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Autore: Gea_Kristh    08/02/2011    3 recensioni
E' passato un anno dalla fine della guerra, ma la tanto agognata pace non è destinata a durare. In India, una nuova minaccia mette in pericolo quanto di più caro Shaka possieda. La sua terra. La sua gente. I suoi ricordi. Il suo cuore.
Dal primo capitolo:
- Tornerò Raja, te lo prometto.-
Allora lo guardò; e il mare dorato che erano i suoi occhi brillava di lacrime trattenute. Shaka sorrise; non pensò, quando con la mano carezzò piano una guancia arrossata.
- Attenderò il momento in cui potrò rivederti ancora, Shaka. Non dimenticarti di me, io non lo farò.-
Sorrise, e con gesti aggraziati sfilò dal proprio collo una catenina d'oro; la ruota del dharma brillò alla luce del sole. [...]
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Virgo Shaka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bleeding Sunset'
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CVD. Come Volevasi Dimostrare.
A tre giorni dal mio prossimo esame eccomi di nuovo qui. La cosa sta cominciando a essere controproducente... (>_<)

Questo capitolo è stato piuttosto ostico da scrivere, forse a causa dell'atmosfera cupa della quale è pregno. Ma ammettiamolo: la sessione di esami è così stressante che scrivere qualcosa di allegro è praticamente IMPOSSIBILE.

Me tapina... (T_T)

Vabbè, bando alle ciance!

Buona lettura,
Gea Kristh

[Hindi]

Bleeding Sunset - Occhi di Tigre

Capitolo 9 - L'Oscuro Abbraccio della Morte

 Arun e Ashwini furono veloci nel farsi una doccia. Quando uscirono dalla stanza, tutti e tre insieme, trovarono il piccolo salottino piuttosto affollato: Sheetal versava il tè, Shaka era seduto compostamente su uno dei due ampi divani, Camus sull’altro accanto ad un apparentemente scocciato Death Mask; Visala era appollaiata a terra, su di un cuscino, e canticchiava sottovoce una melodia intonata. Tutti i cavalieri d’oro erano presenti: chi in piedi, chi seduto, e nessuno di loro aveva abbandonato l’armatura.

 Rajani si domandò se considerassero i nuovi arrivati come potenziali nemici. Era possibile – anche comprensibile, si disse – ma, lei sapeva, non necessario. La tensione le sembrò quasi palpabile, ma non si scompose.

 Andò a sedersi accanto a Shaka, e i gemelli la seguirono sul comodo divano.

 Sheetal porse una tazza di tè a Camus, che la ringraziò con un cenno del capo, poi una al fratello, a Visala ed infine a lei; aveva un sorriso gentile e rilassato sul viso, e Rajani capì che, nonostante le apparenze, anche lei avvertiva l’atmosfera pregna di tensione che si era creta.

 Aphrodite, appollaiato elegantemente su un bracciolo del divano accanto a Death Mask, sbuffò sonoramente.

 – Ci muoviamo? – Chiese guardandosi le unghie con interesse.

 I gemelli non compresero cosa avesse detto, ma il cavaliere ebbe successo nel catturare la loro attenzione. Quando il silenzio si prolungò, Sheetal decise di intervenire; presentò brevemente i cavalieri alle due guardie, spiegando loro come fossero andate le cose.

 – [Puoi tradurre per noi?] – Le domandò Arun, e lei annuì. L’uomo alzò allora lo sguardo in direzione delle persone che affollavano la stanza: li scrutò intensamente, uno ad uno; infine, chinò il capo. – [Grazie. Vi siete presi cura delle nostre Signore quando noi abbiamo fallito; per questo, siamo riconoscenti.] –

 Rajani sbuffò, ma sorrise alle parole sincere di quel testone. Sheetal fece come le era stato chiesto, e tradusse brevemente dall’hindi al greco.

 – Quello che conta davvero, – mormorò Visala, – è rimanere uniti ora che ci siamo ricongiunti. – Ripeté la frase nella sua lingua madre, ed i gemelli annuirono sospirando.

 Forse Rajani li aveva perdonati; forse anche Sheetal e Visala lo avevano fatto; loro, però, non avrebbero avuto pace fino al giorno in cui sarebbero stati in grado di espiare la loro colpa.

