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Autore: Julia Weasley    13/03/2011    13 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 20
Il segreto di Remus
 
« Angus? »
Remus vide Timothy avvicinarsi con cautela, i capelli rossi e disordinati che gli coprivano perennemente gli occhi.
« Ciao Tim. Non sarà il caso di tagliare questa frangia? Non capisco come tu faccia a vedere dove metti i piedi » disse, fingendosi tranquillo e sereno.
« In realtà mi serve per allenarmi » rispose il bambino, alzando la testa e facendo spallucce. « Sono un lupo mannaro, no? Devo sviluppare gli altri sensi, oltre alla vista. Greyback dice che noi siamo di gran lunga superiori agli umani, proprio perché per cacciare ci serviamo dell’udito e dell’olfatto, mentre loro si affidano solamente agli occhi. Perciò è facile coglierli di sorpresa ».
« Ehm, sì, in effetti è così… » rispose Remus, cercando di nascondere l’angoscia che provava.
Non poteva sopportare il modo in cui Greyback riusciva ad entrare nelle menti di quei bambini, manovrandole a suo piacimento e portandole a pensare quello che lui voleva.
E soprattutto, odiava vedere Timothy plagiato come tutti gli altri. Negli ultimi giorni aveva imparato a conoscere quel bambino e non aveva potuto fare a meno di affezionarsi.
« Domani ci sarà la luna piena » disse Timothy, seguendo Remus attraverso gli alberi.
« Proprio così… Hai paura? »
Il ragazzino si fermò e per qualche istante parve esitare.
« No, non ne ho » rispose infine, lanciando un’occhiata insicura ad altri due bambini-lupo che si stavano contendendo una pigna, azzuffandosi a vicenda. Era chiaro che non volesse mostrare le proprie paure davanti agli altri.
« Sei sicuro? » chiese Remus, facendolo allontanare di alcuni metri.
Timothy abbassò lo sguardo, improvvisamente cupo.
« Greyback dice che è bello… che ti senti potente e capace di fare qualsiasi cosa, senza più ragionare su nulla e lasciandoti trascinare soltanto dall’istinto… Però il fatto è che… a me non è mai piaciuto perdere il controllo » ammise, non appena i due bambini furono a debita distanza.
Remus ebbe un improvviso moto d’affetto nei suoi confronti. Avrebbe voluto posargli una mano sulla spalla, ma Tim non amava il contatto fisico, anzi, era arrivato a temerlo: da quando era stato morso, i suoi cugini lo avevano toccato solo per picchiarlo, mentre i suoi genitori non lo avevano neanche più sfiorato. Perciò Remus decise di trattenersi: era certo che altrimenti il bambino avrebbe reagito male.
« Andrà tutto bene, vedrai » si limitò a consolarlo.
« Sköll dice che mi farò del male da solo. È vero? » chiese Timothy, cercando di nascondere il tremore dei pugni.
« Sköll ti ha solo preso in giro. Lo fa con tutti i bambini, ma non devi dargli retta » rispose Remus, lanciando un’occhiata disgustata all’adulto dai capelli neri seduto intorno al fuoco: era uno dei favoriti di Greyback e aveva una ferocia pari a quella del capo branco.
« Quindi non mi farò male? »
« No. Te l’ho detto. Voi bambini starete con me e qualche altro adulto » rispose Remus. « Resteremo nella foresta e al massimo andremo a caccia di selvaggina ».
« Dici davvero? »
Il tono con cui aveva chiesto conferma era teso e speranzoso al tempo stesso. Remus lo guardò, e non poté fare a meno di pensare alla sua vita spezzata e distrutta per colpa di un mostro sanguinario, che voleva soltanto vendicare i torti subiti a scapito di persone innocenti.
« Certo. Stai tranquillo, Tim. Finché resterai con me, non ti succederà niente. Te lo prometto ».
E Timothy sorrise. Lo fece con qualche sforzo, segno che non sorrideva ormai da molto tempo.
« Selvaggina? » commentò, con un’espressione molto più sollevata e all’improvviso quasi famelica. « Mi piacciono le bistecche al sangue ».
