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Autore: Will Turner    04/02/2011    1 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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R ISPOSTE ALLE RECENSIONI

Ciao a tutti! Puntuale come spesso (non sempre, purtroppo!) ecco a voi il capitolo 26! Mi auguro come al solito che vi piaccia!
Ringrazio Saty: ti giuro che non c'è alcun riferimento tra te e la sorellina di Jason... :)
Grazie anche a chi continua ad inserire la fan fiction tra le proprie Seguite e Preferite! Ed un grazie anche alla beta, Mozzi84.

Buona lettura! A presto!

 
26. D IMENTICARE
Parte Seconda

- Coraggio, amico! Divertiamoci!- Esclamò Tom Graham afferrando il grosso boccale di birra che aveva davanti. Era il terzo che si stava scolando da quando lui e Max avevano messo piede nel locale, ma pareva non rendersene conto. Malgrado i suoi ventisette anni, però, stava attento a non ubriacarsi, come era solita fare la stragrande maggioranza dei ragazzi della sua età.
- Non sono dell'umore giusto, Tom.- Ribatté Max a voce alta per sovrastare il frastuono della musica suonata dagli Strongers, la band della serata che stava eseguendo “Sweet Child O Mine”.
    Da più di due settimane l'amico aveva cercato in tutti i modi di convincerlo ad uscire, e quella volta era riuscito nel suo intento.
    Lo aveva portato in uno dei locali più esclusivi della capitale inglese, il Prospect Of Whitby, lungo la Wappin Wall, non molto distante dall'albergo in cui alloggiavano.
    Costruito sulle rive del Tamigi nel 1520, si trattava del più antico pub londinese che un tempo annoverava celebri clienti come Samuel Pepys e Charles Dickens. Precedentemente veniva denominato Taverna del Diavolo, a causa della sua pessima reputazione, in quanto era frequentato specialmente da briganti e assassini, e alcune leggende locali raccontavano inoltre che proprio il conte Dracula si aggirasse in quelle zone. Poi venne ricostruito in seguito all'incendio che lo distrusse nel diciannovesimo secolo e assunse il nome attuale.
- È da troppo tempo che non sei dell'umore giusto, Max.- Gli fece notare.
- Forse sarebbe stato meglio se fossi rimasto in camera. Non sono molto di compagnia ultimamente.-
- Secondo me tu hai solo bisogno di svagarti un po'.- Suggerì Tom indicandogli con un cenno due ragazze in tenuta decisamente sexy che sedevano al bancone, bevendo cocktails dai colori fosforescenti con la cannuccia e voltandosi ripetutamente nella loro direzione - Guarda come ci fissano quelle due bamboline.-
    Max girò la testa di lato giusto per accontentarlo e vide due donne di indubbia bellezza ammiccargli maliziosamente. Poi tornò a guardare la sua birra, mostrandosi annoiato.
- Non mi interessano.- Affermò bevendone un sorso.
    Attraverso le vetrate ammirò le acque scure del Tamigi scorrere veloci, illuminate a tratti regolari da alcuni lampioncini che riflettevano morbide luci gialle.
    Tom si allungò sul tavolo avvicinandosi al viso di Max.
- Devo iniziare a preoccuparmi, Max? Mi posso informare se nei dintorni c'è un bar per soli ragazzi...- Lo prese bonariamente in giro, mantenendosi serio.
    Max ridacchiò.
- Ammettilo.- Replicò seriamente - Ammetti che quest'idea attira più te di me.-
    Tom gli soffiò un bacio con la mano e Max scoppiò a ridere.
- Se fai così rischi di perderti una notte di sesso sfrenato con quelle due.-
- Preferisco stare con un buon amico.- Gli rivelò Tom levando alto il boccale.
    Max lo scrutò, scettico, alzando un sopracciglio.
- Stai mentendo.- Affermò risoluto.
- Stai sbagliando.- Negò Tom.
- Io non sbaglio mai.-
    Tom si fece una grassa risata e continuò a bere la birra. La schiuma gli si fermò sul labbro superiore e Max portò il suo sguardo altrove, tra il disgustato e il divertito.
- Ma tu non sei fidanzato?- Tergiversò - Non dovresti fare cattivi pensieri su altre donne.-
- Perchè avere una sola ragazza quando puoi averne di più?- Obiettò Tom alzando le spalle, come se fosse implicita la correttezza del suo ragionamento.
    Max distolse un attimo l'attenzione per estrarre il cellulare che aveva iniziato a vibrare nella tasca posteriore dei jeans e ne guardò il display.
- Ecco, io gli impartisco lezioni di vita e lui nemmeno mi ascolta.- Si lamentò Tom alzando scherzosamente gli occhi al cielo. Ma si fece serio quando notò il cambio di espressione dell'amico.
    Max era rimasto per qualche istante a fissare il display che lampeggiava, per poi richiudere il cellulare e riporlo nella tasca.
- Non rispondi?- Gli domandò Tom con lo sguardo incerto.
- Non è nessuno di importante.- Tagliò corto lui terminando la sua birra. Alzò subito una mano per richiamare l'attenzione di una cameriera e ne ordinò un'altra.
- Ma si,- Disse a Tom, che nel frattempo lo stava analizzando, stupito - divertiamoci!-

