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Autore: ferao    05/03/2011    9 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Eccoci qui, finalmente. Un ritardo di... uhm... 8 giorni rispetto al mio target (cavolo!). Mi spiace, ma ho avuto VERAMENTE da fare.
(Ok, poi magari a voi non frega nulla, comunque...)
Blateramenti a parte, ecco il nuovo capitolo. Sono sicura che, dopo la rutilante confusione e il romanticismo finale dello scorso capitolo, vi aspettavate qualcos'altro. Beh... mi spiace, ma questo è così, e può essere solo così.
Non posso mica giocarmi tutta la storia ora e subito, no?
Diciamo che sono in fase di assestamento...
Ora, come al solito, alcune AVVERTENZE:

1) "A Night at the Opera" è un album dei Queen, "The dark side of the moon" invece è dei Pink Floyd.
2) “Should I stay or should I go” è dei Clash
3)“Johnny B. Goode” invece è di Chuck Berry. Ascoltare entrambe per capire.
4) Stando a Google esiste davvero un ristorante indiano in Floral Street. NOn ho idea di come si mangi lì, visto che non ci sono stata; tuttavia sono passata per Covent Garden tutte e due le volte che ho visitato Londra, e posso dire, senza timore di sbagliare, che si tratta di una delle zone più belle in assoluto di quella meravigliosa città.
Se ci fate un salto, fatemi un fischio che mi aggrego anch'io... :D
5) Lieve SPOILER di "Psycho" di Alfred Hitchcock (ma lievissimo, perché in realtà non racconto nulla). Questo straordinario film è da poco stato eletto ufficialmente tra i miei 10 preferiti, e credo che Audrey sarebbe d'accordo, quindi NON potevo non metterlo.
6) Lieve SPOILER anche di "Orgoglio e pregiudizio". Spero lo abbiate letto, sennò leggetelo. Anche questa citazione era dovuta, visto che il cognome di Audrey è direttamente ispirato a questo bellissimo romanzo.
Le citazioni dell'incipit di "Orgoglio e pregiudizio" (scritte in carattere diverso) sono tratte dall'edizione italiana pubblicata nei Mammut "Newton & Compton", 2008, con la bella traduzione di Italia Castellini (che ringrazio :D).
7) Spero sinceramente che questo capitolo non vi annoi. Ve l'ho detto, sono in fase di assestamento, e la storia vera e propria tornerà a esplodere dal prossimo capitolo; ho riscritto questa parte svariate volte (sempre a notte fonda...) e questa che pubblico è la forma migliore in assoluto che sono riuscita a plasmare; non mi soddisfa pienamente, soprattutto nella parte finale un po' frettolosa, ma non mi viene meglio di così, mi spiace.
Credo che non riuscirò mai più a scrivere nulla come lo scorso capitolo, è il mio preferito in assoluto per quanto riguarda questa long :D
8) Anche questo capitolo ha il sottotitolo. Oh sì.







Darcy, curry e rock'n'roll

(ovvero: dell'evidenza)
 




Il luogo un po’ più asciutto era la casa di Audrey.
Percy si premurò di chiudere a chiave la porta e lanciare un incantesimo anti intrusi, prima di tornare a baciarla.
- Che cosa fai?
- Casomai a tua madre venisse in mente di fare una visita…
 
 
La sveglia a forma di pulcino segnava le sette, quando Audrey aprì gli occhi il mattino dopo.
Si girò, pensando di trovare ancora Percy, ma lui era già completamente vestito e si stava infilando le scarpe, seduto sul letto.
Si stropicciò gli occhi, incredula.
Non è nemmeno giorno! Che diavolo ci fa già in piedi?
La domanda era troppo complessa perché riuscisse a formularla in maniera decente, a quell’ora del mattino; tutto ciò che uscì dalle sue labbra fu un grugnito di disapprovazione.
Percy si voltò subito verso di lei, facendo un gran sorriso.
- Buongiorno, Bennet!
Altro grugnito, che precedette un sonoro sbadiglio. - Pe-Percy, sai che ore sono?
- Sono le sette. Scusa, non volevo svegliarti, ma vado a casa a cambiarmi, e dobbiamo essere in ufficio per le otto.
Altro sonoro sbadiglio, mentre Audrey si rintanava sotto le coperte.
- E chi lo dice? Potresti non andare al lavoro, così non dovrei andarci nemmeno io…
- Bennet, stiamo insieme da nemmeno ventiquattr’ore e già cerchi di ottenere favori personali?
- Uff… Sei proprio noioso, capo… - borbottò, la testa nascosta sotto al lenzuolo.
- Se non fossi noioso, non sarei il capo.
- Ieri sera non eri noioso.
- Ieri sera non ero il capo.
Audrey riemerse dal lenzuolo, sentendosi ormai quasi del tutto sveglia. – Diamine, come fai ad avere la risposta pronta a quest’ora del mattino?
Percy fece spallucce, vagamente divertito da quel botta e risposta.
- Non saprei. Sarà che ho già bevuto il caffè.
- Tu hai… cosa?! Ma a che ora ti sei svegliato?!
- Mezz’ora fa. Un po’ prima del mio solito, in verità. Sai, chi dorme non piglia pesci, il mattino ha l’oro in bocca, e cose del genere…
Audrey si tirò su, a fatica. Si sentiva ancora un po’ intontita. - E va bene, mi arrendo. Sarò in ufficio alle otto spaccate. Ora però lasciami dormire…
Si voltò dall’altra parte e si coprì la testa con il lenzuolo, mentre Percy non riusciva a trattenere un altro sorriso.
Se non fosse stata Audrey, una persona simile gli avrebbe dato sui nervi; ma era Audrey, quindi lo faceva solo sorridere.
Uscì dalla stanza in punta di piedi, sperando solo che Audrey non tardasse troppo, quel mattino.
In fondo, era pur sempre il suo capo.
 
