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Autore: TwinStar    18/01/2006    11 recensioni
I flebili raggi del sole al tramonto illuminano gli ultimi istanti d'amore della sirena bambina che appartenendo al mare amava la terra e del suo principe.
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note di Inizio Fic:

Questa storia è stata scritta durante un periodo di grave e profonda crisi mistico-letteraria (traduzione: blocco dello scrittore di dimensioni bibliche che mi rende intrattabile, ancora più del solito!). Essendo settimane che non riuscivo a buttare giù due righe sulla carta (o sullo schermo del PC! :D ) mi sono imposta di scrivere qualcosa. Qualsiasi cosa per uscirne. Questo è il risultato. Una one shot ispirata all'omonima fiaba di Hans Christian Andersen (e al cartone animato Disney che era il mio preferito da bambina! XD), che di fiabesco conserva poco e niente.

Sperando vivamente che il risultato sia apprezzabile, invito alla lettura e ringrazio chi avrà la bontà di recensirmi.



 

LA SIRENETTA

 

Mio principe, non portarmi sulla riva al tramonto.

A noi non è permesso vedere il sole.

 

Siedi nella semioscurità della grotta.

Volgendo le spalle al cielo vermiglio che sovrasta il mare tingendolo del suo sangue osservi le ombre distendersi pigre contro le pareti di pietra, lunghe e flessuose come dita di donna: sai per istinto il momento in cui il sole si congiungerà al mare, svanendo tra i flutti.

Poggi la guancia sulle braccia che cingono amorevolmente le ginocchia, e sospiri sognante mentre con le dita crei distratta cerchi concentrici nella polla d’acqua cheta ai tuoi piedi. E’ collegata al mare, lo senti, anche se la corrente non è abbastanza forte da creare delle onde. Gelide stille ti scintillano sulle guance come perle e altre ne cadono dalle ruvide stalattiti.

Sorridi. C’è acqua tutto intorno a te.

Somiglia a casa tua, qui.

Ti accoccoli nella protezione dell’ombra azzurra, lontana dal sole che muore, e osservi di sottecchi l’uomo che ti sta in piedi, accanto, il tuo principe splendente baciato dalla luce del suo mondo. Non teme di fissare l’astro del giorno, lui, coi i suoi occhi scuri, la pelle abbronzata dai lunghi pomeriggi sulla spiaggia non si ustiona nemmeno al caldo torrido di mezzogiorno.

Eppure tu e lui siete identici.

Il suo odore ti ricorda il sapore che senti sulle labbra nelle profondità marine, l’aria salmastra della superficie in una notte senza stelle, la corrente azzurra che ti fa ondeggiare i capelli. Come te egli è parte dell’oceano che ami.

Che sia questo ad attrarti in lui?

Non lo sai, non te lo chiedi, non è importante.

La luce all’interno della grotta, oltre l’imboccatura inondata dal sole, è di un tenue e placido celeste, non abbastanza forte da rivelarti tutto ciò che qui dentro gelosamente si cela. E’ un luogo magico, nascosto, quasi inaccessibile. Lo conoscete solo voi due, è il vostro segreto.

 

Mio principe, non così veloce!

A noi non è permesso correre!

 

Agiti pigramente le gambe che hai immerso nell’acqua gelida sollevando la veste turchese leggera e preziosa fin sulle cosce in un gesto di innocente malizia. La mente vaga e ti ritrovi a pensare ai lunghi pomeriggi d’ozio passati su uno scoglio lontano in cui la bella coda di scaglie splendenti ondeggiava lenta al ritmo delle onde e piccoli pesci variopinti ti si avvicinavano curiosi. Ora non c’è nessuno a farti compagnia, neanche i goffi granchietti di costa.

L’uomo teme il mare, il mare teme l’uomo.

Anche te che di umano non hai che le sembianze.