Remus si incupì.
« Sì… anche a me » rispose, ma il suo tono era colmo di un inequivocabile rammarico.
 
 
« Scusate, non vedo niente… Ehm, non potreste…? Oh, grazie ».
Sturgis riuscì ad inserirsi tra Edgar e Rachel, che si era spostata per fargli spazio.
« Podmore, fai silenzio e ascolta » ringhiò Malocchio al suo indirizzo.
« Scusi… »
« E tu, Queen, torna su questo pianeta » aggiunse l’Auror, richiamando Rachel alla realtà.
Lei sussultò e bofonchiò qualche parola a mo’ di giustifica.
Erano tutti riuniti intorno al tavolo della cucina di Dedalus, chinati sopra una cartina che rappresentava il villaggio di Drybrook, e Moody stava illustrando loro la tattica che aveva ideato per contrastare l’attacco dei lupi mannari.
Rachel cercò di concentrarsi; fino a quel momento non aveva potuto fare a meno di pensare a quello che Regulus le aveva detto due notti prima, dopo la cena della Vigilia.
Forse aveva trovato un Horcrux, un misterioso diario appartenente a Tom Riddle, ed era necessario rintracciare Silente il prima possibile per comunicarglielo. Ma questo non si era ancora fatto vivo e Rachel non sapeva come contattarlo senza destare sospetti.
Scosse la testa, decisa a pensarci in seguito. Ora aveva altro di cui occuparsi.
« Come potete vedere » stava dicendo Moody, « Drybrook è circondata a sud, ad est e a nord-est dalla Foresta di Dean, in cui si nasconde il branco di Greyback. A ovest ci sono soltanto campi, perciò è improbabile che l’attacco venga sferrato da lì: dovrebbero uscire allo scoperto e rischierebbero di essere visti. Perciò sono sicuro che verranno dalla foresta, quasi sicuramente da nord-est, perché lì gli alberi confinano direttamente col villaggio, e un attacco a sorpresa sarebbe più facile e rapido. Fin qui è tutto chiaro? »
Tutti i membri dell’Ordine della Fenice annuirono. Avere una strategia sembrava produrre un effetto rassicurante sulla maggior parte di loro.
« Bene » sbottò Moody, sbrigativo, tornando a indicare la cartina con l’ausilio della bacchetta. « Entro il pomeriggio del due gennaio, cioè domani, faremo in modo che tutta l’acqua del villaggio sia contaminata dalla Pozione Soporifera che metteremo nei pozzi comuni e nell’acquedotto, così avremo la certezza che nessun Babbano sia sveglio e possa uscire di casa quando i lupi mannari attaccheranno. Quanto a noi, oltre alla decina di Auror che ho convinto ad aiutarci, saremo quattordici, e ci divideremo in gruppi di due o tre persone. Ogni gruppo avrà una zona da controllare e sarà disposto in modo da circondare l’intero villaggio. Io sarò in prima linea a nord-est, dove sono maggiori le possibilità che sia sferrato l’attacco. Deciderò più in là le vostre postazioni » aggiunse, vedendo che alcuni sembravano già intenzionati ad esprimere le loro preferenze.
« Non ho finito » ringhiò. « C’è un’ultima cosa che devo dirvi ».
Un silenzio teso si diffuse nella cucina, mentre Malocchio si gonfiava, come per trattenere il respiro prima di fare un annuncio importante.
« Questa battaglia sarà diversa da quelle a cui siete abituati. Sappiamo per certo che tra i lupi non ci saranno i bambini, perché sono troppo inesperti, ma gli adulti più feroci sì. Avremo la maggioranza numerica, ma con i lupi mannari sarà una maggioranza molto relativa. Avrete a che fare con creature che seguono solo l’istinto di uccidere o sbranare, perciò non potrete permettervi il lusso di essere teneri e compassionevoli. Pochi tra voi sono in grado di uccidere, e io stesso cerco di evitarlo il più possibile, ma in ogni caso ricordatevi che è difficile limitarsi a Schiantare un lupo mannaro e attendere l’alba prima di arrestarlo, senza che si svegli ».
