Dedicata
a Lola Baudelaire,
dolcissima
volontaria e compagna di lunghissime discussioni sul rapporto di amore
e odio
di Olaf e Violet. Ringrazio Snicket per aver mandato una Violafiana
nella mia
vita.
Fatemi
sapere come vi sembra, con un piccola
recensione. Per me è molto importante il parere degli altri.
Kiss&Bites
Caro
Olaf,
questa
lettera non la leggerai mai, semplicemente
per due motivi. Il primo è che la terrò nascosta
nel mio taccuino, o per meglio
dire quello della ormai defunta Isadora Pantano. Il secondo
è che ormai non sei
più in questo mondo. Anche solo scrivere queste poche parole
mi provoca una
strana sensazione. Secondo Klaus è un sentimento vittorioso,
a quanto dice
Sunny allegro. La piccola Beatrice Snicket, o Climax, è
troppo piccola per
esprimersi. Sai, Olaf, fa quei versetti così simili a Sunny,
quando era grande
quanto uno stivale. A volte le parlo di te, e a quel punto la bimba mi
scruta
con occhi adulti, ansiosa di sentire qualcosa sul tuo conto. Ho sempre
cercato
di raccontare il buono che pervadeva la tua anima, anche se era molto
poco. A
Beatrice ho raccontato di quando hai aiutato sua madre, Kit Snicket, ad
arrivare in una zona ospitale dell’isola.
Aspetterò che sia più grande per
raccontarle di quel bacio, scambiato tra te e sua madre, non
è sicuramente il
momento adatto. Un bacio che mi rimane impresso nella mente, in una
maniera
sconvolgente. Quanti misteri nella tua vita, quanti misteri nella mia.
Non hai
idea di come mi vergognavo a fissarti, anche solo guardarti per brevi
istanti.
Mi piaceva guardare il tuo tatuaggio, il tuo viso e magari sentire
quella
strana risata. Sono stata una bugiarda, soprattutto con i miei
fratelli. Dovevo
sempre trovare una scusa, una scusa per potere fissare l’uomo
che ha rovinato
la mia vita. Piangevo, sai?! Molto spesso, odiavo me stessa, mi odio
ancora.
Anche se ora è tutto più semplice. Nel buio,
molte volte, mi sembra di vedere
ancora i tuoi occhi famelici e lucenti splendere. Quando mi capita non
posso
fare a meno di sussultare, forse per la paura. Tutti e due sappiamo
cosa
succedeva la sera, quando ero ancora sotto la tua custodia. A soli
quattordici
anni sei riuscito a macchiare la mia anima, sporcando il mio corpo, ma
anche la
mia mente. Mi ricordo che, per interminabili giorni, non riuscivo
più a
inventare niente. Gli ingranaggi della mia mente erano fermi,
completamente
corrosi. La stessa cosa mi era successa a Spiaggia Salmastra, quando
avevo
appreso la morte dei miei genitori. Ma le leve della mia mente erano
bloccate
diversamente quella volta. In seguito alla prima terribile notte con te
credo
che qualcosa sia nato in me, o forse spezzato. Da quella sera quando ti
vedevo
non potevo non trattenere un battito accellerato, o un fremito.
È una cosa
davvero stupida, non lo nego. Ero la tua bambolina, servivo come un
passatempo.
Ma nelle teste delle ragazzine, mi duole dirlo, passano le idee
più contorte e
i film mentali più assurdi. Mi beavo anche solo di un tuo
minuscolo sguardo e,
molte volte, mi lanciavi quelli sguardi curiosi. Quando lo facevi ero
sempre da
sola, trovavi qualsiasi scusa per farmi fare un pesante lavoro senza i
miei
fratelli. Ricordo che, con lentezza estrema, accendevi una sigaretta.
Dopo di
che ti sedevi non molto lontano da me, fissandomi con quello strano
sguardo
pensoso. Infine, senza un saluto, salivi sempre rimuginando verso la
tua torre.
In quei momenti non sembravi uno stupratore e disgustoso animale senza
cuore,
anche se mi andavi a genio in tutti i momenti. L’ultimo
giorno in tua custodia
stavo piangendo, pensando ai miei genitori. Cercavo sempre di levarmi
dalla
mente che TU eri l’assassino della mia famiglia e della vita
mia e dei miei
fratelli. Ma in quel particolare momento non ero stata così
brava da non
pensarci. Ti sei avvicinato a me, titubante. Cosa assai strana, in
quanto di
sera, nella tua camera, ti gettavi letteralmente su di me. Mi hai
sfiorato la
guancia e hai ritratto subito dopo la tua mano, come se avessi preso
uno
schiaffo in pieno viso. Ti eri pentito di quell’attimo di
debolezza, Olaf. Mi è
bastato un istante per capirlo. Dopo quel dolce istante, arrabbiato con
te
stesso, sei riuscito a prendertela con me, indifesa ragazzina orfana.
Quando
siamo stati levati dalla tua custodia non sapevo se essere felice o
triste, ero
un mix tra i due. Ma ero sicuramente triste e arrabbiata con te quando
hai
ucciso lo Zio Monty, e Zia Josephine. Sono disgustata da me stessa, ero
perfino
gelosa della messa in scena che avevi inscenato con
quest’ultima. E poi c’è
stata Esmè. Sono rimasta sorpresa, per non dire intontita,
quando hai
dichiarato il rapporto con lei. Cosa aveva lei più di me?
Non era una bambina?
Non era buona come me? O magari era più esperta? Non ti
amavo, ma sentivo di
appartenerti, ero completamente e dannatamente infatuata. ai continuato
a
spezzarmi il cuore, infliggendo ogni volta nuove ferite. Poi hai
baciato Kit,
pochi minuti prima di morire e mi hai guardato con uno sguardo che
sembrava
colpevole, ma sei un attore nato, forse stavi fingendo. Infine, prima
di
morire, mi hai fissato intensamente e mi hai detto parole che mi ripeto
ogni
giorno:
“
Grazie…Violet...per tutto...io...io...ti"
Povero
Olaf, neanche la frase eri riuscito a
concludere. Mi avevi stretto anche impercettibilmente la mano, e poi
cadavere,
per sempre. Ti abbiamo seppellito
sull’isola, non molto lontano da Kit. I miei fratelli, quando
eravamo ancora su
quella terra abbandonata da Dio, si limitavano a sostare pochi secondi
davanti
alla tua tomba. Io, da parte mia, ti ho sempre messo qualche fiore. Non
posso
mentire ai miei sentimenti, Olaf. Non sono mai stata una brava attrice,
come
non sarei stata una brava Contessa. Ti ho amato, e continuo ad amarti.
Violet
Baudelaire