Capitolo
Uno
u
Pov
Elena
Ero in macchina di Damon
insieme a lui, Stefan e Tyler e dietro di noi sull’auto di Matt c’era
quest’ultimo, Caroline, Bonnie e Jeremy.
La nostra meta era il
Grill. Il giorno seguente sarebbe iniziata la scuola, quello che sarebbe stato
per me l’ultimo anno di liceo.
Avrei preferito di gran
lunga passare la serata a casa, magari scrivendo sul mio diario gli ultimi
avvenimenti e godendomi finalmente quella sensazione di pace che provavo da
quando avevamo sconfitto Klaus. Caroline, invece, si era presentata a casa mia
con il chiaro intento di coinvolgere tutti in una serata di divertimento e alla
fine non avevo saputo dirle di no.
Inizio Flashback
Sentii un fruscio provenire dalla finestra della
mia camera e mi voltai a controllare, ma non vidi nessuno, così tornai a
concentrarmi sul mio diario.
“Stai sempre a scrivere”.
Mi voltai spaventata e mi ritrovai Caroline a pochi
centimetri da me.
Ecco cos’era il fruscio che avevo sentito poco
prima.
“Ma sei scema? Mi hai messo paura”.
“Ops. Non volevo giuro”.
Chiusi il mio diario e lo posai sul letto, poi mi
voltai verso di lei notando la sua espressione raggiante.
“La tua espressione mette paura. Cosa hai in
mente?” le domandai.
“Domani inizia la scuola”.
“Il che significa?”
“Che questo è il nostro ultimo giorno di
divertimento prima dell’inizio del nostro estenuante ultimo anno di liceo”.
“Quindi?”
Era strano da dirsi, ma quando metteva su quell’espressione
mi metteva paura, in senso metaforico ovviamente.
“Andiamo tutti al Grill a festeggiare” mi disse
euforica.
“Non se ne parla proprio”.
“Ti prego” aggiunse facendomi il labbro tremulo.
“Caroline non attacca stavolta”.
“Senti Elena. Questi mesi estivi sono stati i più
terribili delle nostre vite. Abbiamo rischiato di morire tutti e certo non è
stata l’estate che avevamo prospettato di trascorrere, quindi tu adesso muovi
il culo da quel letto, ti togli il pigiama e ti prepari. Io e gli altri ti aspettiamo
sotto” mi disse prima di sparire dalla mia vista a velocità sovrumana.
Uscii dalla mia stanza e mi affacciai alle scale
ritrovandomi tutti i miei amici all’ingresso di casa.
Matt e Tyler, Caroline e Stefan, Bonnie e Jeremy,
perfino Damon.
Se quella pazza di Caroline aveva coinvolto anche Damon
in quella che si prospettava una serata a base di amici certo io non avevo
speranze di resistenza.
Fine Flashback
Grazie alla guida
spericolata di Damon raggiungemmo il locale in pochissimo tempo e subito ci avvicinammo
al bancone per ordinare qualcosa da bere, poi unimmo due tavoli e ci sistemammo
lì iniziando a parlare, ridere e scherzare.
A guardarci da fuori
sembravamo otto normali ragazzi che trascorrevano una serata in compagnia tra
risate e scherzi, ma se c’era qualcosa che avevo imparato nel corso di
quell’ultimo anno era che di normale al mondo non esisteva nulla.
A volte ero certa che
neppure il nostro modo di volerci bene era normale, eravamo diventati troppo
dipendenti l’uno dall’altro, anche se ovviamente c’era sempre l’eccezione che
confermava la regola e in questo caso si
trattava di Bonnie e
Damon.
La mia amica strega non
aveva mai accettato davvero Damon. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto
per me, per noi, lei lo vedeva ancora come una minaccia e certo lui non faceva
nulla per entrare nelle sue grazie.
La verità era che, forse,
l’unica ad averlo capito fino in fondo ero stata io, o forse semplicemente mi
piaceva l’idea che fosse così.
