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Autore: SweetTaiga    24/02/2011    14 recensioni
Ero la romantica del gruppo, una volta. Quella che credeva nell'amore.
Ora son quella cinica, io: la ragazza che a testa alta insegue i sogni e rinnega l'amore. Quella che ripete "ce la faccio da sola, va bene così". Quella sicura, quella forte. Quella per cui il cuore è un organo, punto. Tuttavia, mentre in giro spargo satira, nell'ombra coltivo poesie. Forse sono ancora quella romantica, sotto questo strato d'insensata razionalità.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A tutti coloro che seguono questa storia...
Ed in particolare a Zuz. Grazie di tutto!



 
  1. Veleno e caffè


Che strano. Non è l'amore che mi manca, ma l'odio.
Mi manca un sano nemico, qualcuno con cui prendermela quando le cose vanno male, contro il quale sfogarmi. Voglio una foto da appendere in camera per giocarci a freccette.
Voglio qualcuno che mi faccia arrabbiare così tanto da costringermi ad uscire da questa opprimente apatia. Qualcuno che faccia ribollire il mio orgoglio, cazzo!
Ma qui non ci sono sane competizioni, non ci sono rivali da battere, non ci sono nemmeno obiettivi da raggiungere. Ci sono solo sorrisi, sorrisi e abbracci. Milioni di persone pronte a chiamarti "amore!" perché non ricordano il tuo nome. E non ci si può nemmeno arrabbiare, con queste persone, perché nasconderebbero la loro ipocrisia dietro lacrime di coccodrillo. Loro invidiano, cercano di essere migliori di te, lottando con i mezzi più infimi.
Io invece vorrei un nemico leale, che combatta ad armi pari e che mi spinga a dare il meglio di me. Un rivale che mi faccia risvegliare dal mio letargo privo di mete.
Potrei anche innamorarmi, di un nemico così.
 


"Le cose sono cambiate"... che frase del cazzo,
IO ho cambiato le cose.
Le cose non cambiano, non sono come le stagioni che

passano, giorno dopo giorno.
La gente cambia le cose.
Si è vittima del cambiamento, non vittima delle cose.
-"Scritto sul Corpo" di Jeanette Winterson

 
 