Il tuo principe si volta a guardarti e tu gli sorridi dolce, creatura dei fondali tenebrosi. I begli occhi di madreperla splendente rifrangono i bagliori dell’acqua salata e del tramonto, e la lucente bellezza di questo caleidoscopico arcobaleno di colori è tale che perfino tu fissi incantata il tuo riflesso sbiadito sulla parete scura e lucida.

Ignori la fitta di dolore che annebbia i sensi quando il tallone sfiora la roccia, concentri i pensieri sulla carezza gelida dell’acqua di mare, il tuo unico sollievo, perché lui non deve accorgersi di quanto stai soffrendo.

Tendi le labbra pallide e continui a sorridere.

Ridi forse della tua stupidità, bambina dell’oceano?

Come hai potuto pensare di vivere in superficie con le tue belle gambe sottili, sciocca creatura, quando nemmeno il morbido fondo sabbioso della tua casa ti è permesso sfiorare con la tua lunga coda senza provare dolore? Come ti è saltato in mente di seguire questo principe che ti guidava con passo saldo lungo sentieri rocciosi e pendii scoscesi, senza alcun rispetto per te stessa e la tua agonia?

Ami la vita sulla terra al punto da disprezzare la tua esistenza?

 

Mio principe, non far domande.

A noi non è permesso proferir parola.

 

Il globo sanguigno è immerso per metà in una distesa d’oro liquido.

Muta contempli un riflesso nell’acqua azzurra.

Chi è la bimba triste che ti osserva?

Ti sporgi più avanti, oltre le ginocchia bianche, e osservi lunghi capelli color dei coralli che incorniciano in placide onde calde un viso pieno e morbido, e rotondità di bimba. Ma gli occhi, grigi e spenti, appartengono al mare e alle sue profondità.

Sei tu quella persona?

La domanda ti preme sulle labbra ma non parli alla creatura che muta ricambia il tuo sguardo dall’acqua. Il tuo principe t’è accanto, e tu sai che la voce di chi è come te è veleno per ogni creatura vivente. Il tuo canto conduce alla pazzia il marinaio incauto che osa navigare in acque lontane, la voce fa perdere agli uccelli la rotta di casa, un sussurro conduce balene e meduse ad arenarsi sulla sabbia fine e bianca.

Parla, il tuo principe, invece.

Lui può.

E con la voce bassa e dolce come il tuono che spezza la quiete del mare lontano crudelmente decanta l’odioso sole che brucia e acceca, incensa le stelle fredde e distanti, romanza il cielo aureo screziato d’arancio e scarlatto, mentre tu fissi incantata il tuo riflesso triste e stanco che ricambia il tuo fastidio, lo comprende.

Sciocco principe di terra!

Perché non parla di te, invece?

Perché non decanta la tua, di bellezza?

La natura non vuole attenzione né parole accalorate.

Vuole essere contemplata, amata, che se ne fa di vuoti discorsi?

Come t’avesse letto nel pensiero, bimba capricciosa, egli abbandona il suo posto in riva al mare alla luce del tramonto e ti si inginocchia accanto, nell’ombra, prendendoti le mani con la devozione di un supplice.

Egli ama il mondo e tutte le sue bellezze, ma ama ancora di più te, misteriosa creatura del mare volubile come marea e bizzosa come l’onda, anche se lui è un uomo e tu appena una ragazza.

Ma questo non ti rende felice come avresti pensato.

Come potrebbe, del resto?

Neanche tre lune sono scomparse tra le onde dalla notte in cui il suo sguardo si è posato per la prima volta sulle forme acerbe di te, bambina baciata dal mare, e già lo senti parlare di matrimonio, di figli da accudire, già sogna una vita da passare insieme. Anche se l’amore potessi provarlo come riusciresti a comprendere tale sua insana follia?

Ti ama, dice, ma non sa nemmeno il tuo nome.