Naturalmente, Audrey si presentò in archivio con un ritardo di ben tre quarti d’ora.
- Oh, Aud! Meno male che sei arrivata - le disse Adams, vedendola entrare tutta trafelata. - Sei fortunata, il capo non è ancora passato di qui e non si è accorto che…
Tacque di botto. Qualcosa lo aveva colpito.
Tornò a guardare Audrey, e non ebbe più alcun dubbio; fu così sorpreso che iniziò a fissarla a bocca aperta, senza riuscire a smettere.
La ragazza non se ne accorse, preoccupata com’era per il ritardo mostruoso. Sistemò il cappotto all’appendiabiti, prese un fascicolo appena arrivato e si sedette alla scrivania, senza guardare Adams.
Dopo qualche secondo si accorse di qualcosa di strano, e alzando lo sguardo sul suo collega lo trovò ancora sconvolto e con la bocca spalancata. Alzò un sopracciglio, interrogativa:
- Beh?
Niente. Adams non riuscì a spiccicare parola, e seguitò a boccheggiare come un pesce rosso, mentre la forza di ciò che aveva intuito lo circondava sempre di più.
Per un momento Audrey ebbe la tentazione di toccarsi il viso per vedere se le mancasse qualche pezzo, che so, il naso, un occhio...
- Adams, mi stai spaventando. Tutto bene?
Niente; nessuna risposta.
Audrey iniziò a irritarsi. - Senti, ho un sacco di lavoro da fare, quindi, se vuoi smetterla di giocare…
All’improvviso la porta si aprì, e il viso serio del capo apparve sulla soglia.
Adams si girò di scatto verso di lui, e la sua bocca, se possibile, si spalancò ancora di più, mentre gli occhi uscivano dalle orbite.
Percy se ne accorse, ma lo ignorò, e disse:
- Bene, ci siete entrambi. Vedo che i bagordi di Capodanno non vi hanno del tutto sottratti ai vostri doveri.
- Non c’è pericolo per questo, capo, ormai Adams ed io siamo due professionisti - rispose Audrey, trattenendo faticosamente una risatina. Il succitato Adams in realtà tutto sembrava tranne che un professionista: il suo sguardo sconvolto andava da Audrey al capo e viceversa, mentre la bocca restava spalancata senza ritegno.
Il capo non batté ciglio, il viso sempre atteggiato alla serietà che ormai lo contraddistingueva.
- Grazie di avermi confortato, Bennet. Ora tornate pure a lavorare, volevo solo vedere se tutto andava bene e avvertirvi che sarò assente fino a mezzogiorno, per impegni col Ministro. Buon lavoro.
- A lei, capo.
La porta si richiuse. Adams la fissò per un po’, stentando a credere a ciò che aveva visto e cercando di riprendersi.
Non ci posso credere… No no, è troppo, troppo incredibile… Ma se dopo Natale Aud lo odiava… Ma come… Ma… No, non è possibile… Invece sì, è evidente! Ma come, come!
- Adams, - domandò dopo qualche minuto Audrey, sconcertata dal comportamento dell’amico, - per caso vuoi mangiare qualche mosca per colazione? No, perché con quella bocca spalancata forse riesci a prenderne qualcuna…
L’orribile battuta di Audrey lo riscosse. Di scatto si voltò verso di lei.
- Audrey… tu… tu… tu…
- Occupato.
- Cosa?!
- Niente. Suppongo che tu non sappia cosa sia un telefono…
Adams cercò di risistemare rapidamente i propri pensieri.
- Audrey… Tu… tu sei andata di nuovo a letto con il capo!
La ragazza inarcò di nuovo il sopracciglio, cercando di mantenersi perfettamente seria e di non scoppiare a ridere.
 
Ora, a questo punto una brava cronista quale è la sottoscritta dovrebbe aprire una piccola parentesi.
Per Audrey era fuori discussione il fatto che Adams doveva sapere di lei e Percy. Per quest’ultimo invece c’era da discutere, eccome.
Ne avevano parlato per qualche minuto, seduti sul letto durante una “pausa”, la sera prima.
- Senti, non posso non dirlo ad Adams! Sarebbe come tradirlo!
- Non se ne parla! Io… non voglio che lo sappia, ecco!
- E perché? Sentiamo!
- Beh… Perché… Perché no, ecco! - aveva farfugliato allora Percy, avvampando.
- Non è una risposta. Allora?
Percy aveva deglutito, un po’ in difficoltà. – Perché… Ecco… Ma scusa, perché devi proprio dirglielo? Non potresti non dirglielo e basta?
- Adams è mio amico! - aveva esclamato Audrey, piccata. – E non sarai tu a decidere cosa posso o non posso raccontare ai miei amici, chiaro?!
- M-ma… Non volevo dire questo…-
- E allora dimmi perché Adams non dovrebbe sapere una cosa che per me è importante!
Non aveva risposto subito; era rimasto per qualche secondo a mordicchiarsi il labbro.
- Perché… Oh, e va bene, mi vergogno, okay? Mi vergogno! - aveva esclamato alla fine, mentre Audrey spalancava gli occhi e per poco non scoppiava a ridere. - Non conosco Adams abbastanza da volere che sappia i fatti miei!
- Ma, Percy… - provò a dire Audrey, sempre contenendo le risate - Adams è Adams… non puoi vergognarti con uno come lui. Lui… - non sapeva come spiegarsi. - Lui è… è così! È impossibile vergognarsi, non ce n’è motivo!
- Non mi importa - replicò Percy, incrociando le braccia e imbronciandosi. - Non voglio che lo sappia, punto e basta.
Di fronte a quella che era evidentemente una crisi di infantilismo, Audrey non resistette più, e scoppiò in una sonora risata; cosa che fece imbronciare Percy ancora di più.
- Ecco, ridi pure… Prendimi in giro, dai…
- Scusa, è che sei così tenero quando ti imbronci…
Credo che sia il caso di farla breve, a questo punto. La “pausa” finì, e Audrey promise che non ne avrebbe parlato con Adams.
- Neanche una parola?
- Neanche mezza.
Tanto alla fine lo capirà lo stesso… Figuriamoci… Lui è Adams!
 
