Capitolo 9
Getto
a terra il pezzo di vetro e ne prendo un altro: è nero.
Nero
come la veste che indossavo.
Come
il fumo in cui ci diradavamo nelle notti in cui alimentavamo la morte.
Come
il nostro cuore, avvizzito, perché gli assassini non hanno un cuore.
La
nostra anima scura e maligna avvelenava ogni cosa.
Un
nuovo squarcio nella pelle.
Questo
è per il Mangiamorte che sono stato.
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Avanzo lenta sotto le
torce che illuminano questi luoghi, la morte permea queste mura, ma la mia
mente torna a quando correvo nel buio per venire da te, ogni notte, nell’ombra
della tua stanza.
Nero.
Sei lì
davanti ai miei occhi
e osservo le tue mani
muoversi,
scivolano lente
sui neri bottoni
che, preziose gemme
incastonate,
incollano il mio
sguardo
ai tuoi gesti così
armoniosi.
Quelle
mani così forti
accarezzano dolci
il mio viso,
quelle mani
così delicate
spazzano
innocenti vite.
Ora,
illuminate da flebili fiamme,
lambiscono
delicate la nera casacca,
ogni bottoncino un passo
verso me,
ogni incedere una accurata
carezza.
Ti
ammiro ombra di uomo,
nel chiarore della
stanza,
ti ammiro che ti muovi
elegante
in una danza
incantatrice.
Lo
spazio che ci separa
è stato ormai colmato,
le tue braccia così
forti
mi stringono lievi a
te,
le tua labbra così morbide
mi baciano con
passione.
Uniti
in un unico abbraccio
muoviamo
infiniti passi
della nostra
danza d’amore.