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Autore: InuMilla    04/03/2011    3 recensioni
Quando l’ultimo giorno di lezione dell’ultimo anno della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts suona la campanella dell’ultima ora, hai la sensazione che quello sia l’ultimo secondo di una parte molto importante della tua vita. Ti sembra l’ultimo secondo della tua adolescenza; e , anche se in questi lunghi sette anni, a volte un minuto non passava mai, quel secondo sonoro che fa “dring” ti sembra lungo un’eternità, più di qualunque altro momento trascorso in punizione a riscrivere sempre la stessa frase o a pulire la Guferia alla maniera Babbana.
Ispirata a "Notte prima degli esami"
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La doppia vita di uno studente scansafatiche.


 
 

I'll keep you my dirty little secret,
(Dirty little secret)
Don't tell anyone or you'll be just another regret,
(Just another regret, hope that you can keep it)
My dirty little secret.
Who has to know?



 

 
 
Il sole regna indisturbato e sereno nel cielo terso e azzurro di Giugno.
Le acque del lago riflettono pigramente la luce, accarezzando la sponda con ritmo lento.
Tutt’attorno, nel parco della scuola, c’è un silenzio ovattato.
Sarebbe tutto virtualmente perfetto, se non fosse per il fastidiosissimo rumore di pagine sfogliate che, sebbene non interrompa il suddetto silenzio, risulta particolarmente fastidioso alle mie sensibili orecchie da studente nullafacente.
Insomma, come può uno scansafatiche godersi un perfetto pomeriggio di ozio, steso sulla soffice erba del parco, se intorno a lui c’è un tale clima di maniacale studio?
«Sirius,» mi chiama Peter, timidamente. « mi fai una domanda di Trasfigurazione? »
Cosa stavo dicendo a proposito di ossessivi studenti che rovinano le pennichelle altrui?
«Per la milionesima volta, Peter, metti via quel libro. Per piacere. Non vorrei che te lo ritrovassi in posti spiacevoli. »
«Ma gli esami sono tra venti giorni! »
Mi tiro a sedere. E non potete neanche immaginare quanto mi costi aprire gli occhi alla luce accecante del sole di giugno.
«Appunto, Pete. VENTI giorni! Ho il tempo di imparare i libri a memoria. »
Peter si stringe il libro di Trasfigurazione al petto, quasi come se fosse un orsacchiotto.
Alzo gli occhi al cielo, esasperato. Sì, lui ha bisogno di studiare! Lo sappiamo!
«Che ore sono? » domando. Forse ho l’opportunità per sfuggire a questa tortura.
Lui guarda il suo orologio da taschino «Sono le quattro… »
«Perfetto. » mi alzo, battendo le mani sui pantaloni, per scrollarli dal terriccio.
Gli sorrido e lui mi guarda con aria sospettosa.

«Che c’è? » domando, alzando le spalle.
«Dove stai andando? »
 
Oh, andiamo! Cos’è quell’espressione indagatrice sul viso del più ingenuo dei  miei amici?
«Hai presente un certo Gravidens? Mi ha messo in punizione diciamo…dieci giorni fa… »
«Sirius, ti rendi conto che sei in anticipo per andare a scontare una punizione? »
«Sto cercando di migliorare! » rispondo, con una teatrale intonazione offesa «Insomma: faccio l’idiota e non vi sta bene. Faccio il bravo ragazzo e ancora non vi sta bene! Cosa dovrei fare? »
Sono un attore nato. Mi mancano solo i lucciconi agli occhi.
Malgrado la mia perfetta interpretazione, però, Peter non sembra affatto convinto.
Sbuffo, riprendendo la mia solita espressione pre-punizione, che comprende un sorriso largo da orecchio a orecchio, naturalmente.
«Ci vediamo alle sette in Sala Comune, va bene? »
Lui continua a scrutarmi. Ok, ora inizia a darmi sui nervi.
Mi volto e prendo a  camminare verso il castello, con le mani calate nelle tasche dei pantaloni.
«Scopriremo cosa stai combinando, Sirius! » esclama Peter alle mie spalle, ma io lo ignoro solennemente.
Non sto combinando niente, per la miseria!
O meglio, non sto combinando niente di male, paragonato a ciò che faccio di solito.




