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Autore: RoseScorpius    11/03/2011    48 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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18 
Vero è ciò che si ricorda

 


Mamma ha sempre ritenuto che l'educazione magica glissi su alcuni aspetti fondamentali della cultura occidentale che invece, Maghi o Babbani che siano, tutti dovrebbero conoscere. Così, un'estate di parecchi anni fa, si era messa in testa di insegnarmi la filosofia. All'inizio mi divertivo da matti ad ascoltare le boiate che i Greci sparavano con così profonda convinzione per spiegare il mondo – una volta avevo addirittura tentato di incantare una tartaruga con la bacchetta di papà per vedere se Zenone aveva ragione – ma com'era prevedibile dopo un po' avevo cominciato a stufarmi. Quando eravamo arrivate ai Sofisti, quindi, avevo accolto il loro scetticismo sulla possibilità di trovare una verità assoluta come manna da cielo e nelle loro teorie avevo trovato un'ottimo pretesto per smettere di perdere tempo con la filosofia.

Non avrei mai pensato che, anni dopo, avrei potuto trovare dei motivi più validi per credere alle loro parole. Eppure quei maledetti avevano ragione da vendere: cosa diavolo è la verità, se quando la sai non puoi nemmeno dirla agli altri?

 

***

 

La mattina dopo volevo morire. 

La lenta tortura dei ricordi di quella notte che riaffioravano pigri ma inesorabili dalla nebbia assonnata della mia mente, lasciando sempre abbastanza tempo tra l'uno e l'altro perché potessi angosciarmi all'idea di cos'altro fosse successo, ma mai abbastanza perché potessi prepararmi psicologicamente a quello che avrei scoperto, mi fece desiderare di aver baciato un Dissennatore al posto di Scorpius. Almeno i miei problemi sentimentali sarebbero finiti lì.

Almeno adesso non avrei una paura fottuta che non gli sia piaciuto e ricordi tutto, o che gli sia piaciuto e non ricordi un emerito cavolo. Delle due l'una...

Premetti più forte il cuscino sulla fronte, tentando di ricacciare nell'oblio dell'alcool e dei sogni quei ricordi che continuavano a sfuggire alle barriere della mia memoria, come chicchi di riso da un colino troppo largo. Ma più mi sforzavo di non ricordare, più quelle immagini apparivano nitide contro lo schermo nero delle mie palpebre, come a volersi prendere gioco della mia instabile mente di adolescente psicolabile. 

Respiri. Respiri rapidi, corti, quasi frettolosi. I respiri di chi non ha tempo da perdere per una cosa futile come respirare

Respiri al sapore di vodka e baci. Respiri al sapore di Lui

Era tutto inutile, dannazione! Più mi sforzavo di non pensarci, più il mio cervello (con la complicità di Calvin, sospettavo) mi propinava delle vomitevoli scenette da film romantico in cui il mio ruolo sembrava limitarsi a quello della classica femminuccia tutta zucchero e sospiri in balia della figaggine del suo uomo.

A quel punto potevo solo sperare di non aver davvero pensato delle cose del genere, mentre lo baciavo. E forse avrei anche fatto bene a pregare di non averle dette ad alta voce, considerando la quantità di cocktail che avevo ingurgitato.

Lacrime. Il loro sapore salato sulle labbra, che cancella il suo. 

E le odi per averlo fatto, ma questo lo pensi dopo. 

E ti odi per aver lasciato che lo facessero, ma anche questo ti viene in mente solo dopo.

Troppo dopo. 

Non potevo credere di essermi davvero messa a piagnucolare davanti a lui, come una bambina dell'asilo a cui hanno rubato la bambola. Forse, in fondo, lo avevo solo sognato... in fin dei conti ero ubriaca, come potevo essere certa che non fosse stato tutto un prodotto della mia mente obnubilata dall'alcool? Sì, doveva essere così, non c'erano altre spiegazioni plausibili.

Insomma, sono una cintura nera di Karate, mica una femminuccia che se ne va in giro a versare lacrime sulla prima spalla disponibile che trovi!

E per cosa, poi? Come se mi fossi davvero innamorata di lui... figurarsi. Mi ero solo lasciata trascinare dalla vena melodrammatica del momento, tutto qui. 

Andiamo, la gente non s'innamora a sedici anni! Al massimo si preoccupa di trovare una scusa plausibile per convincere Madama Chips a farsi prescrivere la pillola!

Insomma, non potevo ancora essere caduta così in basso. Era semplicemente ridicolo!

A meno che io non fossi irrecuperabilmente patetica. 

Hai proprio un bel culetto, lo sai?

Irrecuperabilmente patetica e idiota. Soprattutto idiota, a quanto pareva. 

Merlino... non posso aver davvero detto una cosa del genere!

Altro che Vodka, nei cocktail che avevo bevuto doveva esserci del Veritaserum! Perché... beh, era piuttosto difficile negare che Scorpius avesse un lato B degno di lode. 

Pensare che Scorpius ha un bel culo non è particolarmente di aiuto in questo momento, in caso non te ne fossi accorta.” sibilò l'unico neurone assennato che mi fosse rimasto in testa, in direzione degli ormoni che ormai avevano colonizzato il mio cervello, riducendolo nelle condizioni di una casa lasciata all'unica custodia di un figlio adolescente dopo che quest'ultimo vi ha giustamente organizzato un festino. 

Scossi la testa, sperando che bastasse quel gesto secco a mettere ordine tra i milioni di pensieri che mi vorticavano nella mente, cozzando gli uni sugli altri nel tentativo di attirare la mia attenzione su di sé. Ma evidentemente, se non ci era riuscita una notte di sonno, la faccenda non era così semplice: mi sentivo confusa a tal punto che probabilmente un bicchiere di whisky avrebbe solo potuto  schiarirmi le idee o, più realisticamente, mi avrebbe svuotato la mente, cosa che al momento mi pareva comunque estremamente apprezzabile. 

Merlino, sono pazza...

