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Autore: ferao    19/02/2011    11 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ta-dah! Un aggiornamento "notturno"! Mi dispiaceva lasciare le mie lettrici a bocca asciutta, visto che ormai vi sto facendo abituare al ritmo di un capitolo ogni 3-4 giorni. A questo proposito, il prossimo è praticamente già in lavorazione, perché quello e questo dovevano essere un unico capitolone. Visto però che stava venendo fuori ENORME ho pensato di dividerlo in due parti e lasciarvi un altro po' di giorni con l'acquolina in bocca... eh-eh-eh.
AVVERTENZE:
1) Stakhanov era un minatore dell'Unione Sovietica che (stando a quanto dice il mio dizionario etimologico) nel 1935 stabilì un primato estraendo 102 tonnellate di carbone in 345 minuti, ossia la bellezza di 14 volte più della quantità prescritta per ogni turno di lavoro; questo record fu battuto dallo stesso Stakhanov che, pochi mesi dopo, portò la quantità estratta a 227 tonnellate. Dal suo nome è derivata la parola "stakanovista", che significa "lavoratore indefesso" o "sgobbone".
2) Una lettrice mooolto più attenta di me mi ha fatto notare un'imprecisione: nel sesto libro la "visita" di Percy alla sua famiglia si conclude (cap. 17) con lui che se ne va con la veste macchiata di purè che gli è stato tirato addosso dai gemelli o da Ginny, dettaglio che, da brava fanwriter senza memoria, ho completamente omesso. Mi spiace. Ho voluto strafare con il momento padre-figlio, e ho scordato il lancio di puré di pastinaca. Scusate.
(E ringrazio la suddetta lettrice, anche se l'ho già fatto in privato :D)
In verità, ho commesso un altro errore molto più clamoroso, ma visto che finora nessuno sembra essersene accorto e che non ho intenzione di correggerlo, direi che stiamo bene così...
3) Come ho già detto, questo capitolo non doveva finire così; la parte dedicata ad Adams doveva (come al solito) essere più limitata. E vabbè.
Invece ho DOVUTO aggiungere il pezzo dell'ascensore, perché... perché sì, ecco! Il personaggio che vi compare per me è il padre perfetto, e non potevo non metterlo! E dice proprio ciò che direbbe un padre come lui!
4) Per un po' ho pensato seriamente di intitolare questo capitolo "L'apoteosi dei personaggi secondari", visto che adesso iniziano a venire fuori TUTTI. Ma proprio TUTTI. Spero non vi dispiaccia. (A me non dispiace affatto).
5) Grazie a chi ha aderito all'iniziativa "Dai un nome ad Adams"! Ora ho solo l'imbarazzo della scelta... Vedrò quello che mi sembra più aderente al personaggio!
6) Il cognome Saknussem è un omaggio a Verne e al suo "Viaggio al centro della terra", dove compare l'alchimista islandese Arne Saknussem. Mi serviva un cognome strano, magari non inglese, e ho pensato: "Ehi! Saknussem!"
(Con ciò, vi avviso: non so come un cognome islandese possa essere diventato norvegese, ma, come sopra, non mi interessa).
7) Ho notato, dalle recensioni e dalle conversazioni personali, che sta dilagando una strana forma di Percyzzazione. Attente a non cascarci, ragazze: non finite a sospirare per questo ragazzo smilzo, rosso e occhialuto... finireste solo per mettervi in concorrenza con Audrey, e non c'è lotta!
8)Un'ultima cosa. La mamma di Audrey è PAZZA. Punto.

Buona lettura!

La congiura dei Bennet - Atto primo





La signora Bennet non aveva avuto una vita tutta rose e fiori.
Aveva perso suo marito Klaus per colpa dei Mangiamorte, quando Audrey aveva solo tre anni; si era arrabattata per non farle mai mancare nulla, grazie anche all'appoggio di Roman e Magda; in particolare, il cognato aveva preso particolarmente a cuore la nipotina, e l'aveva coccolata e amata moltissimo. Magda, poi, l'adorava: madre di quattro maschi, amava prendersi cura della femminuccia di casa.
Per la signora Bennet, Audrey era la vita. Tutta l'energia di cui era carica, tutta la voglia di vivere che dimostrava, l'aveva grazie al pensiero di sua figlia. Nonostante sembrasse spesso presa da mille altre cose, era sempre per lei che agiva, per il suo bene.
Adesso, per il bene di Audrey, era importante risolvere la situazione che si era venuta a creare con Percy Weasley. Lucy Bennet non aveva alcun dubbio: quei due dovevano stare insieme.
Col classico fiuto delle donne della sua famiglia, aveva capito che Percy non avrebbe resistito a lungo lontano da Audrey, e viceversa.
Ma figuriamoci se posso dirglielo, è così zuccona!
Lo aveva capito osservando Percy mentre Audrey lo maltrattava, ostentando freddezza.
Quel povero ragazzo... aveva una faccia da cucciolo malmenato. Certo che mia figlia esagera, certe volte!
Beh, che devo dirvi, io vi avevo avvisati: quello del romanticismo è un gene dominante, nelle donne Bennet. Solo una persona come la madre di Audrey avrebbe potuto pensare cose simili, mentre chiunque altro si sarebbe schierato con decisione dalla parte della ragazza contro Percy, e magari l'avrebbe aiutata scagliandogli qualche fattura.
Sì, Audrey esagera proprio. Poverino, lo ha trattato malissimo; ma è testarda e orgogliosa, non tornerà indietro nemmeno a pagarla. Oh, Klaus, che devo fare?
Pensò intensamente a suo marito. Era, quello, un metodo che usava spesso quando era a corto di soluzioni. Ricordare suo marito, la sua intelligenza e la sua giovialità, l'aiutava a trovare buone idee.
Il sistema non fallì nemmeno quella volta. L'idea venne; piccola, ma venne. Non era molto chiara, né molto ben definita, ma c'era.
E di nuovo la signora Bennet non ebbe dubbi: era l'idea. Aveva solo bisogno di tempo, e di un aiuto. Un grande aiuto.


