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Autore: Pickwick    23/02/2011    3 recensioni
All' improvviso, la vita di Kelsey viene stravolta da una gravidanza inattesa: non si sente per niente pronta, ma è obbligata a prendersi responsabilità che, fino a quel momento, non sapeva neanche esistessero. Si sente derubata della sua libertà, e darebbe di tutto per tornare indietro. Ma forse, la sua situazione non è così negativa.. Forse.
Il problema è che il peggio non ha mai fine.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 55

Salve, dolcezze *w* eccomi qua! Quinto capitolo, abbastanza impegnativo. Anche se, ancora una volta, piuttosto corto.

Tra parentesi, c’è una parte in cui il narratore è Matt, anche se, per come si svolgeranno le cose in futuro (e questa è una parte molto delicata, in quanto potrei rivelare troppo), è piuttosto improbabile che Matt possa raccontare qualcosa. O.o

Ma, mi sono detta, amen! Questa è la tua storia, fanne quello che vuoi. E così ho fatto. Quindi, tagliando corto su altre eventuali et noiosissime chiacchiere, sarebbe meglio che prendeste il Pov. Matt come un inciso in cui vengono trascritti i suoi pensieri. L’ obiettivo è che non pensiate che alla fine, Matt, per così dire, si metta a ripensare a quanto è successo. Perché ciò non accadrà, per cause di forza maggiore. XD

Bene, mi sono scavata la fossa da sola. Non importa, fate finta di non aver letto niente… Un bacio J

Pick.

 

 

 

 

OCEAN

 

 

 

 

 

 

 

 

You wanna kiss the girl,

go on and kiss the girl.

[Ashley Tisdale, Kiss the girl]

 

 

 

 

 

 

 

Secondo mese

Luglio 2001

 

 

 

Ora, l’ obiettivo principale era sbollire la rabbia e capire. Sì, capire: non potevo ridurmi in quello stato da selvaggia ogni volta che parlavo con Matt. La situazione rischiava di degenerare; sapevo da me che se lo avessi avuto sotto mano lo avrei sfigurato. E questo non doveva succedere.

Quindi, colsi l’ occasione di chiarire con lui (cosa di cui mi stupii io per prima) appena si presentò.

E naturalmente si presentò il prima possibile, senza che io avessi ancora deciso che parole usare.

Matt si presentò da me un pomeriggio tra i tanti di quella estate. Fu il tono allegro di mia madre a richiamarmi all’ ordine e a farmi uscire dalla mia camera.

- Matt caro, che piacere vederti!- trillò lei ad un tono tanto alto da permettermi di sentirla da due piani più su.

- Matt!- urlai io altrettanto forte, precipitandomi per le scale e – letteralmente – volandogli in braccio.

Magari essere inciampata a metà rampa mi aveva un po’ aiutata, ma era più bello pensare di avere dei poteri nascosti.

- Ehi, amore.- mi salutò lui abbracciandomi per tenermi in piedi. – Come stai?-

- Benissimo.- Sorrisi, baciandolo su una guancia. – Non mi avevi detto che venivi.-

- Infatti, era una sorpresa…- disse, mentre ci spostavamo in un’ altra stanza, e mia madre sussurrava qualcosa che sembrava terribilmente un “Ma che dolce”.

- Uhm… mi ispira.- Gli dissi, seduti vicini su un divano. – Scommetto che hai qualcosa in mente.-

- Esattamente.- disse, prima di baciarmi la fronte.

Sembrava una cosa vera. E per un attimo pensai che mi sarebbe piaciuto che non fosse una bugia.

Ma lo era.

- Cos’è?- chiesi. – Dimmi dimmi dimmi dimmi!-

- Mmm… non ne ho tanta voglia…- disse ridacchiando.

Ma che carino!

- Dai Matt… ti voglio tanto tanto bene! Dimmi!- Sapevo che mia madre, dalla stanza di fianco, non si stava perdendo una parola.

- Ti va di venire a fare un giro… con me?-

- Dove?- chiesi, molto… incuriosita.