S’è parlato tanto e troppo nei secoli della Fortuna, questa famosa Dea Bendata che colpisce chi le pare.
Bé, secondo me questa stronza ci vede benissimo, ed è quasi peggio di Cupido .
Perché dico questo? Perché sarebbe impossibile evitarmi involontariamente. Sono sicura che si tiene ben alla larga da me, attenta a non sfiorarmi nemmeno per sbaglio.
Ho delle prove, davvero!
Devo ammettere che nel fato credo poco, e penso che il destino sia solo ciò che gli uomini usano per giustificare le proprie azioni.
E’ facile non superare un colloquio e dire “non era destino”, come è del tutto banale dichiararsi ad una ragazza sostenendo che “è scritto nelle stelle che siamo fatti l’uno per l’altra”.
Ma ‘sti cazzi! Non sono certo le stelle a decidere per me, ed una borsettata in testa non la toglierebbe nessuno ad un soggetto del genere.
Invece alla fortuna ci credo. Alla “volta buona” di cui cantava Max Pezzali, a quel breve istante che cambia il corso della tua vita.
Di botte di culo e colpi di sfortuna ce ne sono tanti, nella vita, ed è sempre quella stronza della Dea Bendata a distribuirli tutt’altro che equamente.
Così, passeggiando, puoi notare il povero disgraziato che perde gli ultimi 5 euro che aveva messo da parte per pagare il bus al ritorno e non appena lui, ignaro di tutto, volta l’angolo per raggiungere la fermata, ecco la donna super sofisticata con chihuaua  al seguito chinarsi sui tacchi per raccogliere la banconota ed infilarla tra le altre in un costoso portafoglio D&G.
Quindi come si fa a dire che Boccaccio avesse ragione, sostenendo che la Fortuna colpisce chiunque senza alcuna distinzione?
Forse aveva ragione Guicciardini, nell’affermare che la Fortuna è una forza così forte da trascinarti via, come un vento che non si può frenare, come un fiume in piena. E’ impossibile sfidarla ed ostacolarla, è lei a decidere tutto, è lei a scegliere chi vince e chi perde.
O forse no?
Il mio orgoglio assurdo, al pari di quello di Lucifero nel Paradise Lost di Milton, è tutto ciò che mi resta. Non posso far vincere quella stronza di una Dea viziata, no?
Sono io a decidere il mio futuro, sono io a cambiare, sono io a crearmi le occasioni come sono io a perderle: mi assumo le mie colpe, ma pretendo di veder riconosciuti i miei meriti.
Come sarò io, tra altri due o tre squilli, a mandare soavemente a quel paese la mia ex migliore amica.
Dopo aver passato la notte al Miracles Theatre non ho nessuna voglia di parlare con lei, né di sentire quanto sia meraviglioso o stronzo o infimo o sublime il mio ex ragazzo.
Dopo la terza chiamata decido finalmente di rispondere.
Visto, Dea Bendata? Accetto la sfida.
«Giulia, tesoro, come stai?», mi urla lei con la sua vocina stridula che tempo fa adoravo.
Stronza.  «Ciao, Mary. Sto bene, e tu? Salutami Alessio.»
Mandalo a farsi un bagnetto con i piragna, già che ci sei.
«Oh, ti saluta anche lui, si domanda come mai non gli rispondi alle chiamate!»
Non posso trattenermi dal ridere. Come mai non gli rispondo, dice?
«Perché ridi, tesoro?», mi chiede lei, con la sua vocetta da diabete.
Perché mi avete rovinato la vita e ora vi chiedete perché non vorrei vedervi per il resto della mia esistenza?
«Nulla di importante. Volevi dirmi qualcosa?», domando, cercando di trattenere un urlo.
Io sono una di quelle persone che non urla mai. Solitamente mi armo di risposte sottili e taglienti, di quelle che fanno male a scoppio ritardato perché necessitano di tempo e intelligenza per essere capite.
Raffaele, il mio migliore amico, una volta mi ha definito “urlatrice silenziosa”.
Risi per mezz’ora per quel nomignolo: mi piace.
Ora, da buona urlatrice silenziosa, mantengo la calma, ma è difficile rimanere impassibili dinnanzi all’idiozia della gente.
Sono una persona matura, sono una persona matura e civile, sono una persona matura, civile e…
«Volevamo chiederti se ti va di farci da testimone per il nostro matrimonio, tesoro!».
…e molto incazzata.
«Nemmeno se mi pagate, tesoro.»
Riaggancio prima che possa replicare.
Avrei voluto dire tante cose, avrei voluto urlare, ma la sbronza e la stanchezza mi vietano di fare qualsiasi cosa che non cominci con D e finisca con ORMIRE.
Così attorciglio nuovamente le coperte attorno al corpo, in una sorta di triste e solitario abbraccio, e mi riaddormento.
Prima di lasciarmi cadere tra le braccia di Morfeo, riesco solo a maledire la Dea Bendata per l’ennesimo scherzetto che ha voluto farmi.
Ma resisterò anche a questo, lo giuro.
Con un sorriso mi accorgo che la notizia fa meno male di quanto pensassi.
Con una lacrima mi rendo conto che ho appena pensato una grandissima stronzata.


