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Autore: Pickwick    14/03/2011    3 recensioni
All' improvviso, la vita di Kelsey viene stravolta da una gravidanza inattesa: non si sente per niente pronta, ma è obbligata a prendersi responsabilità che, fino a quel momento, non sapeva neanche esistessero. Si sente derubata della sua libertà, e darebbe di tutto per tornare indietro. Ma forse, la sua situazione non è così negativa.. Forse.
Il problema è che il peggio non ha mai fine.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo6

Beh, che dire. Sarà un capitolo molto corto, veloce e coinciso. E anche molto incasinato. Ma questo lo vedrete voi, e mi direte cosa ne pensate :3 (Velata minaccia, non poi così velata) che più o meno starebbe per: Le recensioni sono gradite XD Un bacio,

Pick.



 

 

 

OCEAN

 

 

 

 

 

 

 

 

 

No one can hurt you, or so they say.

[Shinedown, Her name is Alice]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Secondo mese

Luglio 2001

                   

 

Non sapevo perché, né per quale oscura ragione, mi fossi lasciata finalmente andare. Non avevo neanche troppa voglia di psicanalizzarmi, sinceramente. Magari in un altro momento… magari in un’ altra vita. Sì, l’ opzione “posticipiamo la razionalità”, in quel momento mi piaceva terribilmente.

E Matt, che mi sosteneva con un braccio ed era l’ unico punto fisso in tutta quell’ acqua scura e tiepida, che si muoveva attorno a noi in un unico, fluido e ininterrotto movimento, era il motivo principale per cui, di razionalità, non volevo neanche sentir parlare. Perché sentirlo mentre mi stringeva a sé e mi baciava, sentire le sue mani ovunque sulla mia schiena, mi aveva fatta letteralmente impazzire. Tanto che non mi resi nemmeno conto di come avessimo fatto, improvvisamente, ad arrivare sulla spiaggia.

La sabbia mi si attaccava addosso e finiva tra i miei capelli bagnati, ma il problema non era quello. Anzi, non c’era proprio nessun problema. Forse il rotolarsi sulla sabbia come due cani non era proprio il massimo della maturità, però era molto meglio che farlo in un’ auto, sui sedili posteriori. Almeno lì la scena non era comica.

- Dio, quanto sei bella…- disse Matt, continuando a baciarmi. La spalla, per la precisione.

Il sole ci scaldava, e la mia schiena nuda reclamava un po’ d’ ombra per evitare un ustione storica.

Forza, Kelsey, fallo per la squadra, mi diceva una voce nella mia testa, non ruota tutto attorno al tuo egoistico bisogno di mantenerti la schiena sana!

E aveva ragione, oh se l’ aveva. Non mi sarei separata da Matt per niente al mondo, in quel momento. Neanche se la mia schiena avesse preso fuoco.

- Matt…-

-Kelsey…-

- Io…-

- Ssh, non dire niente…- disse, baciandomi e chiudendomi la bocca.

Con una mano, molto teatralmente, per essere sicura che lui mi vedesse, afferrai il bordo delle mie mutandine e molto, molto lentamente, me le sfilai. Ora ero completamente nuda su di lui, e dal mugugno che fece quando la sua mano scese sulle mie natiche dedussi che la cosa non gli dispiacesse.

Dio, se lo volevo. Volevo sentirlo dentro di me, sentirlo morire e rinascere e morire ancora dal piacere che io gli procuravo. Io, solo e soltanto io.

Non mi sfiorò neanche il pensiero, o il semplice dubbio che fare sesso in gravidanza potesse non essere consigliato, ma visto che non ero informata su quel punto e che sinceramente in quel momento la cosa non mi interessava poi molto, lasciai che Matt mi facesse stendere sulla sabbia e non opposi resistenza, anzi – emisi una specie di risolino entusiasta – quando lui si sfilò i boxer. Poi si piegò di nuovo su di me, riprendendo a baciarmi, e, aggiungendo il suo peso al mio, a farmi sprofondare nella sabbia.

E se fosse passato qualcuno?

- Kelsey, Kelsey…- ripeteva, ansimando.

Era così… eccitante. Erotico. Da sballo totale. Non potevo e non volevo resistergli.

- Matt, ti… prego… oh!- gridai, quando sentii la sua mano farsi largo in me.

- Ti… piace?- chiese lui, con un tono di voce reso terribilmente roco e seducente dall’ eccitazione.