Quelle parole ebbero la capacità di far trattenere il fiato a tutti quanti. Un’atmosfera molto più pesante di prima si diffuse tra le loro fila.
Rachel era agitata. Non sapeva neanche da dove iniziare per uccidere e, a dire il vero, non ci teneva molto. Regulus non aveva mai scagliato un Avada Kedavra, ma provava rimorso per quelli che aveva visto usare e che non aveva fermato. Anche se gli obiettivi dell’Ordine della Fenice erano buoni rispetto a quelli dei Mangiamorte, la sostanza non cambiava: si trattava sempre di togliere la vita.
Rachel si chiese chi delle persone in quella stanza avesse già ucciso qualche mago oscuro in battaglia. Malocchio aveva una certa esperienza, quindi era possibile che qualche volta vi fosse stato costretto, anche se aveva sempre cercato di evitarlo. Ma quasi nessun altro le dava l’impressione di esserne capace.
Quando lanciò un’occhiata agli altri, infatti, Rachel li vide nervosi e preoccupati quanto lei.
« Adesso potete andare. Ci vedremo tutti domani per decidere le vostre posizioni » concluse Malocchio.
« Secondo voi c’è la possibilità che i lupi mannari cambino idea e decidano di non attaccare il villaggio? » mormorò Sturgis, rivolto a quelli che gli stavano intorno, cercando di non farsi sentire da Moody.
Molti reagirono alzando gli occhi al cielo, esasperati. Rachel notò che gli interventi di Sturgis fossero spesso considerati fuori luogo. Solo Fabian e Gideon li consideravano sempre divertenti.
« Sarebbe bello anche se Voldemort decidesse di non conquistare più il mondo e di ritirarsi a vita privata, ma è impossibile » rispose Dorcas, sarcastica.
Sturgis parve imbarazzato per quello che aveva detto.
« Su, non te la prendere » lo rassicurò Emmeline, dandogli una pacca sul braccio. Lui ammutolì.
Rachel vide Moody uscire zoppicando dalla cucina, e per alcuni secondi rimase immobile, indecisa se parlargli oppure no. Alla fine si decise, e uscì a sua volta, raggiungendolo all’ingresso.
« Signor Moody, aspetti » lo richiamò.
Lui continuò a darle le spalle, impegnato a prendere l’impermeabile dall’attaccapanni.
« Ehm… »
« Parla, ti ascolto » ringhiò lui. Rachel capì che l’occhio finto gli permettesse di guardarla attraverso la testa, così esordì.
« Sa che fine ha fatto Silente? » domandò. « È un po’ che non si fa vivo ».
Lui alzò le spalle.
« Al momento ha lasciato il comando a me perché è impegnato. Qualunque cosa stia combinando, riguarda sempre la lotta contro Voldemort ».
« Non c’è modo di rintracciarlo? Dovrei parlargli » insisté lei.
Malocchio si voltò, grattandosi il mento con un’espressione assorta.
« Uhm, non credo sia il caso di spedirgli un Patronus. Non sai se sarà solo o no quando lo riceverà. Potrebbe rivelare la sua identità a persone con cui vorrebbe mantenerla segreta. Potrebbero essere Mangiamorte, e potrebbero smascherarlo, per poi torturarlo e ucciderlo ».
Rachel sgranò gli occhi di fronte a quella previsione catastrofica.
« Ti conviene mandargli un gufo » continuò lui. « Scrivigli che devi parlargli e basta ma, mi raccomando, senza aggiungere dettagli, perché la posta potrebbe essere intercettata. E non ti firmare, tanto riconosce sempre la grafia di chi gli scrive. Hai capito bene? »
« Sì. Credo che farò così. Grazie ».
Lui la osservò per alcuni istanti, sospettoso, ma per fortuna non fece domande.
La ragazza si recò in salotto, prese carta e penna e, dopo averci riflettuto per bene, scrisse un breve messaggio, limitandosi a riferirgli che avessero bisogno di parlargli perché c’erano delle novità, sperando che Silente capisse subito l’argomento. Se davvero quel diario era un Horcrux, dovevano trovare il modo di recuperarlo, ma prima era meglio interpellare chi di dovere.