Avevo baciato Scorpius, miseriaccia. Avevo baciato Scorpius. Cosa c'era di tanto difficile da capire in quel concetto che mi impedisse di catapultarmi giù dal letto e scendere in cucina saltellando e piroettando su me stessa, ansiosa di sbattergli contro e possibilmente finire tra le sue braccia? Ci avrebbe ben pensato la logica, poi, a ricordarmi che avevo baciato Scorpius ubriaco, non Scorpius e basta (il che era decisamente diverso), ma almeno il primo istinto del mio cuore, o dei miei ormoni, o di chiunque altro fosse l'incompetente idiota che si occupava dei miei sentimenti, non avrebbe dovuto essere quello di scappare in Uganda e cambiare nome. 

Per i più disgustosi slip di Merlino, ho baciato Scorpius!

Possibile che fossi riuscita a rovinare tutto?

Di che mi stupisco, ancora? Sono un'idiota.”

Più ci pensavo, più mi convincevo che l'unico modo per uscire da quella situazione con una dignità che fosse ancora degna di portare questo nome era prendere la bacchetta dal cassetto del comodino ed Obliviare Scorpius. Oppure sperare che ci avesse già pensato la Vodka. 

Insomma, cosa avrebbe mai potuto pensare di una ragazza che se lo era limonato per benino approfittando del fatto che fosse ubriaco? E cosa avrebbe dovuto pensare della stessa ragazza, se poi quella avesse anche deciso di farsi venire una crisi di pianto senza apparente motivo in sua presenza? 

Nessuna delle due domande meritava una risposta. 

Sbattei violentemente la fronte sul cuscino, digrignando i denti in una smorfia frustrata: possibile che non riuscissi a formulare un pensiero anche solo vagamente intelligente prima che altri mille mi travolgessero? Mi sembrava che il mio cervello si fosse trasformato in una centrifuga in funzione e, nonostante sapessi che la vera causa del mio malessere era la sbronza di quella notte, avrei giurato che tutto quel pensare sconclusionato mi avesse fatto venire una tremenda emicrania. 

Potrei andare avanti ore a pensare e non concluderei niente, se non che forse avrei ancora più confusione in testa...

Non era la prima volta che mi capitava di volere due cose diverse, ma non mi ero mai trovata a volere due cose esattamente opposte. 

Ovvio... esiste qualche altra persona a questo mondo che sarebbe capace di desiderare con tutta se stessa che una persona dimentichi un bacio e allo stesso tempo abbia una stramaledetta paura che non lo ricordi?

Merlino, e se davvero avesse dimenticato tutto? Se davvero per lui quella notte, quel bacio, quei pochi istanti rubati alle pagine di un libro di favole non fossero mai esistiti? 

Se lui non li ricorda sarà davvero come se non fossero mai esistiti... sarà come se fossero stati soltanto un sogno...

Davvero preferivo quello all'umiliazione di un orgoglio che – ammettiamolo – avevo lasciato calpestare da Scorpius troppe volte perché ormai potesse ragionevolmente importarmene ancora qualcosa?

Il problema era che non lo sapevo. Non ne avevo davvero la più pallida idea. 

Sono pazza.”

Sbattei la fronte sulla testiera del letto, quasi sperando di provocarmi un trauma cranico e cadere in coma. 

Sono un'idiota. Quadra tutto: è l'unica spiegazione possibile.

<< Merda! >> 

 

***

 

Alle dodici meno un quarto stavo attraversando furtivamente il corridoio del primo piano, intenzionata a raggiungere il frigorifero, svaligiarlo e tornarmene in camera con il bottino senza farmi vedere da Scorpius. E probabilmente ce l'avrei anche fatta, se la voce irritata di Al non mi avesse fatto prendere un colpo. 

<< Scusa, ma ti sembro fesso? >> sussultai e mi fiondai in bagno, chiudendo la porta a doppia mandata. 

Cosa ci fa mio cugino in camera di Scorpius? Oddio, non staranno mica spettegolando su di me, vero?

Onestamente non ero così sicura che Al non sarebbe stato capace di farlo. E Scorpius... bhe, avrebbe avuto i suoi buoni motivi... 

<< Avanti, lo so che ieri avete combinato qualcosa. >> insistette la voce di Al. 

Mi appoggiai alla porta, cominciando a sudare freddo. Non tanto all'idea che quell'infido traditore di Al potesse scoprire cosa era successo la sera precedente (nonostante, conoscendolo, ciò sarebbe equivalso a pubblicare la notizia del nostro fidanzamento sulla Gazzetta del Profeta), ma piuttosto al pensiero di quello che avrebbe potuto dire Scorpius. 

Miseriaccia, non ho ancora deciso se voglio che dimentichi tutto oppure no!

La voce irritata del biondino in questione interruppe le mie frenetiche riflessioni prima che riuscissi a decidermi. << Sicuro che tuo fratello non abbia messo qualcosa di strano nella tua colazione, Al? >> chiese, con tono piatto << Perché non ricordo di averti mai sentito sparare delle idiozie tali tutte insieme: non è successo assolutamente niente tra me e tua cugina. >>

Allora ha davvero dimenticato tutto? Merda... ci dovrà pur essere un modo per fargli tornare la memoria!

<< Oh, e così adesso da Rose siamo passati di nuovo a “tua cugina”... >> commentò Al, con una sottile vena di sadismo nella voce << Devo desumerne che è davvero successo qualcosa? >>

<< Io fossi in te ne desumerei che hai bisogno di uno psicologo. >> replicò Scorpius, palesemente irritato. 

Merlino, ma non ricorda proprio niente?

L'ingiustizia della vita era davvero sconcertante. 

<< Come ti pare. >> si arrese Al. Un po' troppo facilmente, forse. Ed infatti... << Vorrà dire che lo chiederò a Rose. >>

Le parole di mio cugino furono seguite dal rumore di una sedia spostata in tutta fretta e lasciata cadere sul pavimento. << Al, cavolo, aspetta! >> la voce di Scorpius parve parecchio preoccupata. << Non... non hai davvero intenzione di andare a chiederlo a lei, vero? >> più che preoccupato, sembrava proprio terrorizzato. 