Questa parentesi serviva a farvi capire perché, di fronte all’affermazione di Adams, Audrey non disse la verità, ma mentì con grande nonchalance.
Rispose infatti:
- Non so di cosa parli, Adams. Se è uno scherzo, non fa ridere.
- Ma è così, deve essere così! Sono sicuro! - farfugliò Adams, confuso, diventando completamente rosso.
- Se fosse successo lo saprei, non credi? - ribatté Audrey troncando così la discussione, dopodiché iniziò a lavorare e ignorò a oltranza il povero Adams, lasciandolo ancora più confuso e stordito.
 
Se Audrey e Percy non erano d’accordo sul fatto di tenere Adams all’oscuro della loro storia, su una cosa erano invece stati concordi fin da subito: meno persone al Ministero sapevano di loro due, meglio era. Storie simili erano già state deleterie per le carriere di parecchie persone, nel loro ambiente, e i due non volevano che qualche pettegolezzo di troppo incidesse sulle rispettive vite lavorative.
Chi rischiava di più, ovviamente, era Percy: un ragazzo così giovane, nella posizione in cui si trovava, doveva stare molto più attento di chiunque altro, e una relazione con una dipendente, per quanto fosse innocente, poteva diventare uno strumento pericoloso se capitava nelle mani sbagliate. Anche Audrey però non voleva correre alcun rischio: lavorare all’archivio le piaceva, e rendeva anche abbastanza bene. Perdere quel posto le avrebbe causato qualche problema, decisamente.
La necessità di riservatezza, e ovviamente il pudore naturale che provava Percy, non impedivano tuttavia a quest’ultimo di compiere, quando poteva, qualche gesto a suo modo tenero verso Audrey.
La mattina andava per caso a prendere il caffè quando ci andava anche lei. Sempre per caso capitava che con le dita le sfiorasse una spalla, o la mano, o addirittura la schiena, mentre aspettavano che Greg preparasse le tazzine.
Quando faceva così Audrey avvampava subito, ma scambiava quattro chiacchiere con lui normalmente facendo finta di nulla, dopodiché tornavano entrambi a lavorare.
Altre volte Percy si affacciava all’archivio per chiedere se tutto andava bene, e, non appena Adams si distraeva un momento, accennava un lieve sorriso verso Audrey, che gli rispondeva strizzando l’occhio.
Sembrerà strano, ma a loro due bastava, in quei momenti.
Il pudore di Percy, in realtà, infastidiva leggermente Audrey. Non poteva impedirsi di pensare che, se almeno Adams avesse saputo della loro storia, magari lei e Percy avrebbero potuto fare qualcosa di più che sfiorarsi, nella riservatezza dell’archivio.
Oddio, non che io voglia fare chissà che… Ma almeno potrei abbracciarlo…
D’altra parte, non se la prendeva nemmeno troppo. Le bastava sapere che, una volta usciti dal lavoro, lui avrebbe smesso di essere il capo, e sarebbe stato solo suo.
Sarebbe stato solo Percy.
 
Però sento che qualcuno di voi si sta chiedendo: e Adams? Dai, è impossibile che non abbia intuito qualcosa!
Avete ragione. Non solo Adams aveva intuito: aveva capito.
E avendo capito, si tormentava perché i due non lo rendevano partecipe della cosa.
Scusate se tralascio un momento di parlare di Audrey e Percy, ma vorrei tanto spendere un paio di parole sul nostro amico:
Adams è un tipo a cui piace far felice la gente; e una volta che l’ha fatta felice, adora che quella gente gli si mostri riconoscente. Un bell’ “Ehi, Adams, grazie mille, non so cos’avrei fatto senza di te!” gli fa più che piacere, lo rende fiero di sé e gli dà motivo di gonfiare a dismisura il proprio ego.
Ora, da un mesetto si è messo in testa che il capo e Audrey sono fatti per stare assieme; è una sensazione, più che una certezza, ma quella sensazione è stata suffragata dal fatto che tra i due è successo qualcosa a Natale.
Da quando Audrey gli ha raccontato il modo in cui si erano evolute le cose, ha iniziato a mettersi il cuore in pace, dicendosi che un errore di valutazione capita anche ai migliori; ma ecco che, all’improvviso, gli si è presentata Audrey con la faccia di una che evidentemente è stata (stavolta senza effetti collaterali) col capo, e, nel giro di un minuto, il capo che evidentemente è stato con Audrey (sempre senza i succitati effetti collaterali). Stavolta non poteva sbagliarsi, era impossibile.
Quindi: perché nessuno dei due gli diceva nulla? Perché non gli davano modo di sentirsi contento per aver avuto ragione per l’ennesima volta? Perché gli negavano questa piccola soddisfazione?
Noi, ovviamente, sappiamo perché: sappiamo che, in teoria, Adams non doveva venire a sapere nulla per via del pudore di Percy.
In teoria.
Nella pratica, nessuno avrebbe mai, mai potuto pensare di tener nascosta una cosa simile ad Adams.
Audrey lo aveva intuito, ma tentò lo stesso di mantenere il proprio segreto, per parecchi giorni.
Affrontò coraggiosamente l’arma che Adams aveva messo con cura da parte fino a quel momento, e che ora sfoderava senza pietà: l’insistenza.
- Audrey, non penserai di negarlo ancora? - le chiedeva Adams, almeno quattro volte al giorno.
- Negare cosa? - ribatteva sempre lei, impassibile.
- L’evidenza! - era la pronta risposta.
In genere, a questo punto le repliche di Audrey si differenziavano. Andavano da un grugnito annoiato (“Grunf!”) a un commento al documento che aveva sotto mano (“Ci crederesti? Questo è l’ottavo certificato di residenza che trovo che presenta errori grammaticali gravi! Dove andremo a finire…”) o al tempo (“Fa sempre più freddo, dannazione… Piove di continuo questo periodo…”). In genere però riusciva a zittirlo semplicemente nominando Ben.
- Come puoi accusarmi di negare qualcosa, quando tu per primo neghi senza ritegno la tua storia con Ben?
A questo punto Adams assumeva in genere un colorito verdastro, faceva una smorfia sofferente e rispondeva:
- Non. Sto. Con. Ben.
Dopodiché taceva, finalmente.
E, sotto sotto, Audrey sogghignava.
 