Legò il biglietto alla zampa del gufo marrone di Dedalus, che spiccò il volo fuori dalla finestra, fino a diventare un puntino minuscolo all’orizzonte.
Rachel sperò che il gufo riuscisse a trovare Silente, ovunque egli fosse.
Fece per uscire dal salotto, ma andò a sbattere addosso a qualcuno. Quando alzò lo sguardo su chi aveva urtato, si ritrovò di fronte l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare.
« Oh, scusa, pensavo che non ci fosse nessuno » disse Remus, nervoso.
Quel giorno sembrava molto più smunto e sciupato del solito. La luna piena era alle porte, pensò Rachel all’improvviso.
« Fa niente » bofonchiò, senza avere la più pallida idea di cosa dire.
Calò un silenzio imbarazzante, durante il quale lei rimase immobile sulla soglia, guardando in tutte le direzioni possibili, ma non verso il ragazzo. Aveva cercato di evitarlo per tutta la giornata, ma sapeva già che non avrebbe potuto farlo in eterno. In quel momento però era impreparata ad affrontare una conversazione, così rimase in silenzio, sperando che almeno lui riuscisse a trovare qualcosa di sensato da dire.
Infatti fu proprio Remus a parlare per primo, dopo essersi schiarito la voce.
« Già che ci siamo, vorrei chiarire un paio di cose, se non ti dispiace. Sirius mi ha riferito quello che hai scoperto su di me ».
Rachel non si aspettava un esordio così diretto, ma annuì e si fece indietro per permettergli di entrare nel salotto.
« Sì bè… » disse, talmente nervosa da tradurre in parole la prima cosa che le venne in mente. « Mi dispiace di aver ascoltato quello che dicevate ».
Aveva parlato molto più in fretta del solito e con un tono di voce più acuto: le succedeva sempre quando era agitata.
Ripensandoci, si diede della stupida. Probabilmente a Remus importava ben altro.
« Non fa nulla. Me lo sarei dovuto aspettare. Finora sei stata l’unica dell’Ordine della Fenice a non conoscere il mio segreto, ma era ovvio che prima o poi lo avresti scoperto ».
Rachel lo guardò, incredula. E così tutti quanti lo sapevano, tranne lei?
« Capisco ».
« Ero convinto che saperlo ti avrebbe creato dei problemi » spiegò lui. « Forse ho sbagliato a giudicarti ma, credimi, ho avuto brutti precedenti: anche maghi che non avevano problemi a frequentare Babbani mi hanno allontanato dopo aver saputo quello che ero ».
Lo disse con un tono talmente cupo che Rachel non poté fare a meno di provare pena per lui. Era ancora scioccata e incredula nel constatare che non tutti i lupi mannari fossero come quelli di cui aveva sempre sentito parlare, ma la sofferenza che Remus trasmetteva era profonda e reale.
« Hai fatto bene » lo rassicurò, incapace di restare fredda. Lui era talmente gentile che si sarebbe sentita una schifezza se avesse solo pensato di trattarlo male. Era chiaro che quella sua condizione lo facesse soffrire parecchio. Non era certo colpa sua se era un lupo mannaro.
« Dici davvero? » le domandò Remus, incredulo.
Rachel incrociò le braccia.
« Se devo proprio essere sincera, all’inizio mi sono spaventata. Non per offenderti, ma io ho sempre creduto che i lupi mannari fossero tutti come Greyback. Quando cresci sentendo di continuo storie di licantropi che mordono i bambini apposta è difficile pensarla diversamente ».
Lui annuì, cupo.
« Tu però non sei come loro, giusto? Insomma, non mi sembri proprio il tipo ».
« No, infatti. Quando non c’è la luna piena, vivo come una persona normale… o almeno ci provo. Spesso la mia condizione mi impedisce di fare certe cose. Per esempio, nessun datore di lavoro vuole assumermi ».
« Mi dispiace ».
