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Autore: Callie_Stephanides    25/02/2011    17 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Un cielo mobile, di un cilestrino smorto, è tutto quel che incontra lo sguardo se abbandona una piana monotona, priva di asperità com’è tutta la Caledonia settentrionale.
C’è qualcosa di selvatico in questa natura brulla e ostile, fatta di brughiere consumate dal vento, eriche profumatissime e grosse pecore dal vello selvaggio, che somigliano a nubi migranti.
Axel Von Kessel socchiude le palpebre, mentre il paesaggio sfila rapido oltre il finestrino. La confortevole felpa della prima classe dell’Espresso magico settantasei, che collega il mistico cuore di Dùn Èideann – l’Edinburgo babbana – alle regioni delle Highlands non tiene fede alle promesse: malgrado la noia scoraggiante del viaggio non gli è mai riuscito di prendere sonno. Florian, invece, dorme con la placidità soddisfatta dei cuccioli.
Axel Von Kessel è prossimo al mezzo secolo; fili d’argento venano le chiome corvine, mentre il suo sguardo freddo – checché possa pensare chi non lo conosce bene – si è addolcito. Nei riguardi dell’ultimogenito, almeno, si presta talora a concessioni che paiono ben lontane dal suo personaggio.
Chi è Axel Von Kessel? Un Mannstier o Manimagus, prima di tutto, il che sta a dire pure ch’è il portatore di un sangue magico antichissimo. Da Ninive a Babilonia, da Ilio a Delo, basta scavare nel passato dei Babbani per scoprire come i loro primi dei avessero volto di leone, di falco, di bue. Erano ibis, coccodrilli, serpenti. Erano Von Kessel – meglio: erano un frammento del genoma magico che, nei secoli, ha poi dato vita ad alcune nobili, selezionatissime famiglie.
Sono meno di un centinaio i Mannstiere del Mondo Magico, per lo più residenti nelle Indie Orientali, dove politeismo e sacro rispetto per la natura hanno concesso a quest’aristocrazia di vivere nell’ossequioso rispetto dei Babbani. Nel cuore della vecchia Europa, al contrario, l’avversione per il magico ha alimentato una caccia distruttiva: il clan Von Kessel è stato decimato dai roghi; quel ch’è stato risparmiato, ha imparato a vivere nell’ombra.
I Von Kessel studiano dunque a Durmstrang, perché è il più isolato dei collegi magici. Imparano a disprezzare i Babbani – non a temerli, ma ad evitarli. Come tutti i Mannstiere, i Von Kessel sono corteggiatissimi in tempo di guerra, perché abilità come le loro, su di un campo di battaglia, equivalgono alla salvezza.
Axel Von Kessel, tuttavia – e prima ancora, Ludwig suo padre – ha resistito al fascino di Voldemort.
Perché?
Perché è anche una fiera: dunque gli ha fiutato addosso la morte e la paura.
I Von Kessel sono rimasti neutrali durante la Prima Guerra Magica, riparati nell’alveo discreto di Lübeck; hanno approvato l’operato del Wizengamot e la linea dura con cui la comunità magica anglosassone si è ripulita della malerba di Riddle e dei suoi seguaci. Per queste stesse ragioni, dunque, Axel Von Kessel approva assai meno l’amicizia che lega Florian – il suo figlio più giovane e più fragile – all’unico erede di un noto Mangiamorte.
Quel che Axel Von Kessel ignora è che le ragioni per cui Lucius Malfoy ha destinato a Durmstrang Draco – il ragazzino meno adatto in assoluto a vivere un’esperienza tanto estrema – sono del tutto simili a quelle che hanno mosso il suo istinto di padre. Se Voldemort tornerà, cioè, comincerà a mietere là dov’è stato sconfitto, e Durmstrang risulta più periferica e sicura di Hogwarts.
I figli, tuttavia, non ti appartengono mai abbastanza da poter essere anticipati: non può farlo il fiuto bestiale di Axel Von Kessel, né è concesso al fine intuito strategico di Lucius Malfoy.

