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Autore: Honey to the poison    24/03/2011    3 recensioni
“saremo insieme per sempre vero?”.
I suoi occhi erano lucidi, le guance rosse di una risata scappata da sola nelle nostre conversazioni insensate.
Nata solo per rendere più veloce un pomeriggio noioso.
La sua testa s’incastrò sulla mia spalla, con leggerezza, sfiorandomi il collo con la punta del naso, i suoi capelli una massa scomposta che mi solleticava la spalla scoperta.
“per sempre” le accordai stringendola con un braccio, il suo corpo più piccolo del mio aveva l’immaturità di un frutto acerbo.
“sei la mia migliore amica” sospirò soddisfatta abbassando le ciglia, potevo sentirne la carezza sottile mentre si appoggiava alla mia pelle.
Un nodo scorsoio mi strinse la gola, in una parola dolce che non bastava più.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"quanto è grave?" domandò una voce metallica dal microfono del telefono.
Sentii la risposta di Frank grattarsi nella gola mentre controllava qualcosa vicino la mia testa.
Non potevo vederlo, il piumone mi avvolgeva come un bozzolo di un bruco che si ostina a rimanere crisalide.
"ci sono circa venticinque libri sul comodino, ed è due settimane che non esce di casa … vedi tu".
La voce, al telefono del mio migliore amico sembrò arrendersi sospirando stancamente.
Anche io ero stanca.
Che quella masnada di petulanti ragazzini che continuavo a considerare la mia seconda famiglia mi perseguitasse in quel modo.
Che contassero persino quanto libri avessi letto in reclusione per controllare quanto stessi cercando di estraniarmi dal mondo.

Mi tolsi una parte dei plaid che erano la mia unica fortezza contro il gelo che sentivo dentro e controllai cosa stesse combinando Frank alla mia povera stanza.
Sapevo di essere patetica, infagottata nella mia felpa della Duff di tre taglie più grandi, i capelli completamente privi di logica e sguardo socchiuso nella rabbia sonnacchiosa dell’intrusione.

Mi sorrise comprensivo, ma io preferii distogliere immediatamente lo sguardo dai suoi occhi nocciola.
Non potevo sopportare di vedere un’altra anima che non fosse quella di Vale.
Della sua voce ormai non mi restava che il ricordo.

C’era qualche messaggio, sempre più di rado, che riusciva a mandarmi a stento tra una maratona sessuale e l’altra con quell’idiota che sembrava averle ridotto la volontà ad un fragile pensiero.

Non mi sarei stupita se l’avesse persino legata al letto.

Disgustata dell’idea mi voltai sull’altro fianco, cercando di ovattare la presenza di Frank oltre le coperte.
Tirandone forse un po’ troppe oltre la mia testa.
Lo sentii trattenere il fiato sconvolto prima di rivolgersi secco al suo interlocutore.
"ti chiamo dopo".



"otto quaderni Lori!".
Strillava convulsamente da mezz’ora.
Continuai a chiudermi nel lenzuolo, quasi fosse una seconda pelle.

Lo sentii frugare ancora sotto il mio letto, il mio rifugio segreto.

"otto quaderni pieni" rincalcò petulante, "e quello cos’è? Non mi dirai che hai riletto la trilogia di quel visionario di Tolkien!".
Cercai di raggomitolarmi ancora di più, ma la determinazione di Frank vinse e mi ritrovai a terra, annodata insieme alle coperte mentre lui, con aria indignata indicava la pila di quaderni stropicciati che erano il mio personale canto del cigno.

Il mio fiume di parole su quel vuoto dentro che dovevo colmare prima di implodere.

"questa è autodistruzione!", continuò a pieni polmoni, e per un attimo sperai che mia madre dal piano di sotto venisse a salvarmi.
Una mera fantasia.
La mia genitrice oltre ad adorare Frank era perfettamente d’accordo con lui.
Aveva passato gli ultimi quattordici giorni a bisbigliarmi all’orecchio che nulla fosse così irrimediabile da ridurmi così.