 – Non perdiamoci in convenevoli, – cambiò discorso Rajani. – Se siamo qui, è per avere informazioni da oriente. – Lanciò uno sguardo interrogativo ai suoi allievi. – [Come vanno le cose al Tempio?] –

 Ashwini sospirò e si sedette più comodamente. – [Sadhira tiene le sue macchinazioni per sé; noi ci limitavamo ad eseguire gli ordini.] – Lanciò un’occhiata a Sheetal, che tradusse immediatamente in greco. Quell’impedimento linguistico era quantomeno fastidioso.

 – [Ho sentito delle voci,] – cominciò Arun, aggrottando la fronte, – [voci dell’arrivo di una vecchia conoscenza. Di chi si tratti, però, io non lo so.] –

 Rajani scosse la testa. – Dobbiamo mettere a punto una strategia di attacco. Attendere non ha più alcun senso ormai. – Nella sua mente, intanto, rifletteva: aveva un brutto presentimento.

 – [Io… Ancora fatico a credere che Sadhira sia l’artefice di tutto questo.] –

 Alzò gli occhi su Ashwini; lui si guardava le mani aperte, un’espressione accigliata sul volto.

 – [L’evidenza dei fatti non mente. Eppure… Questa immagine di lei poco si concilia con il mio ricordo di Sadhira; è sempre stata una Sacerdotessa dall’animo nobile e giusto.] –

 Per un attimo calò il silenzio. Fu Visala ad interromperlo: – [Il potere corrompe l’animo più nobile; la paura di perderlo porta alla follia. Se Sadhira ha mai posseduto un’indole giusta, allora l’ha dimenticata: da anni ormai in lei covava il seme della rabbia… e della gelosia.] –

 Sheetal non parlò, e Visala tradusse da sola quelle affermazioni. Il viso della bionda era cereo; il suo sguardo fisso nel vuoto.

 – Io… – La ragazza voltò il capo verso la Sacerdotessa di Sarasvati. – Io non ho mai desiderato questo. – Il suo fu poco più che un sussurro.

 Visala sorrise. – Lo so. –

 – Tuttavia, – intervenne Rajani, accigliata, – indorare la pillola non serve. Sheetal, tu sai che, finita questa storia, sarai eletta Grande Sacerdotessa. –

 Se possibile, il viso della bionda impallidì ancora. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro tremante.

 Ignorare la verità delle cose era inutile. Però…

 Era divenuta Sacerdotessa di Lakashimi a sette anni; poi Sacerdotessa di Manasa a undici. Sheetal sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, presto o tardi: il giorno in cui l’avrebbero messa di fronte all’evidenza di quel miracolo. Lei era destinata a grandi cose; non era forse questo che le era stato detto, anni addietro?

 Sorrise flebilmente, riaprendo gli occhi. Annuì.

 – [Parlatemi della sicurezza del Tempio,] – Rajani si rivolse nuovamente ai gemelli. La tensione si allentò, e Sheetal tornò a tradurre – sebbene sapesse di avere la voce incrinata.

 – [Tutta la guardia è stata dispiegata; noi esclusi, si tratta di trentuno soldati,] – iniziò serio Arun.

 Ashwini continuò: – [Una squadra di cinque uomini viene impiegata tutti i giorni per le ricerche a Varanasi. Sadhira sa, ormai, dove vi trovate, ma Visala è ancora un’incognita per lei.] –

 – [Una squadra da cinque uomini viene impiegata in ogni torrione; io e Ash solitamente ci occupavamo di fare la ronda sulle mura, e presumo che il nostro posto sia stato preso da altri. I restanti sei sono la scorta personale di Sadhira.] –

 Rajani socchiuse gli occhi. – E’ fin troppo facile… –

 – [Dhara ha…] –  Le parole di Ashwini vennero ben presto troncate dall’occhiataccia del fratello.

 Rajani sollevò un sopracciglio alla menzione del nome della Sacerdotessa di Kalì. Arun sbuffò.

 – [Lei ha… preso il vostro posto, come Capo della Guardia,] – disse.

 La ragazza non poté fare a meno di sorridere sarcasticamente. – Dhara? –

 Loro annuirono.

 – E voi glielo avete lasciato fare? – La sua espressione era alquanto divertita.

 – Ah! Finalmente ce l’ha fatta a soffiarti il posto! – Esclamò Sheetal, ritrovata la sua consueta allegria, e Rajani non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere; Visala scuoteva il capo, ma anche lei sorrideva.

 Arun sbuffò, distogliendo lo sguardo dalla sua maestra. Aveva le guance imporporate, e suo fratello non poté fare a meno di farglielo sarcasticamente notare– rimediando, per altro, un calcio sugli stinchi.