- Questo non posso proprio dirtelo.- disse, pienamente consapevole del fatto che stessi morendo dalla curiosità.

- Ok!- urlai. – Mi preparo!- e sparii nella mia camera.

 

Come se non sapessimo entrambi che era tutta una stupida farsa.

 

Ma era meglio per tutti che fingessimo. Era meglio… almeno noi ne eravamo convinti, e più per abitudine che per altro portavamo avanti tutto. Era la cosa giusta da fare… o no?

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

- Dove stiamo andando?- chiesi a Matt appena salimmo in auto.

- In un posto.- rispose lui, criptico, senza neanche l’ ombra di un sorriso.

- Uhm.- risposi io stringendo i pugni, cercando di mantenere un po’ di autocontrollo. – Bene.-

Lui non replicò, ne io mi aspettavo che lo facesse. Non volevo provocarlo, già il silenzio teso nell’ auto era complicato da gestire, e non ero così masochista da complicarmi l’ esistenza. Quella era un casino già di suo.

Ma dopo un ora di viaggio verso l’ ignoto in completo silenzio, seduti accanto a un essere che trasuda antipatia, anche i migliori esplodono. O forse no, ma l’ importante è dire che a quel punto io esplosi.

Da quel che potevo capire eravamo usciti dal New York da un po’, e ci stavamo muovendo lungo Long Island.

- Matt.- dissi, inspirando profondamente.- saresti così gentile da dirmi dove cazzo stiamo andando?-

- Di’ un po’- disse lui sorridendo, senza guardarmi .- Chi è quel completo incapace che ti ha insegnato le buone maniere?-

- Nessuno, quando sono nata le conoscevo già.-

- Oh, beh, spero proprio che il bambino non prenda il tuo carattere.- continuò lui.

Rimasi spiazzata per un istante, era la prima volta che Matt parlava del bambino in questi termini. Era la prima volta che ne parlava come un figlio.

- Certo, perché se prende da te siamo messi meglio, vero?-

- Certo che sì.-

- Evito di commentare, altrimenti potremmo continuare a discutere fino a Febbraio.-

Febbraio, perché secondo la dottoressa era il mese in cui sarebbe nato il bambino.

- No, per carità. Altrimenti dovrei sopportare due nevrotici al posto di uno.-

Rimasi spiazzata per la seconda volta in meno di un minuto. Aveva quasi - quasi – detto che sarebbe rimasto con me.

Oddio.

Non riuscivo a pensare.

Insomma… non me l’ aspettavo. La classica doccia fredda.

 

- Ehi. Sei con me?-  La sua voce mi riportò alla realtà.

- Cosa? Oh, sì, non sono nevrotica, io.-

- Sicura di stare bene?- mi chiese guardandomi storto.

- Certo, certo. Mi gira un po’ la testa, tutto qui.-

- Vuoi che mi fermi?- chiese, abbassandomi il finestrino.

- No, tranquillo, passa… Spero.- dissi, chiudendo gli occhi e stringendomi la pancia. Dio, stavo per vomitare anche l’ anima.

- Sicura?-

- No, meglio se ti fermi.-

- È urgente?-

- Matt…- dissi, sentendo qualcosa di acido risalirmi in gola.

- Togliti, coglione!- urlò, rivolto al camionista che andava ai venti in corsia di sorpasso.- Chi cazzo ti ha dato la patente?- gli urlò, accompagnando il tutto con un ben noto gesto della mano.

- Matt…- sussurrai, tenendo una mano sulla bocca. Sentivo che non sarei riuscita a trattenermi ancora per molto.

- Trattieniti, per carità! Ci siamo quasi!-

Con una manovra alquanto improbabile, riuscì ad entrare in un’ area di servizio.

Frenò improvvisamente in un parcheggio enorme, occupato solo da tre pullman, uno dei quali vuoto, e una decina di camion.