- Oh Matt, Matt…- riuscii solo a dire, ansimando senza ritegno, consapevole che i miei gemiti contribuivano a farlo eccitare ancora, e ancora.

- Sei… tutta… bagnata, amore.- osservò lui tra un bacio e l’ altro. Non potevo resistere… non per molto, ancora. Aprii ancora di più le gambe, circondandogli i fianchi e sentendo la sua erezione, dura, enorme – due parole che da sole potevano produrre nella mia testa pensieri che avrebbero fatto impallidire porno attori e attrici vari – premermi contro.

- Matt, ti prego… voglio… adesso.-

Ringraziando il cielo non si fece pregare. Lo sentii penetrarmi con un’ unica, forte spinta, che mi strappò un mezzo gemito di sorpresa.

- Stai… bene?- mi chiese lui, fermandosi un secondo per guardarmi.

Mai stata meglio.

- Si, io… continua, Matt…-

Se la prima volta, fare l’ amore con lui mi era sembrato bellissimo, ora era a dir poco sublime. Perché finalmente mi sentivo completa, appagata. E nulla, nulla mi avrebbe separata da lui, per niente al mondo. Decisi, nella mia egoistica visione delle cose, che Matt da quel momento sarebbe stato mio, e di nessun’ altra. Solo e soltanto mio.

Ero finalmente felice, a fare l’ amore – amore, ne ero certa – con lui su una spiaggia deserta nel luglio più caldo che avessi mai vissuto, certa che in quel momento, l’ importante fossimo solo noi, l’ oceano che ci osservava e la sabbia su cui stavamo.

Tanto che una lacrima di felicità mi scese solitaria lungo la guancia, senza che lui la vedesse.

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

E se fosse passato qualcuno?

 

Restammo li, sulla spiaggia, nudi. A guardare l’ acqua, principalmente. O almeno, io fissavo l’ acqua, come stregata dal suo movimento ritmico, mentre Matt stava fermo ad occhi chiusi. Ogni tanto allungava una mano e mi sfiorava la pelle, il naso, le labbra. Poi tornava immobile.

E in quel silenzio, come un fottuto tarlo che nasceva solo per rovinare la pace che regnava, un pensiero sorse nella mia testa.

All’ improvviso, ebbi paura di non piacergli, di non andare bene per lui. Di aver fatto qualcosa di male, e soprattutto pensai che forse lui mi stava vicino per un utopistico senso di responsabilità dovuto alla gravidanza. Una smorfia amara mi si dipinse sul volto, all’ idea che, ancora una volta, fosse tutta una finzione. Ormai neanche io riuscivo a distinguere bene ciò che provavo da ciò che volevo provare, e ebbi paura all’ idea che la mia vita sarebbe dipesa da quei sentimenti. Provai, improvvisamente, una scarica di frustrazione, che mi partiva dalle dita e mi faceva fremere tutta.

- Matt?- dissi, la voce rotta. Da cosa, poi?

- Si.- disse, senza aprire gli occhi.

Non sapevo più cosa dire. Non sapevo nemmeno perché avessi aperto bocca, in realtà.

- Niente.- dissi, sentendomi una vigliacca.

Non rispose, non disse niente. Rimase semplicemente immobile.

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

Ci fermammo a dormire in un motel. Un anonimo e sconsolato motel trovato per caso lungo la strada, in cui avevo insistito ci fermassimo. Era tardi, eravamo entrambi stanchi e avevamo deciso di fermarci. Nei motel nessuno fa caso a nessuno, e c’erano poche possibilità di incontrare qualche conoscente.

Perché lo spettacolo che avevo in mente per quella notte non prevedeva pubblico.

L’ idea mi era balenata in testa così, senza motivo.

Già quando eravamo stesi sulla spiaggia avevo iniziato a riflettere sulla mia vita, e mi ero resa conto che non era niente di importante, per me. Nonostante la vita fosse tutto - perché la vita, per un qualsiasi essere vivente, è tutto – paradossalmente la ritenevo futile, troppo insulsa e insignificante per essere vissuta. E quindi, quasi senza rendermene conto, accettai la soluzione più drastica che avessi mai preso. Decisi di suicidarmi.

Presi quella decisione senza pensarci veramente, come se, in realtà, avessi sempre saputo che sarebbe finita così. E fu con il sorriso sulle labbra che mi rivestii e cercai, una volta in macchina, qualcosa su cui scrivere.

 

 

Flashback

 

 

- Che fai?- chiede Matt a Kelsey allungando gli occhi per cercare di leggere quello che la ragazza sta scrivendo ormai da mezz’ ora su un vecchio depliant.