Sogghignava perché, come tutti, anche Audrey aveva un lato oscuro. Lo abbiamo visto a Capodanno sotto forma di “fase Banshee”, ma nei momenti di “tranquillità” talvolta emergeva sotto altre forme, che la rendevano parecchio simile a Oleg e Judith.
Adesso, per esempio, si stava divertendo un mondo a vedere Adams in piena confusione. Aveva la massima stima di lui, lo riteneva molto intelligente, ma lasciarlo per una volta senza parole era davvero soddisfacente.
Sogghignava perché non era affatto facile mettere Adams in difficoltà, e lei ci stava riuscendo.
Mi spiace, amico, ma è davvero divertente…
 
È inutile dire che il povero Adams non riuscì a scucire un’informazione nemmeno al capo. Potete immaginare la scena: il nostro amico aveva provato a sfruttare di nuovo l’effetto sorpresa (spalancare la porta all’improvviso e gridare “Capo!”), ma non aveva nemmeno messo la mano sulla maniglia che l’uscio si era aperto da solo.
Non mi piace…
- Prego, Adams, prego… Le piace l’Incantesimo Rivelatore che ho eseguito sulla porta? - esclamò Percy, senza smettere di scrivere sul foglio che aveva dinanzi agli occhi. - È molto utile, sa? Serve a evitare che le persone irrompano nel mio ufficio all’improvviso.
Non mi piace per niente… Diamine!
- Allora, posso esserle utile? - chiese Percy, smettendo di scrivere e guardando Adams al di sopra degli occhiali.
- Beh… - Adams raccolse il coraggio che aveva. Si sentiva messo in difficoltà, ma la sua curiosità era troppo forte. Decise di buttarsi.
- Capo, ma è vero che lei e…
- Adams - Percy lo interruppe subito, - non è la giornata dei quiz. Ha un problema che riguarda il suo lavoro?
- Come?! - fece, aggrottando le sopracciglia. - N-no, io… io…
- La salute sua o di parenti, affini e collaterali?
- Cos… No, io…
- La situazione economica sua o di persone che la influenzino?
- No, ma…
- Bene, quindi nulla che possa interessarmi. Buon lavoro. - Percy sistemò gli occhiali e tornò a scrivere.
- Ma… Ma… Ma Audrey...
- La signorina Bennet è appena tornata dalla pausa, può trovarla nel vostro ufficio, dove, a dirla tutta – smise di scrivere, cavò di tasca un orologio e lo guardò - lei dovrebbe trovarsi già da ben quindici secondi…
Che dire? Al povero Adams non rimase che tornare alla sua scrivania, mogio mogio e molto affranto.
- Audrey, ti prego, dimmi se…
- No.
Diamine, perché nessuno mi vuole bene?
Povero Adams.
 
 
 
 
 