Vuol dire che ricorda? Oh, merda, e adesso cosa cavolo faccio? Devo obliviarlo, non ho scelta...o, sì, bhe, mi resta sempre l'alternativa di fuggire in Uganda...

<< Certo che ho intenzione di chiederglielo. >> rispose Al, senza scomporsi << Non mi lasci altra scelta. >> 

Mi sembrò quasi di sentirlo sogghignare, il bastardo. 

<< Ok, d'accordo, resta qua, ti dico tutto. >> esclamò Scorpius, precipitosamente.

La risatina soddisfatta di Al mi riempì le orecchie del suo irritante suono. << Sono tutt'orecchi. >> dichiarò, divertito. 

Schifoso, lurido...

<< Non è successo davvero niente di eclatante... >> sussurrò Scorpius, in fretta, come se volesse solo togliersi quel peso e poi scappare a nascondersi da qualche parte. 

Non in Uganda, sia ben chiaro. Là è prenotato per me.”

<< Insomma, sì, da un certo punto di vista... >> la sua voce si interruppe di nuovo. Passarono alcuni secondi di silenzio, poi Scorpius prese un respiro profondo, come se stesse per buttarsi da una scogliera, e disse tutto d'un fiato. << Èchehofattolacazzatapiùgrossadellamiavita. >>

<< Come, scusa? >> la voce di Al suonò piuttosto confusa. 

Scorpius sospirò. << Ho fatto una cazzata, Al. Una cazzata enorme. >>

 

***

 

Atterrai nel giardino dei Potter lanciando la scopa nell'erba, incurante dei Babbani che potevano avermi vista sfrecciare sullo sfondo del nuvoloso cielo inglese e della ramanzina di mamma che ne sarebbe conseguita. Zio Harry, che stava leggendo un giornale beatamente stravaccato su una sdraio là vicino, sobbalzò. 

<< Rose! >> esclamò, inciampando nelle infradito nella fretta di alzarsi. << Va tutto bene? >>

Dal suo sguardo preoccupato non mi fu difficile capire che lui e gli altri zii stavano aspettando da tempo di vedermi fuggire a gambe levate dai Malfoy, possibilmente in preda ad una crisi isterica di quelle che vengono ricordate nella storia. 

Mi sforzai di sorridere e di racimolare il fiato necessario per rispondere. << Sì, avevo solo voglia di venire a trovarvi... disturbo? >>

Naturalmente lo zio non se la bevve, ma ebbe il tatto di reggermi la recita. << No, figurati. >> mi rivolse un sorrisino vagamente nervoso << Ti va un bicchiere di succo? >>

A dire il vero la voglia di mangiare mi era completamente passata, ma rifiutare del cibo sarebbe solo servito a convincere lo zio che Draco mi chiudeva in cantina per torturarmi, perciò mi costrinsi ad annuire. << Sì, magari... è un bel volo da casa fino a qui. >>

Harry si ficcò le mani nelle tasche e si mordicchiò il labbro inferiore, a disagio. << Già... >>

Sapevo che agli zii non piaceva l'idea che vivessi con i Malfoy – zia Ginny si era addirittura offerta di ospitarmi se non mi andava di stare da papà per l'estate  – anche se non avevano mai affrontato il discorso con mia madre. E come biasimarli? Se solo avessero insinuato che la sua scelta potesse essere sbagliata nei miei confronti lei se la sarebbe presa a morte ed avrebbe cominciato a blaterare dei soliti pregiudizi contro i Malfoy e di quanto loro Grifondoro fossero ottusi ed acciecati dalle ridicole convinzioni che si trascinavano dietro dall'epoca della scuola.

Eppure, mentre sedevo al tavolo della cucina sorseggiando il mio succo, avrei preferito che Ginny non mi guardasse con quell'espressione da “povera cara... se solo potessi fare qualcosa per te...”. E per dirla tutta nemmeno l'espressione da “dovrò costringere Hermione a ragionare: questa ragazza è a pezzi” che esibiva lo zio Harry era particolarmente d'aiuto in quel momento. 

Forse dovrei davvero chiedere asilo politico per un po'...” ragionai amaramente, rigirandomi il bicchiere tra le mani “in fondo dubito che Scorpius sentirebbe la mancanza della sua cazzata della scorsa notte...

Quando rialzai lo sguardo vidi gli zii spostare frettolosamente gli occhi in due direzioni diverse, con un'identica espressione di colpevole indifferenza stampata in faccia. Zia Ginny bevve un sorso dal suo bicchiere e stirò le labbra in un sorriso degno di uno che si è appena seduto sulla coda di un Ungaro Spinato. 

<< Come va a casa, Rose? >> chiese, spacciandola per una domanda di pura e semplice cortesia.

Le rivolsi un sorriso di circostanza. << Bene, grazie. >>

Gli zii si scambiarono uno sguardo preoccupato. Avevo come l'impressione che più avessi continuato a dire che andava tutto bene, più si sarebbero convinti che in realtà ero troppo spaventata dalle continue sevizie che subivo per parlarne con loro. 

Harry tamburellò nervosamente le dita sul tavolo. << Come va con Scorpius? Ti trovi bene con lui? >>

Mi strinsi nelle spalle. << Sì, più o meno. >>

No, un corno. O forse decisamente troppo, a seconda...

La pelle attorno ai sorrisi degli zii si fece sempre più tesa. << A scuola non andavate molto d'accordo, vero? >> s'informò Ginny. 

<< Non molto. >> ammisi. 

Comunque di sicuro andava molto meglio che adesso... almeno quando lo mandavo a farsi fottere non pensavo che mi sarebbe piaciuto accompagnarlo...

Harry svuotò il suo bicchiere e lo appoggiò rumorosamente sul tavolo. << Bhe, probabilmente non vi conoscevate bene. Al dice sempre che è un ragazzo simpatico. >>

Al diceva anche che io e Scorpius ci saremmo sposati...

Mi sforzai di sorridere, nonostante fossi certa che se qualcuno avesse nominato di nuovo quel certo biondino sarei scoppiata a piangere. << Comunque come mai sei a casa, zio? >> chiesi, decisa a cambiare argomento. 

