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Autore: xela182    21/03/2011    4 recensioni
Storia scritta per il contest "Paint your life".
In un momento decisivo nella vita di Remus Lupin, seguiamo il filo dei suoi pensieri...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Wotcher Wolvie'
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NdA: Questa storia l'ho scritta per il contest "Paint your life" dove si è classificata quinta.

Il contest era a pacchetti, il mio consisteva nella valorizzazione del colore grigio e dell'uso dei prompt: vita, sensazioni, decisione.

 

 

La preda dell'istinto

 

La pioggia fine e fitta di quell’autunno scivolava tra i boschi spogli, lungo i rami pronti a spezzarsi al primo alito di vento, lungo le cortecce ormai fragili, formando poltiglie d’acqua e fango una volta a terra, su un manto di foglie ormai sbriciolate.

Una leggera foschia avvolgeva il mondo, in una sottile coperta di grigio, rendendo tutto monotonamente uguale, senza una benchè minima nota di colore in quella cupa cartolina in bianco e nero.

Ogni tanto un fruscio di rovi o lo sciabordio delle pozzanghere rompevano il silenzio e non era difficile distinguere la sagoma di piccoli topolini di campagna o saltellanti lepri infastidite dalla pioggia.

 

Ai piedi di un nudo frassino, dal tronco particolarmente martoriato, con le mani affondate nella fanghiglia, sedeva un uomo.

Il capo appoggiato all’albero, i capelli zuppi sparsi disordinati sul volto bagnato rigato dalla pioggia e da qualche lacrima amara.

I tristi occhi verdi rivolti al cielo grigio, senza realmente vederlo.

Stava lì, come imbambolato, da ore; era arrivato ciondolando come se fosse ferito, apparentemente senza una meta e senza alzare il capo fino a quando non si era trovato accanto a quell’albero.

Lo aveva studiato a lungo, lo aveva accarezzato sussurrando qualcosa di udibile solo a lui e infine si era abbandonato alle sue radici.

Deglutì a fatica, come se un amaro boccone gli fosse rimasto in gola, un nodo che non riusciva a sciogliere, appoggiò la fronte alle ginocchia, circondandosi la testa con le braccia; scosso da incontrollabili singulti, serrò le mani a pugno, talmente forte da far diventare le nocche bianche e prese a dondolarsi lentamente sul posto, come un bambino.

Come aveva fatto trent’anni prima, quando sotto a quello stesso albero, circondato dalla candida neve, era rimasto interminabili ore a chiamare aiuto, ricoperto di sangue, il suo, che sgorgava dal morso fresco sulla spalla, fino a quando aveva perso conoscenza.

Come allora, nessuno sarebbe andato a cercarlo; nessuno sapeva che era lì.

Come allora, si era cacciato in un grosso guaio.

 

Remus John Lupin si era chiesto mille e mille volte cosa lo avesso spinto, in quella terribile e gelida notte del 1967, a uscire da casa da solo, disobbedendo ai genitori e a recarsi nella fitta boscaglia in una notte di luna piena.

Era un bambino, un bambino curioso; i bambini spesso seguono l’istinto prima della ragione.

 

Ma che cosa poteva dire adesso?

Era un uomo adulto e gli adulti pensano e ragionano prima di agire.

E invece no. Si era sposato contro ogni buon senso rovinando la vita alla donna che amava più di ogni altra cosa al mondo.

Da quando stava con lui, Ninfadora Tonks aveva perso credibilità al Ministero, aveva rinunciato al suo lavoro, era ai ferri corti con la famiglia che ragionevolmente lo disprezzava; non le aveva dato altro che fastidi. L’aveva anche messa incinta. Incinta di un lupo mannaro.

 

Il ricordo di Ninfadora lo fece calmare.

Alzò il viso, gli occhi arrossati dal pianto, il labbro inferiore stretto fra i denti; cercò con lo sguardo qualcosa con cui la potesse associare, ma non c’era nulla.

Quel paesaggio triste e cupo era lui, un eterno autunno di speranze migrate lontano, grigio come il cielo che lo sovrastava, come il terreno che lo sorreggeva, come l’aria pungente e nebbiosa che lo circondava.

Lei  era la prima erbetta verde di primavera, il primo cinguettio degli uccelli alla finestra, i primi germogli sui rami, l’azzurro del cielo limpido, il rosa dei suoi adorabili, soffici capelli.

 

I suoi modi goffi, il gergo giovanile, il look stravagante e mascolino celavano un cuore straordinariamente grande, capace di contenere tutto l’amore dell’universo, e quando posava i suoi grandi occhi scuri su di lui, ne era certo, aveva il potere di arrestare il mondo; qualsiasi ragionamento sensato e pratico veniva meno dopo un suo sguardo.

Si trovava con lei come con nessun’altra prima.

Pareva dare un senso alla sua squallida vita, qualcosa per cui valesse la pena svegliarsi la mattina, anche dopo il plenilunio, quando con le sue cure amorevoli lo rimetteva in sesto dopo poche ore.