- Niente- risponde lei inclinando il foglio in modo che lui non possa vedere, non possa capire. Lui sbuffa e torna a guardare avanti, sta guidando ed è tardi, ormai tutti i lampioni sono accesi e lui è stanco, stanco di guidare. Mancano almeno tre ore prima di arrivare a casa, forse è meglio dormire da qualche parte, si dice.

- Stai scrivendo il tuo testamento?- le chiede ancora, prendendola in giro. Lei sorride, rabbrividendo all’ idea di quanto lui sia andato vicino alla verità. Quella verità che neanche lei ha ancora capito bene.

- Si, e stranamente il tuo nome non compare.- lo prende in giro, cerca di alleggerire l’ atmosfera. All’ improvviso ciò che vuole fare le sembra improvvisamente più importante, e sa che non può rischiare di essere scoperta.

Lui non risponde, si limita a sorridere. Uno a zero per Kelsey, si dice lei. E intanto continua a scrivere, imperterrita. L’ idea della lettera le è venuta all’ improvviso, come se dovesse, in qualche modo, delle spiegazioni a qualcuno. A Matt, per primo. Ai suoi genitori, che non l’ hanno mai capita veramente. Eppure lei sente di doverlo fare, si sente in debito.

“Caro Matt.” Come inizio può andare, si è detta. Anche se sa che probabilmente quel foglio per primo verrà letto da un poliziotto, decide di rivolgersi a Matt.

“Ora sei seduto qui di fianco a me in macchina e sei stanco, lo vedo. Probabilmente ti chiederai perché io abbia preso questa decisione. Voglio che tu sappia che non è colpa tua. È da quando ci siamo conosciuti che le cose vanno male, tra di noi. Io... mi dispiace, immagino che avrei potuto fare qualcosa per evitarlo. Però cerca di capirmi. Da quando sei entrato nella mia vita tutto ha iniziato ad andare a rotoli. Non ti sto colpevolizzando, ricordatelo bene. Sto solo considerando la mia vita.” Si ferma e rilegge, si sente stupida. Però sa di doverglielo. Sbadiglia.

“ Vedi, prima era tutto perfetto. Avevo ragazzi, vita, feste e mi divertivo. Chiedi a Meg. Poi una sera mi hai presa per mano e mi hai regalato – si, regalato – la notte di sesso migliore della mia vita. E me lo ricordo bene nonostante fossi ubriaca, quindi probabilmente è stato anche meglio. E da quel momento sono iniziati i guai. Sono rimasta incinta, e ho iniziato ad odiarti. Abbiamo iniziato a fingere di essere fidanzati, e ammetto di non aver mai capito bene perché. Ma non mi sono fatta grandi problemi, perché in fondo stare con te mi piaceva. Tu mi piacevi. Ma l’ odio – o quello che era – che provavo per te, e che in minima parte provo ancora, mi impediva di rendermi conto bene di quello che provavo.” Kelsey sospira e guarda di sottecchi Matt, che continua a scrutare la strada. Si chiede cosa penserà quando leggerà quelle parole. Forse piangerà, pensa, o forse sarà solo triste. Non lo saprà mai, ma vuole farlo lo stesso. Ormai niente è più importante.

“Quindi, decido di mettere fine alla mia inutile vita così, senza rimorsi. Forse con il rimorso di non poterti vedere da padre, ma dopotutto tu un figlio neanche lo vuoi. Di questo ne sono fermamente convinta, mi hai già dimostrato che la mia situazione non ti tocca. Ma, ancora una volta, non ti colpevolizzo; anche io, al tuo posto avrei reagito così. Matt, ti prego, vivi la tua vita e sii felice. Non lasciare che il ricordo di una ragazzina viziata e di un bambino mai nato ti impedisca di vivere serenamente. Vivi anche per me.

Ti amo.” Kelsey guarda sbalordita quelle ultime due parole, non si è neanche resa conto di averle scritte. Ma decide di lasciarle, perché finalmente se ne è resa conto: lei è innamorata di Matt, in fondo lo ha sempre saputo. Ed è anche per quello – perché sa che lui non la ricambia e mai lo farà – che si sente ancora più decisa. E si asciuga velocemente una lacrima, senza che lui la veda.

“Kelsey.”

 

 

 

Ero tranquilla. Piegai il foglio e lo misi nella borsa, nascondendolo bene. Poi, da dietro una curva, vidi spuntare l’ insegna luminosa di un motel. Ed ebbi l’ ispirazione.