Sedici anni di sopravvivenza nell'affollato clan dei Weasley mi avevano insegnato che se c'è un argomento di cui non vuoi parlare non puoi assolutamente contare sul fatto che i tuoi parenti non lo troveranno abbastanza interessante da discuterne per ore. 

Per fortuna anche lo zio pareva non aspettare altro che una buona scusa per cambiare argomento, perciò fu ben lieto di rispondere alla mia domanda. << La mensa del Ministero fa abbastanza schifo. >> spiegò, con un sorrisetto << Così ho deciso di approfittare di essere il capo degli Auror per prendermi una pausa pranzo un po' più lunga del solito. >>

Zia Ginny spedì i bicchieri vuoti in cucina con un colpo di bacchetta. << Naturalmente se vuoi restare per pranzo sei la benvenuta. >> disse << Lily è uscita con Louis e degli amici di scuola, ma sarà a casa a momenti. E Al... >> aggrottò le sopracciglia << A proposito, credevo che fosse da te. >>

<< Oh... >> mi affrettai a distogliere lo sguardo << ehm... devo essere uscita proprio prima che arrivasse, allora... >>

La faccenda si stava facendo decisamente imbarazzante. Harry e Ginny continuavano a fissarmi in attesa che scoppiassi a piangere e confessassi tutte le violazioni dei diritti umani compiute da Malfoy, senza sapere quanto fossi davvero vicina alle lacrime, anche se per un motivo (e un Malfoy) diverso.

Intrecciai le dita, fissandole come se aspettassi che mi rivelassero i segreti dell'universo. << James che fine ha fatto? >> chiesi, tanto per chiedere qualcosa. 

O forse no, forse in fondo avrei davvero voluto vederlo. James era l'unico che non si sarebbe accorto del cartello che mi portavo dietro da quella mattina, su cui era scritto a lettere cubitali “sono depressa”. E probabilmente era anche l'unico che mi avrebbe ascoltata lagnarmi in silenzio, bevendosi la storia “della mia amica a cui piace un tipo che non conosci ma che, fatalità, assomiglia davvero un sacco a Malfoy”.

Ginny alzò gli occhi al cielo. << Oggi ha la giornata storta: è andato a tenere il muso sul tetto... anzi, potresti andare a dirgli che sarebbe carino se si degnasse di venire giù, visto che sua cugina è venuta a trovarlo. >>

Non avevo un particolare interesse a vedere James che faceva l'incazzato perché credeva che la mossa del Bradipo Rovesciato gli venisse leggermente storta, ma, considerato che il mio interesse a restare in cucina sotto gli sguardi preoccupati degli zii era ancora minore, non potei fare altro che acconsentire. 

Solo troppo tardi, quando avevo già posato piedi e manico di scopa sul tetto, mi sfiorò il sospetto che la mossa del Bradipo Rovesciato c'entrasse ben poco con l'umore nero di mio cugino. 

<< Jamie? >> lo chiamai, incerta, barcollando in equilibrio precario sulle tegole spioventi. 

Lui non si curò di me nemmeno abbastanza da rispondermi con un grugnito irritato come si deve, o forse ci provò, ma il verso soffocato che gli uscì dalle labbra serrate assomigliava più che altro ad un singhiozzo messo a tacere a forza da un ringhio. 

Non avevo mai visto James in quello stato. 

James, il migliore cugino idiota che chiunque avrebbe potuto desiderare. James, che non sapeva nemmeno che esistessero dei motivi per cui piangere. James, che non aveva mai negato un sorriso a nessuno. 

E ora quello stesso James se ne stava raggomitolato sulle tegole sporche del tetto, la sua venerata scopa abbandonata con malagrazia in bilico accanto allo scolo della grondaia, i pugni serrati sulla stoffa dei pantaloni, la mascella contratta come se stesse tentando di mandar giù un sorso di puzzalinfa senza vomitare. Ma quello era ancora niente, in confronto agli occhi. I suoi occhi castani, ridenti, che brillavano sempre di spensierata allegria. Ora l'unica cosa di cui brillassero erano le lacrime che non si decidevano a bagnargli il viso.

E a me sembrò che il mondo si fosse capovolto, che si fosse completamente rivoltato su sé stesso, come un calzino sporco sfilato con malagrazia e lanciato sotto il letto. Perché James non piangeva mai, ma mai sul serio: in tutta la mia vita non ricordavo di aver visto i suoi occhi arrossati dalle lacrime una sola volta. Non aveva mai pianto quando, da piccolo, Al gli rubava la scopa giocattolo, né quando, dopo che gliele aveva date come si deve per farsela restituire, zia Ginny le dava a lui. Non aveva pianto quando, a sei anni e mezzo, si era perso per Nocturn Alley, né quando, a otto, Al e Fred lo avevano chiuso nello sgabuzzino delle scope per tutta la notte, e non lo aveva fatto nemmeno quando si era lussato la spalla sbattendo in volo contro un palo degli anelli di Quidditch.

Mi fermai a poco più di un metro da lui, senza trovare il coraggio di avvicinarmi di più. Senza nemmeno cercarlo, a dire il vero: l'idea che James potesse mettersi a piangere sul serio e che le lacrime che luccicavano intrappolate tra le sue ciglia scure potessero davvero mettersi a rotolare sulle sue guance mi terrorizzava molto più di quanto fosse ragionevole. Avevo paura che un passo in più o un semplice respiro di troppo potessero infrangere quell'equilibrio debole ed incrinato che ancora tratteneva le sue lacrime, come una diga crepata che tenta ancora di resistere alla corrente impetuosa del fiume, come un castello di carte abbandonato vicino a una finestra aperta. 

<< Jamie… >> sussurrai. 

Lui rimase immobile, lo sguardo ostinatamente puntato lontano dai miei occhi, i muscoli contratti delle braccia che tremavano appena un po'. 

Mi ritrovai a sperare che lo zio Harry gli avesse proibito di bere birra per il resto della sua vita, perché altrimenti avrebbe significato che era morto qualcuno, o che la Terra stava per venir invasa dagli alieni.