La sveglia tenta di farmi scendere dal letto per la dodicesima volta, ma questa mattina ho deciso di non esserci per il resto del mondo:  dopo la telefonata di Mary vorrei solo dormire e dormire e dormire. E bere un po’, magari, ma sono troppo pigra per uscire a comprarmi una birra.
Madame Lacroix mi ha concesso una giornata libera, vista l’ora tarda che abbiamo fatto ieri.
Tra un bicchiere di Champagne, un paio di pasticcini e rustici a volontà il tempo è volato, ed in un batter d’occhi erano le tre.
Penso di aver brindato troppo, perché il solo sollevare la testa dal cuscino mi provoca non poca confusione.
Quando mi accorgo che il mio telefono sta vibrando, mi maledico mentalmente per non averlo spento dopo la chiamata di Mary; lo prendo di malavoglia e lo avvicino all’orecchio, tirando le coperte fin sopra i capelli.
«Pronto?», biascico in un italiano ben poco comprensibile.
«Ti sembra questa l’ora di svegliarsi, razza di bradipo?», esclama mia sorella con una risata nella voce.
L’unica risposta che riesco a darle è un grugnito appena udibile, che vuol dire pressappoco “vaffanculo”.
Sia chiaro, adoro Angela, ma odio chiunque tenti di rivolgermi la parola prima che siano passate almeno due ore dalla terza tazza di caffè del mattino.
«Su, scendi dal letto! Ricordi che giorno è oggi?», domanda.
«Bella domanda…», rispondo tra uno sbadiglio e l’altro. «Che giorno è oggi?»
Un sospiro esasperato di mia sorella mi fa sorridere: spera ancora che un giorno diventerò una ragazza con la testa sulle spalle, un minimo di memoria ed un livello più alto (o almeno accennato) di vita sociale.
«Non hai dimenticato di dover andare a prendere Raffaele alla stazione all’una, vero?», domanda.
Cazzo.
Mi alzo velocemente dal letto, sfilandomi la camicia da notte con posizioni degne di un contorsionista di fama internazionale. «Certo che no! Stavo giusto andando. Per curiosità, che ore sono?», chiedo con voce innocente.
«Oh, puoi fare con calma, sorellina. Sono solo le tre meno dieci lì da te.»
«Ah, perfetto allora posso fare con calm.. Aspetta, cosa?! Ma sono in ritardo!», urlo contro la cornetta, infilando in bocca lo spazzolino.
«Brava, bradipo, te ne sei accorta.», ride lei.
«Cavolo, potevi avvisarmi prima!», dico, con la bocca piena d’acqua e dentifricio mentre cerco di infilarmi i jeans.
«Guarda lo schermo del telefono, sorellina.», fa lei con tono ovvio.
24 chiamate perse e 6 messaggi.
Oh. Bene.
«Ok, perfetto, passo e chiudo. Scappo!», esclamo prendendo al volo il cappotto ed il portafogli.
«Ciao, bradipo!»
«Aspetta!», la blocco appena in tempo. «Mica ti ricordi DOVE dovrei andarlo a prendere?»
Con un sospiro, mi riattacca il telefono in faccia.
Ed ora io come faccio?!