Scesi –o meglio, rotolai- giù dall’ auto finendo carponi sull’ asfalto bollente di luglio in preda a una nausea incredibilmente forte. Alcuni conati mi toglievano il respiro, ma non avevo il tempo di tossire e liberare la gola che subito ne saliva un’ altro.

- Kelsey!-

Sentii le mani di Matt spostarmi i capelli dal viso.

Un’ altro conato.

Rimasi a fissare l’ asfalto, in ginocchio, le mani che bruciavano, mentre l’ odore acre dello schifo che avevo appena prodotto mi pizzicava il naso.

Matt mi tirò su.

- Come ti senti?-

- Meglio, sono… sono un po’ stordita.- dissi, cercando di pulirmi le mani sui jeans. Matt sorrise. – Chiunque lo sarebbe, a questo punto.-

- Mi sento un sapore schifosissimo in bocca. Abbiamo dell’ acqua?-

- Credo che dovremo andare a comprarla.- disse lui, indicando il supermercato dietro al distributore di benzina. – E già che ci siamo, forse è meglio se mangi qualcosa.-

- Ottimo.- dissi, muovendomi per recuperare la borsa che avevo lasciato in macchina.

Ma calcolai male tutto.

Quando mi resi conto di quello che era successo, Matt rideva come un’ idiota e io ero seduta per terra, le gambe distese e una vaga sensazione di… umido.

Oh, no.

Dimmi che non…

Ero caduta sulla mia personale pozzanghera di vomito.

Cazzo!

- Che merda, porca puttana! Matt, dammi una mano!- gridai all’ idiota che piangeva dal ridere.

- Ma… neanche… per idea!- disse lui, cercando di parlare nonostante l’ improvviso moto di ilarità. – E non pensare di salire nella mia macchina in quelle condizioni!-

- Dannazione!- urlai alzandomi, in preda a istinti omicidi. – Come faccio?- gli chiesi, cercando di guardare il retro dei miei jeans per calcolare il valore del danno.  Cosa abbastanza superflua, visto che sentivo chiaramente roba bagnata scendermi lungo le gambe.

- Toglili.- disse Matt ridacchiando. – Vado a comprarti qualcosa da metterti.-

- Che merda.- borbottai sfilandomi i jeans, buttandoli nel bagagliaio e sedendomi in macchina.

Vidi Matt girarsi un paio di volte ridendo.

Accesi la radio e mi guardai intorno.

Faceva caldo, e nel parcheggio non c’erano tettoie o alberi, nessuna fonte di ombra. Qualche camionista fumava o mangiava qualcosa all’ ombra della propria vettura, il pullman pieno di turisti giapponesi era partito e un’ altro andava riempiendosi. Il terzo si era quasi svuotato del tutto. Lasciai penzolare il braccio fuori dal finestrino e mi tolsi anche la maglietta, restando in reggiseno. Faceva incredibilmente caldo.

Come diamine mi era venuto in mente di mettermi i jeans? Mi ero resa conto della temperatura solo quando la macchina si era fermata, e quindi l’ aria condizionata aveva smesso di andare. Mi feci aria con un depliant che stava nella tasca laterale.

Quando Matt si sedette, mi stavo sistemando i capelli in una coda alta.

- Ho fatto acquisti.- disse lui passandomi la borsa e guardando la mia tenuta anti-caldo con un’ aria vagamente maliziosa. – Che c’è, stai cercando di sedurmi?-

- Ho solo caldo.- risposi, infilando le mani nel sacchetto. Ne tirai fuori un vestitino leggero, con una fantasia floreale astratta sui toni del rosa e del marroncino.

Passabile.

-  È il meglio che ho trovato.- disse lui, intercettando il mio sguardo.

- Meglio di niente.- risposi io alzandomi e infilandolo.

- Ti sta bene.- disse con noncuranza.- Possiamo andare?-

- Si, se mi spieghi dove stiamo andando.- Eravamo partiti ormai da due ore.

- A passare un pomeriggio un po’ diverso dalla solita routine newyorkese.-

Oh. Io e lui da soli? Interessante.