“Merlino, ho sempre fatto schifo a consolare la gente…”

Mi morsi il labbro inferiore, in attesa di un aiuto divino, possibilmente sotto forma di una boccetta di pozione della ridarella caduta dal cielo. Dopo due minuti, visto che non era ancora successo niente di miracoloso, mi vidi costretta ad accantonare la speranza di un deus ex machina che risolvesse la situazione e mi schiarii la voce, tentando di decidere cosa avrebbe fatto Teddy, o Al, o chiunque altro al mio posto. << Ehm… cosa…. cosa ci fai sul tetto? >> chiesi. 

Sapevo già di non essere dotata del dono di dire sempre la cosa giusta al momento giusto, ma a quanto pareva ero anche sprovvista della capacità di dire una cosa seppur vagamente intelligente in un momento a caso della mia esistenza. 

James inspirò seccamente, senza distogliere lo sguardo dalla campagna che stava fissando come se la ritenesse responsabile di tutte le sue disgrazie. << Prendo il sole. >> dichiarò, come se mi stesse sfidando a contraddirlo. 

Feci scorrere uno sguardo compassionevole dal tipico cielo inglese, coperto di nubi, a mio cugino. << Non c'è il sole, James. >> gli feci notare. 

Lui si strinse nelle spalle, gli occhi ancora persi a rincorrere l'orizzonte. << Vuol dire che lo aspetterò. >>

Scossi la testa: James non era neanche capace di aspettare che sua madre mettesse la cena in piatto e di solito tentava di fuggire in camera sua con la pentola, mi sembrava alquanto improbabile che di punto in bianco avesse deciso di diventare un saggio zen dedito alla meditazione e alla solitaria attesa di condizioni atmosferiche che in Gran Bretagna difficilmente si sarebbero verificate prima di qualche secolo. 

Roteai gli occhi e mi lasciai scivolare sulle tegole inclinate del tetto, al suo fianco. << Ti va se lo aspetto con te? >>

In fondo non avevo una gran voglia di tornare a casa. In fondo deprimermi a guardare James mentre si deprimeva per i suoi problemi era sempre meglio che deprimermi a guardare me mentre mi deprimevo per i miei.

James si strinse nelle spalle. << Se non hai niente di meglio da fare... >> 

Tirò rumorosamente su con il naso e si passò la manica della maglia sotto le narici con rabbia. Tentai di incrociare il suo sguardo, ma non appena i nostri occhi s'incontrarono James girò la testa di scatto. 

<< James? >>

In risposta alla mia occhiata scettica sollevò un braccio e finse di scacciare un insetto. 

<< Cosa c'è? >>

Sospirai. << Va tutto bene? >>

Ovvio che non andava bene: a confronto sembravo più allegra io di lui. O, per lo meno, sembravo meno intenzionata a suicidarmi nell'immediato – ridimensionai, subito dopo. 

James tirò nuovamente su con il naso. << Sì. >> mentì, con un tono mogio che già da solo lo smascherava miseramente. << Mi... mi è solo finito un ciglio nell'occhio... >> sussurrò, affrettandosi a far sparire tra le dita una lacrima che gli era sfuggita dall'angolo dell'occhio. 

Perché non mi dici direttamente che il trucco ti ha fatto irritazione? Sarebbe più credibile...

Sbuffai e lo afferrai per le spalle, costringendolo a guardarmi negli occhi. << Non vedo nessun ciglio. >> dichiarai, fissando le sue iridi lucide con aria scettica. 

James mi strattonò bruscamente per liberarsi dalla mia presa e si distese sulle tegole del tetto in una posizione accuratamente studiata per darmi la schiena e – supposi – nascondermi le lacrime causate dal ciglio fantasma. << È piccolo... >> sussurrò << proprio qui, nell'angolo, il bastardo... >> aggiunse, stropicciandosi rabbiosamente la pelle arrossata all'angolo dell'occhio destro.

Stupidi maschi... loro e la loro mania di fare i duri, sempre e comunque...

Per un attimo fui seriamente tentata di prenderlo a calci nel sedere fino a fargli abbastanza male da fornirgli una buona scusa per piangere, ma alla fine (l'assidua frequentazione di Scorpius doveva avermi fatta diventare una pappamolla) mi limitai a posargli una mano sulla spalla e ripetei il suo nome per la trecentesima volta nel giro di cinque minuti. 

<< Jamie... >>

<< Vaffanculo. >> bofonchiò. 

Visto? Dovevi prenderlo a calci.

Ignorai Calvin, che sembrava aver deciso di rifarsi della sua lunga assenza tormentandomi anche quando Scorpius era l'ultimo dei miei pensieri (bhe, non proprio l'ultimo magari, ma già che non fosse il primo era un fatto degno di nota, visti i miei precedenti), e mi distesi accanto a James, passandogli le braccia attorno alle spalle e stringendolo forte. 

<< Anche tu. >> sussurrai, appoggiando la guancia al suo collo mentre mi lasciavo contagiare dalla malinconia che mio cugino irradiava da tutti i pori. 

Ovviamente l'incursione di Calvin nella mia mente già-abbastanza-bacata-senza-che-ti-ci-mettessi-anche-tu-grazie aveva avuto il disastroso effetto di far tornare Scorpius nella top five dei miei pensieri (anche nella top one, a voler essere sinceri). Ed altrettanto ovviamente la cosa non aveva contribuito particolarmente a contrastare l'effetto depressivo di James. 

Restammo in silenzio a guardare il vuoto per quelli che mi parvero un paio di secoli, ma probabilmente furono molto di meno, anche perché quando James si decise a parlare non vedevo in giro né alieni né robot volanti. 

<< Domi mi ha rotto il cazzo. >> disse, amaramente. Le parole gli uscirono dalle labbra flebili come un sussurro, ma rabbiose come un ringhio. 

Domi.” 