Mentre la signora Bennet era sveglia, pensando a queste cose, anche Audrey vegliava, nel buio della sua vecchia camera da letto, ingoiando lacrime amare.
Bastardo, bastardo, bastardo...
Tutto ciò a cui riusciva a pensare era bastardo.
Bastardo, bastardo...
Le riusciva incredibile credere come, dopo una serata come quella di Natale, Percy avesse potuto trattarla in quel modo. Prima era stato... dolce, dolcissimo, in una maniera che non si sarebbe mai aspettata. Poi, quando quel dannato Ministro lo aveva chiamato...
È vero, è stato dopo essere andato dal Ministro che ha iniziato ad essere scontroso.
Non aveva affatto collegato le due cose, prima.
In ogni caso, resta il fatto che è un bastardo. Primo, non ha il diritto di trattarmi così, per nulla al mondo; secondo, avrebbe potuto farsi vivo prima, se proprio ci teneva a scusarsi. Invece no; per tutto il giorno io sono stata qui, a pensare a lui, mentre lui pensava bene di passare la giornata come voleva e poi sperare che io fossi contenta di vederlo.
Bastardo...
Non riusciva a smettere di piangere. Ci provava, ma non ci riusciva; si sentiva delusa, umiliata.
E quel che è peggio, domani mi toccherà rivederlo.
Ufficio archivi del cavolo...

Il ventisette dicembre Percy si recò in ufficio, convinto di essere completamente solo nel reparto Archivi. Solitamente, agli impiegati venivano date le ferie fino al 2 gennaio, il che per lui significava ben sei giorni senza Audrey e Adams.
Meglio... Non ho alcuna voglia di sentirmi trattare come ieri sera...
Stavolta non gli riusciva proprio di fingersi indifferente, come aveva sempre fatto in passato; si sentiva triste, tristissimo, e non c'era nulla che potesse migliorare la situazione.
Audrey... aveva tutte le ragioni del mondo; non avrebbe dovuto parlarle così, cacciarla via in quel modo. Non poteva biasimarla se si era offesa così tanto; solo, avrebbe tanto voluto potersi scusarsi con lei.
Erano stati così bene, la notte di Natale; erano anni che non stava così bene. Nemmeno con Penelope si era mai sentito così... sicuro, tranquillo. Per una sera era stato veramente felice. Ora, aveva perso anche quella piccola felicità, per colpa della sua stupidità.
Come se non bastasse, il fatto di aver rivisto la sua famiglia era come un coltello piantato tra le costole; Percy non sapeva cosa fosse peggio, se il ricordo degli occhi di suo padre su di lui o del ghiaccio nello sguardo di Audrey.
In una situazione simile, a che vale fingere di non essere tristi?

Quando Audrey gli aveva parlato, la sera prima, Percy non aveva badato molto alle sue parole; perciò non aveva fatto caso alla frase: “Sarò in ufficio in orario”. Forse avrebbe dovuto. Magari si sarebbe potuto preparare alle giornate che lo aspettavano.
Camminando sempre a testa china, distratto, non si accorse che stava andando dritto verso Adams, e ci finì addosso.
- Cos... Oh, mi scusi... Adams?!
- Buongiorno, capo! - fece Adams, contento, mostrandogli un enorme sorriso.
- Adams, ma... ma... Che ci fa qui? Non siete in ferie?
- Beh, capo, lei dovrebbe saperlo. Il Ministero ha mandato una circolare il 16 dicembre, ci hanno tagliato le ferie per via della crisi di personale.
Percy si passò una mano sul viso. Cavolo, me n'ero scordato... E adesso?
Dove mi nascondo?
Cavolo!
- Qu-quindi siete tutti qui? Lei e...
- Sì, credo che Audrey sia già arrivata. Dunque, signor Weasley, com'è andato il... Natale?
Percy lo guardò, e capì al volo cosa intendesse dire con quelle parole e quel sorrisone: quel tizio sapeva che tra lui e Audrey sarebbe successo qualcosa dopo il ballo! Lo sapeva benissimo, in un modo o nell'altro!
In fondo, era stato lui a incoraggiarlo ad invitarla...
... E adesso, naturalmente, voleva i dettagli.
- Oh - rispose, avvampando fino alle orecchie e grattandosi la testa. - B-bene, bene... Ehm...-
Adams ridacchiò. - Mi scusi, sono stato indiscreto. Ma sa come si dice, no? Non c'è peggior indiscreto di chi sa già tutto! - e gli fece l'occhiolino. - Vado in archivio, forse è arrivata anche la signorina Bennet. Viene con me?
Percy sobbalzò. Oh, no...
Di tutto aveva bisogno, tranne che di rivedere Audrey e di risentire il suo gelo. No no no.
- M-meglio di no, Adams... V-vado... ehm... in ufficio... Tanto lavoro... Importante...
E senza riuscire ad aggiungere altro, si diresse a testa bassa verso l'ufficio, seguito dal sorriso di Adams.
Il quale, se solo avesse immaginato come era andata a finire davvero tra i due, non avrebbe certo avuto quella espressione.
Era però sicuro che tra Audrey e il capo fosse andata come aveva previsto: molto romanticismo al ballo e una sana notte di sesso dopo. (Beh, fin qui ci aveva azzeccato...)
Però non mi pare che gli abbia fatto bene. Uhm... meglio chiedere a Audrey; in fondo il capo non è un tipo molto disinibito.
La ragazza era già in archivio, e stava scartabellando un fascicolo rabbiosamente. Come vide entrare Adams lo fulminò e gli disse:
- Puoi anche togliertelo, quel sorriso. Non c'è niente da ridere.
Fu allora che Adams intuì che qualcosa non andava.
Il capo balbetta, Audrey distrugge i fascicoli... Qui qualcosa non quadra...
Ritornò serio e composto e disse:
- Se non c'è da ridere, c'è da piangere; in entrambi i casi, quel povero fascicolo non c'entra nulla.
Audrey smise di voltare le pagine, e guardò Adams con due occhi molto vicini al pianto.
- Senti, non ho voglia di parlarne, scusami...
Adams alzò le spalle. Era curioso, curiosissimo, ma non lo avrebbe ammesso per nulla al mondo. Ne andava della sua dignità di moderno filosofeggiatore.
- Nessun problema. Tanto me lo dirai, prima o poi.
Si sedette anche lui, e iniziò la sua giornata di lavoro, ignorando Audrey che tornava a imprecare sul fascicolo.
Bastardo, bastardo, bastardo...
Eh già. Non riusciva proprio a toglierselo dalla testa.