Ma non lo biasimi per questo. Anche se potessi dirglielo, non capirebbe la bellezza di un nome come il tuo, così come non riuscirà mai a comprendere la magnificenza dello zefiro mattutino, dell’onda che si increspa sulla riva, lo stridio degli eleganti gabbiani al tramonto e il silenzio del pesce dei bassi fondali che sonnecchia nella sabbia. Perché in fondo è solo un essere umano, e come tale è stato in grado soltanto di affibbiarti un nome che appartiene alla sua gente, talmente insignificante che nemmeno lo ricordi.

Caldo è lo sguardo scuro che fissa con dolcezza il volto altezzoso e freddo, calde le mani che ti stringono adoranti, mentre tu non ricordi un solo giorno in cui le tue lo siano state. Puoi sentirgli il cuore battere nel petto, e per un attimo ti domandi quando il tuo abbia smesso di battere per il mondo e le sue meraviglie, prima di gettare un’occhiata nervosa al cielo che alle tue spalle si va colorando d’indaco scuro.

Ed è allora che il tuo principe decide di unire le vostre labbra in un primo, lieve, casto bacio d’amore.

 

Mio principe, no! Non sfiorare le mie labbra con le tue!

Non ci è permesso amare!

 

E poi è acqua.

Acqua tutto intorno a te.

Gocce d’acqua scintillano come perle mentre cadono dalle stalattiti ruvide, gocce gelide che si infrangono sulla pelle bianca, gocce che si trasformano in cerchi concentrici appena toccano la superficie della pozza, gocce che fanno risplendere le scaglie della tua lunga coda smeraldo che fa capolino da sotto la bella veste azzurra. La roccia impregnata d’acqua salmastra è fresca e umida sulla pelle.

Questo luogo somiglia tanto alla tua casa in cui vivi, sola.

Perché anche adesso sei sola, giovane fanciulla.

Il tuo principe non c’è più.

Come gli altri, è divenuto candida spuma di mare.

Perché anche il tuo bacio d’amore è mortale, sirena bambina, ma questo lo sai anche se lo stupore ti coglie ogni volta che accade. Perché gli umani sono strani, così simili a te nella parte superiore del corpo, così diversi in quella inferiore: nuotano goffamente ed è impossibile per loro respirare sott’acqua. Compensano la loro naturale debolezza con armi e libri al punto che dimenticano di essere creature fragili come corallo, evanescenti come morbida spuma marina.

Per questo ti affascinano.

Per questo ne sei attratta.

Per questo vivi con loro anche se umana non sei, anche se devi nutrirtene per crescere, e conoscerli e amare il loro mondo baciato dalla luce rende tutto più straziante.

Per questo quando l’orrore della perdita ti coglie d’un tratto vorresti gridare, sirena bambina, sfogare il dolore che t’affanna il petto con la rabbia della disperazione, incurante del fatto che altri umani potrebbero ascoltare la tua voce mortale, ma desisti. Perché in fondo dovrebbe importarti di lui?

Non è il primo e non sarà l’ultimo di cui ti nutrirai.

Volgi lo sguardo freddo e brillante al sole che ora svanisce al di là del mare, sotto un cielo che già si carica delle prime stelle della sera.

Sciocco principe innamorato, sarebbero bastati pochi istanti perché ti salvassi e non diventassi nutrimento della sirena bambina, perché il sole del terzo giorno passato lontano dalle acque a cui appartieni la restituissero ai flutti in forma di spuma bianca.

Amavi tanto la vita, principe, ma per amore ti è stata strappata.

Eppure non riesci ad odiarti, sirena bambina, perché anche tu vuoi vivere.

 

Mio principe, ti prego, non biasimarmi.

A noi non è concesso vivere.

 

Sotto i raggi argentati della luna ti ricongiungi all’acqua, sparendo tra i flutti.

Sulle labbra il sapore del sale si mischia alle lacrime.

Piangi, sirena bambina, finché ti è concesso.

Presto dovrai andare da un altro.

 

  
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