Uscendo di casa fermo il primo taxi che passa e gli dico di dirigersi verso King's Cross, la stazione più vicina.
Intanto cerco il telefono che ho infilato frettolosamente nella borsa e digito il numero di Raffaele, che risponde al primo squillo.
«Prima che tu possa dire qualunque cosa, sappi che non è colpa mia! E che non mi sono affatto dimenticata di venirti a prendere! Però potresti gentilmente ricordarmidove devo venirti a prendere?»
Sento la risata di Raffaele e mi tranquillizzo: è da quando siamo nati che perdona la mia sbadataggine.
Non appena mi dice il nome della stazione riaggancio, consapevole di aver fatto l’ennesima stronzata a poche minuti dal mio risveglio. Penso di aver appena superato un record!
«Mi scusi, autista, può andare verso Liverpool Station?», bisbiglio, sperando che gli arrivi mentalmente il mio messaggio e che non guardi nello specchietto: sono sicuramente diventata rossa in maniera a dir poco imbarazzante.
Con una inversione a U degna dei miglior film di sparatorie, l’autista si dirige a tutta velocità verso il luogo in cui Raffaele mi sta aspettando da quasi tre ore, che ovviamente si trova dall'altro lato del mondo rispetto a King's Cross.
Non appena l'autista mi mostra il costo della corsa, rischio istantaneamente di svenire. La prossima volta, girerò tutta Londra a piedi pur di non spendere metà del mio stipendio per un solo viaggio in Taxi.
Rassegnata, pago velocemente e corro a cercare Raffaele, prima che decida di odiarmi per il resto della sua vita.
Lo vedo inginocchiato ai piedi di una statua in stile moderno interamente composta di acciaio e vetro: una delle cose più belle di Londra è la sensazione di trovarsi sempre in una realtà parallela, in un futuro lontano dalla vita quotidiana.
Resto per alcuni secondi ad osservarlo: i capelli biondi ora son raccolti in un codino, gli occhi verdi nascosti dalle lenti degli occhiali sono gonfi di sonno ma ben attenti nel fissare l’obiettivo della macchina fotografica, ed è più alto – ancora più alto! – di come lo ricordavo.
«Finito di farmi la radiografia, Juliè?», mi domanda, girandosi con un sorriso immenso.
E’ dalla prima volta che le ho parlato di Madame Lacroix che mi chiama così: né Julie né Giulia, ma Juliè, un nome solo nostro.
«Raff!»
Non posso fare altro che saltargli letteralmente addosso, tra gli sguardi stupiti e divertiti dei passanti.
«Finalmente.», sussurro, arrampicandomi per raggiungere il suo orecchio.
«Mi sei mancata, Pulce!»
Sorrido, e prendendogli la mano lo costringo a seguirmi.
Trascorriamo un paio d’ore alla stazione, ed ovviamente mi impossesso della sua macchina fotografica.
«Fotografi ancora, Juliè?», mi domanda Raffaele.
«Si, proprio ieri sera ho scattato qualche foto ad uno spettacolo teatrale.»
E’ stato Raffaele a trasmettermi la passione per la fotografia, ed è stato anche il supervisore del mio corso di specialistica.
Ha un piccolo studio fotografico a Roma, ma penso sinceramente che se venisse a Londra avrebbe molta più fama.
Ogni volta che ho accennato all’argomento, però, la risposta è stata sempre la stessa: «Io sono un romanticone dal sangue latino, devo girare per le strade di Roma per trovare l’ispirazione.»
Anche io ero così, anche io ero piena di sogni e di aspettative.
Lo sono ancora, ma sto chiudendo pian piano i miei sogni nell’armadio, attenta a non guardarli troppo per timore di sciuparli.
«Come va con i dipinti?», mi domanda all’improvviso Raff, davanti ad un gelato artigianale Nutella e Fiordilatte per due.
«Non va, è un po’ che non dipingo.», rispondo, distogliendo lo sguardo come se stessi ammettendo un crimine.
Oltre alla lettura ed alla fotografia, la mia più grande passione è il disegno. Ma mettendo da parte i miei sogni ho messo da parte anche i pennelli e le tempere, insieme alle mie amate matite ed ai carboncini.
Le tele son sotto il letto ad impolverarsi, e non so neanche più dove ho nascosto il cavalletto.
Il mio ultimo dipinto è stato un ritratto, il ritratto di Alessio.
L’ho lasciato in Italia, a casa dei miei genitori, e spero ardentemente di non trovarlo al mio ritorno.
«Dovresti ricominciare.», mi dice lui, prendendomi la mano.
«Si, forse dovrei.»
Ritornando a guardarlo negli occhi cerco di confortarlo con un mezzo sorriso: ha sempre sostenuto che fossi un’artista, una che avrebbe fatto strada, ed invece eccomi qui.. un’aiutante bibliotecaria che nasconde la laurea in un cassetto chiuso e abbandona i sogni nell’armadio.
In poco tempo Raffaele riesce però a farmi dimenticare ogni timore ed ogni paura, e ridendo come due scemi ci rifugiamo in un cinema pressoché deserto.
E’ la settimana delle storie d’amore – sempre in onore dello stramaledettissimo Cupido – , e questa sera stanno riproponendo Harry ti presento Sally.
Ovviamente finisco col ridere tra le lacrime e accucciarmi sulla spalla di Raff.
Dimentico completamente Alessio, Mary, la biblioteca e Madame Lacroix. Dimentico persino la caduta fragorosa e la terribile figuraccia fatta davanti a quello spocchioso di Mr. Knight, almeno fino a quando, per sbaglio, Raff non mi colpisce il gomito dolorante.
«Ahi!», cerco di trattenere il mio gridolino da femminuccia poggiando una mano sulle labbra, ma l’udito da Supereroe del mio migliore amico è sempre infallibile.
«Ti fa male il gomito?», mi domanda, cercando di sollevare la manica sinistra della felpa.
Scuoto la testa, ma non ho il tempo di aprire bocca che Raffaele sta già analizzando il livido violaceo sull’avambraccio.
«Quando te lo sei fatto?», mi domanda, alzando un sopracciglio come sono solita fare anche io.
«Stanotte.», rispondo.
Lo vedo spalancare gli occhi, ed in un attimo capisco cheforse dovrei spiegargli la situazione, prima che fraintenda.
«Raff, non fraintendere, è che ho conosciuto un idiota arrogante, Mr. Knight..»
Così inizio a raccontargli ogni cosa, dallo spettacolo al nostro discorsetto quando ci hanno lasciati da soli, dalla sua acidità alla sua aria di superiorità, ogni attimo fino alla mia spettacolare caduta ed alla sua risata sadica.
E dopo tutta questa tragedia lui che fa? Ride!
«Raff, ma sei impazzito? Ti ho appena detto che ho incontrato un arrogante di prima categoria e che vorrei spaccargli il muso e tu ridi?», grido, esasperata e decisamente meravigliata.
«E cos’altro dovrei fare? Sembra la tua versione maschile. Hai trovato pane per i tuoi denti, Pulce.», mi dice tra le risate, scompigliandomi i capelli con la mano.
Sono talmente offesa e stupita da non avere neanche la forza di replicare: la Dea Bendata stavolta l’ha fatto grosso, il danno.