Ovviamente, lavorando nello stesso reparto, i nostri amici non potevano non incrociarsi almeno una volta al giorno.
Capitò che a Percy serviva un documento, e Adams si trovava in bagno, quindi toccava a Audrey. Al fatto di doversi presentare da Percy, la ragazza reagì involontariamente come la sera prima: in modo freddo e distaccato.
Toc toc. Slam (porta aperta). - Buongiorno, signor Weasley. - Paff (fascicolo appoggiato). Slam (porta chiusa).
Il tutto con calma; niente porte sbattute, niente fascicolo schiaffato in malo modo, niente sarcasmo. Niente di niente.Percy avrebbe preferito mille volte che Audrey ostentasse verso di lui rabbia, o tristezza. Invece, era calma.
Troppa calma.
E poi, la cosa che faceva più male a Percy: quel “Signor Weasley”.
Lo aveva chiamato così anche la sera prima. “Signor Weasley”.
In quelle due parole Audrey sottolineava la distanza che intendeva porre tra loro due. Se solo lo avesse chiamato “capo”, come faceva qualche volta all'inizio, sarebbe stato meglio. Invece no. “Signor Weasley”.
Lui le aveva dato il permesso di chiamarlo per nome, e lei si rifiutava con decisione.
Era come se stesse scavando un fossato, o meglio un canyon, fra di loro.
Un canyon pieno d'acqua con draghi marini e una piovra cannibale dentro.
Senza dubbio alcuno, Audrey aveva scelto inconsapevolmente il modo migliore in assoluto per farlo sentire in colpa. Percy stava male, davvero male. Si intristiva sempre di più, ogni volta che, incrociandola, Audrey lo guardava impassibile. Ripensò a quante volte lui stesso aveva ostentato freddezza verso qualcuno che gli aveva fatto uno sgarbo, e capì che non si era mai messo nei panni di quelle persone.
Faceva male, dannazione.
Sarebbe bastato che evitasse di incrociare Audrey, ma non ci riusciva, era più forte di lui.
Dopo più di tre mesi che lavorava per lui, Percy aveva imparato a memoria gli orari della ragazza; sapeva esattamente quando sarebbe andata da Greg, quando sarebbe rimasta in archivio a chiacchierare con Adams... Di conseguenza, se non avesse voluto incontrarla avrebbe solo dovuto scegliere orari diversi da quelli di lei.
Non ce la faceva.
Anche se sapeva che lei lo avrebbe ignorato, non resisteva all'impulso di fare una pausa nei momenti in cui la faceva lei, di andare da Greg a prendere il caffè quando andava a prenderlo lei, di uscire dall'ufficio quando lei tornava a casa.
Voleva vederla. Stare male vedendola. Chiamatelo autolesionismo, chiamatelo pentimento, chiamatelo come volete.
Oltre a ciò, mentre lei lo chiamava “Signor Weasley”, Percy si ostinava a chiamarla “Audrey”.
La ragazza poteva allargare il canyon quanto voleva, lui non l'avrebbe aiutata di certo.

In mezzo a tutto ciò, il povero Adams non sapeva proprio cosa fare.
Che abbia maledettamente sbagliato? Sarebbe la prima volta...
Mai prima d'ora il suo spirito di osservazione era stato messo così a dura prova.

- Audrey?
La ragazza sospirò. Sapeva benissimo dove avrebbe portato quella domanda. Erano due giorni che Adams faceva così; ma d'altronde era impossibile ignorarlo.
- Dimmi, Adams...
- Posso sapere una cosa?
- Dipende.
- Esattamente, che ti ha fatto il capo?
Da due giorni la stessa, identica domanda.
- Niente.
- Audrey, sono due giorni che te lo chiedo e due giorni che mi rispondi “Niente” con un'espressione che significa “Tutto”. Sono anche due giorni che tratti il capo come se fosse un gargoyle mentre lui ti guarda sconsolato senza avere il coraggio di dire quello che pensa. Allora, che ti ha fatto il capo?
Il coraggio di dire cosa?
- Perché, che pensa il signor Weasley?
- Non te lo dico finché tu non mi dici cosa ti ha fatto.
Audrey sospirò nuovamente. Prima o poi doveva dirlo ad Adams. Non valeva la pena raccontargli tutto; gli avrebbe dato la sua versione semplificata dei fatti.
- Mi ha portata a letto e poi mi ha scaricata senza indugi.
Adams sobbalzò. Cosa?!
- Cosa?!
Audrey annuì, mentre una lacrimuccia le scappava dall'occhio destro.
- Ma... Ma... Ma il capo non è così!
- E che ne sai?!- disse Audrey ad alta voce. - Forse a te non l'avrà fatto, ma a me sì!
- Ma... Ma... - Adams era davvero sconvolto. Non posso aver sbagliato COSÌ tanto!
- Sai dire solo “ma”? Cos'è, non hai altre frasette consolatorie da estrarre dal cilindro?
Si morse la lingua. Non voleva prendersela con Adams; lui però non si offese affatto, non era la prima volta che gli dicevano cose simili.
Anche perché il problema era un altro.
Possibile che io mi sia davvero sbagliato sul capo? Sarebbe la prima volta! E io non sbaglio mai! No, sicuramente c'è qualcos'altro...
Doveva pensare.
- Devo pensare - disse, e uscì dall'archivio senza badare a Audrey, che si stava asciugando le ennesime lacrime di rabbia che non era riuscita a trattenere.