***

È una megera stolida e inconcludente, la vecchia Bertha.
Codaliscia si lecca furtivo le labbra, mentre affondano nella guazza sino ai polpacci. Dopo il tramonto, Tremisht tace. È un piccolo borgo pittoresco, nel cuore di un grande parco naturale; di turisti se ne vedono pochi – di maghi, poi, neppure a parlarne.
È il posto ideale per leccarsi le ferite in silenzio. È il posto ideale per nutrire vendetta.
L’Oscuro Signore gli ha promesso la luogotenenza dei Mangiamorte: verrà un giorno in cui il suo regno coprirà la terra e oscurerà persino il sole.
Quel giorno Minus sarà finalmente Maior.
Quel giorno smetterà di sognare l’umiliazione di sette anni.
Peter non ha qualità – mai nome, dunque, suonerebbe più opportuno di quello che già porta – ma possiede la pazienza del ragno. Per sette anni è rimasto a sbirciare la gloria dalla quinta di una trama secondaria; per sette anni ha visto James Potter mietere successi e Sirius Black infrangere cuori.
Si è accostato loro come un buon parassita: quando non c’è più sangue da succhiare, però, anche la zecca più ostinata si sceglie una preda che abbia il calibro giusto per i suoi appetiti.
Voldemort è alla mercé della sua pietà, eppure lo domina. C’è, nella ferocia dei suoi accenti, un’oltraggiosa sicurezza che molto dice del potere carismatico con cui ha perduto un’intera generazione.
Se vuoi perderti, però, quella che porti al corruttore è la gratitudine del complice.

“Ma sei davvero sicuro, Peter, che per questa via sia possibile…”

La vecchia megera bofonchia qualcosa, mentre il cielo ulula e piange di un acquazzone come solo l’estate sa regalare.

“… E sta piovendo, per di più. Potrei capire il fascino di un sentiero illuminato dalla luna, ma alluvionato…”

Peter digrigna i denti. Il suo sensibile udito è offeso da questa sequela d’inutili lagne.
Cosa pensa di ottenere? Il suo destino è segnato, perché ha incontrato un fantasma.
Se vedi quel che non avresti dovuto vedere, o ti cavi gli occhi o li chiudi per sempre.
Voleva solo concedersi una cena decorosa, il povero Minus; voleva inghiottire qualcosa che non somigliasse alla minutaglia putrida di cui si ciba un topo, e cosa accade? Dal passato ecco che spunta Lingua Lunga Jorkins, una povera idiota che nemmeno arriva a stupirsi della sua resurrezione.
La foresta in cui Voldemort riposa è una macchia nera nell’impenetrabilità bituminosa di questa notte senza stelle. È una minaccia e una promessa insieme.
“Dove mi stai portando, Peter?” piagnucola querula.
Minus arresta i propri passi: è un sibilo imprevisto, poi uno schiocco secco.
La fattucchiera è pietrificata dall’orrore di quegli occhi che brillano nel nulla come polle di sangue rappreso.

“Abbiamo ospiti, Codaliscia?”

Il Signore Oscuro ha appena aggiunto un nuovo sinonimo alla voce sacrificio.

***

Agosto è agli sgoccioli, ma l’aria è ancora calda. Te la senti addosso, come una carezza vischiosa, mentre precipiti a rotta di collo lungo clivi scoscesi e brughiere cauterizzate dal sole.
Draco stringe le cosce ai fianchi del sauro. Alle sue spalle, Florian è un puntolino che s’indovina appena.
Socchiude le palpebre, Draco, mentre punta la bacchetta.
Frango,” pensa, ma la terra non si apre.
Florian guadagna terreno. I suoi lunghi capelli neri oscillano come un drappo funebre. Se fosse un nemico, potrebbe già colpirlo.
Frango.”
Karkaroff li ha introdotti agli incantesimi muti, ma la sua percentuale di riuscita resta molto bassa. I fratelli di Florian sono in grado d’incendiare una foresta con la semplice imposizione dello sguardo, pare. Il Prescelto – il famoso bambino sopravvissuto – ha già avuto ragione di un basilisco.
Frango,” sibila a denti stretti.
La sua volontà è troppo debole. È insicuro e inefficace. Chiude gli occhi. Deglutisce.
Diffindo,” sussurra una voce alle sue spalle; i finimenti del sauro gli si polverizzano tra le dita.
“Devi concentrarti meglio,” osserva Florian, prima di scendere da cavallo. “Potevo colpirti con una Cruciatus.”
Draco sospira. “Ti avevo in pugno.”
Von Kessel accarezza il muso della sua cavalcatura. “Cosa pensavi di fare?”
“Volevo aprire una faglia.”
“Molto ingegnoso.”
È passato un mese dal giorno in cui Florian è arrivato, accettando il suo invito per le vacanze estive: un mese di giochi violenti, al confine del lecito. Un mese di vita comune e di sogni allucinati e feroci. Un mese da fratelli complici amici. Un mese sonnolento, di quelli che lasciano presagire impreviste deflagrazioni.