                                                                               ***




Ed eccomi qui, in compagnia del mio caro amico secchio e del mio inseparabile compagno strofinaccio, pronti ad un altro pomeriggio di pulizie estreme, a breve sul grande scherno.
…Esattamente non ho mai capito cosa sia un “grande scherno”, ma mi piace come suona questa frase, quando Remus la usa.
Salgo le scale del dormitorio femminile, beandomi ancora una volta di questa possibilità che mi è stata negata negli anni passati. Non posso fare a meno di sorridere, nel ripensare a quante volte questa stessa rampa si è trasformata in uno scivolo sotto i miei piedi, procurandomi altrettante cadute parecchio dolorose per il mio povero didietro.
Sul corridoio del pianerottolo si aprono sette porte. Scelgo l’ultima e, con un movimento lento, la apro, accompagnandola con la mano.

Nella stanza, seduta sul suo letto, con lo sguardo basso, fisso su un malloppo infinito di fotografie, c’è lei.

Resto per un po’ a guardarla, in silenzio, approfittando del fatto che lei è troppo assorta per accorgersi di me.
Ha i capelli sciolti. Non li porta quasi mai così: dice che non le piacciono. Invece io adoro il modo in cui il sole gioca con i suoi riccioli castani, illuminandoli di riflessi rosso scuro.
Sorride, osservando una foto con particolare attenzione. Non so quante volte gliel’ho detto, ma continuerò a ripetere che le sue labbra hanno un taglio praticamente perfetto.
Lascio il secchio per terra e mi appoggio allo stipite, sorridendo involontariamente.
Rosaline è diversa. Non somiglia alle ragazze che frequento di solito.
Non somiglia a Monique: non ha la sua stessa bellezza appariscente. Anzi, non ho mai sentito qualcuno dire che fosse bella.
Rose è…normale.

Non è alta.
Non è magrissima.
Non le piace truccarsi.
Non le piace sistemarsi i capelli.

Inizialmente la pensavo esattamente come gli altri,  poi ho fatto caso ai particolari. Piccoli dettagli come, appunto, i riflessi tra i suoi capelli sciolti, i suoi occhi scurissimi o la perfezione delle sue labbra e ho capito quanto fosse superficiale il giudizio della gente.
Ma forse, per far caso ai particolari, bisogna prendersi la briga di parlarle almeno una volta e, dato che lei è timida come una bambina, non risulta sempre facile farlo.
Lei si apre solo a chi si fa coraggio e entra prepotentemente nella sua vita, come ho fatto io.

Alza lo sguardo, mi vede, mi sorride.

«Sei in anticipo. »

Sospiro, fingendomi seccato, ma non risulto particolarmente convincente, con questo sorriso che non accenna a spegnersi.
«Perché vi sembra così strano che io sia in anticipo? »
«Forse perché questa, in teoria, è una punizione. E tu, di solito, sfuggi alle punizioni come un’anguilla. »
Si alza, si avvicina a me e mi abbraccia. Io la stringo al petto, nascondendo il viso tra i suoi capelli.
«Sai, non so perché, ma ultimamente sto rivalutando le punizioni. Non sono poi così male.  » mormoro e lei ride sommessamente, poi si allontana e torna a sedersi sul letto, invitandomi a fare altrettanto.
E’ così, grazie a questa punizione, che riusciamo a passare almeno una parte del pomeriggio insieme, fin quando non inizia davvero la tortura.

Perchè possiamo incontrarci solo nel deserto dormitorio femminile?
Perché io, teoricamente, sto ancora con Monique.
Da quanto va avanti questa storia?
Dall’inizio dell’anno.
Perché non ho ancora lasciato Monique?
…c’è una domanda di riserva?

Di solito, a questo punto del nostro “appuntamento” iniziamo a scherzare, giocare con la macchina fotografica o semplicemente a parlare di come abbiamo passato la giornata, ma lei ha un’espressione che non mi piace per niente.
Vuole dire qualcosa, ma probabilmente non sa bene come.
Le lancio uno sguardo di incoraggiamento, sperando che questo basti a spingerla a parlare. Odio stare sulle spine.
«Che c’è, Rose? » domando, alla fine, notando che lei ha iniziato a mordicchiarsi il labbro inferiore.
«Sir, non voglio rivangare un discorso già trito e ritrito, » comincia, assumendo un tono deciso che stride con il suo atteggiamento di poco prima.  «ma credo che sia arrivato il momento di affrontare la questione: cosa hai intenzione di fare con Monique? »
Ecco qua, lo sapevo.
Quest’ abilità di porre esattamente la domanda che mette in difficoltà il suo interlocutore, la renderebbe un’ottima professoressa.