“Pensare” significava andare dal capo e sentire l'altra campana. Siccome sapeva che il capo non si sarebbe mai confidato con lui, Adams decise di sfruttare l’ “effetto sorpresa”.
Spalancò la porta dell'ufficio di Percy con fare combattivo e lo sguardo inferocito. (Per intenderci, se volete immaginarvi la scena completa dovreste avere il sottofondo della “Cavalcata delle Valchirie”).
- Capo! - gridò, col suo vocione da baritono.
L'effetto sorpresa non fallì: Percy fece un gran balzo dalla sedia.
- Adams! - gridò a sua volta.
Adams si sentì soddisfatto: l'aveva agitato, quindi ora il capo gli avrebbe detto tutto ciò che voleva.
L'importante era non dargli il tempo di rendersi impassibile.
- Capo, cos'è questa storia di lei e Audrey?
Il pomo d'Adamo di Percy fece su e giù. Oh cavolo...
Si sentiva inguaiato. Era sempre così quando lo beccavano in castagna per qualcosa.
Decise di provare a sviare il discorso.
- Adams, non si irrompe negli uffici altrui in questo modo!
- Questo è solo il suo punto di vista. Allora: Audrey?
Si aggiustò nervosamente gli occhiali. - Non so di cosa parla, Adams.
- Oh, lei lo sa benissimo, invece!
- Devo quindi dedurre che ha già parlato con Audrey, perciò sa già tutto.
- Devo quindi dedurre che Audrey dice la verità.
Percy arrossì. - Dipende. Cosa dice?
- Dice che lei l'ha portata a letto e poi l'ha scaricata.
Percy sobbalzò di nuovo. - Non è vero!
- Ah no?
- No! Cioè sì, insomma... La prima parte è vera ma... - Avvampò, annaspando in cerca delle parole giuste. - Io... la sera del venticinque sono tornato a casa e... Beh, ero nervoso, quindi... Sì, l'ho trattata un po' male, anzi molto male, ma... ma poi volevo scusarmi e...
Adams lo fermò con un gesto della mano.
- Voleva scusarsi?
- Certo!- gridò Percy. - E l'avrei fatto, se lei non mi avesse... non...
- Quindi non si è approfittato di lei? Non ha cercato di liberarsene come si farebbe con del pus di Bubotubero?
Percy storse il naso a quel paragone. - Certo che no... Io...
Ma Adams non lo ascoltava già più. Aveva saputo ciò che voleva sapere.
Ecco, mi pareva strano. Non sbaglio mai, io.
Ora doveva solo riflettere.
- Devo riflettere - disse, e uscì, lasciando Percy un po' perplesso e un po' imbarazzato.

Colse Audrey di sorpresa allo stesso modo.
- Audrey!
- Adams!
- Il capo vuole scusarsi, ma non gliene dai modo. Cos'è questa storia?
Audrey ringhiò. - Cos'è, adesso il mondo intero deve impicciarsi degli affari miei? Non ho bisogno delle sue stramaledette scuse, né ho bisogno che qualcun altro pensi a ciò che devo o non devo fare. Chiaro?
Diavolo, con lei l'effetto sorpresa non funziona. Meglio non insistere...
- Va bene, hai ragione. Per stavolta hai vinto tu. Ma sappi che non mollo, con voi due.
Ciò detto, si sedette alla sua scrivania, mentre Audrey innervosita borbottava: - Ma pensa a te e a Ben, piuttosto...
Si bloccò a metà strada verso la sedia, con la schiena piegata.
- Cosa?!
- Mi hai sentita. Ho detto: pensa a te e a Ben.
- E... - farfugliò. - E tu cosa ne...
Audrey alzò le spalle. - Me l'ha detto la mamma. “Rosemary's Baby”...
- Chi?!
- Uff, non la conosci. Comunque questa tizia vi ha visti insieme, la sera della vigilia. Come vedi, non sei l'unico a interessarsi degli affari altrui...
La stoccata di Audrey però non colse nel segno. Guardò Adams, e ciò che vide non le piacque: era impallidito terribilmente, e aveva uno sguardo terrificato. Poi, con una voce funerea e irriconoscibile, enunciò:
- Non. Sto. Con. Ben.
- Ehi, - fece allora Audrey, abbassando i toni, - guarda che tra me e lui non c'è più nulla, anzi, sono contenta che abbia trovato una persona come te...
- Non. Sto. Con. Ben - ripeté.
Al che, il viso di Audrey si fece interrogativo. - Adams, ma...
- Non è successo nulla, né alla vigilia, né mai - concluse, e, ignorando gli occhi spalancati di Audrey, si trincerò in un muro di silenzio dietro ai fascicoli.

Il perché Adams non volesse assolutamente parlare di lui e Ben rimase un mistero, per Audrey; l'aiutò però a distrarsi dal pensiero continuo di Percy.
E dagli. Stupido gene del romanticismo made in Bennet...
Il fatto è che la sua ferma decisione di ignorare il capo a oltranza (decisione presa non senza qualche senso di colpa) iniziava a vacillare pericolosamente, dopo soli tre giorni. Fino al ventinove non aveva (quasi) avuto problemi a sopportare lo sguardo triste di lui che la osservava mentre beveva tranquilla il caffè, e meno che mai si era intenerita sentendosi chiamare “Audrey”; il trenta, però, iniziava a non sopportare più quella situazione.
In fondo, lei era fatta così: era gentile, amichevole e cordiale, e tenere il muso per tutta la vita a qualcuno non è affatto impresa semplice se possiedi queste qualità.
Soprattutto se con questo qualcuno hai passato dei momenti che consideri molto belli.

E poi, c'era stato l'incidente dell'ascensore.