I primi giorni successivi a quel Capodanno furono giorni di assestamento. In genere, una volta usciti dal Ministero, Percy e Audrey erano troppo presi dalla strana euforia che segue immediatamente all’infatuazione per poter fare qualcosa di diverso dall’abbracciarsi, baciarsi e… Beh, lo sapete.
Ebbene sì, anche Percy sembrava vittima di quella strana euforia. Per Audrey era normale, aveva avuto più di una storia e conosceva perfettamente quella voglia di stare insieme, quel desiderio che si accendeva a uno sguardo, quel volersi continuo.
Percy no, non lo conosceva. Per niente.
Per quanto bella e importante, la sua storia con Penelope era stata anomala: la maggior parte era andata consumandosi negli anni dell’adolescenza, mentre ciò che ne rimaneva, quando entrambi erano finalmente adulti, era andato miseramente perduto in due frasi di troppo. Decisamente Percy non avrebbe mai e poi mai  pensato di sentirsi di nuovo come quando aveva sedici anni, e anche se lo avesse pensato, di certo non avrebbe saputo richiamare alla mente quelle sensazioni.
Diamine, come avrebbe potuto ricordare il brivido lungo la schiena quando una ragazza gli faceva quel sorriso? Quello scioglimento del cuore quando sentiva il suo odore, la sua pelle?
So cosa pensate: un tipo severo e rigido come lui, sciogliersi per una cosa del genere! Dai, era impossibile! Ma ti pare…
Beh, se davvero la pensate così, dovreste ricredervi come ha fatto lui. Nemmeno lui lo credeva possibile, ma… succedeva.
Ora, chiariamoci: non dovete certo immaginare che da un giorno all’altro il rigido e – diciamolo pure – antipatico assistente del Ministro Percy Weasley fosse diventato dolce e tenero come un cucciolo di unicorno. Queste cose succedono solo nei romanzetti rosa di mezza tacca, non nella realtà.
Nessuna trasformazione sovrannaturale, né repentini mutamenti caratteriali. Percy non era diventato più buono e più bravo, ma in compenso… Beh, diciamo che un po’ più sciolto lo era di sicuro.
Se non sciolto, rilassato. Sì, credo che l’atteggiamento di Percy in quei giorni si potesse definire con la parola “rilassato”. Sorrideva di più, parlava con voce meno veemente e più tranquilla, e talvolta si fermava addirittura a chiacchierare con qualche collega in ascensore o nel corridoio. Una cosa inaudita, decisamente.
Non è possibile spiegare questo “rilassamento” senza collegarlo al suo momento di euforia con Audrey.
O almeno, Adams non ci riusciva. Per questo continuava a tormentarsi, chiedendosi perché non lo rendessero partecipe di quella cosa.
 
Comunque, il periodo di assestamento durò circa una settimana. Dopo, iniziarono ad andare anche a cena fuori insieme. Audrey conosceva un sacco di locali Babbani a Londra, e costrinse Percy a girarne parecchi, finché non trovarono il loro preferito.
Era il ristorante indiano di Floral Street, che raggiungevano a piedi da Covent Garden (altro posto che avrebbero ricordato bene, in seguito, per le lunghe soste che vi facevano).
In seguito alla loro prima cena al ristorante indiano, Percy scoprì una passione malsana per tutto ciò che conteneva curry, fatto di cui Audrey prese nota storcendo un po’ il naso, visto che a lei il curry non piaceva per niente.
Anche se, col sapore di curry, baciarlo diventa molto più interessante…
Magra consolazione. Percy non aveva mai mangiato curry prima, e ora sembrava voler recuperare il tempo perduto. Non era un ghiottone, ma quando qualcosa gli piaceva ne divorava quantità smodate, e Audrey dovette assistere più di una volta al triste spettacolo di lui che ingollava enormi quantità di pollo al curry come se non vedesse cibo da un’era geologica.
- Perce, un giorno mi spiegherai come diamine fai a mangiare così tanto e a non vergognartene…
- Bennet, un giorno mi spiegherai come diamine fai a non mangiare curry e a non vergognartene…
- Pensavo che non amassi il cibo Babbano.
- Beh, era prima di assaggiare questo cibo! - rispondeva lui, a bocca piena.
 
Questa frase faceva molto piacere a Audrey. Pur essendo strega figlia di maghi, la nostra amica era cresciuta a stretto contatto con il mondo babbano, un po’ per volontà di Lucy, un po’ perché i suoi nonni adottivi non erano maghi. A differenza di molte persone magiche, Audrey era stata educata a prendere il meglio da entrambi i mondi, il babbano e il magico.
Purtroppo non molti la pensavano come lei; Audrey avrebbe tanto desiderato che almeno Percy condividesse il suo affetto per il mondo non-magico, ma ricordava ancora con un certo fastidio la frase un po’ razzista che Percy le aveva rivolto, il giorno del colloquio di lavoro (“Perché prima di lavorare per la comunità magica ha scelto di perdere il suo tempo lavorando per i Babbani?”); adesso tuttavia iniziava a pensare che, forse, la diffidenza di Percy verso la cultura babbana dipendeva solo dall’ignoranza; quindi, se lei gli avesse mostrato quanto di buono esisteva tra i Babbani, magari si sarebbe ricreduto.
Intanto, con la cucina aveva avuto successo; subito dopo, Audrey decise di far scoprire a Percy la musica babbana. Riteneva (a ragione) che questa fosse decisamente superiore a quella prodotta dai gruppi magici (limitati di numero e soprattutto mortalmente noiosi); si impegnò così a depurare le orecchie del suo ragazzo facendolo accostare ai “classici”, come “A Night at the Opera” o “The dark side of the moon”.
Dovette interrompere la sua missione quando si rese conto che Percy sembrava del tutto insofferente verso la musica, magica o babbana che fosse, di qualsiasi genere.
Non è che non gli piacesse: semplicemente non l’ascoltava. E si annoiava pure.
Avreste dovuto vedere che sbadigli che faceva, mentre lo stereo diffondeva “Should I stay or should I go”. Già. Sbadigli.
Inconcepibile, secondo Audrey.
L’unico che, incomprensibilmente, sembrava piacere a Percy era Chuck Berry, che Audrey aveva messo su per sbaglio una volta. Da allora la nostra eroica Audrey, le poche volte che permise a Percy di fare una doccia in casa sua, dovette sopportarlo mentre, stonato come dieci chitarre elettriche scordate, cantava “Johnny B. Goode”.
Ma perché, perché l’ho fatto, perché?! Si domandava, mentre dal bagno uscivano gli ululati di Percy.
Go Johnny, go, go!”
 