- Tipo?-

- Lo scoprirai.-

- Se non mi dici dove stiamo andando mi ficco due dita in gola e ti vomito sul sedile.-

- Devi solo provarci, bionda. Poi pulisci.-

- Dai, Matt! Per favore!-

- Non ti sento!- gridò lui alzando il volume della radio. – Parla più forte!-

Ok, Kelsey. Hai perso la battaglia. Rassegnati.

- Antipatico.- dissi, chiudendo gli occhi e addormentandomi quasi subito.

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

 

 

Dormivo, con una vaga sensazione di fastidio ai piedi. Freddo, probabilmente. Freddo? A luglio? Impossibile. Aprii gli occhi.

Ero seduta nell’ auto di Matt, con i piedi appoggiati sul coso dell’ aria condizionata. Ecco spiegato il freddo.

Di Matt, neanche l’ ombra. Sbadigliai e aprii la porta, pronta per mettermi alla ricerca del fuggitivo. Mi guardai intorno, e vidi che la macchina era parcheggiata su uno spiazzo di terra laterale a una strada sterrata, che dopo pochi metri spariva tra i pini. Camminai lungo la strada, fino a dove nasceva un sentiero seminascosto dai cespugli. E quando alzai gli occhi, quello che vidi mi lasciò senza fiato.

L’oceano.

Matt mi aveva portata a vedere l’ oceano.

- Matt!- gridai, guardandomi intorno. – Matt!- Iniziai a camminare tra i cespugli, maledicendo le mie scarpe di tela che non mi proteggevano dai rami secchi e il vestito troppo corto che lasciava buona parte delle gambe scoperte, libere di essere graffiate dalle spine.

-  Matt, maledizione!- gridai ancora, quando scorsi la sua figura seduta sulla sabbia, sola. Si girò.

 

 

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

 Matt.

 

 

 

La sentii gridare prima di vederla. L’ educazione di quella ragazza era sconcertante.

Mi girai, stupendomi ancora una volta di quanto fosse bella. Era bella così, con addosso quel vestito improbabile e troppo corto, mentre lottava con un cespuglio dove si era impigliata i capelli. Poi, vedendo che non riusciva a camminare bene, si sfilò le scarpe e rimase scalza, camminando verso di me.

Mi girai, tornando ad osservare le onde. Mai, in quasi ventidue anni della mia vita, mi ero sentito così. Non ero innamorato, no; conoscevo bene quella sensazione che prendeva lo stomaco e toglieva il respiro, e nonostante mi capitasse, qualche volta, di sentirmi così con Kelsey, non era quello il mio problema principale. No, il mio problema era l’ assoluta dipendenza che avevo da quella ragazza, oltre al fatto che la suddetta ragazza era incinta di mio figlio.

E quindi lei aveva tutti i diritti di essere arrabbiata con me, anche se non era totalmente colpa mia. Eravamo ubriachi e consenzienti entrambi, non solo io.

Non sapevo neanche io perché avessi deciso di portarla alla spiaggia. Avevo solo voglia di passare un po’ di tempo con lei, punto.

Mi attraeva, perché era così fottutamente bella.

Eppure, non riuscivo ad avere con lei un rapporto normale. Non potevamo provare a conoscerci, come tutte le altre persone di questo mondo? No, non era possibile. Avevamo saltato troppe fasi per pensare di avere un rapporto normale.

- Matt, porca miseria, quando decidi di darti alla vita selvaggia, almeno avvisa!- disse Kelsey sedendosi al mio fianco, allungando le gambe sulla sabbia.

- Oh, non mi sembra che ti dispiaccia.- le risposi guardandola di sottecchi. Lei strinse le labbra e sbuffò, come faceva sempre quando non voleva darla vinta a qualcuno. – Non abbiamo i costumi.- disse poi, indicando l’ acqua e guardandomi storto.

- Io si.- le dissi alzandomi in piedi e togliendomi la maglia.

- Cosa!? Ma tu sei…- disse lei con il suo tono più indignato, alzandosi in piedi.