Quel trenta mattina era arrivata in ufficio un po' in ritardo, e quasi tutti gli ascensori erano pienissimi. Riuscì a fermarne uno praticamente vuoto a parte un signore, ma non aveva nemmeno messo piede dentro che subito ebbe l'impulso di uscirne.
Cavolo.
Quell'uomo nell'ascensore era il capo.
O meglio, era il capo un po' più vecchio.
Insomma, non era il capo.
Il signore si accorse della sua indecisione, e la guardò, sorridendo incoraggiante. - Tutto bene, signorina?
- Oh, - mormorò lei, vergognandosi e rendendosi conto di averlo solo scambiato per Percy, - sì, mi scusi...
- Prego.
Mentre l'ascensore si muoveva, non poté fare a meno di osservare di sottecchi il signore che era con lei. Era identico a Percy: aveva i capelli dello stesso colore, gli occhiali come i suoi e lineamenti molto simili; le uniche differenze erano il fisico più rilasciato e venti o trent'anni di età.
Il signore si accorse di essere osservato, e le sorrise di nuovo, rivelando una nuova differenza con Percy: un paio di occhi azzurri.
- Le serve qualcosa?
- Oh no, mi scusi, - balbettò Audrey, imbarazzata, - è che... Somiglia molto a...
- A qualcuno che non voleva incontrare, giusto?
Audrey aggrottò le sopracciglia. - Sì, ma come...
Il signore alzò le spalle. - La sua esitazione prima di salire. È comprensibile solo se ammettiamo che io somigli molto a qualcuno con cui non vuole trovarsi. Ho sbagliato?
Audrey arrossì, abbassando lo sguardo. - No, non ha sbagliato...
Al signore svanì il sorriso dalle labbra, mentre sembrava perso dietro a un suo pensiero.
- Sa, credo anche di sapere di chi si tratta, e non ha tutti i torti a non volerlo vedere...
L'ascensore si fermò, il signore era arrivato. Fece per scendere, ma si bloccò. Guardò di nuovo Audrey e fece un sorriso da spezzare il cuore, prima di dire:
- Percy è un grandissimo cretino, ma è anche un bravo ragazzo. Non sono la persona più adatta a dirglielo, ma è la verità.
Poi, con un cenno di saluto, scese.

Quell'incontro le aveva smosso qualcosa dentro.
Forse era stato il misto di tenerezza e tristezza con cui il signore sconosciuto le aveva detto quell'ultima frase; fatto sta che quel giorno si sentiva mancare il coraggio e la voglia di seguitare a ignorare Percy.
Giungendo finalmente in archivio, sbirciò nell'ufficio di lui; lo trovò che sfogliava evidentemente senza attenzione un documento.
Per la prima volta in tre giorni, provò pena per lui.
Stupida, stupida Aud! Non sei in grado di mantenerti irremovibile? Ti fai muovere a pietà così?
Lo guardò ancora. Aveva anche lui una grande tristezza dipinta in volto.
Ecco, brava, compatiscilo. Sveglia! Ti ricordi come ti ha trattata?
Sembrava tornato quello di prima. Insomma, quello che aveva conosciuto il giorno del suo colloquio, il capo triste e nervoso che teneva tutti a distanza. Le fece una compassione immensa, come le prime volte.
E – soprattutto – sentì di nuovo il famoso nodo allo stomaco.
Oh, per Godric, Helga, Salazar e anche Rowena, sei la creatura più stupida del pianeta!
Ma che si poteva fare? Era buona, e aveva il cuore tenero.
E da tempo si era presa una cotta per Percy. Aveva conosciuto la sua bellezza, nascosta a tutti fuorché a lei, e se ne era innamorata.
D'altra parte, Adams le aveva detto che il capo avrebbe voluto scusarsi; forse avrebbe dovuto dargliene la possibilità...
Si riscosse, e, con passo deciso, si allontanò dall'ufficio di Percy.
“Forse, ma non ora. Deve soffrire ancora un po'.”
Brava Aud, adesso ti riconosco!

Purtroppo, l'irreversibile processo di ammorbidimento era incominciato; Audrey se ne accorse troppo tardi.
Se ne rese pienamente conto solo quando, lo stesso giorno, si ritrovò a chiamare nuovamente Percy per nome.
Accadde quando gli portò dei documenti poco prima della fine del turno.
- Ecco i contratti che mi hai chiesto, Percy.
Deng! Campanello di allarme!
Sulle prime Percy non si rese conto di quello che la ragazza aveva detto, e nemmeno lei.
Non ci misero molto, però. Questione di due secondi.
... Che cosa ho detto?!
- Come hai detto? - domandò Percy, illuminandosi per un istante.
- Ho detto: ecco i contratti, signor Weasley.
- Ah. - Deglutì, tornando a immalinconirsi. - Bene. Grazie, Bennet.
Deng! Secondo campanello di allarme!
- Come? - fece Audrey aggrottando le sopracciglia. Erano giorni che pretendeva da Percy che non la chiamasse più per nome, e adesso... era strano sentirsi chiamare “Bennet”.
- Ho detto: grazie.
- No, ha detto: grazie, Bennet.
- È il tuo cognome, no? Pensavo volessi che ti chiamassi così.
- Sì, ma...
- Ma? - Abbassò la voce, guardandola negli occhi. - Preferisci forse che ti chiami Audrey?
Audrey non sapeva che rispondere. Una strana sensazione si era impadronita di lei.
- No, no, Bennet va benissimo... a dopo, Percy.
- Come?
- A dopo, signor Weasley!

Mega cavolo!
Stava iniziando a crollare, così presto!
Super cavolo!
E perché adesso la chiamava “Bennet”? Lei si inteneriva e lui si raffreddava?!
Stracavolo cavoloso!
Che razza di situazione, eh?

Nonostante l'assenza di ferie, il Ministero era chiuso nei giorni trentuno dicembre e primo gennaio, per cui, quando il turno di lavoro finì, molti dipendenti ne approfittarono per scambiarsi gli auguri di buon anno nuovo.
- Dai Adams, cosa farai a Capodanno? Starai con Ben?
Sentendo quel nome, Adams assumeva sempre un'aria di disagio, e sviava il discorso.
- Ben chi?
- Ben, il mio ex. È inutile che fai lo gnorri, sai...
- A Capodanno andrò in Germania, vado a trovare i parenti di mia madre - disse in fretta Adams, sperando di mettere a tacere Audrey.
- Tua madre è tedesca? Davvero?
- Certo. Non si intuiva dalla mia bellezza fuori dal comune?
Audrey ridacchiò. - A dire la verità... no. Uno dei miei cugini ha la moglie tedesca, e non è un gran bel vedere, te l'assicuro.
- Questa, mia cara, è la solita invidia degli isolani verso il continente.
- Non ti permettere! - scherzò lei, e continuando a ridere uscirono dall'archivio.
Era inevitabile che incrociassero Percy.
- Buona sera, capo! Auguri di buon anno nuovo! - lo salutò Adams.
- Auguri anche a lei, Adams... - rispose lui, evitando di guardare Audrey.
Da parte sua, anche la ragazza lo ignorò. È vero, si stava intenerendo, ma questo lo sappiamo solo noi e lei, e Audrey non era assolutamente intenzionata a dare a Percy un seppur minimo spiraglio di speranza.
Scommetto che non la facevate così ostinata; a dirla tutta, nemmeno io... Evidentemente ha preso molto più di Klaus che di Lucy.
Ci fu un momento di silenzio, in cui l'imbarazzo dei due più giovani pesò su tutti e tre. Alla fine Adams decise di stemperare la situazione, e domandò a Percy:
- Cosa pensa di fare per questo Capodanno, capo?
- A dire la verità, non ci ho ancora pensato. Credo che mi porterò un po' avanti col lavoro...
- Però! - cercò di scherzare Adams. - Lei avrebbe potuto insegnare qualcosa al compagno Stakhanov!
- Già, già - tagliò corto Percy. - Beh, buon anno, Adams... Bennet...
Audrey si limitò a un cenno del capo, poi salutò Adams abbracciandolo e andò dritta a casa sua.
Aveva un gran bisogno di un tè, un bagno caldo e una telefonata a sua madre.