Osservai mio fratello
ridere con entusiasmo guardando Bonnie e non potei fare a meno di sorridere
anche io. Da quando quei due si erano messi insieme sembrava che nella vita di
Jeremy fosse finalmente entrato un raggio di sole che faceva risplendere tutte
le sue giornate e io non potevo che essere felice per questo.
Poi i miei occhi si
posarono sui miei tormenti, prima su Stefan, poi su Damon.
Li guardai attentamente
cercando di capire come fosse possibile provare qualcosa per due opposti quali
erano loro due.
Stefan, in jeans chiari e
maglietta marrone, sorrideva alle battute di Tyler intavolando una
conversazione mentre giocherellava con le mie dita baciandole ogni tanto o
rivolgendomi sorrisi da far girare la testa. Sembrava felice, felice come non
lo avevo mai visto.
Damon, invece,
rigorosamente vestito di nero, beveva il suo whiskey in tutta tranquillità.
Silenzioso forse più del solito sembrava avere qualcosa che lo tormentava. Era
completamente assorto nei suoi pensieri e totalmente estraneo alla
conversazione, un po’ come me del resto.
“Che ne dite di una
partita a biliardo?” propose Jeremy euforico.
“Andata” risposero Matt e
Tyler dopo essersi scambiati uno sguardo complice.
“Chi perde paga da bere
per tutti” propose Stefan dopo avermi dato un bacio sulla tempia.
“Io gioco in squadra con
Jeremy” aggiunse Bonnie.
“Ok, allora è ufficiale.
Stasera il mio portafogli piangerà lacrime salate” rispose mio fratello facendo
ridere tutti quanti.
Era risaputo che Bonnie
fosse una frana con il biliardo.
Lei assunse un’espressione
imbronciata, ma quando mio fratello le si avvicinò e le diede un bacio a fior
di labbra sembrò tornargli il sorriso.
Tutti quanti si spostarono
alla carambola, mentre io e Damon restammo al tavolo.
Notai che si erano divisi
in due squadre. Matt, Tyler e Caroline da una parte e Bonnie, Jeremy e Stefan
dall’altra.
“Credo che, forse, Jeremy
ha ancora qualche speranza di vittoria” dissi a voce alta considerando che
Stefan era un bravissimo giocatore e che avrebbe facilmente sopperito le mancanze
di Bonnie.
“Beh Stefan gioca bene,
certo non è un professionista come me, ma è ok”.
“Il solito modesto” dissi
sorridendo e per la prima volta in quella serata lui ricambiò il sorriso, uno
di quei sorrisi che amavo vedergli addosso.
Piombò il silenzio per
qualche secondo, poi decisi di romperlo.
“Andiamo a giocare anche
noi?” proposi.
“Per sembrare un’allegra
combriccola di amici?” mi domandò lui assumendo il suo solito tono di voce
beffardo.
“Non è questo che siamo?”
“Voi, forse, io no di
certo”.
“Damon potresti…” dissi
prima che lui mi interrompesse.
“Io non sono come voi”.
“Perché scusa come siamo
noi?”.
“Umani” mi rispose
abbassando lo sguardo.
“Beh non mi risulta.
Guardali, due vampiri, un licantropo, una strega e due umani. Credo che se i
calcoli non mi inganno gli umani siano in netta minoranza” dissi riferendomi a
loro che giocavano.
“Sai benissimo che non mi
riferivo a questo”.
“E allora a cosa?”
Volevo che fosse lui a
dirlo, perché io avevo già capito a cosa si riferisse.
Lui rimase in silenzio.
Non me l’avrebbe data vinta.
“Umanità, ecco di cosa parli”
gli dissi.
“Una volta ti ho detto che
Stefan non voleva essere come me, ma questo non significava che sotto sotto non lo fosse. Beh, mi sbagliavo. Lui non è come me,
nessuno lì è come me”.