« Oh, ormai ci ho fatto l’abitudine » fece lui, alzando le spalle, che tuttavia sembravano molto più pesanti di quanto volesse mostrare.
Rachel indugiò e capì che fosse giunto il momento di parlare chiaro.
« Senti, ci ho riflettuto un po’ durante le vacanze e, se è questo che ti preoccupa, credo di non avere nessun problema nei tuoi confronti » disse alla fine.
Remus parve stupito.
« Davvero? Io… bè, grazie » disse, e all’improvviso parve sollevato.
Anche Rachel si rilassò.
« Non ti conosco benissimo ma non penso che il fatto di essere un lupo mannaro influisca sulla tua personalità ».
« No… o almeno, non in linea di massima. A volte però posso diventare lunatico ».
Rachel tacque per alcuni secondi, incerta. Stava scherzando oppure no?
« Puoi ridere. Era una battuta » le disse lui.
« Ah! Non avevo idea che scherzassi su queste cose… »
Lui abbozzò un sorrisetto.
« I miei amici lo fanno di continuo. Mi hanno abituato ad affrontare il problema in questo modo. Dopo ogni luna piena sono depresso, perciò fare battute su di me serve a sdrammatizzare. L’unica cosa che non accetto è qualsiasi riferimento ad un altro tipo di ciclo mensile, d’accordo? È banale e non fa ridere ».
Rachel dovette sforzarsi per restare seria.
« Va bene, come vuoi… Ma fammi capire: ora che ti sei infiltrato nel branco di Greyback, anche tu attaccherai Drybrook? »
Remus tornò subito serio.
« No, Greyback non si fida ancora abbastanza di me per portarmi al suo seguito. Io mi occuperò dei bambini-lupo. Li porterò in un luogo sicuro all’interno della foresta, per non farli avvicinare ai centri abitati ».
Rachel si ritrovò a rabbrividire.
« Ce ne sono molti? Di bambini, intendo ».
Anche Remus si incupì.
« Sono una quindicina, e lui sta facendo loro il lavaggio del cervello. Vuole indurli a odiare gli umani, e loro sono talmente piccoli che gli danno retta ».
Rachel tacque, orripilata.
« È orribile… »
« Già. Ogni volta che li guardo, mi rendo conto di quanto sia stato fortunato. I miei genitori non hanno voluto disconoscermi e hanno deciso di tenermi con loro ».
Lei si morse la lingua, cercando di trattenersi. Non le sembrava gentile fargli troppe domande personali. Ma lui sembrò intuire cosa le passasse per la testa.
« Vuoi chiedere qualcosa? »
« Ehm… se non sono troppo indiscreta, quando ti è… successo? »
All’inizio Rachel pensò di aver esagerato, ma lui non diede segni d’insofferenza.
« Avevo otto anni. Mio padre aveva offeso Greyback, e lui si è vendicato su di me ». Remus la guardò, anticipando la domanda che lei non aveva il coraggio di porgli. « Sì, Silente mi ha fatto frequentare lo stesso Hogwarts. Quando c’era la luna piena, dovevo nascondermi in un posto sicuro… »
« Il Platano Picchiatore? »
Lui la guardò, preoccupato. Aveva una strana espressione e all’improvviso si era fatto scuro in volto, come rendendosi conto che la conversazione stesse prendendo una brutta piega.
« Come lo sai? »
Rachel fece spallucce.
« Piton aveva accennato qualcosa al riguardo, una volta. Mi sembra di ricordare che avesse rischiato la vita, ma non ne sono certa. Non voleva parlarne molto… Comunque mi era parso di capire che il Platano c’entrasse qualcosa. Ma come facevi a nasconderti lì sotto? »
Lui tacque per un po’, incerto se parlare oppure no, ma alla fine proseguì.
« C’era un passaggio che conduceva alla Stamberga Strillante. Era lì che rimanevo durante le notti di luna piena. In realtà non c’è mai stato nessun fantasma lì dentro ».
Impressionata, Rachel all’inizio non capì perché si sentisse così nervosa. Se ne rese conto quando i suoi ragionamenti arrivarono alla stessa conclusione che l’istinto aveva intuito per primo.