«Non lo so, Rose. » rispondo, evitando il suo sguardo.
Lei, al contrario, cerca di guardarmi negli occhi. «Sirius, è quasi un anno che non lo sai… » mi fa notare, con tono dolce.
Una delle tante qualità di Rose – a parte quella di metterti in difficoltà con domande scomode- è quella di essere utopicamente altruista. Ecco il perché di questa sua calma stoica: lei lo sta facendo per il bene di Monique, mica perché le dà fastidio che possa incontrarmi solo di nascosto.
 «Non è giusto che continui a ingannarla. » aggiunge, sempre con la stessa dolcezza.
Come volevasi dimostrare.

Mi faccio coraggio e punto lo sguardo nel suo. Non c’è traccia di accusa, di frustrazione nei suoi  occhi,esattamente come mi aspettavo e la cosa, paradossalmente, mi fa sentire anche peggio.
«Non possiamo andare avanti così. » continua lei, con un sorriso amaro. «Forse sarebbe il caso di smetterla… »
Scuoto la testa, senza esprimere a voce il mio disappunto.
«Allora cerca di parlare con Monique. Mi spiace, Sir, ma non ci vedremo finchè non l’avrai lasciata. » conclude con un tono leggermente più duro. Forse non è del tutto vero che lo sta facendo solo per Monique.
«Non mi hai sempre detto che non ti piace fare la “fidanzatina gelosa”?  » la punzecchio.
Lei mi guarda malissimo. Per le mutande di Merlino, non mi aveva mai lanciato un’occhiata del genere!
La questione è seria.
«Non sto facendo la “fidanzatina gelosa”, Sirius. Non ti sto neanche obbligando a fare una scelta. Cerco soltanto di costringerti a fare la cosa giusta, visto che tu non avrai il coraggio di farlo, finché le cose andranno così bene per te. »
Nasconde le foto – che, per inciso, sono quasi tutte mie. Non per vantarmi, ma sono un modello meraviglioso – sotto il letto e si alza, fronteggiandomi con le mani ai fianchi.

«Vado al lago a studiare, Sirius. » dice, calma. Afferra la sua borsa, abbandonata ai piedi del comodino e se la appende alla spalla. «Vienimi a cercare solo quando avrai preso una decisione. Intanto, pulisci. Questi dormitori sono un porcile. »
Si china per lasciarmi un bacio sulla fronte, poi esce dal dormitorio, legandosi i capelli in una crocchia morbida sulla nuca.

E così resto solo, nel dormitorio femminile.
Solo con il mio caro amico secchio e il mio inseparabile compagno straccio.
Solo, con una terribile morsa che mi stringe lo stomaco.





                                                                                   ***




 
Ok, non deve essere troppo difficile.
“Monique, mi dispiace, ma non possiamo più stare insieme.” Ecco cosa le dirò.
Sarò diretto, conciso.
Sarà come togliersi un cerotto.
Lei farà un po’ di piagnistei, sicuramente. Io le poggerò una mano sulla spalla, senza concederle contatti troppo amichevoli, in modo da rendere il distacco più semplice.
Le dirò che è stato bellissimo stare con lei, ma che ora ho bisogno di passare un po’ di tempo da solo.
Rose non potrà biasimarmi per aver detto una piccola bugia. Non posso mica dire a Monique che la sto lasciando per un’altra ragazza! Non sono così cattivo.
E’ circa un quarto d’ora che sto osservando lo schienale della poltrona più appartata della sala comune, quella vicino alla finestra, dov’è seduta Monique, cercando le parole giuste da dirle.
Non posso più aspettare.
Prendo un gran respiro, mi faccio coraggio e vado verso di lei.
Avvicinandomi, inizio ad avvertire dei singhiozzi soffocati.

Monique sta piangendo.