“Forse la verità è che tu
non vuoi essere come loro, come Stefan, ma questo non significa che tu sotto sotto non lo sia. Sei migliore di quello che credi. Io lo
so”.
Lui mi guardò e sorrise,
uno di quei sorrisi da ritenersi illegali.
“Elena, Elena” disse
scuotendo la testa “la gentile donzella sempre pronta a vedere del buono in
tutti”.
Non dissi nulla, ma mi
limitai a sorridere. Damon non sarebbe cambiato mai.
Un cameriere si avvicinò e
portò una birra a Damon.
“Ne prendo una anche io”.
“E da quando?” mi domandò
lui.
“Da adesso” gli risposi
prendendo la birra datami dal cameriere e avvicinandola alla sua facendola
scontrare prima di berne un sorso.
“Mi ricorda qualcosa”
disse solamente lui sorridendomi prima di berne un altro sorso.
In effetti anche a me quella
scena ricordava qualcosa, forse uno dei momenti più importanti di quell’ultimo
anno, il momento in cui avevo iniziato a guardare Damon con occhi diversi.
E quasi senza accorgermene
i pensieri andarono diretti a quel giorno, a quando l’anno prima Damon mi aveva
portato ad Atlanta con lui dopo avermi salvato da un incidente d’auto e da un
vampiro.
Inizio Flashback
Eravamo al bar seduti a mangiare un hamburger e
Damon sembrava diverso, era gentile e divertente.
Era riuscito a farmi accantonare per un momento i
problemi con Stefan e le sue bugie in merito a Katherine e ci eravamo messi a
parlare di cose stupide, banali quasi, ma stranamente mi piaceva.
“Allora supponendo che io discenda da Katherine
questo farebbe di me una mezza vampira?” gli domandai.
“Non possiamo procreare” mi rispose serio “ma ci
piace provarci” aggiunse poi malizioso.
Gli scoccai un’occhiata che lanciava ben poco
all’immaginazione e subito lui riprese a parlare tornando serio.
“No, se foste imparentate avrebbe avuto un bambino
prima della trasformazione”.
“Stefan pensava di potermi usare per rimpiazzarla?”
“Se vuoi un mio parere è un po’ inquietante”.
Scossi la testa pensando alle bugie di Stefan, al
fatto che non mi avesse detto niente e Damon dovette accorgersene, perché
subito torno a parlare.
“Non ti piacciono i sottaceti, scusa?” mi disse
retorico prima di prenderne un paio dal mio piatto e mangiarli.
“Perché puoi mangiare se…tecnicamente sei…” mi
fermai non sapendo bene come esprimere il mio concetto.
Lui si guardò in giro, poi guardò me.
“Moorto…non è mica una parolaccia. Purchè assuma abbastanza
sangue regolarmente, il mio corpo funziona come tutti gli altri” mi rispose
ingozzandosi una patatina fritta con uno sguardo alla Damon Salvatore.
Sorrisi sincera. “Tutta questa gentilezza…c’è
qualcosa di vero?” domandai poi.
Lui mi guardò e rispose con un verso gutturale che
voleva dire “si certo” e stranamente gli credetti.
“Ecco qua” disse Bree porgendogli un'altra birra.
“Grazie” le rispose lui.
“Ne prendo una anche io” dissi.
Damon mi guardò come a dire “scusa?”
“Timeout ricordi, per cinque minuti. Beh quei
cinque minuti hanno bisogno di una birra”.
“Eccola” mi disse Bree porgendomela.
La presi e poi scontrai la mia bottiglia con quella
di Damon prima di iniziare a berla mentre lui mi guardava ancora stranito.
Fine Flashback
Fu quella la prima volta
in cui decisi di fidarmi di Damon. Non avevo certezze e forse me ne sarei
pentita, ma in quel momento vidi un Damon diverso e ne approfittai.