La telefonata per un po' non fu possibile, perché Lucy Bennet era impegnatissima a parlare con suo cognato Roman.
- Dai, Rom, perché non puoi farmi questo favore? Solo per quest'anno...
- Non so, Lucy, lo sai, di solito i ragazzi passano la sera del trentuno con noi e il primo gennaio con le famiglie delle mogli...
- Beh, quest'anno faranno il contrario!
- Senti, non ho ancora capito il perché di tutto questo.
- Ma è ovvio, no? La sera del trentuno avremmo poco tempo, invece il primo gennaio c'è tutta la giornata a disposizione...
- Cognatina cara, ma a cosa ci serve l'intera giornata del primo gennaio?
La signora Bennet sbuffò. Roman era l'uomo più duro di comprendonio che avesse mai conosciuto in vita sua.
- Ma per Audrey, è chiaro! - rispose, con il tono esasperato di chi si trova a spiegare per la quinta volta qualcosa di scontato.
Roman si asciugò la fronte. Parlare con Lucy quando era così esagitata era impossibile.
- Senti, perché non parli con Magda? Forse lei capirà meglio di me...
- Capirà sicuramente meglio di te! Avanti, passamela!
In effetti, Magda capì perfettamente cosa voleva Lucy, e fu d'accordo con lei su ogni cosa.
A Roman non rimase che grattarsi la testa quasi calva, pensieroso, mentre cercava di capire cosa ci fosse nelle donne di tanto diverso dagli uomini.

L'idea che la signora Bennet aveva avuto era molto rozza e semplice: siccome da sola non poteva aiutare Audrey e Percy a far pace, e siccome aveva una scarsa fiducia nelle capacità della propria figlia, aveva pensato che tutta la famiglia Bennet doveva aiutarla.
Il modo migliore, secondo lei, era che si riunissero tutti a Capodanno. Per il resto, non sapeva esattamente cosa si sarebbe dovuto fare, ma avrebbe improvvisato.
Magda non poteva essere più d'accordo. Le era dispiaciuto sapere che Audrey e Percy avevano litigato, anche perché iniziava a starle simpatico quel ragazzino smilzo amante della sua cucina.
Era decisa a fare tutto il possibile perché Audrey tornasse serena.
- Non preoccuparti, Lucy, - disse infine alla cognata, - penserò io a organizzare tutto e a convincere i ragazzi. Per una volta potremo scambiare il cenone con il pranzo.
- Ero sicura che tu avresti capito, Maddie. Grazie.
- Per la mia piccola Audrey questo e altro!
Quando Magda riagganciò, trovò Roman che la guardava perplesso.
- Maddie... Scusa se te lo chiedo, ma... E se Audrey non fosse d'accordo con tutta questa storia?
- Oh, finiscila, Roman. Certo che è d'accordo. Solo che ancora non lo sa. - E considerando chiusa la questione, corse a mandare un gufo a tutti i suoi figli per avvisarli del cambiamento di programma.

È necessario, in vista di questa riunione di famiglia, che voi lettori sappiate qualcosa di più sulla famiglia Bennet.
Quando gli erano stati presentati, a Natale, Percy non era dell'umore più adatto per soffermarsi a ricordare i nomi e i dettagli di ciascuno di loro, e, d'altra parte, gli stessi Bennet non avevano ritenuto necessarie delle presentazioni approfondite. Tuttavia, la storia di una famiglia è sempre interessante, per quanto quella famiglia possa essere bizzarra o tremenda.
Roman e Klaus Saknussem erano figli di una coppia di maghi norvegesi emigrati in Gran Bretagna durante l'invasione tedesca della Norvegia. I genitori erano poi morti, lasciandoli orfani da piccolissimi.
I due fratelli furono scambiati per comuni Babbani, e affidati a una coppia non magica, i Bennet per l'appunto. Dopo aver frequentato Hogwarts, Roman divenne Guaritore, Klaus Auror.
Come abbiamo già detto, Klaus morì ucciso da alcuni Mangiamorte quando Audrey era molto piccola. Roman invece ebbe quattro figli maschi: Rhett, Jarne, Oleg e Saul. Tutti e quattro somigliavano moltissimo al padre, ma avevano caratteristiche proprie. Rhett e Saul, il maggiore e il minore, avevano gli occhi verdi di Roman e i capelli scuri di Magda, Oleg gli occhi azzurri del loro zio Klaus e i capelli biondi del padre, Jarne i capelli e gli occhi nocciola di Magda. Un'accozzaglia di fenotipi interessante, che, unita all'identica forma del viso, rendeva i quattro fratelli al contempo inconfondibili e somigliantissimi.
Tra Audrey e il più piccolo dei suoi cugini, Saul, passavano ben dodici anni di differenza. Normale quindi che tutti si sentissero affezionati e iperprotettivi verso di lei, la piccolina di casa Bennet.
Come ho già detto parlando del Natale dai Bennet, tutti e quattro i figli di Roman erano sposati e avevano un paio di figli, tranne Oleg che ancora non ne aveva nessuno. La più grande dei nipoti di Roman e Magda, Judith, non aveva che dodici anni.
Probabilmente vi direte: ma cosa ci importa dei Bennet? A noi importa di Percy e Audrey!
Beh... Ci arriveremo, non temete.