“Dove siamo?”

L’erba punge contro la schiena madida. Il cielo corre ed è di un azzurro irreale. Una nuvola somiglia a una lepre. Un’altra a un drago. Vuole essere un drago anche Draco. Vuole una ragione per il nome che porta.

“Vicino a Muir of Ord. È un piccolo villaggio babbano. Quasi tutti contadini che lavorano la nostra terra.”
Florian si stira. “È bello, qui. C’è un sacco di spazio.”
“Se è vero quello che ci ha detto il Preside, presto ne avremo molto di più.”
Von Kessel strappa qualche ciuffo d’erba, che il vento trascina via. “Tu ci credi davvero?”
“A cosa?”
“Al fatto che il Signore Oscuro tornerà e conquisterà il mondo.”
“Cos’è? Hai paura e ci hai ripensato?”
Florian ride; poi, prima che riesca a realizzarlo, la punta della sua bacchetta gli sfiora il cuore. “Cosa accadrebbe se lo dicessi?”
Draco deglutisce.
“Sai che non lo farò,” mormora tuttavia l’altro, prima di ritrarre il braccio. “Ma devi essere più rapido a disarmarmi.”
Draco riprende a respirare. “Noi stiamo dalla stessa parte, no?”
Florian accarezza tra le dita il sottile stelo di biancospino. “È che… C’è davvero una parte sola?”
Draco sbuffa e si rialza con un deciso colpo di reni. “Tu pensi troppo. È ora che ci diamo da fare, invece. Io ho voglia di darmi da fare.”
Tende la mano a Von Kessel, che la stringe con una presa ferma.
“Forse hai ragione tu.”
Draco socchiude le palpebre. Florian libera uno gnaulio acuto e sorpreso. “Hai usato una fattura sagitta!” impreca. Dal palmo aperto, il sangue erutta più rosso e denso che mai.
“Allora? Chi è che si fa cogliere di sorpresa?”

***

Astoria Greengrass ha dodici anni, folti boccoli castani e gli occhi azzurri.
Se il ritratto le rende giustizia – e Lucius non ha ragione di dubitarne – forse ha trovato chi potrà un giorno sostituirsi alla sua lady.
Narcissa, lo sguardo perso oltre le bifore che affacciano sul parco della tenuta, non sembra tuttavia voler cedere alla lusinga della curiosità.
Draco ha compiuto da poco quattordici anni; non è più un bambino, ma agli occhi di una madre – è evidente – i possessivi pesano più del tempo che inesorabile scorre.
Aveva quindici anni, Narcissa, quando gli è stata promessa in sposa: sembrano trascorsi secoli, e invece è un battito di ciglia.
“Forse è presto per parlare di fidanzamento, ma credo che potremmo dare un piccolo ricevimento e permettere loro almeno di conoscersi. Greengrass è un nostro vicino, in fin dei conti.”
Narcissa si riscuote appena, fissandolo con uno sguardo vuoto che racconta molto più della sua espressione disorientata. Lucius trae un breve sospiro, abbandonando la poltrona di velluto su cui se n’è stato accomodato nel pomeriggio. Oltre la cornice, la giovane Astoria s’inchina con grazia.
“Come ti dicevo, credo che sia arrivato il momento d’introdurre Draco in società. In occasione dell’ultima riunione della Camera dei Pari, Greengrass mi ha parlato delle figlie. La minore è molto graziosa, non ti pare?”
Narcissa stira le labbra, ma non sorride davvero. I suoi occhi, piuttosto, hanno qualcosa di cupo e desolato che lo ferisce.
“Cosa c’è?”
È una domanda retorica, perché hanno già affrontato l’argomento – non in modo diretto, ovviamente: l’eleganza e la retorica di casta impongono almeno qualche perifrasi elusiva.
Draco è cambiato e sua madre se n’è accorta. È stato un mutamento impercettibile, dapprima – qualche centimetro guadagnato in altezza, la nuova riservatezza dell’età.
Alla vigilia del suo quarto anno a Durmstrang, però, è un estraneo che si prepara a lasciarli.
Lucius si dice ch’è proprio quel che voleva ottenere: un erede freddo, solido e capace; un lord, anziché un cocco di casa. C’è qualcosa, tuttavia, nei silenzi di suo figlio che lo spaventa.
“Guarda.”
La voce di Narcissa non ha colore.
I ragazzi si preparano a rientrare dalla loro cavalcata pomeridiana. Le voci sono ancora acute e salgono, ilari, sino al cielo. Sono coperti di polvere e fango – e questo non lo sorprende. Florian ha la mano destra bendata. La camicia di Draco è arrossata all’altezza della terza costola.
“Sono ragazzi. È normale esagerare un po’.”
Lo dice, ma non ne è del tutto convinto. Quella tra Draco e il figlio di Von Kessel è un’amicizia viscerale, eppure pericolosa. È quasi, insieme, si divertissero a spostare sempre un poco più avanti la linea del lecito.
La guerra, almeno, non è un gioco, se la giochi sulla tua pelle.
“Ma… Si feriscono,” mormora Narcissa.
Una piccola folla di elfi domestici si affretta a prendere in consegna le cavalcature. Draco aspetta di averne uno a tiro, per sferrargli un calcio mirato; l’infelice creatura disegna in cielo una parabola nettissima, prima di schiantarsi su di una mangiatoia. È un’esplosione improvvisa di sterpi e paglia, che strappa a suo figlio una risata stridula.
Rovescia il capo e ride di gusto, Draco: come farebbe un bambino.
“Non dare troppo peso a simili inezie. Durmstrang non è Hogwarts e gli sta facendo bene.”
Narcissa si morde le labbra, senza replicare.
I ragazzi ridono del panico disorganizzato degli elfi, mentre il sole morente tinge il cielo di un tramonto sanguinolento. L’estate è agli sgoccioli, come l’infanzia di Draco.
A differenza di un padre troppo ambizioso, però, il nuovo Lord Malfoy potrà crescere ancora prima di corrompersi.
Crede.