Restammo in silenzio per
un po’. Io intenta a guardare i ragazzi ridere mentre giocavano e beccandomi
qualche occhiata innamorata da parte di Stefan e Damon intento a scrutare
chissà cosa mentre terminava la sua birra.
“Me ne vado” mi disse
mentre anche io bevevo un sorso di birra.
Tossii abbastanza forte da
sputare quasi il liquido che avevo in bocca, tanto forte da farmi sentire
perfino dai ragazzi che giocavano. Vidi Stefan guardarmi e lo rassicurai con lo
sguardo, poi tornai a guardare Damon.
“Hey fai attenzione. Cerca
di non attentare alla tua vita. L’abbiamo appena salvata” mi disse lui con il
suo solito tono di voce.
Possibile che quello che
avesse detto pochi secondi prima non avesse nessun significato per lui?
“Damon smettila di fare
battutine stupide. Che diavolo significa che te ne vai?”.
“Che faccio i bagagli e
tolgo il disturbo”.
“Scusa?” chiesi ancora
sperando che scherzasse.
“La verità è che sono
arrivato a Mystic Falls per due motivi: distruggere questa città e rendere un
inferno la vita di Stefan”.
Si interruppe portando lo
sguardo sul fratello che in quel momento stava cercando di imbucare una palla.
“E poi cosa è successo?”
gli dissi per indurlo a continuare.
“Poi ho incontrato te e
qualcosa è iniziato a cambiare, tutto ciò che per 150 anni ho voluto, ha perso
di significato. Sono rimasto in questa città solo perché qualcosa mi teneva
qui, sentivo di doverti proteggere e l’ho fatto. Il mio compito adesso è
finito, motivo per cui la mia presenza qui non ha più senso” concluse guardandomi
negli occhi.
“Stai scherzando spero.
Questa città è diventata la tua casa, io, Stefan e quelle persone lì” gli dissi
indicando i miei amici “adesso siamo la tua famiglia. Non puoi andartene”.
“Si che posso e lo farò, domattina”.
“No che non puoi”.
“Dammi solo una buona
ragione per non farlo”.
“Io”.
“Tu cosa?”.
“Io non voglio che vai
via”.
“Non mi sembra un motivo valido.
Qui hai tutto ciò che ti serve anche senza di me”.
Non riuscivo a spiegarmi
il motivo per cui lui non riuscisse a capire quanto fosse per me importante che
lui restasse eppure non riuscivo nemmeno a spiegarglielo, a farglielo capire.
“Senti Damon…” provai a
dire, ma lui si alzò dal tavolo.
“Andiamo a far vedere a
quei sei come si gioca davvero a biliardo. Sono delle schiappe” mi disse
facendomi cenno di seguirlo.
“Damon aspetta” dissi, ma
inutilmente.
Era già andato alla
carambola e l’unica cosa che mi restò da fare fu seguirlo e così ci unimmo agli
altri.
Non ero una giocatrice
brava come lui o Stefan, ma ero nella norma. Me la cavavo abbastanza bene.
Era stato Matt a
insegnarmi a giocare proprio in quel locale quando eravamo solo dei bambini e
da allora, spesso, quando andavo al Grill se c’era un’occasione buona per
giocare non mi tiravo mai indietro.
Tra risate, scherzi, prese
in giro e scommesse perse trascorremmo la serata in allegria. E mi sembrò che
perfino Damon si fosse divertito, anche se ero certa non lo avrebbe mai
ammesso.
Al termine della serata ci
dirigemmo alle macchine e ognuno tornò a casa propria. Ad accompagnare me e
Jeremy a casa furono Stefan e Damon, visto che eravamo venuti con l’auto di
quest’ultimo.
“Damon ti dispiacerebbe attendere un secondo?
Jeremy deve darmi una cosa” disse Stefan quando giungemmo a destinazione.
“E cioè?” chiese mio
fratello che sembrava totalmente all’oscuro di ciò che stava dicendo il mio
ragazzo.