Non è il caso di parlare dell'atmosfera che invadeva le case di Percy e di Audrey la notte del trentuno. Il primo era da solo, la seconda con sua madre; entrambi però speravano solo una cosa: che quel maledetto anno finisse presto.
Percy non riusciva a non pensare ai suoi genitori, e ogni pensiero era un respiro di aria gelata nei suoi polmoni. Audrey non riusciva a non pensare a Percy, e ogni ricordo della sera passata con lui le bruciava la pelle.
Ad ogni modo, quel maledetto anno finì.
Tuttavia sarebbe rimasto tutto uguale a prima, se non fosse stato per l'idea della signora Bennet.

Alle dieci del mattino del primo gennaio, Percy fu svegliato da un sonoro CRACK nella sua stanza.
Saltò su, afferrando rapidamente la bacchetta sul comodino. Ciò che vide lo terrorizzò.
O meglio, ciò che intravide, visto che non era riuscito a mettersi gli occhiali.
Nella sua stanza c'era qualcuno, che frugava nel suo armadio.
- Oh, scusami Percy, non volevo svegliarti...
Quel qualcuno aveva la stessa voce della madre di Audrey.
Cosa diavolo...
- Beh, già che sei sveglio apro le persiane, così almeno riesco a vedere cosa combino... credo di aver rotto un'anta dell'armadio, ma la riparo subito.
Mentre la signor Bennet apriva le persiane, Percy si ricordò di essere in mutande, e si nascose sotto le coperte. La sua mente ronzava per la confusione.
- Cosa... Chi... Perché...
- Ah! Va molto meglio ora, non trovi? - La signora Bennet gli sorrise, incurante dell'imbarazzo e dello stordimento del povero Percy.
- Lei... Io... Ma... Ma...
- Certo che però questo armadio è un disastro! Non capirò mai perché voi uomini ci teniate tanto ad essere così disordinati!
Mentre la signora Bennet gli sistemava il guardaroba, Percy ritrovava la lucidità di sentirsi offeso per quell'invasione del suo spazio vitale.
- Signora Bennet...
- Oh, chiamami pure Lucy, caro! Dov'è che tieni i maglioni?
- Signora Bennet, cosa ci fa qui a casa mia, a quest'ora?
- Hai ragione, avrei dovuto avvertirti ma ho dimenticato di mandarti un gufo. Maglione e camicia, che ne dici?
- Cos... - tentò di dire Percy, mentre la signora Bennet, incurante di lui, estraeva dall'armadio una camicia bianca e uno dei maglioni di Molly, blu elettrico con una grossa P gialla ricamata.
- Bellissimo, questo! E che bel colore! È fatto a mano, vero?
- Signora Bennet! - ruggì Percy, che però non osava ancora alzarsi.
Diavolo, sono in mutande! Che ci fa questa pazza a casa mia?
- Vedi, Percy, ieri mia cognata mi ha detto che avrebbe voluto invitarti a pranzo da loro oggi, - fece la signora Bennet, sorridendo per la piccola bugia e cercando un paio di pantaloni nell'armadio, - solo che non sapevo dove poterti rintracciare, poi mi è venuto in mente che potevo chiedere al Ministero il tuo indirizzo...
- Al Ministero?! Lei ha chiesto il mio indirizzo al Ministero?!
- Sai, ci sono ancora in giro dei vecchi colleghi di mio marito, ogni tanto mi fanno qualche favore - chiocciò allegra la signora Bennet mentre trovava finalmente dei pantaloni. - Purtroppo era troppo tardi per mandare un gufo, e non ero sicura che avresti avuto il tempo di rispondermi, perciò...
Perciò, secondo lei, la soluzione migliore era irrompere in casa mia e svegliarmi spaccando l'armadio?
Si schiarì la voce. Era tentato di usare proprio quella frase, ma non voleva essere sgarbato. Quella donna lo intimoriva.
- E quindi ha pensato di... disturbarsi venendo di persona? - domandò, facendo attenzione al tono.
- Oh, no, nessun disturbo! Ho solo pensato che con così poco preavviso potevi avere bisogno di una mano per vestirti..
Pazza. Questa è pazza. Anche Audrey è pazza, ma non a questi livelli; qui siamo alla camicia di forza.
Diamine, non le permetterò di vestirmi!
- Ecco, credo che vestito così staresti benissimo! - gorgogliò soddisfatta la signora Bennet.
- Direi che puoi anche indossarli, io intanto vado a prepararti un caffè. - E fece per uscire dalla stanza.
- Aspetti un momento! - la chiamò Percy, facendo il gesto di alzarsi, e tornando subito a nascondersi sotto la coperta. La signora Bennet se ne accorse.
- Ehi, non preoccuparti se sei in mutande: non mi imbarazzo di certo! E poi ti ho già visto...
Pazza. Paz-za. P. A. Z. Z. A.
- Senta, signora Bennet...
- Lucy.
- Senta, Lucy, io le sono molto grato per il... disturbo, e lo sono anche verso sua cognata, ma... Ecco, avevo altri programmi per oggi...
E soprattutto, non intendo passare un'altra giornata come il Natale, in mezzo a quel gruppo di casinari e... Dio, ci sarà anche Audrey! No, no, non mi avrete...
La signora Bennet si fece seria, mentre considerava ciò che il ragazzo le aveva detto. Poi disse:
- Magda aveva pensato che avresti risposto così. Perciò mi ha detto di farti sapere che avrebbe preparato gli spaghetti con le polpette.
Se foste stati almeno una volta a pranzo o a cena da Magda Willow in Bennet, sapreste che davanti a un argomento del genere non si può controbattere. La mente stessa si rifiuta di far pervenire alle corde vocali gli impulsi nervosi necessari per dire “No”.
Annientato da quell'argomentazione, Percy si alzò e iniziò a vestirsi, mentre la signora Bennet, ridendo sotto i baffi, andava a preparargli il caffè.