La Stamberga Strillante era a Hogsmeade.
Il vento gelido di fine dicembre, soffiando da fuori la finestra ancora aperta, le sferzò il collo, facendola rabbrividire.
« Ma… quando eri trasformato non uscivi dalla Stamberga, vero? »
Il silenzio teso che seguì la fece inorridire, perché lo sguardo sfuggente e colpevole del ragazzo le confermò il sospetto che con gradualità le era venuto a delinearsi nella mente. In realtà ci aveva pensato molto in quei giorni, ma si era convinta che Silente non avrebbe mai permesso una cosa del genere.
La memoria tornò subito a quella notte di tre anni prima. Quel che ricordava più di ogni altra cosa era il terrore che aveva provato quando lei, Regulus e Barty si erano visti spacciati, mentre il lupo mannaro scopriva le zanne ed era sul punto di far scattare gli artigli.
« Eri tu ».
Remus impallidì, se possibile, ancora di più. Sembrava veramente distrutto, ma Rachel non poté fingere di rimanere indifferente alla rivelazione.
« Mi dispiace, davvero ».
« Stavi per uccidere delle persone » sibilò lei, tremando al solo ricordo. « Com’è possibile che Silente non si sia assicurato che la Stamberga non ti offrisse vie di fuga? »
Remus sembrava essersi pietrificato.
« La colpa in realtà non è di Silente. Lui non ha mai saputo delle mie uscite » ammise, chinando la testa come chi sa di meritare tutta la disapprovazione possibile.
Rachel pensò che la sua mascella sarebbe sprofondata fino al centro della terra, se solo fosse stato possibile.
« Mi stai dicendo che lo facevi apposta? »
« Ecco… ammetto che mi piaceva. Quando ero rinchiuso, finivo per ferirmi da solo. Se invece potevo correre, riuscivo a sfogare un po’ questo impulso, anche se non funzionava del tutto… »
« Ma così mettevi in pericolo chi abitava nei dintorni. E i tuoi amici lo sapevano. Era di questo che discutevate l’altra sera? »
« No, loro non c’entrano nulla! » disse lui, con un impeto improvviso che la fece sobbalzare. Remus fece una pausa per calmarsi. « Scusa… In realtà quella volta è stata un’eccezione. Di solito me ne andavo per i campi, ma voi vi siete allontanati troppo da Hogsmeade… »
Di colpo, Rachel provò un moto di rabbia.
« Oh bè, questo cambia tutto. Potevi dirlo subito che è stata solo colpa nostra. Ti chiedo perdono » commentò, sarcastica.
« Non volevo dire questo ».
« Se non fosse intervenuto quel cane, avresti tre vite sulla coscienza. E in altre occasioni avresti potuto uccidere altre persone che non c’entravano nulla ».
Lui si passò una mano tra i capelli disordinati, immensamente depresso.
« Lo so, sono stato un irresponsabile, e mi sento ancora in colpa da quella notte per questo motivo. Non cercherò di giustificarmi né ti chiederò di perdonarmi. Non me lo merito. Però non raccontarlo a Silente, per favore. Ha riposto molta fiducia in me e io ne ho approfittato, ma adesso che posso rendermi utile in qualche modo non voglio perderla ».
Rachel non lo guardò, incrociando le braccia, con il cuore che le martellava nel petto. Era arrabbiata, ma le scuse di Remus sembravano sincere, e lei voleva evitare di ferirlo; non voleva dire delle cose spiacevoli, lasciandosi trascinare dalla rabbia.
In fondo lui non aveva controllo di sé quando li aveva aggrediti, non lo voleva davvero, non il suo lato umano, per lo meno.
Ora capiva lo strano comportamento che aveva assunto da quando lei era entrata a far parte dell’Ordine della Fenice. Fin dall’inizio era sembrato molto a disagio e la aveva evitata, perché si sentiva in colpa.
Rachel scosse la testa, confusa. In realtà sapeva già come si sarebbe dovuta comportare. Remus in fondo sembrava sinceramente angosciato per quello che era successo.