****

“Secondo te… Harry è carino?”
Hermione Granger sbadiglia un poco. Nel silenzio della notte, il sussurro di Ginny suona deflagrante.
“Cosa?”
“Parlavo di Harry… Secondo me, è un ragazzo molto carino.”
Hermione libera un leggero colpo di tosse. Ha quasi quindici anni, pudori e imbarazzi tutti da domare. È carino, Harry? Forse sì – anzi no: lo è senz’altro – ma l’ammirazione che prova nei suoi riguardi è troppo forte perché somigli a una cotta.
Harry è il suo eroe e il suo migliore amico. Quando collochi qualcuno così in alto nella tua scala del desiderio non è mai per farne un compagno.
“Sì, penso di sì,” replica vaga.

In occasione delle vacanze estive ha incontrato Judith Miller, la biondina lentigginosa che ha salutato in lacrime un bel mattino per sprofondare poi in un altro mondo.
Sono state compagne di banco per sei anni, loro due: all’improvviso si ritrovano estranee senza un denominatore comune.
“So che frequenti una scuola per studenti speciali!” le ha detto Judith. “Sei sempre stata un po’… Diversa?”
Non c’era malizia, né crudeltà nelle parole di Judith, eppure quella sorda allusione l’ha ferita.
La verità è che la sua è una ferita sempre aperta, perché a volte si cerca con lo sguardo dell’Hermione di ieri e non sa da che parte stare.
Judith esce con Michael Anderson, il figlio del commercialista che vive a meno di un isolato dai suoi genitori; ha quindici anni, un ragazzo, una vita.
Hermione Granger ha una bacchetta e potrebbe liberarsi da sola dell’incomodo dei suoi dentoni. Forse ha ragione Judith: è diversa.

“Chissà se gli piaccio un po’,” sospira Ginny, che l’eccitazione per l’imminente partenza non fa dormire – in compenso la notte le scioglie la lingua, rendendola incline a confessioni imbarazzanti. “E a te? A Hogwarts non c’è un ragazzo che ti piace? Ah… E non dirmi Diggory, perché quello piace a tutte!”
Hermione soffoca una risatina. “No, non credo… No, penso di no. E poi un Tassorosso non sarebbe il mio tipo.”
Ginny mormora un Lumos flebile flebile. Il chiarore che si diffonde dalla bacchetta fa del suo viso una luna picchiettata di efelidi. “Se Ron non fosse stupido, stareste bene insieme!”
Hermione deglutisce con difficoltà, poi nega.
Se Ron non fosse stupido…
Se non fosse stupido, se non fosse cieco, se non l’invitasse a guardare una partita, anziché a perdersi nei suoi occhi blu…
Se…
La vita di una donna è un domino di se. Poi arriva anche il punto fermo da cui tutto comincia.

   
 
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