Sono appena le 22:00 quando torniamo a casa; per cena ordiniamo una bella margherita e qualche birra, tanto per mantenerci allegri.
Gli lascio fare la doccia per primo, e nel frattempo gli preparo un letto arrangiato sul divanetto nel salone: la cosa positiva dell’abitare da soli, è che si ha sempre posto per ospitare gente.
«Ho quasi finito!», mi urla Raffaele dal bagno.
«Fai con comodo, Raff! Qui la pizza ci mette un’eternità ad arrivare!», grido a mia volta, iniziando a indossare i pantaloncini e la maglia di casa.
Non faccio in tempo a terminare la frase che bussano alla porta.
Sento la risata di Raffaele, e subito dopo la sua voce. «Le ultime parole famose, eh Juliè?»
Con il sorriso sulle labbra mi affretto ad aprire, ma con mia grande sorpresa e sommo orrore non è l’omino delle pizze , ma un ragazzo con grossi occhiali scuri e la giacca di pelle.
«Giulia.», dice semplicemente con un tono così arrogante da essere fin troppo riconoscibile.
«Ciao.. Scusa, com’è che ti chiami?», gli dico, portando un mano alla fronte con finta ingenuità.
«Sei simpatica proprio come ricordavo.», risponde lui, alzando gli occhi al cielo.
«Tu sei anche peggio. Che vuoi?».
Un leggero sorriso gli incurva le labbra. «Non mi inviti ad entrare? Non mi offri un caffè?»
«Fammi pensare un attimo…», dico, mostrandomi pensierosa. «No.», concludo, con un sorriso.
Con grande stupore, lo vedo ridere. «Penso che cambierai idea dopo che avrai visto cosa tengo in ostaggio.»
Sgranando gli occhi, lo vedo tirare fuori dalla tasca la mia adorata macchina fotografica.
«Ridammela!», urlo, lanciandomi su di lui e cercando di raggiungere con vani risultati il suo braccio alzato al di sopra della testa.
Mi stacco un momento, giusto il tempo di guardarlo negli occhi. «Vuoi la guerra? E guerra sia. Prego, entra pure.», gli dico, facendogli spazio.
«Siediti, prego.», tento di dirgli. «Preferisco stare in piedi, grazie.», mi sussurra lui con un sorriso sadico.
Simulando una risatina inizio a fare il caffè, cercando di ricordare se ho qualche specie di veleno in casa.
Sentendo dei passi, mi volto immediatamente, e vedo lo spocchioso astro nascente del teatro farsi beatamente gli affari miei.
Al terzo cassetto che apre, mi avvicino a lui con in mano il pentolino del latte. «Potresti cortesemente smettere di ficcare il naso in cose che non ti riguardano?»
«Fammici pensare.. No!», esclama lui, in una grossolana imitazione della mia voce.
Prima di perdere totalmente la pazienza e mettermi ad urlare, torno a fare il caffè con un pensiero fisso nella mente: veleno, veleno, veleno.
«Ecco a lei il caffè, Mr. Knight.», bisbiglio con acidità, frustrata per non aver trovato nulla di nocivo.
Lui risponde con un cenno del capo ed un mezzo sorriso gongolate, per poi portarsi la MIA tazzina alle labbra.
Prendo mentalmente appunti: disinfettare la tazzina e acquistare veleni.
«Vivi da sola?», mi domanda.
«Si.», mi limito a dire. Perché mai dovrebbe interessargli la mia vita?
«Perché sei venuto proprio tu? Non potevi mandare Theodore o Esmeralda? Non potevi lasciare la macchina fotografica a Madame Lacroix?», chiedo, sinceramente incuriosita.
«Non chiederlo a me, sono stati loro a costringermi.», sostiene in tono annoiato. «E comunque abito a due passi da qui, dall’altro lato del parco.»
«Cosa?!»
La mia richiesta è talmente acuta che penso sinceramente di aver lanciato segnali agli Ufo.
«Che succede, Juliè?», domanda Raffaele dal bagno.
«Nulla, nulla! Stai tranquillo!», dico in risposta, maledicendomi per aver scelto quell’appartamento. Ancora una volta la Dea Bendata si sta prendendo gioco di me.
«Avevi detto che eri sola.», sussurra Mr Knight.
«Ho detto che vivo da sola, non che ero sola questa sera.», replico.
Improvvisamente si dirige a passo svelto verso la porta, aspettando che sia io ad aprirla.