Stefan gli fece uno
sguardo che lasciava ben poco all’immaginazione e come per magia Jeremy sembrò
capire.
“Ah si certo, quella cosa.
Dai muoviti” gli disse mio fratello facendogli cenno di entrare dentro e
reggendogli il gioco.
Sapevo cosa era appena
successo ed ero certa che anche Damon l’avesse capito.
“Il tuo ragazzo è
un’idiota” mi disse.
Non potei fare a meno di
sorridere.
“Damon” dissi poi a mo di
rimprovero.
“Mai dai Elena, cos’era
quello che ha appena fatto? “Jeremy deve
darmi una cosa?” ” disse imitando la voce di Stefan “ma dai quello lì non
aveva idea di quello di cui Stefan stesse parlando”.
“Voleva semplicemente
lasciarci un attimo da soli” gli dissi io.
Ero certa che il mio
ragazzo avesse ascoltato tutta la conversazione che io e Damon avevamo fatto al
Grill e potevo essere piuttosto certa che anche lui come me non voleva che
Damon se ne andasse. Io ero l’unica che poteva convincerlo, almeno così credeva
Stefan, visto che io non ne ero affatto convinta.
Ci aveva lasciati soli per
parlare, consapevole che poteva essere l’ultima volta. In fondo Stefan aveva
capito che Damon per me era molto importante, aveva capito che gli volevo un
gran bene e sapeva che quella partenza mi avrebbe fatto soffrire.
“L’ho capito questo, ma
sono convinto che poteva trovare un modo meno esplicito per farlo”.
Non dissi nulla e distolsi
lo sguardo.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi mi decisi a scendere dalla macchina e non appena lo feci mi
ritrovai Damon a pochi centimetri da me.
Dannata velocità
vampiresca.
Fui costretta ad alzare di
nuovo lo sguardo e in quel momento incontrai i suoi occhi color del ghiaccio.
“Così questo è un addio,
vero?” domandai a lui.
“Io lo chiamerei un
arrivederci piuttosto”.
“Ah si? Perché hai
intenzione di tornare?” gli domandai ironica.
“Wow, siamo diventate
anche sarcastiche. Devo dire che ho fatto un ottimo lavoro con te”.
“Potresti essere serio per
una volta in vita tua?”
“Cos’è che vuoi sentirti
dire?” mi domandò tornando improvvisamente serio.
Non mi sarei mai abituata
a quegli sbalzi d’umore e, forse, ormai, non serviva più che lo facessi. Lui se
ne andava, per sempre.
“Che resterai, ad esempio”.
“Non voglio”.
“Uhm” dissi alzando un po’
il tono di voce “ti odio lo sai?”.
“Lo sospettavo” mi disse
sorridendo.
Rimasi in silenzio
guardandolo furente.
“Non è un addio” mi fece
notare dopo qualche secondo.
“Si che lo è, ed è uno
schifo perché dire addio significa andare via e andare via significa
dimenticare”.
“Elena…” provò a dire lui
prima che io lo interrompessi.
“Domani non venire a
salutarmi”.
“Scusa?” mi chiese
stranito dalla mia richiesta.
“Non ho mai amato gli
addii o gli arrivederci come l’hai appena definito tu, quindi evita il disturbo”.
Mi allontanai da lui, ma
sentii la sua voce e mi voltai a guardarlo.
“Non fare niente di
insensato e prenditi cura di Stefan, ma non dirgli che te l’ho chiesto. Sai
com’è, non voglio che si monti troppo la testa” concluse con il suo tono
canzonatore.
“Bene” dissi voltandomi di
nuovo e dirigendomi dentro casa.
Entrai e mi richiusi la
porta alle spalle. Una lacrima solitaria si impossessò dei miei occhi, ma la
scaccia prima che qualcuno potesse vedermi.
Stavo per salire sopra
quando sentii qualcosa dentro di me impedirmelo.