- Potremmo fermarci lì.- dissi, indicandolo a Matt.

Lui annuì e svoltò nel parcheggio semivuoto. Sorrisi.

Quella era la mia notte.

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

 

- Sei sicura di volerti fermare qui?- mi chiese Matt prima di entrare nella hall, scrutando l’ interno attraverso la porta a vetri. – Non mi sembra un posto troppo sicuro.-

Sorrisi. – Oh, non dire sciocchezze!- gli dissi stirando le pieghe del vestito con le mani. – Andrà benissimo, vedrai.- E spinsi la porta.

Dentro, l’ illuminazione era scarsa, e rischiarava malamente i pochi metri quadri della stanza. Dritto avanti a noi si apriva una stretta rampa di scale, mentre sulla sinistra un bancone, che più che un’ accettazione sembrava una portineria – e magari lo era davvero – dietro il quale sedeva una vecchia afro-americana obesa, enorme per il poco spazio ritagliato dietro il banco. La donna stava seguendo da un vecchio televisore striminzito una telenovela strappalacrime in argentino, con i sottotitoli in inglese. Non sembrava essersi accorta di noi. Dopotutto era tardi, magari non era abituata a vedere clienti a quell’ ora.

- Ehm… buonasera.- dissi io, avanzando incerta verso la reception. O quello che era, insomma. La donna alzò gli occhi, piuttosto sorpresa. O magari era solo scocciata perché stavo interrompendo la sua visione. – ‘Sera.- fece, osservando prima me e poi Matt, al mio fianco.

- Vorremmo una camera per questa notte.- dissi. Magari Matt avrebbe preferito dormire da solo, pensai, ma prendere due stanze singole sarebbe stato ridicolo e inutile. E poi lui non ribattè, quindi mi dissi che avevo fatto la scelta giusta.

- Certo.- disse la donna, improvvisamente rianimata. – la 143 è libera, su al terzo piano. Fanno cinquanta dollari.- Matt le allungò una banconota e firmò sul registro. Lei non disse più niente e tornò alla visione dei suoi eroi sudamericani. Presi le chiavi e ci avviammo lungo le scale, strette e maleodoranti di muffa.

La stanza era meglio di quello che mi ero immaginata. Aveva un piccolo terrazzino e una finestra sul lato opposto alla porta, e un grande letto matrimoniale. Accanto alla porta del bagno c’erano una scrivania e un armadio. – Poteva andare peggio.- dissi a Matt mentre appoggiavo la borsa su una sedia.

- Infatti.- mi rispose. – Nonostante sia costata una fortuna mi aspettavo un buco senza acqua corrente.- aggiunse poi, entrando in bagno e aprendo il rubinetto. – E c’è addirittura l’ acqua calda!- osservò ridendo.

- Oddio Matt, l’ acqua!- Risi, cadendo sul letto. – L’ acqua…- ridevo da sola, continuando a ripetere tra me e me cose senza senso. Vidi Matt sbucare fuori dal bagno con la testa e guardarmi sorpreso e divertito. Lo fissai un paio di secondi e ripresi a ridere come una mentecatta.

- Kelsey?- mi chiese Matt uscendo dal bagno e stendendosi di fianco a me – Stai… bene?-

- Mai stata meglio.- risposi, sospirando e fermandomi a fissare il soffitto. – Davvero, è colpa degli estrogeni, io sto bene.- Sto solo per suicidarmi, dopotutto.

- Sicura?- mi chiese, girandosi su un fianco per guardarmi.

- Si, sicurissima. Davvero.- Ci fu un momento di silenzio, in cui mi concentrai sui gemiti femminili provenienti dal piano superiore. Evidentemente i due al piano di sopra non si erano persi in chiacchiere. Era un po’ imbarazzante, in effetti.

- Sai…- disse, interrompendo lo spettacolino mentale che mi ero creata – Pensavo… dovremmo pensare a dei nomi.-

Lo guardai.

- Nomi?-

- Per… il bambino.-

- Oh. Beh, c’è tempo… potremmo decidere, ma poi avremmo altri sette mesi utilizzabili per cambiare idea.- La verità era che non avevo voglia di sprecare le mie ultime ore a pensare a dei nomi che non sarebbero serviti a niente. Non mi dava neanche fastidio pensare alla mia più che imminente fine, ormai. Avevo solo una vaga idea di come fare.