E non parliamo del cinema.
Audrey era una grande appassionata di cinema, soprattutto americano. Aveva visto almeno due volte quasi tutti i film di Alfred Hitchcock, e pensò bene di iniziare da lì per “istruire” Percy.
Una sera affittò una cassetta di “Psycho”: era convintissima che, se anche la musica babbana non riusciva a colpire Percy, quello l’avrebbe colpito, eccome.
Prese come un buon segno il fatto che non commentasse la prima parte. Durante la scena della doccia, sentì che la testa di Percy si appoggiava sulla sua spalla; prese come un buon segno anche quello, visto che gesti così da parte di lui non erano molto frequenti: pensò che fosse molto preso dal film, e si compiacque di aver fatto la scelta giusta.
La sua certezza crollò miseramente nel momento in cui l’investigatore Arbogast entrava a casa Bates. Un rumore improvviso, vicinissimo al suo orecchio sinistro, la fece sobbalzare mandandole il cuore a mille.
Il rumore finì subito, ma riprese all’istante. Audrey si riscosse dalla tensione che il film le aveva messo addosso, e individuò la fonte del rumore: era Percy.
Russava.
E russava della grossa, anche.
Davanti a “Psycho”.
Probabilmente si era addormentato già prima, quando si era appoggiato a lei; era strano, in effetti, che facesse un gesto così.
Se russi davanti a “Psycho”, non puoi guardare nessun altro film.
Ma chi me lo ha fatto fare?!
Audrey avrebbe tanto voluto sbattere la testa contro il muro per la disperazione, ma fino alla fine del film non riuscì a muoversi, con Percy che le pesava addosso; così dovette rimanere seduta per tre quarti d’ora, mentre il sonoro russare del ragazzo le rovinava per sempre il suo film preferito.
Da allora rinunciò a qualsiasi tentativo di condividere la sua passione per il mondo babbano; non ne valeva la pena, con un tipo come Percy.
 
 
Senza che Audrey lo volesse, fu invece la letteratura babbana a conquistare Percy.
Un pomeriggio (la fase di euforia era passata da circa otto giorni) questi era andato a casa di Audrey ad aspettarla. La ragazza si sarebbe incontrata con alcune amiche, e lei e Percy erano d’accordo di vedersi subito dopo; lui inoltre si era offerto di preparare la cena, cosa che Audrey aveva accettato con entusiasmo visto che, a quanto pare, il ragazzo se la cavava abbastanza bene con i fornelli. (D’altronde, vivendo per quasi un anno da scapolo, si era dovuto arrangiare; e sebbene lui non lo avrebbe mai ammesso, in quel periodo l’eredità genetica di Molly gli si era rivelata molto utile, facendogli tirare fuori una insospettabile bravura in cucina).
Era la prima volta che Percy si trovava completamente solo a casa della sua ragazza; visto che l’ora di cena era abbastanza lontana, pensò di dare un’occhiata in giro, tanto per vedere.
Quel posto lo incuriosiva un sacco. Aveva sempre pensato che dai dettagli si potesse capire moltissimo su una persona; e il modo in cui una casa era tenuta, o ciò che vi si trovava dentro, erano dettagli non trascurabili.
La casa di Audrey si presentava bene sin dal piccolo ingresso-salone-angolo cottura; sembrava un appartamento babbano, come babbani erano il televisore e il telefono che lì si trovavano. Percy osservò che era tutto piuttosto ordinato, tranne la libreria: strano, per una che ha lavorato in biblioteca e ora è impiegata in archivio.
Si avvicinò agli scaffali, curioso di vedere i titoli. I libri erano numerosissimi e disposti senza un ordine apparente: i piccoli inframezzavano i grandi, con una moltitudine di foglietti a mo’ di segnalibro che sbucavano qua e là. I vecchi testi scolastici non erano separati dai romanzi, ma sparsi tra gli scaffali.
Strano modo di tenere una libreria… La mia è in ordine alfabetico per autore, e i libri di scuola hanno uno scaffale a sé… Quanto disordine!
Lesse alcune coste dei libri: Christie, Ende, Brontë, Austen, King, Defoe…
Tutti autori Babbani, tanto per cambiare…
Storse il naso. Non gli era mai piaciuto il mondo babbano. Sapeva che Audrey al contrario lo amava molto, ma lui non ce la faceva proprio; i Babbani gli sembravano sempre un po’ stupidotti, così come tutto ciò che producevano.
Ma dai, come si fa a vivere come loro, o anche solo ad ammirare il loro stile di vita? Si credono chissà chi, e invece manca loro proprio la cosa più importante del mondo!
Diede un’occhiata all’orologio: vide che aveva un sacco di tempo prima dell’ora di cena, e, non avendo di meglio da fare, decise di aprire un libro a caso, tanto per passare qualche minuto. (In realtà, era curioso di sapere quali fossero i gusti di Audrey, ma questo è il genere di cosa che Percy non ammetterebbe mai…)
Prese un volume non troppo spesso, con la copertina rigida rossa.
“Orgoglio e pregiudizio”.
Titolone altisonante: sicuramente ho scelto il più noioso…
Aprì il libro a metà e mise il naso fra le pagine. Almeno l’odore era buono: sapeva di Audrey.
La ragazza doveva averlo sfogliato una miriade di volte, per lasciarci su il suo odore di mela.
Questo lo confortò un po’: Audrey non era il tipo da leggere cose noiose.
Si sedette sul divano, e sfogliò le prime pagine.
 