Avrei dovuto saperlo: era sempre Domi. Forse era solo che mia cugina tendeva ad intromettersi nelle vite altrui e James glielo aveva sempre lasciato fare con la sua, ma questo non spiegava perché dovessero starsi costantemente tra i piedi, se non erano capaci di andare d'accordo per più di due minuti. Insomma, d'accordo che James era discretamente stupido, ma bisognava davvero essere dotati di una stupidità superiore per non capire che quando Domi aveva le giornate no l'unica cosa possibile da fare era starle alla larga. Se poi, invece che consolarla, l'intento di chi l'avvicinava era farle ingerire una Merendina Marinara o qualche altra diavoleria, non vedevo come James potesse stupirsi di venir affatturato ogni volta che ci provava. 

Mio cugino aveva sempre avuto un talento per beccare Domi nei momenti peggiori che potesse scegliere e dirle la cosa peggiore che potesse dire.

<< Bhe, dai, rompe un po' a tutti... >> minimizzai << lo sai com'è fatta... >> 

E io sapevo com'era fatto lui, ragion per cui non mi sprecai troppo per sembrare convincente: l'avrebbe perdonata prima che riuscissi a persuaderlo, in ogni caso. E ci avrebbe litigato di nuovo ancora prima di averla perdonata. 

James sbuffò. << Non mi pare che abbia finto di essere te per intromettersi negli affari tuoi e di Malfoy. >> osservò. 

<< Perché non ce n'è bisogno: sono perfettamente in grado di mandare tutto alle ortiche anche senza il suo aiut... urgh! >> mi sbattei una mano sulla bocca, realizzando di aver detto tutte quelle cazzate ad alta voce. “Cavolocavolocavolo...” << Io e... >> “Merlino, perché non sono nata muta?” << Cioè... io e Malfoy cosa di preciso? Io e Malfoy un bel niente! >>

James si girò verso di me quanto bastava per mostrarmi le sue sopracciglia inarcate. << Guarda che lo hanno capito tutti. >> disse. 

Oh, bhe, se lo aveva capito pure lui non ne dubitavo. 

Non ha nemmeno più senso dire che sono patetica, vero?

Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente l'odore della pelle di Jamie, che sotto la stretta vigilanza della zia Ginny sembrava aver ripreso a lavarsi ed ora sapeva di quell'odore fresco e familiare che avevo da sempre associato a casa Potter. << Che dici, fondiamo il circolo dei depressi? >> chiesi. 

James non rispose, ma il suono dell'aria che fuoriusciva di getto dalle sue narici tradì il sorriso che mi nascondeva. Non che ci fosse molto da ridere, comunque, visto che il circolo dei depressi avremmo potuto fondarlo senza problemi.

Intanto abbiamo già due adesioni assicurate... tre, se contiamo anche Calvin...

Il quale, ovviamente, non poté che indispettirsi per quel commento. “Io non sono depresso!” protestò “È la tua vita sentimentale che mi sconforta!

Intendevo dire che mi perseguiti ovunque vada” rettificai, ignorando con gran classe – o almeno così mi parve – il suo commento sulla mia vita sentimentale. Che, tra parentesi, non faceva poi tutto questo schifo. 

No, infatti, fa peggio che schifo...” 

E la cosa più schifosa di tutta quella faccenda era che l'ultimo commento era stato prodotto dalla metà del mio cervello che si supponeva non essere succube della nefasta influenza di Calvin.

Ho appena trovato qualcosa che faccia più schifo di peggio che schifo... forse mi daranno un premio...

<< Jamie... >> sussurrai, senza sollevare le palpebre << Tu cosa faresti se una persona a cui tieni molto se ne fregasse di te? >>

James rimase in silenzio per un paio di lunghi secondi, una mano che mi carezzava distrattamente la nuca. << Me ne starei a prendere il sole su un tetto, suppongo. >> rispose infine. 

Aprii gli occhi e mi sollevai su un gomito per lanciargli uno sguardo interrogativo, ma lui mi precedette. << Io voglio bene a Domi. >> disse << Ma lei... >>

<< Ti vuole bene anche lei, Jamie. >> lo interruppi, tornando a stendermi al suo fianco. Domi, per una sorta di paradosso, era molto più stronza con quelli che amava che con quelli di cui non le importava nulla. Forse perché l'unico ragazzo di cui fosse mai stata davvero innamorata era stato uno stronzo galattico nei suoi confronti. Strinsi più forte la mia presa attorno alle sue spalle e nascosi il viso nel suo collo. << Ne sono sicura. >> sussurrai. 

James sbuffò e dal movimento secco del suo collo immaginai che stesse scuotendo la testa. << Però lei può mandarmi a fanculo quante volte vuole, mentre per una volta che lo faccio io – e per un buon motivo – non mi perdona neanche se le chiedo scusa. >>

Per la seconda volta mi tirai su, in modo da poterlo guardare negli occhi. << Le hai chiesto scusa? >>

James si strinse nelle spalle, come a dire che non aveva importanza. << Ci ho provato. >> precisò << Ma ha detto che dovevo pensarci prima e che delle mie scuse non se ne fa niente. >>

Certo che aveva importanza, invece: uno dei pochi modi per ferire James era non accettare le sue scuse e Domi lo sapeva bene.

Perché ha tutta questa voglia di ferirlo?” 

Non era la prima volta che Domi faceva restare male un suo amico comportandosi da stronza, ma l'avevo sempre scusata ripetendomi che non lo faceva apposta. Ora, però, sarebbe stato un po' ridicolo cercare di darmi a bere quella storiella, quando era ovvio che Domi stava usando James come capro espiatorio per una sua vendetta. 

Stavo per dirgli che non si doveva preoccupare, che probabilmente Domi aveva solo un periodo di stronzaggine acuta e che doveva lasciarla perdere, ma James mi precedette. << E tu? >> chiese << Tu cosa faresti se una persona a cui tieni molto se ne fregasse di te? >>

Quella domanda cancellò Domi dalla mia mente per far spazio alla voce di Scorpius che ripeteva all'infinito “ho fatto una cazzata”, ma riuscì anche a strapparmi l'ombra di un sorriso. 

<< Me ne starei su un tetto a prendere il sole. >> risposi. 