 Raja strinse gli occhi, puntandoli sui suoi allievi. – [Vi occuperete voi di lei. Confido nel fatto che non arriverà a me. Arun,] – lui si ricompose immediatamente, guardando serio la sua maestra, – [conosco i tuoi sentimenti per lei, e so che per te non sarà facile; ma attento: se Dhara arrivasse ad intralciarmi non mi farò scrupoli. Non posso preoccuparmi anche per lei.] –

 Non aveva intenzione di fare del male a una sua compagna; seppure non scorresse buon sangue tra loro, non avrebbe mai volutamente arrecato danno ad una persona innocente. Non poteva però permettere che Dhara interferisse con la missione: se mai si fosse reso necessario, lei l’avrebbe fermata – e non sarebbe stato piacevole.

 Contava su di loro, per questo. I gemelli le erano fedeli, e sapeva che entrambi avrebbero fatto di tutto per tenere al sicuro la Sacerdotessa di Kalì: anche se, per farlo, avrebbero dovuto usare la violenza.

 Annuirono, e il sorriso tornò sulle labbra di Rajani.

 – Sta calando la sera, è ora di tornare ognuno ai propri alloggi. Immagino che voi possiate rimanere qui per la notte, – guardò interrogativamente Dohko, che annuì.

 – [La mia stanza è proprio qui accanto. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, venite a chiamarmi.] – I gemelli annuirono verso Visala, che sorrise gentile.

 – [Maestra, dove si trova la vostra?] –

 Prima che potesse rispondere, intervenne Sheetal: – [Io e Raja alloggiamo nella casa di mio fratello.] –

 Ashwini impallidì vistosamente sotto lo sguardo divertito della bionda. Rajani sospirò.

 Shaka, impassibile ed apparentemente estraneo alla conversazione, sorseggiava elegantemente il  suo tè.

 – [Voi… Voi… Nella casa di un uomo?] –

 Arun dissimulò una risata in un colpo di tosse, già pregustando la rivincita sul gemello per la scena di poco prima.

 – [Shaka è stato così gentile da offrirci ospitalità per questo periodo. Non vedo dove sia il problema.] –

 All’occhiataccia della sua maestra, Ashwini inghiottì le parole che stava per pronunciare. Insomma! Possibile che lui fosse il solo, lì in mezzo, a ritenere sconvolgente che una giovane donna vivesse nella casa di un uomo al quale non era legata?

 Il silenzio venne interrotto dallo sbuffo di Death Mask; Visala gli stava sussurrando qualcosa all’orecchio, e lui pareva piuttosto scocciato.

 Borbottando qualcosa di poco gentile sulle “assurde seghe mentali della gente”, si alzò e uscì dalla stanza, decretando ufficialmente la fine di quell’incontro.

 


 

 Meditava.

 Da giorni ormai Sheetal avvertiva il bisogno di solitudine. Doveva stare con sé stessa, per fare chiarezza nel suo io e nelle confuse immagini che Lakashimi le inviava.

 Durante la notte le visioni non le lasciavano tregua, e si sentiva sempre più spossata; sempre più stanca, fisicamente e mentalmente.

 Da quanti anni ormai non si rifugiava nella foresta per ricercare in solitudine di carpire il futuro?

 Il suolo era caldo e solido sotto di lei, un contatto saldo con il mondo cosciente; la brezza le scompigliava i capelli, e poteva sentire l’acqua scorrere non lontano da lei. Era in pace.

 Lentamente scivolò nel suo inconscio, liberando la mente da ogni pensiero. Perse di vista il mondo sensoriale, e si limitò ad essere.

 La Kundalini scorreva in lei, su, fino al Sahashrara, e avvertì lo Yoga: l’Unione. Poteva vederla: l’energia universale, in lei, in ogni cosa.

 Fu allora che la visione si manifestò.

 

 Sangue nero. Bagnava la terra, e la pelle di un uomo.

 Chi?

 Un conato, che lo scosse violentemente; il sangue, nero di morte, gli rigò il mento.

 Chi sei?

 Occhi blu. Occhi vitrei. Occhi ciechi. Occhi consapevoli di una fine ormai certa.

 No!

 Mani candide, marmoree; nere venature ne deturpavano la bellezza.

 No! No!

 Il suo viso: regale e quieto. Calmo anche nella morte.