« È cosa ormai risaputa che uno scapolo in possesso di un vistoso patrimonio abbia bisogno soltanto di una moglie.
Questa verità è così radicata nella mente della maggior parte delle famiglie…
»
Uff… Invece ho ragione io; è già noioso…
Tuttavia continuò a leggere.
« … che, quando un giovane scapolo viene a far parte del vicinato – prima ancora di avere il più lontano sentore di quelli che possono essere i suoi sentimenti in proposito- …»
Come fa Audrey a leggere cose simili? Uff…
« … è subito considerato come legittima proprietà di una o dell’altra delle loro figlie».
Qui Percy lasciò andare uno sbuffo divertito.
Beh, dai, qui inizia a diventare un po’ assurdo…
« - Caro Mr. Bennet -, disse un giorno una signora al marito… »
Bennet? È anche il cognome di Audrey! È pure scritto uguale! Che cosa strana…
Fu per quello, o forse perché la signora Bennet cartacea somigliava in modo inquietante a quella reale, che Percy andò avanti nella lettura. Molto avanti.
Quando, due ore e mezzo dopo, Audrey arrivò a casa, si aspettava di trovare la cena pronta, o almeno una buona accoglienza da parte di Percy; lo trovò invece accovacciato sulla poltrona, gli occhi incollati alla pagina, che leggeva febbrilmente mordicchiandosi l’unghia del pollice.
- Percy, ma che diamine… Dov’è la mia cena?! - esclamò lei, quando vide che lui non si era minimamente accorto del suo arrivo.
- Ssst! Quella stupida di Lydia è fuggita con Wickham, e Darcy sta aiutando Elizabeth a trovarla! Devo sapere cosa succede! - rispose lui in fretta, senza degnarla di uno sguardo.
Audrey rimase basita per qualche secondo, fortemente tentata di prenderlo a sberle per il modo in cui aveva dimenticato di preparare la cena e per il fatto che la stava ignorando del tutto; alla fine però non riuscì a trattenersi, e scoppiò a ridere, così sonoramente che Percy smise di leggere e sollevò su di lei uno sguardo un po’ stravolto.
- Cosa c’è? - chiese, senza capire.
- Oh, niente, niente… - rispose lei, senza riuscire a smettere di ridere. – Stavo solo notando che ti sei un pochino appassionato a “Orgoglio e pregiudizio”…
Percy arrossì un poco, riscuotendosi finalmente. – Ehm… Scusami, ma volevo passare il tempo e… beh, ho preso il primo che è capitato… Scusa per la cena, mi sono…
- Tranquillo, tranquillo - seguitò lei ridendo. – Sapessi quante volte è capitato a me. Comunque non sono molti gli uomini che leggono “Orgoglio e pregiudizio”, sai?
Percy arrossì ancora. – Oh, beh, è strano perché è molto… ehm… come dire… Insomma, pensavo che la letteratura babbana non fosse granché, invece… - si impappinò. – Insomma, sì, credo che invece mi piaccia parecchio, ecco. - Diede uno sguardo veloce al libro: non mancavano molte pagine, e lui era velocissimo a leggere. - Ti dispiace se vado avanti? Sai, sono curioso di sapere come va a finire…
- Ah, fai pure, non preoccuparti. A me basta che non ti innamori anche tu di Darcy, perché allora potremmo avere qualche problema…
Il rossore di Percy non diminuì affatto, anzi; Audrey allora ebbe un altro attacco di risate, dopo il quale decise di mettersi a cucinare lei stessa.
Grazie, Jane! Avrei dovuto avere fiducia in te fin da subito!
 
Peccato, peccato non poter raccontare una cosa simile ad Adams.
Chissà cosa avrebbe detto, sentendo che il loro capo iniziava ad apprezzare il mondo babbano leggendo Jane Austen.
 
In verità, Audrey non avrebbe dovuto aspettare molto, per scoprirlo: dopo circa tre settimane che Percy e Audrey stavano assieme, Adams riuscì finalmente a soddisfare la propria curiosità.
E senza fare il minimo sforzo.
- Audrey, – domandò Percy entrando in archivio, - potresti portarmi il certificato di morte di Rowan Bamber-Hagen?
- Certo, Percy.
Audrey? Percy?!
Oh cavolo.
Adesso sì che siamo nei guai.
 
Entrambi avevano parlato senza pensare. Cadde il gelo nell’archivio, mentre, con lentezza esasperante, Adams alzava la testa dalla sua scrivania per guardare i due ragazzi; i quali adesso guardavano lui, augurandosi nello stesso momento di poter essere seppelliti seduta stante da una montagna di letame di Troll.
- Ho sentito bene, capo? Ha detto… Audrey? - domandò Adams guardando Percy, mentre un enorme sorriso di trionfo compariva sulle sue labbra e gli occhi scintillavano di una malizia senza precedenti.
Il ragazzo si sistemò gli occhiali nervosamente, deglutendo.
Diamine, che fesso! Per tutti quei giorni non si erano mai chiamati per nome al Ministero; faceva parte delle “cose-da-evitare-per-non-insospettire-Adams”. Non che fosse grave: il pudore quasi maniacale che aveva provato all’inizio andava sparendo, e non si sarebbe vergognato più con il suo impiegato, ma ormai tenerlo all’oscuro era per lui e Audrey un divertimento, una specie di sfida contro l’insistenza di Adams. Erano stato così attenti finora…
Diavolo, fregato con le mie stesse mani!
Ricordò allora il consiglio che gli aveva dato, un giorno, suo fratello Charlie, e che non aveva mai avuto modo di mettere in pratica:
 
Nega sempre, nega tutto, soprattutto l’evidenza. Guarda l’avversario negli occhi e nega senza paura.
O, al limite, incolpa qualcun altro.
 