Anche le labbra di James si stesero per far spazio ad un sorrisetto. << Vedi di non abbronzarti troppo, allora. >> disse << Perché sono secoli che aspetto una buona occasione per pestare quell'idiota. >>

 

***

 

Quella sera, visto che comunque un po' mi sarebbe dispiaciuto che Jamie spaccasse la faccia a Scorpius, stavo prendendo il sole distesa nel buio di camera mia. 

Non avevo ancora avuto il coraggio di farmi vedere da Scorpius e dubitavo che lo avrei mai avuto: in ogni caso non mi sarei persa niente che avrei potuto rimpiangere di aver perso. Insomma, se anche ci fossimo incrociati andando in bagno cosa cavolo avremmo dovuto dirci?

“Ehilà Scorpius, passata la sbronza?”

“Si, grazie Rose, ora sto bene. Tu, passata la voglia di baciarmi? Perché sai, per me è stata solo una cazzata, non vorrei che ti fossi illusa...”

Se la mettiamo così potrei anche non uscire mai più da questa stanza...

Ma evidentemente la sorte non aveva bisogno che uscissi da camera mia per prendersi gioco di me, visto che non appena ebbi formulato quel pensiero qualcuno bussò alla porta. 

<< Rose, posso... posso entrare? >> la voce incerta di Scorpius fece sobbalzare me ed il mio cuore in contemporanea, con la differenza che poi io mi afflosciai sul materasso, mentre il muscolo chiaramente involontario che mi batteva nel petto partì per una gara di corsa campestre.

Mi morsi le labbra, meditando per un istante di tentare la fuga calandomi dalla finestra. << Ehm... ecco... >> balbettai. Non avevo abbastanza tempo per creare una corda annodando le lenzuola, ma forse se fossi semplicemente saltata giù non mi sarei rotta niente che mi impedisse di fuggire nel buio. 

Scorpius bussò di nuovo, più forte. << Per favore, è importante. >>

No, no, no, vattene!

Era venuto per chiarire tutto, ci scommettevo; era venuto per dirmi che doveva essere davvero tanto ubriaco per esserci stato con me e che mi sarebbe stato grato se avessimo potuto fare finta che non fosse successo niente. 

E io, come al solito, avrei fatto a figura dell'idiota illusa di turno. 

<< Rose, cavolo, vuoi aprire? >> 

No che non volevo aprire, mi sembrava anche ovvio!

Ma se resti barricata qua dentro farai la solo figura dell'idiota immatura.” Mi fece notare Calvin. 

<< Rose ma... stai bene? >>

Chiusi gli occhi e mi feci scorrere le mani sul viso, tendendo la pelle sotto le dita, in un vano tentativo di calmarmi e schiarirmi le idee. Calvin, per quanto fosse un ninfomane arrapato, aveva perfettamente ragione: non potevo continuare a scappare da Scorpius per sempre. Avrei dovuto affrontarlo, invece, e dirgli che anche per me era stato un gioco. In fondo cosa ne poteva sapere? Ero ubriaca anch'io. 

Mi alzai e mi avviai verso la porta, imponendomi di inspirare ed espirare con calma. << Si, sto bene. >> dissi, girando la chiave nella toppa << Un secondo, mi stavo vestendo. >>

Alle nove di sera... molto credibile.”

Ancora meno credibile fu il sussulto che tentai di far passare per uno starnuto quando mi trovai davanti a lui: stava piegato per non sbattere la testa sul soffitto e di conseguenza, aprendo la porta, mi trovai a una decina di centimetri dal suo viso. E dalle sue labbra, quelle stramaledette labbra al sapore di Vodka che si erano divertite a prendersi gioco di me. 

Indietreggiai di un paio di passi fino al centro della stanza e rimasi impalata là, torturandomi le mani, in attesa che dicesse quello che aveva da dire in modo che potessi recitare anch'io la mia parte e sbatterlo fuori al più presto. Possibilmente prima che Calvin riuscisse ad istigare i miei ormoni ad una rivolta. 

Scorpius si ficcò le mani nelle tasche dei jeans, imbarazzato. << Hai intenzione di evitarmi per sempre, adesso? >> chiese.

Strinsi i pugni lungo i fianchi, sforzandomi di mantenere la stessa espressione neutra con cui lo avevo accolto. << Nessuno ti sta evitando, Malfoy. >> risposi. Più che neutra, la mia espressione finì per assomigliare a quella di un'ameba parecchio incavolata, ma al momento quella era più o meno la penultima delle mie preoccupazioni. 

<< Certo. >>

Mi sembrò di cogliere una nota di rassegnato sarcasmo nella sua voce. Strinsi più forte le mani e serrai i denti, come se mi stessi preparando a ricevere uno schiaffo in pieno viso senza emettere nemmeno un gemito di dolore. E metaforicamente parlando lo schiaffo lo stavo aspettando davvero. 

<< Allora? >> chiesi, irritata << A cosa devo quest'intrusione in camera mia? >>

Forse avrei potuto inscenare un po' meglio la mia “immensa gioia di vedere la sua faccia in camera mia”... o, bhe, anche sull'intera faccia del pianeta, per quanto mi riguardava. 

<< Volevo solo dirti che... io... >>

Scorpius spostò lo sguardo sulle punte dei suoi piedi, palesemente imbarazzato. 

E cosa mai ci vorrà per dirmi che non ti piaccio, grande cavaliere?” pensai, con rabbia. Almeno che avesse la decenza di fare una cosa rapida ed indolore, accidenti a lui!

<< Io credo di doverti delle scuse. >> disse, parlando in fretta, come se non vedesse l'ora di fare quello che la sua coscienza gli imponeva e scappare a a nascondersi da qualche parte. 

Non in Uganda, ribadisco.”

Spostai gli occhi sul muro alle sue spalle, costringendomi a mantenere un'almeno apparente calma. << Bene, scuse accettate. >> lo liquidai, freddamente. 

Ma Scorpius non sembrava avere abbastanza pietà di me da risparmiarmi l'allegra scenetta in cui mi palesava tutta questa pietà. Questa inutile pietà – avrei osato aggiungere – dal momento che nessuno glie l'aveva e chiesta e che, no, non smaniavo dalla voglia di sapere quanto apparissi penosa ai suoi occhi. 

