Sorriso di fratello
Mi
sveglio.
Senza un
come, un dove, un perché.
Mi sveglio alla fine dell'incubo, lontano dall'eco dei rimbombi, delle
urla dei miei compagni...
Indolente. Inerte.
Eppure consapevole.
La fine dell'incubo segna l'inizio della mia "non vita".
Guardo e vedo tutto bianco intorno.
Un immenso, sconfinato oceano bianco che non conosce orizzonti. Non
c'è cielo, non c’è mare, non
c'è altro colore se non quello del nulla.
Quindi, non è nemmeno un oceano, dopotutto. È solo
un desolato spazio bianco.
...Il posto di chi non appartiene più all’oceano.
Poi la sento: la causa del mio risveglio.
Una voce. La tua voce.
La stessa che piagnucolava dalla fame al mattino e s'assopiva
al mio fianco, sazia di cibo e di avventure, alla sera.
Rufy. Il mio fratellino.
Ti riconoscerei tra mille.
Persino nel groviglio di voci, tra i boati che mi sono lasciato alle
spalle.
Persino adesso... mentre il dolore ti stravolge a tal punto da rendere
quella voce estranea.
****
«Adesso basta, Cappello di paglia... andiamo via.»
Piangere non te lo restituirà vorrei
aggiungere, ma il coltello è affondato nella piaga fin
troppo, anche per me.
«...ACEEEEEEEEEEEEEEEEE!!! UAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!»
L'ennesimo grido. L'ennesimo pianto dopo giorni in
stato d'incoscienza, precipitato in quel pozzo di
disperazione che priva d'ogni capacità anche il
più forte degli uomini. Figuriamoci lui... così
piccolo, così giovane e indifeso dinnanzi alle intemperie
della vita.
«Aceee... ACEEEEEEEEEE...!!»
Urla di nuovo. Piange, preme più forte la fronte sulla tua
lapide, accanto a quella del babbo, bagnando ancora una volta i fiori di
Amazon Lily appena deposti.
«Basta, Rufy...» ripeto, meno
convinto.
Che diritto ho d'immischiarmi nel suo dolore?
Che diritto ho di allontanarlo da te... ora che tu sei già
così lontano da lui?
Abbasso lo sguardo, impotente.
«Perché... te lo sei dimenticato...!?»
Non doveva andare così.
«...Quel giorno, proprio tu... me lo avevi... ME LO AVEVI
PROMESSO!»
Non dovevi morire, Ace.
«Guarda Marco! Questo qui è il mio
fratellino!»
Avevi mostrato quell'avviso di taglia a tutta la ciurma come
una specie di trofeo, mentre gli occhi ti si accendevano
d'emozione.
Era una luce che non avevo mai visto.
Senso d'orgoglio? Affetto? Forse entrambi... forse qualcos'altro che, con ogni
probabilità, non sarei mai arrivato a capire fino infondo.
«Così lui sarebbe il famoso Rufy,
eh?» Ti avevo chiesto, contemplando il
ragazzino sorridente nel manifesto. Niente di speciale, a primo
impatto: solo uno scricciolo entrato un po' troppo presto nel
mondo della pirateria.
...Eppure tu lo guardavi come se non ci fosse tesoro più
grande al mondo.
Come se emanasse un fulgore che solo i tuoi occhi, tra tutti quelli dei
nostri fratelli e del babbo, riuscivano a cogliere.
Non potevo ancora saperlo, ma... lo era davvero. Il tuo
tesoro.
Colui per il quale non hai esitato un istante a dare la vita.
«Lo so cosa pensi. È ancora
piccolo... ed è anche un gran casinista»
avevi sospirato -da che pulpito, poi- «Si
caccia sempre nei guai, agisce senza minimamente pensare alle
conseguenze delle sue azioni, non c'è mai una
volta che non mi faccia preoccupare... Però...»
E a quel però, realizzai per la prima
volta da quanta dolcezza potesse essere sfiorato il cuore di Portgas D.
Ace.