- Sei un pessimo ubriaco, Max, lasciatelo dire!- Affermò Tom sganasciandosi dalle risate.
    Max stava piegato in due sulla balaustra del marciapiede che fiancheggiava la riva del Tamigi, completamente stordito e con un fortissimo mal di testa, causato dalle sette birre che si era bevuto senza nemmeno prendere fiato. Ad un certo punto era corso fuori dal locale  in preda ad un lancinante dolore allo stomaco, sotto gli occhi perplessi di Tom, che lo aveva raggiunto preoccupato.
    Non ricordava l'ultima volta che si era ubriacato, ma forse, pensò, non aveva mai bevuto così tanto, e se ne pentì amaramente, promettendosi che non l'avrebbe più fatto.
- Se davvero vuoi ubriacarti,- Gli consigliò Tom - fallo perchè ti va di fare lo stupido o perchè quella sera ti va di bere. Non vale la pena di stare male per una donna.-   
- Sta' zitto, Tom.- Lo apostrofò Max indispettito.
- Come vuoi.- Si difese lui alzando entrambe le mani.
    Percepiva il sibilare del vento gelido che faceva vibrare le lanterne rosse sospese sopra l'ingresso del pub, e il freddo pungente lo costrinse ad indossare il cappotto che Tom gli aveva cortesemente portato fuori.
- Grazie.- Borbottò senza guardarlo in faccia - Probabilmente ho vomitato anche l'anima.-
    Tom fece una piccola risata.
- Sono preoccupato per te, Max.- Confessò accigliandosi.
    Si poggiò con le mani giunte alla balaustra e ammirò insieme a lui il suggestivo skyline di Londra, che lasciava intravedere il Big Ben e la parte occidentale di Westminster attraverso gli alberi frondosi.
- Non ne hai motivo.- Replicò Max con gli occhi fissi sul Tamigi.
- No, non ne ho il motivo, ma sei un mio amico. E quindi io mi preoccupo.- Sbottò Tom - So bene di non poter comprendere il tuo stato d'animo, ma permettimi di provarci.-
    Max inspirò a fondo, affranto dall'aver ripetuto allo stremo e poi esaurito tutti gli elementi per approfondire l'argomento.
- Suo padre ha ucciso il mio, lei non me l'ha detto ed io l'ho lasciata. Fine della storia. Non c'è nulla da comprendere.-  Spiegò schietto.
    Tom preferì non aggiungere altro e rimase immobile, contro la ringhiera. Si accese una sigaretta e gli anelli di fumo che uscivano dalla bocca cominciarono a disperdersi rapidi nella notte.
    Max si fregò le mani, unendole ad imbuto e soffiandoci dentro per riscaldarle.
- Tom,- Mormorò in tono compassionevole rivolgendogli lo sguardo - apprezzo sinceramente il fatto che tu ti preoccupi per me, e sono lusingato. Ma sono giunto ad un punto della mia vita in cui non so che cosa devo fare. Soltanto il lavoro è l'unica cosa certa che ho, e non mi va di elemosinare le attenzioni tue né di nessun altro.-
    Tom scrollò la testa.
- Ciò che ti sto offrendo non si chiama elemosina, Max. Si chiama aiuto. Si chiama amicizia. E non devi vergognarti di chiedere queste cose ad un amico, perchè lui è qui per questo, o non si chiamerebbe così se non lo fosse.-
- Non sono abituato a chiedere aiuto. Ho imparato a fare sempre tutto da me.-
- Lo vedo. Guarda ora dove sei arrivato. Non hai più alcuna certezza e non ti fidi di nessuno.- Realizzò Tom - D'accordo, hai scoperto una cosa terribile che riguarda tuo padre, tua madre e la tua ragazza ti hanno mentito. Ma la vita non finisce qui, Max.- Si oppose guardandolo dritto negli occhi - Si va avanti, si volta pagina. Ci sono milioni di ragazze disposte a stare con te. E credo che dovresti parlare con tua madre perchè di mamma ce n'è una soltanto e non la si può rimpiazzare. Non fare come me, che ho lasciato morire i miei genitori senza avergli mai detto quanto li amassi. E ora me ne pento ogni giorno che passa.-
- E se io non volessi andare avanti, Tom? Se volessi restare qui, in questa pagina bianca che separa un capitolo da quello successivo?-
    Tom tirò l'ultima boccata di fumo e gettò il mozzicone nel fiume.
- Significa che non sei pronto a dare un taglio netto col passato.- Dichiarò pieno di convinzione - Sei ancora innamorato di quella ragazza?-
    Max parve pensarci un po'. Se l'era chiesto mille volte da quando aveva lasciato Faith lungo il vialetto della sua casa, con la pioggia che infradiciava i suoi abiti e gli occhi pieni di lacrime, ma sentire quella domanda provenire dalla bocca di qualcun altro gli agitò il cuore, e frammenti di ricordi si susseguirono rapidi nella sua testa.
- Credo... credo di sì.- Mormorò piano, sorprendendo sé stesso di averlo confessato - E mi odio per questo, perchè non voglio più amarla.-
- Allora volta pagina, Max.- Concluse Tom con decisione.
- La fai facile, tu.- Replicò sarcastico il ragazzo.
- Basta volerlo.- Disse l'amico poggiandogli una mano sulla spalla - Basta volerlo.-