- Giusto, non ci avevo pensato. Comunque io non ho sonno, e tu?- disse, sorridendomi. Strano.

Oh. Oh oh oh oh.

- Matthew Wilde, non ci pensare nemmeno!- gridai quando capii che la sua unica e inequivocabile intenzione era quella di saltarmi addosso. Lui sorrise, mentre io cercavo di sfuggirgli.

- Oh, si, bionda, preparati.- ghignò, alzandosi e afferrando un cuscino. Voleva prendermi a cuscinate?

- Cosa…?- feci, mentre osservavo il cuscino tra le sue mani mezza nascosta dietro la porta del bagno. – Rendi note le tue intenzioni, vile marrano!-

- Mia diletta, le assicuro che le mie intenzioni sono più che nobili.-

- Si, certo.- Risposi, mentre un’ idea particolarmente malvagia si faceva strada nella mia testa. – Dimostramelo.-

Lui si limitò a sorridere. – Vengo a prenderti…-

- No, dai!- urlai, chiudendomi nel bagno. Proprio quello che mi serviva. L’ idea particolarmente malvagia si stava ingrandendo… soprattutto decisi di metterla in atto quando mi accorsi che nell’ armadietto sotto il lavandino c’era un vecchio secchio sbeccato. Lo infilai sotto il getto dell’ acqua.

- Kelsey…-

- Dimmi!-

- Esci?-

- Naaaa… aspetta, ti sto preparando una sorpresa.-

- Spero che preveda te in versione poco vestita…-

Non risposi, ma guardandomi allo specchio mi accorsi di essere arrossita furiosamente.

 

 

 

 

 

 

Matt

 

 

 

 

 

“ Spero che preveda te in versione poco vestita.” Che idiota! Perché l’ avevo detto? Magari si era offesa, e mi sarebbe toccato passare la sera a farmi perdonare. Maledizione!

Mentre mi maledivo mentalmente, sentii Kelsey girare la chiave nella toppa e aprire la porta. La socchiuse, in modo da far filtrare solo un debole spiraglio di luce.

- Kelsey?- chiesi. Non rispose.

Spalancai la porta, e la bastardella mi rovesciò addosso una secchiata d’ acqua gelida.

- Ma che…?-

Lei aveva ancora il secchio in mano, ed era piegata in due dalle risate. Stupidamente, dopo pochi secondi iniziai anche io a ridere come un’ idiota.

- M-Matt… sembri… un… pulcino… bagnato!- riuscì a dire, tra un attacco di ilarità e l’ altro. Poi, sempre ridendo, venne avanti e mi abbracciò. – Ho sonno…- disse, con la faccia premuta sul mio petto. La strinsi, senza sapere bene il perché. Forse mi sembrava davvero indifesa, e tra i due il pulcino bagnato era lei. Anche se ero io quello che gocciolava come una grondaia. Mi accorsi che cercava di soffocare i singhiozzi nella mia maglietta fradicia, con scarsi risultati.

- Che c’è?- le chiesi, accarezzandole i capelli.

- Niente.- disse, alzando la testa e guardandomi.- Niente, è solo questa fottuta gravidanza, cambio umore ogni due minuti, è normale.- Eppure, sentii che mi nascondeva qualcosa. Qualcosa di grande, che la opprimeva come un macigno. – Matt, ho sonno.- disse ancora, staccandosi da me. – Tu da che parte dormi?-

 

 

 

 

 

^^

 

 

Kelsey

 

 

 

Nel buio, ascoltavo il respiro ritmico di Matt, regolandolo al mio. Stavo cercando di calmarmi, l’ enormità di quello che stavo per fare mi opprimeva.

Mi alzai dal letto e mi infilai in bagno. Erano le tre di notte, anche gli amanti del piano superiore dormivano. Guardai la mia faccia stanca allo specchio, mentre mi saliva una gran voglia di vomitare; osservai a lungo i capelli annodati, la pelle pallida e le occhiaie appena accennate. “Non avresti neanche il diritto di farla finita” mi dissi, provando un profondo disgusto verso tutto quello che aveva in qualche modo a che fare con la mia vita. “Faresti soffrire delle persone che non se lo meritano, mettendo fine a tutto. Impediresti a un bambino innocente, a una nuova vita, di vedere la luce. Morirebbe con te, e il suo ricordo torturerebbe la tua anima. Sei troppo insignificante per pensare al suicidio, cara mia. Troppo comodo. Non te lo meriti.”