«Però l'ha sempre vinta
lui, quando fa questa faccia» guardasti il
ritratto che avevi sottomano, sfiorandone virtualmente i lineamenti,
con la luce di prima che dagli occhi ti si riversava sulle labbra. «Senza
il suo sorriso, sai... la mia vita non avrebbe avuto senso.»
Allora capii.
Capii che il legame che avevi con tuo fratello era immensamente diverso
da quello che chiunque di noi avrebbe potuto instaurare con te, un
amico, un compagno, un figlio acquisito nella grande famiglia di
Barbabianca.
Ma capii anche un'altra cosa.
Da Monkey D. Rufy dipendeva anche il sorriso per cui io
mi sarei fatto ammazzare.
Ce l'avevo davanti proprio allora.
Avevi promesso di presentarmelo, quel giorno.
Avevi scommesso che la sua allegria avrebbe conquistato tutta la
ciurma, me compreso.
Sfortunatamente il destino gioca a cambiare le carte in tavola e della
proverbiale vivacità di tuo fratello non abbiamo ancora
visto traccia.
Rufy "Cappello di paglia", per noi, è
l'emblema di una sofferenza e di un'angoscia che
non conoscono fine.
Sapessi...
Da quando il tuo cuore ha cessato di battere, quel sorriso che tanto
adoravi si è spento: inesorabilmente, accompagnato dalle
ceneri della tua vivrecard, se n'è andato per non
fare ritorno.
Guardo il cielo azzurro stagliato migliaia di metri sopra di noi,
reso ancora più distante dal buio in cui siamo sprofondati.
È assurdo, no?
Gli hai dato tutto te stesso...
Gli hai donato tutto il possibile, vita compresa. Ma hai finito col
sottrargli la cosa che amavi di più.
Ed io mi detesto.
Dinnanzi alla consapevolezza di non poter fare nulla per
restituirgliela.
...E tremo.
All'idea di come potresti sentirti, sapendo che hai rubato il
sorriso al tuo fratellino.
****
L'urlo ripete il mio nome.
Una, due volte... alla terza non ne tengo più neanche il
conto.
Smettila.
Mi chiama, mi cerca, mi accusa.
Se me lo sono dimenticato, Rufy? Stupido!
Nemmeno volendolo con tutto me stesso potrei scordare quel giorno e
cosa ci siamo detti, dovresti saperlo anche tu.
Ma sei testardo, e me lo rinfacci.
«ME LO AVEVI PROMESSO!!!»
Chiudo gli occhi.
Perdonami.
Non ho mantenuto la promessa, lo so. Ma sarei morto comunque, e nel
modo peggiore di tutti, se non fossi intervenuto a salvarti.
Sarei morto dentro.
Come il babbo non avrebbe sopportato la vita dopo la morte dei suoi
figli, io non sarei sopravvissuto a quella del mio unico fratello
minore.
Del resto, senza di te, non avrei mai nemmeno avuto voglia di vivere.
«…ACEEEEEEEEEE!!!»
La tua voce insiste ancora.
Adesso ti sento più forte, più vicino... eppure
qui fuori c'è solo il bianco ad inghiottirmi.
«A-Ace... Aceee-ee...»
Si spezza.
E assieme a lei, il mio cuore. Sempre che mi sia rimasto.
«Dove sei... Aceeeee…!»
Piange.
Si dispera come quella volta, per Sabo.
O forse no. No.
Adesso è peggio.
Adesso piange da adulto.
Adesso piange per colpa mia.
«Perché... mi hai lasciato solo...?»
Mi dilania.
Sento la tua sofferenza sulla mia pelle, il senso d'abbandono
e d'impotenza divorarti lentamente, privarti di ogni
volontà.
Basta, Rufy!
Serro i pugni, stringo le palpebre.
Finalmente ti vedo.
Sanguini. Sembri non conoscere altro sentimento che il tormento.
Cosa ti ho fatto?
Non lo sopporto.
I tuoi occhi grondano di lacrime. Sono loro ad urlare il mio nome.
Sono i tuoi pensieri che sto ascoltando.
Tutto lo sconforto che ti attanaglia..
Te l'ho inflitto io.
Ed è di nuovo incubo.
...Ma ora basta.
Basta.
Non sopporterò un minuto di più.