<< Davvero, mi dispiace, non volevo che andasse a finire così. >> rincarò la dose, fissandomi con due occhi tremendamente colpevoli << Sono stato un idiota, lo so: non avrei mai dovuto bere così tanto, io... >>

Ormai avevo i pugni talmente serrati che sentivo le unghie penetrarmi nella carne dei palmi. E avrei solo voluto urlare che – accidenti a lui, a Merlino e a tutto il mondo – lo avevo capito che per lui era stato solo uno stupido errore, non c'era bisogno che me lo ripetesse tutta la sera. 

<< Io... ho rovinato tutto, vero? >> chiese. 

Sì, hai proprio rovinato tutto. Ma di che ti preoccupi? Tanto la vita è la mia.

Se entro tre millisecondi non avesse smesso di guardarmi con quella faccina da cagnolino bastonato, come se si aspettasse che fossi io a consolare lui per quello che era successo e per quello che non avrebbe dovuto succedere, ero quasi certa che il mio autocontrollo sarebbe felicemente andato a farsi friggere ed avrei ascoltato i suggerimenti di Calvin, che suggeriva di trasformare quella conversazione in una tonificante seduta di sesso violento. Senza il sesso, però. 

Scorpius sospirò. << Sei tanto arrabbiata? >>

<< No, assolutamente. >> risposi di getto, scuotendo la testa con vigore come se stessi cercando di convincere anche (e soprattutto) me stessa << È tutto a posto, figurati. In fondo ero ubriaca anch'io, cosa credi? >> ridacchiai come una pazza isterica << Se fossi stata in grado di connettere almeno un minimo non lo avrei mai fatto, figurarsi. Insomma, senza offesa, ma... ma avanti, non avrai davvero pensato che me ne importasse qualcosa? Tu sei più o meno l'ultimo ragazzo della Gran Bretagna che potrei farmi piacere! >> Sicuro che era l'ultimo. Com'era sicuro che mi piaceva più di quanto mi fosse mai piaciuta la Nutella. << Tranquillo, davvero, è stata solo una cazzata. Non me ne importa niente, sul serio, se non fossi stata... >>

<< Rose. >> mi chiamò lui, interrompendo il disordinato fiume di parole che gli stavo letteralmente vomitando addosso << Di cosa stai parlando? >>

Di tutte le frasi a cui mi ero preparata a rispondere, a partire dall'ennesimo “mi dispiace” (che avrei accolto con un pugno) per arrivare ad un laconico “tutto a posto allora” (a cui avrei replicato sbattendolo fuori dalla porta con un falso sorriso di cortesia), quella era esattamente l'ultima. 

<< Come sarebbe a dire di cosa sto parlando? >> sbottai, incredula << Di cosa stai parlando tu?! >>

Quando le sue iridi verde pallido incontrarono di sfuggita le mie mi sembrò di cogliere un lampo di delusione nei suoi occhi. << Io parlavo di quando mi sono messo a vomitare, rovinando la serata a tutti. >> rispose, evitando ostinatamente di incontrare di nuovo il mio sguardo. << Tu di cosa stavi parlando? >>

Sbattei le ciglia un paio di volte, incredula. << Io stavo parlando di... di quando ci siamo... >> arrossii << Lo sai di cosa stavo parlando! >> esclamai. 

Scorpius scosse la testa. << No. >> sospirò << Non lo so. Non ricordo niente di ieri sera: solo la Vodka e i conati di vomito. >> alzò lo sguardo dal pavimento e nei suoi occhi lessi la stessa amara tristezza con cui avevo convissuto per tutto il pomeriggio << Ma non fa niente, comunque. >>

Prima che potessi ricordarmi di avere una bocca e anche solo pensare di dire qualcosa lui si era già voltato e se n'era andato, come il principe azzurro di una favola senza lieto fine, chiudendosi la porta alle spalle. 

Mi lasciai cadere sul letto, immersa in una specie di trance in cui l'unica cosa che riuscissi a fare era cantilenare come un'idiota “Parlava solo del vomito... non ricorda niente... voleva solo scusarsi per averci rovinato la serata... non ricorda un emerito cazzo!

La vibrazione del cellulare, abbandonato sul comodino da tempo immemore, mi riscosse. Lo presi e lessi il messaggio che mi era appena arrivato da Al. 

Sev – Rose, hai chiarito con Scorpius? Era abbastanza a pezzi... anche tu, suppongo, visto che per quanto ti sei fatta vedere oggi avresti potuto essere morta. Comunque dobbiamo fare una bella chiacchierata noi due, uno di questi giorni.

Quando finii di leggere il messaggio una lacrima schizzò lo schermo del telefono. L'asciugai con un gesto stizzito del pollice, mentre una seconda ed una terza bagnavano la tastiera. 

Non avevamo chiarito proprio un cavolo, come al solito. E lui non ricordava nemmeno di avermi baciata... l'unico istante in cui, in qualche modo, ero riuscita a mostrargli i miei sentimenti, e per lui non era nemmeno mai esistito...

Tornai alla lista dei messaggi ricevuti, in cima alla quale campeggiavano una quindicina di messaggi non letti, quasi tutti da parte di Al. Aprii l'ultimo segnato come letto, che risaliva ancora a quella mattina di fine luglio, ormai lontana anni luce.

SevOh, si, in effetti parla spesso di una certa Weasley... Secondo me si è preso una bella cotta…

Strizzai gli occhi per liberarli dalle lacrime e passai al messaggio successivo. 

Sev – Rose, potresti degnarti di rispondere? Certo che voi due siete uno più cretino dell'altra: se dipendesse da voi non combinereste mai niente! E non dovrei essere io a dirtelo, anche perché se avessi qualcosa in quella testina ci saresti arrivata da sola, ma prima che tenti il suicidio forse sarebbe il caso che tu sappia che la Weasley in questione sei tu. Merlino, ti viene dietro da secoli e non te ne sei mai accorta.... ah, naturalmente io non ti ho detto niente :)

Naturalmente era troppo tardi. 


   
 
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