Coscienza del cazzo. Ero stanca di soffrire, chiedere una fine veloce e indolore era troppo? Avevo paura di affrontare le gravidanza, di affrontare i miei genitori. Volevo indietro la mia vita… ma non era possibile, e piuttosto che avere un esistenza patetica preferivo conservare un po’ di dignità e lasciare dietro di me un cadavere gradevole. Si, decisamente.

 

Restai qualche minuto immobile, al buio, a fissare Matt appoggiata alla porta del bagno. Iniziai a piangere in silenzio, istericamente, mentre con una mano mi stringevo la pancia, quasi a scusarmi con il bambino per quello che stavo per fare. Poi aprii la porta finestra che portava al terrazzino. Uscii, e la brezza leggera che rinfrescava la notte mi assalì.

Davvero, sei sicura di voler lasciare tutto questo?

Avevo addosso solo la maglietta di Matt, ancora un po’ umida, e gli slip, ma stavo bene. Il cielo era limpido, non c’era una nuvola.

Che bella notte per morire.

Eppure, avrei potuto vederne molte altre. Avrei potuto vederle tutte, se avessi cambiato idea. Tornai dentro e presi il foglio per Matt, la lettera.

 

Strinsi forte la ringhiera del terrazzino, sporgendomi per guardare sotto. Quattro metri abbondanti mi separavano da terra, nell’ impatto con il suolo non avrei sentito nulla. Dolore zero. Perché no?

Chiusi gli occhi. Erano i miei ultimi istanti su quella terra, volevo godermeli. La notte era silenziosa. Il vento produceva leggeri fruscii, e c’era addirittura qualche grillo. Strinsi ancora di più la presa sul metallo gelido, pensando che sarebbe bastato sporgermi e poi lasciarmi andare… e basta, sarebbe tutto finito in un attimo. Sorrisi. Sentivo le macchine passare sulla superstrada, qualche metro dopo gli alberi. Un gatto. Ancora il vento, uno scricchiolio…

- Che fai?-

Matt?

- Niente, io… non riuscivo a dormire.- Aprii gli occhi e mi girai verso di lui. –Torna pure dentro.-

Cazzo! Kelsey, il piano è in serio pericolo.

- No, non ho più sonno.- Si mise di fianco a me, appoggiato alla ringhiera.

- Che ore sono?-

- Le tre e venti, più o meno.- disse. Lo guardai. Era scalzo, come me, e addosso aveva solo i boxer. Mi trovai a pensare che era incredibilmente dolce, a venire fuori a farmi compagnia.

Nessuno disse più niente. Restammo fermi, in silenzio.

- Fa un po’ freddo.- disse, raddrizzandosi.

- Torniamo dentro?- chiesi, restando però immobile.

- Non mi sembra che tu ne abbia molta voglia…-

- Arrivo subito, entra pure.- Matt mi guardò sconcertato, poi entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé.

Aspettai ancora qualche secondo, poi strinsi forte la lettera. Il vento continuava a soffiare lentamente, leggeri fruscii rompevano il silenzio ovattato di una calda notte di mezza estate.

Solo un attimo… poi sarà tutto finito.

Eppure c’era qualcosa. Qualcosa che mi tolse definitivamente tutto il coraggio accumulato in un lento processo di autoconvinzione. Strinsi la carta nel pugno, sentendo il sudore della mano che la rendeva più morbida. Kelsey Delvecchio, sei una fottuta codarda.

- Kelsey?- chiese Matt da dentro. – Stai bene?-

- Arrivo.- risposi, e prima di entrare, in velocità, strappai la lettera, lasciando che i pezzetti di carta svolazzassero nell’ aria per venire, poi, portati via dal vento.

 

 

 

 

 

 

^^

 

 

 

 

 

Bè bè bè, avete visto. Ho fatto un po’ di esperimenti, in questo capitolo… vediamo come và, perché se iniziate a lanciarmi i pomodori ci ripenso e torno al modo normale XD Sul capitolo non ho molti commenti, mi è venuto così. Magari nella mia testa l’ effetto era molto meno crudo, ma riuscire a descrivere le sensazioni di Kelsey immedesimandomi in lei questa volta mi è venuto un po’ difficile.

Boh.

Avrei voluto scrivere un po’ di più, come al solito, ma gli sviluppi avrebbero tirato tutto per le lunghe e avrei prodotto una pappardella insostenibile. Perdonatemi, e risparmiate sugli ortaggi.

Un bacio J

 

   
 
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