 

 Sheetal riemerse da quella visione con un respiro affannato ed un urlo mozzato in gola. Avvertiva il cuore batterle forte in petto. Piangeva.

 Singhiozzi disperati la scossero. Si strinse, convulsamente, e le sue stesse unghie le solcarono le braccia.

 Non era giusto. No! Lei… Lei non l’avrebbe permesso. Mai.

 


 

 – Avevo una sorella, un tempo. – I suoi occhi rimasero puntati verso il cielo stellato. Ricordava.

 Visala non parlò. Ormai lo conosceva: sarebbe stato lui a decidere se continuare.

 – Era… Era un angelo. Non dimenticherò mai il suo sorriso. –

 Death Mask deglutì. Poteva ancora vederla, se chiudeva gli occhi: dolce, timida, con quei suoi grandi occhi castani, così piena di vita e di amore.

 – Lei… è morta prima ancora di compiere dieci anni. –

 Visala poggiò piano una mano su quella chiusa a pugno di lui; Death Mask allentò la stretta, poi distese completamente le dita. Si stupì, quando lei gliela strinse, palmo contro palmo. Spostò lo sguardo su di lei, poi sulle loro mani congiunte; il contrasto tra le piccole dita di Visala e le sue, lunghe e forti, era alienante. Deglutì ancora; sentiva la gola secca.

 – Tu le somigli, – riuscì a dire, infine.

 Visala gli sorrise. Avvertiva in lui il dolore sordo, antico, di una ferita ancora sanguinante.

 – Haziel, – lo richiamò piano, e lui alzò il viso per guardarla; i suoi occhi erano vacui. – Avrei tanto voluto conoscerla. –

 Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Annuì, semplicemente, perché non credeva di riuscire a parlare, ormai.

 Il suo abbraccio fu caldo e sincero, e Death Mask, per un momento, ebbe quasi l’impressione di stringere a sé una bambina diversa; una bambina dolce,timida, con grandi occhi castani in grado di ricordargli sempre, in ogni momento, che l’amore era vita, e che la vita era gioia.

 E lei era vita.

 Lo era davvero.

 


 

 Ad Aphrodite i suoi occhi rossi di pianto non sfuggirono, mentre le consegnava la boccetta. Aggrottò la fronte: non capiva.

 – Non mi dirai a cosa ti serve, vero? –

 Sheetal sospirò, sorridendo stancamente. Si rigirò l’ampolla tra le mani, osservando il veleno rossastro danzare contro il vetro lucido.

 – Ci sono cose che devo conoscere. –

 Aphrodite attese invano una spiegazione che, lo sapeva, non sarebbe arrivata.

 – Perché? – Chiese infine.

 Sheetal lo guardò, e lui parve quasi avvertire il peso della stanchezza racchiusa in quegli occhi turchesi.

 – Perché cercare di cambiare gli eventi è il mio dovere. –

 


 

 – Sheetal, – la voce di suo fratello la riscosse. Si stupì di trovarlo accanto a lei: non lo aveva sentito arrivare.

 – Shaka. –

 L’aria era calda, quella sera. In lontananza le parve di udire il rombo dei tuoni – il cielo era coperto di nubi, una cappa grigia e colma di pioggia.

 – Sei stanca. –

 La sua era un’affermazione, e Sheetal non replicò.

 Lo era. Lo era davvero.

 Sollevò il viso, osservando le cime degli alberi gemelli danzare al vento.

 Shaka ascoltò: lei non parlava, ma il suo silenzio era colmo di parole non dette. La sua energia la circondava, flebile, ma non immobile: la avvertiva, turbata e triste.

 – Ci sono cose, – sussurrò infine Sheetal, – cose che non posso rivelare. – Si voltò, guardandolo in volto. – Per il bene di tutti. –

 – Vorrei che non dovessi sopportare questo fardello da sola. –

 Sheetal sorrise, poggiando una lieve carezza sul viso del fratello.

 – [Ti voglio bene Shaka.] –

 Lui non rispose, ma la abbracciò, in un gesto che valeva più di mille parole.




Ohibò. Che dire!
Ringrazio veramente tanto i miei recensori - è un grandissimo aiuto il vostro. Mi tenete su!
Spero davvero che il capitolo sia di vostro gradimento.

Un salutone e alla prossima!
Gea




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Se vi piace questa storia, allora leggete Bleeding Sunset- Missing Moments, per saperne di più sul passato dei miei OC - e non solo...!

   
 
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