Ma al tempo stesso non poteva fingere che non fosse accaduto niente. Avrebbe potuto uccidere chiunque…
In quel momento qualcuno fece irruzione nel salotto, interrompendoli.
« Remus, puoi venire un secondo? » lo chiamò Dorcas.
« Sì, arrivo subito » rispose lui, lanciando poi un’occhiata a Rachel.
Quest’ultima si sentì agitata. Doveva decidere che risposta dargli, e in fretta.
« Non preoccuparti » disse alla fine. « Facciamo finta che non sia successo nulla ».
Non poteva negare di essere ancora arrabbiata, ma capì di dovergli dargli una possibilità. Chi era lei per non concedergliela? Non aveva avuto la minima esitazione a credere al pentimento di Regulus, prima ancora che lui lo dimostrasse con i fatti, quindi non aveva nessun diritto di comportarsi diversamente con qualcun altro. Tutti meritavano una seconda occasione, e Remus in fondo aveva parecchie attenuanti.
« Grazie » fece lui, con un’espressione riconoscente.
Rachel distolse lo sguardo, mentre lui raggiungeva una Dorcas piuttosto perplessa, chiedendosi se avesse fatto bene a fidarsi di lui in un momento in cui non ci si poteva fidare di nessuno.
Il fatto che volesse nascondere quella cosa a Silente aveva motivazioni più che plausibili, ma poteva anche essere spiegato diversamente.
Rachel non aveva dubbi sulla lealtà di Remus, ma conoscere il suo segreto la aveva messa in agitazione, perché ormai si era resa conto di una verità amara e sgradita: anche le persone più insospettabili e gentili potevano nascondere oscuri segreti.
E, con molta probabilità, anche la spia nell’Ordine della Fenice era la persona più insospettabile di tutte.
 
 
La luna brillava alta nel cielo, illuminando le cime degli alberi e la sagoma silenziosa che stava in piedi in cima all’altipiano, dal quale si potevano scorgere le luci accese del villaggio di Drybrook.
Il vento soffiava da quella direzione, portando con sé polvere e odori che un olfatto umano non avrebbe potuto percepire.
Greyback inspirò a fondo. Poteva sentire le fragranze del villaggio, dei cibi cucinati per la cena, del vino consumato nelle tavole. Chiuse gli occhi, riuscendo ad immaginare le urla acute di dolore che si sarebbero innalzate oltre i tetti della cittadina nel giro di ventiquattro ore, i fremiti di terrore delle sue giovani vittime, la sensazione delle zanne che affondavano in quelle carni bianche e tenere, il sapore del sangue che gli riempiva la bocca, annebbiandogli la mente e lasciando spazio solo alla sua furia cieca…
Presto la luna piena gli avrebbe permesso di continuare la sua opera di punizione nei confronti del mondo, quel mondo che lo disprezzava alla luce del sole, per poi temerlo con tutto il cuore quando il cielo si oscurava e il disco argentato della luna faceva capolino da dietro una nuvola.
Il suo odio per gli umani non si esauriva mai. Ogni bambino che riusciva a maledire non era mai abbastanza e non faceva che aumentare sempre più la sua furia vendicativa.
Tutti dovevano pagare, nessuno escluso. E prima o dopo, il mondo dei maghi sarebbe caduto sotto il dominio dei lupi mannari. Era solo questione di tempo…
« Fenrir? »
Una voce rauca alle sue spalle lo distolse da quei pensieri.
« Cosa c’è? »
Hati gli si avvicinò. Era alto e possente quanto lui, ma aveva capelli e barba di un biondo chiarissimo. Durante la luna piena il suo manto diventava quasi completamente bianco. Hati era uno dei lupi di cui Fenrir si fidava di più, e anche uno tra i più feroci.
« Ci sono delle novità dell’ultima ora. L’Ordine della Fenice sa dell’attacco a Drybrook » ringhiò Hati.
Fenrir si irrigidì e smise di annusare l’aria.
« Com’è possibile? » domandò, voltandosi a guardarlo, il volto deformato dalla rabbia.
L’altro scosse la testa.