Era sufficiente un bacio a cancellare il morso di Greyback, gli anni passati a vagabondare, a elemosinare qualcosa in più che due semplici zellini.

Negli ultimi mesi si era beato di lei, aveva lasciato scegliere ancora l’istinto, il cuore che sembrava scoppiare in sua presenza.

 

Sarebbe diventato padre.

Una nuova vita c’era dentro la sua Dora, il suo bambino.

Si mise le mani tra i capelli, pressando la testa in modo incontrollabile, per scacciare il peggiore dei suoi incubi; e se il piccolo fosse stato come lui?

Se la maledizione lo avesse colpito, forse non ci sarebbe stata neanche la speranza di vederlo crescere, non osava immaginare una trasformazione in un esserino così piccolo cos’avrebbe comportato.

E anche se fosse riuscito a diventare grande non lo avrebbe mai perdonato per avergli deliberatamente trasmesso la sua disgrazia.

Alla notizia, di fronte ad una moglie con un sorriso raggiante, la sua testa aveva preso vorticosamente a girare, un turbinio di sensazioni lo avevano invaso, immagini di un piccolo fagottino candido tra le braccia negli occhi e aveva sollevato Dora tra le braccia stringendola fino a farle mancare il fiato per ridere ancora.

Nella notte la sua ragione era tornata a farsi sentire, intimandogli l’unica cosa da fare; non poteva appartenere a quel mondo di colori, non poteva dare gioia uno come lui, perché pretenderla?

Aveva trovato conforto nell’Ordine e si era crogiolato nell’illusione di poter essere ancora utile a qualcosa, fino a che Harry gli aveva sbattuto in faccia la realtà; era un codardo.

Era fuggito perché era spaventato, dal mondo, dalla guerra, forse anche dalle responsabilità, ma soprattutto da se stesso.

 

La nebbia era calata silenziosa, il bubolare lontano dei gufi le faceva da sottofondo mentre s’insinuava nella foresta e con lei gelidi spruzzi di brina.

Lupin parve non accorgersene, il tormento che aveva dentro lo aveva anestetizzato contro le intemperie.

Si riscosse solo quando dalla spessa coltre di nebbia, vide dapprima un bagliore informe, poi una remota sagoma animale.

Un lupo, di dimensioni notevoli, si stava avvicinando con passo aggraziato, impercettibile, nessuno scricchiolio di rami sotto le sue zampe, né sbuffi di fiato dal muso.

Il suo corpo era evanescente, di un grigio argenteo splendido e si fermò composto solamente quando raggiunse il suo obiettivo; inclinò la testa di lato e parlò con voce ferma e chiara.

- Torna a casa.

Gli occhi eterei del Patronus si posarono per un istante su quelli intensi di Lupin, prima di svanire del tutto.

Dora gli aveva lanciato un messaggio; non una supplica, non una richiesta, non un ordine, ma l’unica soluzione sensata che poteva adottare.

 

In un attimo gli fu tutto chiaro, sentì l’istinto prendere il sopravvento nella decisione più difficile della sua vita. E fu meraviglioso.

Lasciò il grigio letargo del bosco per raggiungere la calda e rosa primavera che lo attendeva.

 

NdA bis: Il titolo, per chi non l'avesse capito, è volutamente un gioco di parole tra l'essere in preda dell'istinto e in questo caso il protagonista che invece ne è vittima e in corsivo sono i termini usati da Lupin nel settimo libro nel suo dialogo con Harry a Grimmauld Place.

 Giudizio di Cleomery: 5° classificato: La preda dell’istinto – Xela182 87/100 + 3 bonus Lessico e grammatica 24/24 L’unico errore che ho trovato è una virgola quindi non posso che darti il punteggio massimo soprattutto perché il lessico è perfetto a mio parere e le parole che hai scelto sono davvero azzeccatissime. Originalità 23/26 Ho apprezzato la scelta del genere introspettivo che ha reso la tua storia molto più originale di quanto mi aspettassi! Mi è piaciuto il fatto che tu abbia strutturato la fic in questo modo e quindi ai miei occhi è originale. Trama 16/20 Come ho già detto la struttura della storia mi piace quindi di conseguenza anche la trama mi sembra buona. Forse avresti potuto aggiungere qualcosa in più su Ninfadora ma capisco che tu abbia preferito concentrarti su Remus e per me va benissimo. Rispetto delle regole 12/16 Hai dato molto spazio al colore ma purtroppo come tu stessa mi hai detto non hai utilizzato i prompts, per il resto nulla da dire. Valutazione personale 12/14 Mi è piaciuta moltissimo, anche se mi ha lasciato l’amaro in bocca all’inizio! Povero Remus, è sempre depresso! XD Sto scherzando ovviamente, mi è piaciuta molto soprattutto per come hai reso bene il personaggio principale e tutte le sue emozioni e poi hai delineato bene anche Tonks (che io adoro!) e sei riuscita a dare un tocco personale alla vicenda. Bonus 3 Purtroppo posso darti solo il punteggio per il colore che tra l’altro hai usato benissimo!

  
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