"noi adesso usciamo!", strillo inviperito puntandomi il dito contro, "ti do cinque minuti per farti una doccia e vestirti" mi ordinò risoluto prima di voltarmi le spalle e piantonare la porta.
Lo vidi ripescare il suo cellulare dalla tasca dei jeans e trovare un numero tra le chiamate perse.

"Tony? … ci vediamo tra un’ora al black cat … sei ancora in contatto con Nere?".



Non so come riuscii a vestirmi, con quel pazzo isterico che mi ritrovavo come amico che mi sfilava abilmente dalle mani ogni cosa che avesse le maniche lunghe o permettesse alle gambe di essere coperte.
Mi agghindò con spirito leggero, legandomi personalmente catenine lunghe al collo, sopra il top scollato e gli short di jeans.
"Stivali" strillò contento mentre mi lasciava da sola a truccarmi, più per salvaguardare i miei poveri bulbi oculari che piangevano ancora al ricordo dell’ultima volta che aveva cercato di infilarmi lo spazzolino del mascara dove non avrebbe dovuto.

Dall’apatia ero passata alla rabbia.
Una rabbia secca e controllata.
Che non potevo sfogare con Frank, a cui non potevo dare forma in casa mia.
Tanto valeva affidarsi a quei pazzi dei miei mici e bruciare la città in una notte sola.
Finii di applicare il rossetto mentre Frank entrava in camera con i miei anfibi alti.
Fischiò ammirato.
"sei uno schianto tesoro".



Il locale non era neanche il solito, ma uno strano pub che si trasformava in discoteca in un’abside sul fondo.
In effetti ricordava vagamente la struttura di una chiesetta di campagna, con le sue piccole nicchie piene di divanetti e la navata occupata dal bancone del bar.

Una mano sottile dalle unghie troppo rosa per essere naturali si alzò sopra la folla indicandoci un tavolo.
Incastrati tra i pochi posti morbidi disponibili c’erano Tony e il suo ragazzo, un paio di ragazzi conosciuti in giro per la facoltà di lettere, e una ragazza.
Frank con una mossa strategica mi fece sedere immediatamente accanto a lei.

"Lori, lei è Nere" ci presentò allegramente Tony con un gesto disinvolto della mano.
Si, le unghie del mio amico erano decisamente rosa.
"Nere, questa è la mia Lori" rincalcò soddisfatto.
Con l’aria di chi ha appena combinato il matrimonio più facoltoso della storia.

La ragazza mi guardò negli occhi con un sorrisetto che mi irritò.

Era strana.

I suoi capelli rossi erano strani, e anche le sue iridi stranamente scure lo erano ancora di più.
Un insieme di stranezze che mi diede sui nervi.

"che razza di nome è Nere?".



I ragazzi mi guardarono mortificati.
La coppia di sconosciuti con una scusa non ben delineata scomparve immediatamente in pista, lasciandoci da soli al tavolo a tenergli le borse e i drink lasciati a metà.
Alla faccia della buona educazione.

"è un diminutivo", mi spiegò la ragazza senza curarsi dell’aria imbarazzata che invadeva il tavolo a fiotti.

Caldamente ignorata da tutti nella speranza di evitare la rissa.
Frank pensò bene di scusarsi allungando una mano sulla mia spalla e guardandola negli occhi, ma Nere lo bloccò sul nascere.
"mi chiamo Serenella, ma siccome il mio nome non è il massimo …" continuò giocherellando con la cannuccia del suo cocktail.

Risi acida del suo nome da fatina cicciona, in effetti era piuttosto in carne.
Non grassa ma tondeggiante, quasi morbida.
Senza però quell’aria di vago imbarazzo delle persone con qualche chilo di troppo, anzi, sembrò compiaciuta della mia occhiata su di lei e sulla scollatura vertiginosa che le mostrava l’inizio dei seni.

Cosa stava cercando di fare?
Sedurmi?