« Non ne ho idea ».
Fenrir si morse le labbra screpolate, tornando a fissare le luci del villaggio.
« Sappiamo che l’Ordine ci opporrà resistenza » continuò Hati. « Hanno già un piano per bloccarci e impedirci di arrivare agli abitanti. Che cosa facciamo, Fenrir? »
Il capo branco tacque per parecchi minuti, riflettendo intensamente. Era teso, ma alla fine si rilassò, esibendo una smorfia sadica.
« Non ho nessuna intenzione di rinunciare all’attacco di domani. Credo che il Signore Oscuro sarebbe molto soddisfatto se gli risparmiassimo il disturbo di far fuori quelle palle al piede dell’Ordine, non credi anche tu? »
« Certo, ma ci saranno anche alcuni Auror. Saremo in inferiorità numerica… »
Hati tacque di colpo, spaventato dallo sguardo di fuoco che Fenrir gli riservò.
« Ricordati che noi lupi siamo superiori a qualsiasi mago, che sia Purosangue oppure no, Hati. Non abbiamo bisogno di essere maggiori di numero per avere la meglio ».
« Sì, scusami… »
Fenrir incrociò le braccia.
« Conosciamo il piano che l’Ordine della Fenice vuole attuare? »
« Sì. L’informatore era così terrorizzato che sono bastate poche minacce per fargli dire tutto quello che i Mangiamorte volevano sapere. Non ha potuto dire come hanno saputo dell’attacco – a quanto pare l’Ordine sa come proteggere i suoi membri – ma a questo punto mi sembra evidente che abbiamo una spia tra noi ».
« Lo credo anche io, quindi dovremo fare attenzione, d’ora in avanti. Ma sapere cosa hanno in mente per ora ci basterà… Vai a chiamare Sköll e gli altri, i più fidati, senza far capire nulla agli altri. Voglio qui solo quelli che parteciperanno all’attacco domani notte. Di’ loro che c’è un cambio di programma ».
Hati annuì, voltandogli le spalle e immergendosi di nuovo nel folto della foresta di Dean.
Greyback continuò a guardare il villaggio, inspirando a fondo.
Il vento soffiava sempre di più, diffondendo nell’aria un acre odore di sangue, macabro presagio di quel che sarebbe successo la notte seguente.

*Angolo autrice*
Questo era un capitolo di transizione, ma nel prossimo potrete finalmente assistere alla battaglia con i lupi mannari! *-* Non dovrei fare questa faccina, perché la battaglia sarà piuttosto cruenta, e so già che alla fine mi odierete, ma almeno ci sarà un po' d'azione!
Già da ora volevo mettere il link della mappa di Drybrook, con tanto di schieramento degli Auror e dell'Ordine della Fenice, ma non ho fatto in tempo a finirla, perciò la allegherò al prossimo capitolo.
Ho paura di non essere stata chiara: Rachel non sta sospettando che Remus sia la spia dei Mangiamorte, non ne avrebbe motivo per il momento. Però si è resa conto che, se anche un ragazzo tranquillo come lui può celare la sua doppia natura di lupo mannaro, allora è possibile che il traditore sia altrettanto insospettabile.
Non vi siete dimenticati di Timothy, vero? XD E' comparso qualche capitolo fa e, anche se è nato come una comparsa, ho voluto utilizzarlo ancora.
Per quanto riguarda i nomi degli altri lupi mannari - Hati, Sköll, e altri che qui non ho nominato: Geri, Freki e Mánagarmr (non chiedetemi come si pronuncia! XD) - sono tutti nomi di lupi della mitologia nordica, esattamente come Fenrir, che di solito è il più famoso. Visto che sono negata a inventare nomi, ho preferito adottare questi, anche perché lo trovo un dettaglio affascinante (mi piace un sacco tutta la mitologia, compresa quella nordica!) *-*
Stavolta riuscirò ad anticipare l'aggiornamento di un giorno (non di più perché voglio essere sicura di avere abbastanza capitoli di scorta in seguito), perciò vi do appuntamento a sabato 26 marzo.
  
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