    Basta volerlo.
    Con un po' di impegno probabilmente Max sarebbe riuscito a voltare pagina senza vedere lo sguardo di Faith in qualunque cosa intraprendesse.
    Ma lei era presente in ogni momento della sua giornata e gli sembrava impossibile dimenticarla. L'aveva amata con tutte le sue forze ed ora era tutto finito, come un fiore tropicale che fiorisce ed appassisce in pochi attimi.
    Entrò nella sua stanza d'albergo, si allentò il nodo della cravatta e si avvicinò alla finestra. Una debole  acquerugiola iniziò a cadere picchiettando sui vetri e trasformandosi ben presto in un vero e proprio acquazzone.
    Max scostò la tenda e poggiò una mano sul vetro, percependone la freddezza. Oltre il suo riflesso riprodotto dalle mille gocce che scivolavano verso il basso, osservò la città coperta da una fitta cortina di pioggia, con le persone che correvano al coperto, colte alla sprovvista dal temporale.
    Aveva sempre considerato Londra una città fredda, ma c'era qualcosa che lo attirava in quei luoghi immuni allo scorrere del tempo. Una sorta di segreto pareva celarsi tra i lampioni lungo le strade, tra i palazzi e le abitazioni intorno, tra le tante finestre che si affacciavano sulle vie, tra i locali ed i negozi old fashion. Tutto  conservava lo stesso fascino misterioso dell'Ottocento.
    Anche le persone si comportavano in maniera nettamente diversa da quella degli americani, a cominciare dal loro inconfondibile accento inglese, che ostentava una rigorosa eleganza ed una raffinatezza tipica dei grandi scrittori e poeti più importanti della storia culturale dell'Inghilterra.
    Gli tornò in mente un aforisma di Oscar Wilde, probabilmente letto tanti anni prima in un libro di scuola. L'aveva rimosso dai ricordi, ma improvvisamente si fece largo tra i suoi pensieri, e diceva esattamente: “Le cose durano troppo o troppo poco”.
    Proprio ciò che lui aveva provato sulla sua pelle.
    Strano, pensò, come un poeta di quell'epoca potesse avere una mente così geniale per analizzare il tempo in ogni sua forma, esponendo anche le teorie più logiche , che tutti danno per scontato.
    E, in fondo, se ci si riflette con attenzione, quelli di Wilde sono tra i pensieri più veri e sensati che si possano conoscere.
  
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