Senza nemmeno pensarci due
volte uscii di nuovo fuori e trovai Damon nella stessa posizione in cui lo
avevo lasciato.
Mi avvicinai e quando fui
ad un passo da lui lo guardai negli occhi.
“Ho bisogno di te”.
“Cosa?” mi chiese forse
non comprendendo bene il significato nelle mie parole.
“Prima, al Grill, mi hai
chiesto una buona ragione per non andartene. Beh, te ne ho appena data una, e
credimi non sono mai stata più sincera di così in vita mia”.
Mi avvicinai e gli diedi
un bacio sulla guancia, poi correndo entrai in casa lasciandolo lì impalato ad
attendere l’uscita di Stefan.
Non sapevo cosa avrebbe
deciso di fare, ma la speranza che avrebbe deciso di restare era forte dentro
di me.
Forse ero egoista, forse
avrei dovuto lasciarlo andare, ma non ci riuscivo. Non riuscivo più ad
immaginarmi una vita senza Damon, senza il suo sguardo, senza le sue battutine,
senza i suoi sorrisi.
Mi diressi velocemente in
camera mia chiudendomi la porta alle spalle, ma qualche secondo dopo sentii
qualcuno bussare e in pochi secondi mi ritrovai tra le braccia di Stefan.
Lo strinsi a me più forte
che potei e in quell’abbraccio sentii tutto l’amore di cui avevo bisogno in
quel momento.
Si staccò leggermente e mi
posò un delicato bacio sulla fronte.
“Mi dispiace amore” mi
disse solamente.
“Non riesco a capire
perché. Cavolo noi siamo la sua famiglia, Mystic Falls è diventata la sua casa.
Non può andarsene via, non ha senso”.
“Niente di quello che fa
Damon ha apparentemente senso”.
“È un’idiota”.
Lui mi guardò e mi
sorrise.
“Neanche io voglio che
vada via. Vorrei che restasse qui. L’ho finalmente ritrovato, perché so che
adesso quel fratello che avevo creduto di aver perso è riapparso dentro di lui,
anche se lui non lo ammetterà mai. Vorrei che fossimo finalmente la famiglia
che non siamo mai riusciti ad essere e so che tu lo vorresti qui, ma non
possiamo essere egoisti, non possiamo costringerlo a restare. Magari si renderà
conto da solo che sta sbagliando e fra qualche giorno, qualche settimana c’è lo
ritroveremo di nuovo tra i piedi”.
“Non ci credi neanche tu a
quello che stai dicendo. Sai benissimo che non tornerà”.
“Si, è vero, ma questo non
significa che non io non possa sperarci”.
Mi buttai di nuovo tra le
sue braccia e lo strinsi più forte che mai, forse sperando di trovare in
quell’abbraccio tutto quello che mi sarebbe mancato dopo la partenza di Damon,
ma quando mi staccai da lui mi ritrovai con le stesse identiche paure di prima.
Damon stava andando via
proprio nel momento in cui iniziavo a guardalo con occhi diversi, proprio nel
momento in cui stavo iniziando ad ammettere a me stessa che dentro di me quegli
occhi color del ghiaccio e quel sorriso straffottente non mi erano per niente
indifferenti.
“Vuoi che resti qui
stasera?” mi chiese Stefan.
“No, è meglio che torni a
casa. Hai ancora un’intera notte da trascorrere con lui. Mi sentirei un’egoista
a chiederti di restare e poi sto bene. Insomma me la caverò. Ci sei tu con me,
giusto?”.
“Sempre” mi disse
sorridendomi.
Si avvicinò e mi baciò a
fior di labbra e in quell’istante, per la prima volta da quando conoscevo
Stefan, da quando mi ero accorta di amarlo, sperai che ci fossero altre labbra
sulle mie, altre mani sulle mie guance, altri occhi a guardarmi.
Damon.
Iniziavo seriamente a
credere che quel ragazzo sarebbe diventato per me una dannazione eterna.
Robsten23