Tiene il volto coperto dalle mani, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Le sue spalle si alzano e si abbassano con ritmo irregolare, scosse dai singulti.
Le poggio una mano sulla testa, accarezzandole i riccioli biondi, stranamente cadenti, e lei alza lo sguardo. Quegli occhi verdi, di solito così allegri, sono arrossati e pieni di lacrime.
E’ come ricevere un pugno in pieno stomaco.
Non è possibile che sappia…
«Ehi, piccola. » mormoro, con tono rassicurante «cosa è successo? »
Lei scuote la testa. I singhiozzi le impediscono di parlare regolarmente.
Mi indica un pezzo di carta stropicciato, ai suoi piedi.
Lo prendo e lo spiego. E’ una lettera.



Gentile sig.na Martin,
Il personale medico del San Mungo esprime tutto il suo cordoglio nell’informarla che i suoi genitori sono deceduti alle 17,13 di questo pomeriggio. Sono stati trovati gravemente feriti nel vostro domicilio. Non è stato possibile in alcun modo salvarli.
Sentite condoglianze.
Cyrus Lutor, responsabile del Reparto di Lesioni da Incantesimo dell’ospedale San Mungo.





«Oh, mio Dio. » borbotto, a mezza voce, sconvolto.
Monique singhiozza più forte, quasi a sottolineare la mia reazione.
«M-mi dispiace. » non trovo niente di più intelligente da dire, forse perché, in situazioni del genere, le parole, intelligenti o stupide che siano, non servono a nulla.
Lascio scivolare la mano sulla sua spalla. Lei non mi respinge, quindi mi azzardo ad abbracciarla, poggiando il mento sulla sua nuca e iniziando a cullarla dolcemente.
Dopo qualche minuto, lei ricambia la stretta, aggrappandosi alla mia camicia.
Le accarezzo i capelli con gesti lenti, tentando in tutti i modi di tranquillizzarla, ma le lacrime non accennano a diminuire.
Non so dire per quanto restiamo così, abbracciati.
Non ho quantificato il tempo che lei ha passato a piangere. So solo che, quando alza la testa e mi guarda, non piange più, forse solo perché ha finito le lacrime.
Il suo viso è ancora stravolto da un’espressione di puro dolore che è talmente forte da arrivare fino a me, stringendomi il cuore fino quasi a farlo battere a fatica.
Quello sguardo, arrossato e disperato è una supplica.
Mi sta pregando di restare con lei. Non solo fisicamente, per questa sera o per i giorni, terribili, che l’aspettano.
 Mi sta chiedendo di non lasciarla sola.

Sono l’ultima persona al mondo che le resta.
 

 
 







Angolino di Mills.

Salve, gente.
Lo so che sono orribilmente in ritardo. Lo so.
Lasciate che dia la colpa, per l’ennesima volta, alla scuola. Tutti ti dicono quanto sarà duro in quinto anno, ma nessuno ci crede veramente finchè non si ritrova immerso fino alla punta dei capelli in compiti, interrogazioni, professori idioti che non sanno fare il loro lavoro.
E, tanto per completare il quadretto, sono stata colpita dal blocco dello pseudo-scrittore, il che mi ha portato a iniziare questo capitolo per ben sette-otto volte, su fogli diversi, con diverse impostazioni.
Alla fine, fortunatamente, sono riuscita a costringermi a scrivere quest’ennesima schifezza, che non mi piace per niente. Il mio povero Sirius meritava un capitolo molto, molto più bello ç__ç  scusa, canide.
Insomma, questo è il capitolo in cui si scoprono le sue macchinazioni u.u non è giusto che sia così orribile. Ma si dovrà accontentare.
Colgo l’occasione per ringraziare, come sempre, le personcine dolci e buone che
leggono(e, in particolare, quelle che recensiscono pure *_*), preferiscono, seguono e ricordano questa storia. <3

Si apre lo shipping! Sei
team Rose o team Monique?
*__* A breve le magliette personalizzate, gente!
Nel frattempo, che ne dite di lasciarmi un commentino? *_* Mi farete affrontare meglio questi dannatissimi giorni prima della luunga pausa.
(PartoperLondra PartoperLondra PartoperLondra PartoperLondra! *________*)
Alla prossima *O*

   
 
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