E sia, proviamoci… Al limite farò la figura del cretino…
- Qualche problema, Adams? - balbettò, cercando di darsi un contegno. – Ho il diritto di chiamare i miei dipendenti per nome, se lo desidero. Potrei chiamare per nome anche lei, volendo…
- Preferirei di no, capo. Il mio nome sta bene dov’è, al sicuro nella sua mente. Percy? - domandò, stavolta rivolgendosi a Audrey.
La ragazza spalancò gli occhi verso Percy, in cerca di aiuto, ma lui le rivolse solo uno sguardo eloquente.
Ti prego nega tutto, inventa una scemenza qualsiasi!
- Ecco, beh… sai, io… Beh… ehm… Dunque… Uhm… Vedi…
- Continua, ti ascolto! - ghignò Adams, ben consapevole della propria vittoria. Quei due avevano cercato di tenerlo al di fuori del loro intrallazzo, e adesso gli stavano dando proprio ciò che voleva: il modo di costringerli a non mentirgli più.
Li aveva beccati in castagna, finalmente.
Oh, come mi diverto!
- Ecco, Adams, ho dato io a Au… alla signorina Bennet il permesso di chiamarmi per nome - disse in fretta Percy venendo in soccorso di Audrey.
- Ah, davvero? – ghignò ancora Adams.
– Certo… Ormai… Sono mesi che, insomma, che lavorate qui… Anzi, ehm, se lo desidera, può… ehm… chiamarmi per nome anche lei…
- Se per “chiamare per nome” intende dire “andare a letto”, la ringrazio ma declino l’offerta senza indugi – rispose Adams, reprimendo una risata malvagia.
Audrey rimase sconcertata: Adams non era mai stato così sboccato, soprattutto davanti al capo.
Si aspettò che Percy replicasse, ma il ragazzo apriva e chiudeva la bocca senza trovare qualcosa da dire per rispondere a quell’affronto esplicito.
Guardò di nuovo Adams, e capì pienamente ciò che stava facendo: li metteva in difficoltà apposta per farli crollare.
- Oh, e va bene! - esclamò Audrey, esasperata da quella pantomima, mentre le guance di Percy venivano attraversate da tutte le sfumature possibili di rosso. – Stiamo insieme da Capodanno, d’accordo? Tutto il giorno facciamo i bravi, così nessuno si accorge di nulla, e la sera usciamo insieme, ceniamo insieme e andiamo a letto insieme! Contento, ora?!
- Insomma… - commentò Adams, sempre con la stessa malizia nello sguardo. – Sarei più contento se potessi sapere perché il povero vecchio Adams non è venuto a sapere nulla di tutto ciò.
- Perché… Oh, piantala, Perce! - esclamò di nuovo Audrey, stavolta contro Percy che aveva cercato, con un gesto, di trattenerla. – Adams, tu non conosci la parola “pudore”? Beh, a noi non va di sbandierare la nostra vita ai quattro venti, soprattutto al Ministero! Non sai che Marjorie Leach ha perso il posto per aver avuto una storia con il capo dell’Ufficio del Trasporto Magico? E Wolfgang Barks? Stessa cosa! Quindi perdonaci se non ci va di far sapere al mondo il nostro privato!
- Aud, ora calmati però… - provò a dire Percy.
- Te l’avremmo detto, è ovvio! - continuò Audrey – Prima però volevamo… volevamo vedere se riuscivamo a tenere il segreto più a lungo possibile, dannazione! Perché dovevi a tutti i costi venire a sapere tutto?
Il sorriso malizioso svanì dal viso di Adams. Cavolo, Audrey aveva ragione; quei due non avrebbero avuto vita facile in un ambiente come quello del Ministero, dove chiunque era pronto a pugnalare il vicino con una scusa qualsiasi solo per fare carriera.
Si grattò il mento.
- Hai ragione, Aud. Non ci avevo pensato. Scusi, capo.
Il capo aveva il viso dipinto di una deciso rosso amaranto. Fece solo un gesto vago, come a dire “Non importa”.
Rimasero tutti in silenzio qualche secondo, poi, come se non fosse accaduto nulla, tornarono ciascuno alla propria scrivania.
Al Ministero si lavora, non c’è posto per altre cose.
 
 
 
 
 
Visto il modo in cui si è parlato finora di Audrey e Percy, di Adams e della famiglia Bennet, verrebbe da pensare che nelle loro vite non accadesse nient’altro.
In realtà, come spesso succede, il mondo non si era affatto fermato: conosciamo tutti, ormai, il tipo di politica che il Ministro Scrimgeour portava avanti in quel periodo, in continua tensione con Albus Silente e, ormai, con buona parte della popolazione magica. Percy era sempre al suo fianco: c’erano giorni in cui non si faceva vivo al Ministero, perché spedito da Scrimgeour a fare controlli a sorpresa o perché costretto ad accompagnarlo in visite ufficiali. Il ragazzo non dubitò, per molto tempo, che quella seguita da Scrimgeour fosse la politica migliore possibile per affrontare il problema del ritorno di Tu-Sai-Chi.
(Su questo fatto, poi, nascevano accese discussioni con Audrey, fiera sostenitrice della tesi avversa; in genere però l’argomento era lasciato cadere, perché entrambi soffrivano parecchio per quei litigi).
Comunque, a parte la presenza una certa tensione nell’aria, gli eventi di quel periodo non avevano ancora inciso con forza nelle loro vite.
Non ancora.
 
Perché questo accadesse, doveva passare qualche mese; doveva venire la primavera, e poi l’estate.
Una bella, bellissima estate.
L’ultima, per certi aspetti.
Ma bellissima.
Indimenticabile estate.
Alla fine della quale, Audrey aveva qualcosa da dire a Percy, ma non poté farlo per un po’.
Lasciamo, per adesso, che passino l’inverno e la primavera. Bellissimi, anch’essi.

   
 
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