Lucy Bennet era incredibilmente riuscita a tenere nascosto a Audrey il fatto che avrebbe “invitato” a pranzo Percy; e insieme a lei c'era riuscita tutta la famiglia Bennet.
Tuttavia, la ragazza aveva intuito che qualcosa non andava.
Mentre Lucy faceva il suo blitz a casa di Percy, Audrey era a casa di Roman e Magda ad aiutare la zia a preparare il pranzo. Per tutto il tempo, Magda, cercando di fare la sua parte nel piano di Lucy, non fece che chiedere alla nipote di Percy.
- Allora, come va con... Come si chiama...
- Come si chiama chi?
- Il ragazzo che hai portato a Natale, quello smilzo, rosso...
- Beh, come va... Normale.
“Quando Audrey dice “normale” vuol dire che va molto male”, ricordò Magda.
- E... non sei stata con lui, a Capodanno?
- No. Perché avrei dovuto?
- Beh, sai, sei giovane... Hai l'età per divertirti, vedere gente... E lui sembra simpatico.
Simpatico come un Grugnocorto con la raucedine.
- Poi a quanto ho capito fa un bel lavoro, ha una posizione importante... Di questi tempi è bene che un uomo abbia un posto sicuro...
Audrey smise per un attimo di preparare la crema pasticciera, cercando di capire dove volesse andare a parare quel discorso.
- ... Poi è molto educato, e sembra piuttosto intelligente...
- Scusami, zia, stai cercando di fare la ruffiana per Percy? - chiese Audrey, stizzita.
- Ah, ecco come si chiama! Non riesco mai a ricordamelo...
- Non cambiare argomento e rispondi! - insistette Audrey, brandendo minacciosa la frusta da cucina.
- Ruffiana? - Magda sostenne lo sguardo della nipote, mentre enunciava la sua bugia colossale. - Ruffiana? Certo che no! Che idea! - e riprese a mescolare il sugo degli spaghetti.
Audrey non era affatto convinta. - Se non stai facendo la ruffiana, a che servono tutti questi discorsi sul posto di lavoro e sull'educazione?
- Uh, come sei permalosa, Aud! Volevo solo fare conversazione, tutto qui!
Audrey sospirò. Non era davvero permalosa, ma le dava fastidio sentir parlare di Percy mentre cercava in tutti i modi di toglierselo dalla testa.
Dico io, una fa tanto, e poi arriva la zia con questi discorsi...
- E comunque, zia, - disse riprendendo a mescolare la crema, - come fai a sapere tutte queste cose su Percy? L'hai visto solo a Natale e non ci hai parlato molto...
- In verità, l'ho rivisto a Santo Stefano; è venuto a cena da noi, sai?
Stavolta la frusta le cadde di mano.
Sgranò gli occhi. - A cena?!
Magda annuì. - In realtà cercava te, non ti aveva trovata a casa e voleva sapere dov'eri. Però l'abbiamo trattenuto, sai, avevo preparato gli spaghetti e gli sono piaciuti parecchio...
- Zia, i tuoi spaghetti piacciono a tutti... - commentò Audrey.
- ... poi abbiamo chiacchierato fino alle dieci di sera, e solo dopo gli ho chiesto come mai era venuto da noi e ci ha detto che avevate discusso. Oh, Audrey, - esclamò Magda, colpita da un pensiero improvviso, - avete discusso? È per quello che sei così giù di morale?
È bello avere accanto persone che ti capiscono al volo...
- No, zia, non preoccuparti, è tutto risolto.
Magda intuì che era meglio non discutere. - Mi fa piacere. - Mentre assaggiava il sugo aggiunse: - Comunque, avresti dovuto vedere come ha divorato quegli spaghetti. Li ho preparati apposta, oggi!
Audrey aggrottò le sopracciglia. - Perché, cosa c'entra?
La zia si accorse in tempo dell'errore. - Niente... Solo che... Era da tanto che non li facevo per tutti voi, ecco!
Ma Audrey già non l'ascoltava più.
Quindi, Percy non era venuto a scusarsi a quell'ora solo perché ci aveva pensato tardi. Era stato bloccato dagli zii. Non aveva alcun dubbio che fosse andata così: sapeva quanto Roman e Magda potessero essere insistenti, chiacchieroni e ospitali.
E visto che cenavano immancabilmente alle sette e mezza di sera, Percy doveva essere andato da loro a quell'ora.
Si sentì un po' in colpa. Lo aveva maltrattato rimproverandogli di essersi presentato alle dieci di sera, quando lui era già pronto a scusarsi tre ore prima.
Resta il fatto che non mi ha cercata tutta la mattina.
Il senso di colpa svanì.

Subito prima dell'arrivo di Lucy e del suo ospite “coatto”, giunsero tutti gli altri Bennet; tra una cosa e l'altra si era ormai fatto mezzogiorno, e tutti si disposero in tavola.
Tutte le grandi famiglie hanno in genere un ordine fisso per quanto riguarda i posti a tavola:
a capo della lunga tavolata c'era Roman. Alla sua destra e alla sua sinistra si sedevano rispettivamente Oleg e Rhett, e accanto a loro le mogli Edna e Stacey. Seguivano così, alternati, i figli di Roman e le mogli, poi la signora Bennet davanti a Magda e Audrey e, poco staccati dagli adulti, i bambini, a partire da Judith e a finire con le gemelline di Saul, Claire e Christine, di quasi due anni.
Tutti avevano già preso posto, quando il campanello suonò.
- Dev'essere tua madre, Audrey, apri tu?
- Certo, zia - rispose, anche perché voleva proprio chiederle dove diamine fosse finita tutto quel tempo.

Nel breve intervallo che si frappose tra l'allontanamento di Audrey dalla sala da pranzo e il suo grido belluino in seguito all'apertura della porta, Magda era riuscita a spiegare rapidamente al suo primogenito, Rhett, lo scopo di quel pranzo di Capodanno. A nome dei suoi fratelli, Rhett aveva aderito con entusiasmo all'iniziativa.
Tutto era pronto per la congiura dei Bennet.

   
 
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