"ci credo, è un nome ridicolo" le assicurai rilassando la schiena contro i cuscini dietro di me.
I denti mi stridevano mentre le dita di Frank sul mio braccio si stringevano a cercare una spiegazione ad un attacco così diretto.
"sei sempre così sincera Lorena?" provò a chiedermi sbagliando clamorosamente.
Risi, del suo tentativo a vuoto, "solo quando mi presentano persone così improbabili che rifiutano persino il loro nome".
Sogghignò cautamente, scoprendo i denti in un barlume di consapevolezza.
"io non rinnego il mio nome Lorella" riprovò senza alcun successo, "tu piuttosto …".
Mi sporsi istintivamente verso di lei, vidi il mo sguardo deciso riflettersi nei suoi occhi.
"nessuno può dire il mo nome completo" la informai, "porta guai".
"come una maledizione?"
Le sorrisi digrignando i canini, "ho sangue egizio nella vene" *.
"sei maledettamente boriosa lo sai?" mi domandò con leggerezza abbandonando il suo bicchiere.

"ehm, ragazze" cercò di intromettersi Frank alzando i palmi tra di noi quasi a contenerci.

"almeno io ho motivo per darmi delle arie" le risposi a tono.

Tony cercò disperatamente di sviare il discorso tossicchiando tra se, ignorato da tutti.

"davvero? Non vedo l’ora di avere una dimostrazione pratica delle tue straordinarie capacità" mi sfidò con uno strano scintillio nello sguardo scuro.
"anche subito" concordai alzandomi in piedi di scatto.

Scoppiò in una risata, alzando il mento e chiudendo gli occhi, i capelli rossi le scivolarono lungo la schiena.

"andiamo Nefertiti, portami a ballare".

La mia mano scattò immediatamente verso la sua, costringendola ad alzarsi, mentre i miei amici rimanevano con la bocca spalancata a chiedersi cosa mi fosse preso.



L’ultima volta che avevo ballato su una pista da discoteca c’era un altro suono nella mia testa.
Altri colori, più calore.
Il profumo di fiori selvatici di Vale tra i suoi capelli danzanti, sulle piccole spalle che si scuotevano sotto l’influsso di una canzone dalla fama effimera.

Potevo stringerla per gioco allora.
Permettere alle mia mani di intrappolarle i fianchi e tirarla a me, lasciando solo occhiate assassine a chiunque cercasse di avvicinarsi a noi.
Due ragazze sole al centro della pista attirano sempre l’attenzione.
Lei rideva.
Era il nostro momento di assoluta liberà.
Potevo stringerla, e costringerla a ballare.
Potevo prenderle la mano e sfiorarle il volto davanti a tutti.
Potevo prendermi il lusso di guardare i ragazzi sbavanti accanto a noi e ridere di loro.
Nella tranquilla sicurezza che sarebbe rimasta con me fino all’ultima canzone.

Questa volta era diverso.
I capelli di Nere mi sfioravano appena la guancia quando girava su se stessa in una piroetta controllata.
Profumava vagamente di lampone, in perfetta concordanza con la sua chioma di rubino.
Il suo sguardo insinuante nel mio mentre cercavo, già pentita, di ritrovare gli altri in pista.

O che Frank e Tony, dopo shock venissero a prendermi con una scusa blanda.

Ma come sempre, nel momento del bisogno, qualcuno a salvarmi dai guai non era mai disponibile.
Nere agganciò i passanti della mia cintura con la punta delle dita facendo aderire i nostri corpi.
Sentii i muscoli contrarsi involontariamente mentre il suo bacino sfiorava il mio.

Le sue dita giocarono distrattamente con la fibbia dei miei jeans, quasi a fingere di aprirla.
"cosa stai cercando di fare?" la rimproverai dura, cercando di reprimere nella mia mente la scena di cosa sarebbe successo se lo avesse fatto davvero.
Il suo sguardo furbo indagò sulla piega dura delle mie labbra prima di sorridermi innocentemente.
Abbassando le mani dalla chiusura per scendere deliberatamente sulle mie gambe, dove la mia pelle scoperta si ritrovò inerme alla sua stretta.
Arrossii in modo talmente incontrollato che scoppiò a ridere.
Potevo sentire i cristalli della sua voce oltre i bassi della musica.