- Cosa sarei?- le chiesi ridendo, sfilandomi anche i pantaloni e restando in costume.

- Tu… sei un approfittatore, un vile bugiardo calcolatore!- gridò lei, trattenendo le risate.

- Davvero? E ti par poco?- Risi, scappando verso l’ acqua mentre lei mi rincorreva.

- Matthew Wilde, se ti prendo sei morto!-

Mi buttai in acqua completamente, trovando finalmente sollievo dal caldo estivo. Anche sott’ acqua riuscivo a sentire Kelsey sbraitare, e quando riemersi rimasi leggermente stupito.

Si era tolta il vestito ed era rimasta in intimo. La vidi infilarsi la mia maglietta – la mia maglietta – e sfilarsi il reggiseno, abbandonandolo sulla sabbia.

- Vengo ad annegarti.- disse ghignando, in un modo che le dava un’ aria leggermente inquietante.

E in un attimo me la trovai addosso, mentre cercava di tenermi la testa sott’ acqua, la maglietta appiccicata addosso come una seconda pelle.

Ad un tratto andai sotto e rimasi lì, in apnea, giusto per farla preoccupare un po’. Rimasi fermo, ad occhi chiusi, nella mia migliore interpretazione di me stesso annegato anche quando sentii le sue mani sulla faccia e poi mentre tentava di tirarmi fuori.

“Sei troppo magra, signorina” pensai.

Poi di colpo riemersi, riprendendo aria.

- Idiota! Mi stavo preoccupando!- gridò Kelsey con un tono che ricordava vagamente l’ isterico andante. – Ti stavi preoccupando per me?- le chiesi sorridendo, lasciando che i suoi deboli tentativi di pugni andassero a segno sul mio petto.

- Idiota…- sussurrò ancora, abbracciandomi, mentre sentivo che cercava di soffocare un sorriso.

Se gli estrogeni portavano questi risultati, benvenuta gravidanza!

E, dall’ alto del mio metro e ottanta buono, mi trovai a contemplarla. Era bella, troppo. Troppo perché riuscissi a trattenermi.

- Kelsey…- sussurrai, mentre lei continuava a stringermi. Le accarezzai i capelli bagnati, lasciando che la mia mano scendesse, quasi inconsapevolmente, lungo la sua schiena.

- Kelsey.- dissi ancora, con una voce roca che stupì me per primo.

- Dimmi.-

- Guardami.-

E lei, in quella che a me sembrò un’ eternità di tempo, alzò la testa verso di me.

Era troppo bella. Troppo perché non mi tentasse. Troppo perché potessi, in qualche assurda fantasia, resistere. E la baciai. La baciai come se quella fosse stato il mio ultimo desiderio, l’ ultima libertà che mi fosse concessa in questa vita.

E, con mio enorme stupore, lei non mi allontanò, né si divincolò.

Semplicemente, ricambiò il bacio, con altrettanta foga e altrettanta disperazione.

E ad un tratto, tutto attorno a noi sparì. Sparì l’ acqua che ci circondava, sparirono i trentatré gradi estivi, sparirono i suoi genitori e i miei, sparì la mia maglietta dal suo corpo. Restò solo lei, la sua gamba attorno al mio fianco e l’ altra a sostenerla, i suoi seni premuti sul mio torace, e restai io, con lei.

Finalmente.

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi sento un po’ una fottuta bastarda (XD) a finire così, però sono consapevole del fatto che, se avessi continuato a scrivere, questo capitolo sarebbe stato da me postato a Natale dell’ anno prossimo, cosa tuttavia impossibile in quanto Natale dell’ anno prossimo è dopo il 21 dicembre, data in cui moriremo tutti.

Almeno secondo i Maya.

Simpatici, quei tizi.

 

Orsù, non buttiamoci giù! Tanto io non ci credo (alla fine del mondo), quindi il problema si risolve da sé XP.

Bene, ho finito di farneticare. Un bacio! J
   
 
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