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Autore: Blue_Bones    28/02/2011    2 recensioni
James Potter si poteva definire in tanti modi, tutti quelli che lo conoscevano avrebbero scelto parole diverse. Probabilemente, James Potter si accompagnava solitamente ad altri quattro nomi. Il primo, senza ombra di dubbio, era Sirius Black, il secondo, nemmeno a dirlo, era Remus Lupin, il terzo, per quanto forse sorprendente, era Peter Pettigrew, il quarto e ultimo nome era solito presagire una punizione per il sopracitato Signor Potter o, quantomeno, una delusione non indifferente. Per quanto calma e pacata Lei andava letterelmente fuori dai gangeri e che non si dicesse troppo forte che James Potter avrebbe potuto sposare solo Lily Evans.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Prongs.



Chiedetelo ai Malandrini se tentar non nuoce!



- No! – rispose lei risoluta, di nuovo.
Erano anni che andavano avanti così. Lui ci provava, lei rifiutava. Lui faceva l’idiota con le altre e lei tornava
con il naso tra le pagine di qualche libro o in qualche calderone puzzolente in compagnia di Severus
Mocciosus Snape. I capelli rossi, lui lo sapeva, erano perennemente costretti da un nastrino verde molto
simile a quello dei suoi occhi. La maggior parte delle volte, questo lo sapeva ancora meglio, se possibile, il
nastrino finiva per essere perso dopo una litigata con il soggetto pensante protagonista di questa storia.
James Potter. Remus lo aveva pregato più volte di smetterla, prima o poi quella povera ragazza si sarebbe
accorta della strana coincidenza che accomunava la scomparsa dei suoi amati nastrini con le litigate con il
presuntuoso capitano di Quidditch. Sirius, la maggior parte delle volte, ridacchiava in maniera
pericolosamente canina e Peter si voltava a guardarlo, sconvolto. Il settimo anno era iniziato da un paio di
mesi, ormai. Le discussioni non erano certo scemate. James chiedeva a lei di uscire e lei puntualmente se ne
veniva fuori con qualcosa del tipo – Potter, è l’anno dei M.A.G.O anche una ciofeca con il cervello essiccato
come te dovrebbe capire che è il momento di smetterla e il caso di crescere! – tutti trovavano in quella
routine una quotidianità rassicurante e divertente. Tutti tranne il suddetto James, che passava le serate a
distruggere, letteralmente, la camera che condivideva con gli amici, e la ragazza che si sentiva, vagamente,
seguita ogni volta che metteva piedi fuori dal dormitorio femminile. In un modo o nell’altro, però, questa
sorta di sfida a chi era il più testardo rassicurava James. Almeno lei gli rivolgeva la parola. Ogni volta che
tirava fuori il discorso con gli amici reagivano allo stesso modo. Remus sospirava rassegnato e chiudeva il
libro che, puntualmente, aveva scelto per passare la serata, tirava fuori una barretta di cioccolata e state pur
certi che, a fine serata, di quella era rimasto solo un dolce ricordo consolatorio. Se proprio doveva ascoltare
gli sproloqui di James era meglio che ci fosse qualcosa a tirarlo su. Peter, invece, ascoltava comprensivo e
interessato la sequela di insulti, elogi, promesse, premesse e speranze del giovane amico. Sirius passava la
serata a latrare, ridendo, ringhiando e ululando in maniera assai poco umana. La pazzia dei geni Black si
faceva sentire soprattutto in quelle serate di paranoia sulla recalcitrante donzella che il suo migliore amico
concupiva. L’animosità con cui ne parlava, i lunghi sorrisi idioti e gli occhi che rilucevano, però, avevano fatto
comprendere ai più che il signor Potter, in questione, non la intendeva come aveva considerato le altre
ragazze che si erano prostrate ai suoi piedi. Probabilmente l’interesse era rimasto vivo proprio per la ritrosia
e l’ostilità della giovane che non si era fatta irretire dalle sviolinate del cercatore di Grifondoro. Il “Capitano”,
così chiamato dai compagni di squadra e dalle sue più accanite fans, si ritrovava, la sera della vigilia, a
distruggere, per l’ennesima volta, la camera sotto lo sguardo desolato di Remus e Peter e quello, palesemente
divertito, di Sirius. Dopo aver frantumato ogni vetro, aver distrutto ogni specchio e aver frastagliato i pesati
tendaggi rossi dei baldacchini, si era calmato, se così si poteva definire il suo stato, e si era gettato di schiena
nel suo materasso. La cosa che più aveva stupito i presenti era la lacrima che era scesa e che era stata
prontamente asciugata con finta nonchalance. La serie di piagnistei che ne era seguita era normale prassi,
ma quella lacrima era stata del tutto fuori posto e, alla fine del monologo di Prongs, Moony guardò Sirius
preoccupato. Questo espresse a voce la domanda che era sorta spontanea a tutti i presenti. Padfoot, infatti,
chiese – Prongs, perché hai così tanta fretta. Una volta facevi queste scenate solo una volta al mese.
Riordinare la camera era più semplice. Perché ci tieni così tanto? – lui li guardò negli occhi e si scompigliò i
capelli come se pensasse, o sapesse, di essere osservato da uno spettatore nascosto. La sua voce era grave e
preoccupata, i suoi occhi non erano mai stati così seri – Ho paura, paura di non rivederla più. Con Voldemort
che sta acquistando potere… - Peter sobbalzò e, per un momento, anche Remus parve turbato dalla piega che
aveva assunto il discorso – Ho paura di non poter vedere più i suoi occhi verdi incendiarsi di rabbia quando
la prendo in giro, temo che un giorno non potrò più vedere le sue guance arrossarsi al mio ennesimo invito,
ho paura di non sentire più la sua voce, anche per un secco “No!”, ho paura di non poterle più rubare i
nastrini per vedere i suoi capelli solleticarle il viso. – l’aria si era fatta pesante. Nessuno parlava. Avevano
discusso molte volte delle loro paure in merito a quello che stava succedendo, ma le loro riflessioni,
solitamente, riguardavano loro, i Malandrini. Il primo ad agire fu, sorprendentemente, Remus. Questi si alzò
e spezzò qualcosa che teneva in mano, tentando di non fare briciole. Tutti tesero la mano, silenziosamente.
Lupin posò sul palmo di ognuno di loro un pezzo di cioccolato al latte. Lo faceva sempre quando uno di loro
era turbato. Ora lo erano tutti e non c’era nessun motivo che li spingesse a nascondere la paura. Sirius ruppe
il silenzio che si era creato – Ok, ragazzacci, tutti a letto. Domani è natale e, non so voi, ma io voglio
godermelo questo ultimo Natale a casa! – Tirò un cuscino a James che lo tirò a Remus che fece altrettanto
con Peter che restituì il favore a Sirius mentre tutti ridevano. Questo si alzò per andare a chiudere la porta e,
vi trovò un paio di occhi verdi a fissare l’interno della stanza come se avesse visto un basilisco. Lei si morse il
labbro inferiore, ma lui le fece l’occhiolino e si premette l’indice sulle labbra. La ragazza non seppe se
interpretare il gesto come una richiesta o una promessa, ma si voltò e corse velocemente in camera. Rise per
lo spavento, per le preoccupazioni e per divertimento. Rise fino ad avere le lacrime agli occhi. Rise fino ad
addormentarsi, esausta.