"paura mia egiziana?" mi sussurrò all’orecchio alzandosi sulla punta delle sue scarpe col tacco.
Cercai di negare mentre inspiegabilmente mi scostava i capelli dal collo per avere più pelle scoperta da sfiorare con le labbra mentre parlava, in modo del tutto casuale.
"non devi" mi rassicurò, le sue mani mi stringevano le spalle per mantenersi in equilibrio, mentre io restavo ferma in un circolo in movimento.
"non devi avere paura di me", continuò sottile, adesso la sua bocca stava davvero sfiorando il mio collo.
"né di te".



Mi trascinò in un angolo buio.
Come facesse un locale così affollato ad avere luoghi così vuoti non mi era concesso saperlo.
Costringendomi arretrare fino al muro, nell’oscurità appena trovata dopo i flash della pista c’era solo il verde di una luce di emergenza.
Il suo corpo si gettò sul mio, certo di essere sorretto, mentre mi chiedevo cose ne fosse della mia rabbia in quel momento.
Mi insinuò una mano tra i capelli, le sue dita che ne sceglievano una ciocca per arrotolarla intorno all’indice, obbligandomi a non distrarmi, a non lasciare i suoi occhi che ridevano divertiti.
Alzò il viso verso il mio puntando alle mie labbra, ma qualcosa la fermò ad un attimo prima del contatto, costringendola a domandare.
"cosa c’è?"
Respirai appena, quel tanto che mi permetteva il suo corpo contro il mio, i suoi seni in corrispondenza dei miei mi bloccavano il fiato, eppure non era per quello che sentivo una morsa stringermi il petto.
"non ho mai …", cercai di spiegarle mentre con la mano libera risaliva il mio profilo fino al collo, potevo sentire le unghie curate lasciarmi tracce indelebili sulla pelle.
"beh, direi che è il momento di provare allora" mi suggerii arrampicandosi ancora di più su di me.
Le sue mani si intrecciarono senza sforzo sulla mia nuca costringendomi a chinare il capo e trovare il suo viso.
Le sue labbra sulle mie erano morbide, più di quelle di qualsiasi altra persona che avessi mai sfiorato.

Allora è questo che si prova a baciare una donna.

Le dischiuse per lasciarmi la possibilità di entrare.
Scegliere se approfondire o restare in bilico.
Non mi accorsi di essere già andata oltre se non quando era ormai troppo tardi.
E il cuore batteva in ogni angolo di carne del mio corpo, facendomi sentire con molta più intensità qualsiasi carezza delle sue mani.

Non dovrebbe interessarmi, non è lei, è una ragazza.
Una ragazza.


Le dita di Nere scivolavano tra i miei capelli e il collo.
Dalla spalla al seno, mentre il corpo ormai autonomo faceva di tutto per essere serrato al suo.

A me non piacciono le ragazze. Io amo Vale solo perché è speciale, l’unica.
Io non sono …


Il bacio stava durando da troppo ormai, me ne accorsi dalla pressione dei bacini tra di loro, e il calore che ormai si incendiava da li alle guance.

Improvvisamente si scostò con fare languido, scendendo dalle punte delle scarpe e recuperando un’altezza artificiale contro di me.
Il suo viso si attardò un po’ troppo sul mio seno per guardarmi maliziosa.

"hai sangue greco nelle vene mia cara" **

 

 

 

*Si dice che il nome del faraone Tutankhamon porti sfortuna a chiunque lo pronunci per intero.
*Riferimento a Saffo ovviamente.

N.D.A.

questa storia doveva servire a complicarmi la vita. A farmi da specchio lucido, in cui guardare tutto quello che accadeva intorno a me senza lenti deformanti.

è stato tutto il contrario come sempre.

La storia ha preso vita, e non si accontenta di pagine. Mi ruba giorni interi, strappa le ore a morsi.

E trova strani personaggi da mettere sul mio cammino.

Inutile dire che mi spetta solo essere forte, continuare a vivere e cercare di raccontare.


  
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