Certo che sì - fece il Giudice - Eccola lì, la tua finissima cantatrice ...
- Ma allora ... allora anche tu l'hai sentita cantare!
Frollo impallidì.
- Io, ecco ... ecco ... come sai ...
- Anche tu l'hai sentita! Lo sai! Non me lo sono sognato lei può ... lei può ...
Un paio di colpi rimbombarono improvvisi proprio alla porta su cui era chinato.
- Giudice della malora la puoi finire di schiamazzare come una gallina? Sono stanca morta e domattina abbiamo ...
- Abbiamo molto lavoro da fare - sussurrò lui, estasiato - davvero molto, molto lavoro.




  
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