«E’ abituato bene, il signorino.», sibilo, consapevole di essermi fatta sentire.
Non si spreca nemmeno a rispondere, ma mentre sta per uscire è Raffaele a fermarlo.
«Non mi presenti il tuo amico?», domanda.
Mi sembra che tutto si svolga a rallentatore, mentre Mr. Knight si volta verso il mio migliore amico e si scambiano uno sguardo strano.
Poi, improvvisamente, si sorridono.
«Devi essere Richard. Juliè mi ha parlato molto di te.», esclama Raffaele con il suo inglese impeccabile, tendendogli la mano.
«Ah, davvero?», domanda lui, voltandosi verso di me.
«No, mi sono lamentata di te, è diverso.», replico con tono stizzito.
Entrambi ridono come se avessi detto la cosa più buffa del mondo. «Io sono Raffaele Marino, piacere.»
La loro stretta di mano mi da così tanto fastidio che mi affretto a scioglierla.
«Ok, ora basta, arrivederci, Coso.», dico, spingendo Mr. Knight fuori dalla porta.
Lui mi guarda come si guarda un microbo, e dopo aver salutato Raffaele inizia finalmente a collaborare, camminando lentamente.
«Non stai dimenticando qualcosa?», mi chiede all’improvviso.
Questa volta sono io a ridere.
«Intendevi questa?», dico, mostrandogli la macchina fotografica che gli ho sottratto mentre parlava con Raffaele.
Lo vedo sorridere, e la cosa mi preoccupa.
«No, intendevo questo.», replica lui, mostrandomi un elastico rosso con cui poco prima avevo legato malamente –ed inutilmente, vista la loro lunghezza decisamente scarsa – i miei capelli.
«Quando..?», domando, con la bocca aperta.
«Due a zero per me, Cosa.», afferma ridendo, per poi uscire dal mio appartamento e sparire, finalmente.
Pochi secondi dopo, bussa di nuovo alla porta.
«Cosa diavol…», urlo, spalancandola e terrorizzando l’omino delle pizze, che come sempre è arrivato con un ritardo assurdo e nel momento meno opportuno.
«Oh.. Mi scusi. Entri pure. Quanto viene tutto?», domando, arrossendo di vergogna.
«Ha pagato tutto il ragazzo che è appena uscito, signorina.», mi dice, posando le pizze ed uscendo velocemente com’era entrato.
Resto per un po’ a guardare lo scatolo e le birre, consapevole che potrebbero essere avvelenati.
Poi, con un moto di rabbia, mi giro verso Raffaele. «Vatti a vestire, TRADITORE!» gli dico, notando che è ancora in boxer.
«Sissignora! Ai suoi ordini!», dice lui, ridendo.
«Io vado a farmi una doccia, mangia tutto quello che vuoi, io non voglio niente da quell’energumeno esaltato.», esclamo, chiudendomi nel bagno, e fingendo di non aver sentito il sommesso “a ma sembra simpatico” pronunciato da Raffaele.
Con un sospiro mi lascio coccolare dall’acqua calda, e quando finalmente esco vedo il mio migliore amico dormire sul mio letto. Sospiro: mi toccherà dormire sul divano.
Passando accanto al tavolo vedo un post-it:

“- Sally: Ti odio.
- Harry: È un tuo problema.
- Sally: Penso di amarti.
- Harry: Potrei amarti.
- Sally: Ti odio.
- Harry: Per favore, non odiarmi.
- Sally: Ti amo.
- Harry: Ti amo anch'io.”
Non pensi che sia davvero carino il film che abbiamo visto oggi, Juliè?
E Richard è davvero simpatico : )
Pensaci.
Buona notte, Pulce.

Copro con la mano la parte iniziale del biglietto, e mi godo la buonanotte del mio migliore amico.
In un moto di assoluta bontà, mi stendo sul letto accanto a lui e lo abbraccio, venendo subito circondata dal suo corpo.
«E’ solo un arrogante.», sussurro piano.
Non potrei mai amare un nemico così.
Dea Bendata, questa volta hai davvero esagerato!

NOTE:
Ecco qui il nuovo capitolo, con il quale ho voluto sfatare e sminuire un altro mito: la Fortuna.
Esiste? E' benigna o è una stronza?
Bè, penso sia abbastanza chiaro come la pensa Julie a riguardo ;)
Grazie a tutte voi che mi state seguendo, spero di non deludervi!

A presto,
SweetTaiga : )
   
 
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