Non ti ho protetto dalla morte per vederti consumare dal dolore. Non
starò immobile mentre ti lasci distruggere da te stesso.
Allungo le braccia.
Torna com'eri.
Devo raggiungerti.
So che puoi farlo.
Per ricordarti quanto è semplice...
Perché è nella tua natura.
Per chiederti di farlo un po' anche per me...
Torna a sorridere, fratellino.
****
Gli ibiscus rossi ardono come fiamme ai piedi del tuo sepolcro,
nonostante oggi manchi il vento. Li contemplo vago, con disinteresse,
quando il lamento in sottofondo sussulta.
«U-uh...?»
Il pianto di Rufy si arresta.
Troppo in fretta perché possa aver consumato tutte le
lacrime, troppo a lungo perché sia solo una pausa.
Rialzo lo sguardo veloce, forse temendo una perdita di sensi.
Ma ciò che vedo rischia di mozzare a me il fiato.
«...M-Marco...» mormora dopo qualche
secondo il ragazzo dal cappello di paglia, confuso e trepidante.
«Non capisco... Se sono così triste...
perché...»
Il mio cuore perde un battito.
La vista mi si appanna, gli occhi cominciano a bruciare. Per la prima
volta dopo settimane, di gioia.
«...perché cavolo sto sorridendo..!?»
Sento due gocce tiepide percorrermi le guance.
Sorrido a mia volta.
«Perché, Rufy?»
Nessuno mi suggerisce la risposta, ma io so di conoscerla meglio di
chiunque altro.
«Perché ci sono cose che abbiamo amato tanto
in vita... da non riuscire a rinunciare nemmeno dopo la
morte.»
Le mie lacrime non hanno mai avuto un sapore così dolce e
amaro allo stesso tempo.
«E lui... era innamorato perso del tuo sorriso.»
Mi fissa un istante. Uno solo.
L'espressione indecifrabile in volto persiste.
Poi il giovane pirata scoppia in un altro pianto, appigliandosi a
quella pietra con inciso il tuo nome come ad un'ancora di
salvezza in mezzo al mare in tempesta.
Geme, non nasconde il suo dolore.
Ma pur distrutto, pur col cuore lacerato da tanta pena...
Il sorriso non gli abbandona mai le labbra.
Note dell'autrice Ebbene sì, a più di un anno dal mio ultimo ingresso su EFP, ritorno e lo faccio in una sezione in cui non m'ero mai avventurata a pubblicare prima.
Scrivo fanfiction su One Piece già da un po' di anni, in realtà, ma per svariate ragioni con cui non starò ad annoiarvi, non mi sono mai decisa a metterne una online.
Questa one shot mi ha convinta.
Il perché è più semplice e forse meno banale di quanto si pensi: non è solo l'amore per Ace e Rufy, non è solo l'immensa tristezza per l'epilogo della guerra di Marineford... è che adoro i sorrisi.
Credo fermamente nella forza del sorriso e sono altrettanto convinta del fatto che un giorno senza sorriso è un giorno che non val la pena di essere vissuto.
Questo è anche uno dei motivi per cui i due fratellini del capolavoro di Oda-sensei non smetteranno mai d'incantarmi: hanno lo stesso, bellissimo sorriso pieno di vita. Un sorriso insito in Rufy prima che in Ace, un sorriso grazie al quale il pirata di Barbabianca ha trovato il suo motivo d'esistere e di cui mai, ne sono certa, avrebbe sopportato la scomparsa, nemmeno dopo la morte.
Purtroppo, dal progetto iniziale di scrivere una flashfict dai toni rincuoranti è uscito qualcosa di molto più lungo e struggente. La mia unica giustificazione in merito è che il masochismo mi aiuta ad esorcizzare (perché sì, ancora devo esorcizzarlo) il dolore per la perdita di uno dei personaggi che in assoluto ho più amato in One Piece, come penso molti di voi.
Spero solo che il tema dell'ipotetica visita di Rufy alla tomba del fratello non sia un argomento troppo "trito e ritrito" e, se lo è, che sia stato descritto in modo diverso dal solito.
VegetaGirl