Il giorno di Natale i Malandrini scesero a scartare i regali. Lei era già lì, in una mano reggeva della carta da
regalo strappata e nell’altra un nastrino verde che fissava come se questo potesse dirle chi glie lo aveva
regalato. Parve decidere che non era importante e si legò i capelli e scese a fare colazione con Mary.
Quando James, Sirius, Remus e Peter entrarono in sala grande lei era ancora lì. Si stava lamentando perché
non riusciva a trovare il miele da mettere sul pane tostato. Una mano grande le passò sotto il naso
porgendole quello che desiderava. Lei alzò gli occhi per ringraziare, ma le parole le morirono in gola.
James Potter esibiva il suo solito sorriso, gli occhi rilucevano di dolcezza nonostante tentasse di reprimerla con la
solita, quotidiana, sicura, arroganza. Lei lo fissò e chiese – Che vuoi Potter? – lui rispose, come sempre
– Lily Evans, vuoi uscire con me questo pomeriggio? – lei, naturalmente rispose – No! Potter, oggi esco con Mary. –
lui incassò, di nuovo. Le sue spalle persero la rigidità che lo facevano apparire così fiero e spavaldo.
Poi lei riprese dolcemente, con lo stesso tono che avrebbe usato per rimproverare un bambino – Però la settimana
prossima non ho impegni e tu potresti cogliere l’occasione per farmi riavere tutti i nastrini che mi hai rubato
in questi anni. –

* * *

Ebbene sì, ecco a voi Prongs in tutta la sua dolcissima stupidità. Lo so questa one-shot e una torta alla
melassa con un aggiunta di zucchero, nel caso fosse risultata troppo poco smielata. Però James voleva che la
scrivessi e non ho potuto fare altro. Vi pare giusto? Ora manca solo Peter, ho paura di sapere cosa mi
racconterà, ma forse è presto per parlare. Intanto spero che vi sia piaciuta e vi invito a farmi sapere che ne
pensate e a leggere anche le altre di questa serie.
   
 
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