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Autore: cupidina 4ever    24/03/2011    0 recensioni
Non sempre tutto ciò che desideriamo da piccoli si realizza.E questo lo sa bene anche Lei, costretta a vivere con Lui, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Ma se, in un ipotetico futuro, si venisse a scoprire un dettaglio che poi tanto dettaglio non è? Perfino Lei dovrà piegarsi al corso degli eventi. Che lo voglia o meno.
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il capitolo parla da solo ma vorrei scusarmi per l'immenso ritardo.. ringrazio chi legge questa e tutte le altre mie storie. Presto gli aggiornamenti saranno più regolari.

B.

 

 

~•Moon & Mars•~

5 capitolo

Vaniglia e Tabacco

 

“ Non si giudica chi non si conosce..

Eppure molta gente lo fa ugualmente senza motivo.”

 

“.. Maledettamente orgogliosa.

Ma cosa si poteva aspettare da una puritana Grifondoro che ancora non si era decisa a conformarsi alle novità della scuola accorciando quella gonna di seconda qualità che indossava ogni giorno, fregandosene delle occhiate truci delle sue fantomatiche amiche?

Maledettamente testarda.

Non guardava in faccia nessuno; non aspettava più che i suoi amici, Potty e Lenticchia, la implorassero per far copiar loro i suoi compiti straordinariamente perfetti; non accennava parola a meno che non fosse stato un professore a cui rispondere ad una domanda e strappare un paio di punti per la sua Casa.

Maledettamente perfetta.

Non si era mai vista una sola volta, in sette anni accademici, andare in giro in disordine, più del dovuto visti i suoi capelli crespi, o rispondere male a qualche professore; aveva infranto le regole solo per salvare la pelle a San Potter dal Signore Oscuro ma mai per divertirsi o solo per il gusto di farlo.

Nessuno, dentro quella maledetta scuola, avrebbe trovato una pecca sufficientemente adeguata per spezzarla e mettere fine a quello che era diventato un mito, perfino più importante e conosciuto del famoso “Bambino Sopravvissuto” o del Mezzosangue più famoso dell’intero Mondo Magico, il Lord Oscuro.

Nessuno tranne me, il suo nemico giurato dal primo sguardo, dal primo anno, quando ero un ragazzino incredibilmente stupido ed immaturo per capire che la causa di mio padre, quella che appoggiava con tanto ardore ed a cui voleva che mi unissi, era ridicola e totalmente inutile; che l’uomo che serviva con così tanta accondiscendenza era anche lui uno sporco Mezzosangue che voleva avere ai suoi piedi orgogliosi ed altezzosi Purosangue, ciò che lui non era.

La odiavo così profondamente che fui proprio io a farle aprire gli occhi sul suo sangue; era la stessa ragazza che mi aveva tirato un forte pugno al terzo anno perché l’avevo chiamata, ancora una volta, “Mezzosangue”; era la stessa ragazza che al Ballo del Ceppo si era presentata accompagnato da quel dannato bulgaro, lo stesso che l’aveva baciata per la prima volta; la stessa ragazza che si batteva incessantemente per la difesa degli Elfi Domestici.

No.

Non era la stessa.

Era cambiata.

Maledettamente diversa.

Dall’inizio del nostro ultimo anno, la Mezzosangue non si faceva più vedere con Potter, Weasley e Weasley femmina ma girava completamente sola per i corridoi; aveva rifiutato la carica di Caposcuola offertale da Silente ed in seguito quella di Prefetto offertale dalla professoressa McGranitt; dopo le partite di Quiddich la si vedeva sorvolare la Foresta Proibita senza l’uso della scopa, cosa incredibile visto che nessuno ce lo aveva mai insegnato; i suoi voti,se possibile, erano aumentati fino all’inimmaginabile in qualsiasi materia, stupendo anche il burbero ed intoccabile Severus.

Maledettamente migliore.

Nessuno osava rivolgerle la parola, né in Sala Grande né nei corridoi; in Sala Grande non si faceva quasi mai vedere se non in rarissime occasioni, quando il gufo di Silente ritornava nella Sala comodamente appoggiato alla spalla della Mezzosangue, stupendo tutti gli studenti della scuola.

Maledettamente superiore a Draco Lucius Malfoy.

- Brucia ancora? – la voce del mio migliore amico Blaise ebbe la capacità di distogliermi prepotentemente dai miei pensieri.

Mi volsi un secondo verso di lui, incenerendolo con lo sguardo ma lui alzò distrattamente le spalle, guardandosi attorno alla ricerca del suo ridicolo fan club composto da ochette starnazzanti che non sapevano come buttare il loro tempo se non andando dietro ed assecondando ogni minimo capriccio del mio amico narcisista, ingigantendo il suo già smisurato ego da fottuta prima donna.

Tirai fuori una sigaretta dalla tasca dei pantaloni neri e me l’accesi con la punta della bacchetta, buttandola un secondo dopo sul mio letto.

Cazzo, quanto aveva ragione Blaise.

Bruciava ancora troppo perché facessi finta di nulla.

Come il marchio che portavo al braccio, quel marchio in cui non avevo creduto neppure per un secondo, quel marchio che avevo cercato di evitare come la peste,chiedendo aiuto a Silente, addirittura, per non diventare un dannato e fottuto Mangiamorte come mio padre, bruciava quando meno me l’aspettassi.

Come non mi aspettavo quel colpo da parte sua, diretto e davanti a tutti gli studenti del settimo anno della classe verde-argento e rosso-oro.

Strinsi con forza la mano a pugno dentro la tasca dei pantaloni per non farmi vedere dal mio amico mentre il ricordo tornava prepotentemente a farmi visita, ormai in ogni ora del giorno e della notte,portandomi all’esaurimento nervoso.

Tentavo disperatamente di dimenticare ma l’orgoglio, quello di cui si vantavano tanto quei maledetti Grifondoro, ferito chiedeva vendetta.

Ed io l’avrei fatto.

Mi sarei vendicato.

L’avrei fatta pagare a quella stupida Mezzosangue che mi aveva umiliato come mai era accaduto nella gloriosa storia dei Malfoy.

 

Quarta ora del mercoledi.

Difesa contro le Arti Oscure.

Aula: Grifondoro con Serpeverde.

Si preannunciava già una lezione difficile, forse impossibile da portar a termine visto che Serpeverde aveva battuto Grifondoro nell’ultima partita disputata domenica e gli animi erano più che tesi tra le due Case.

Se ne accorse anche la professoressa McGranitt che era decisa a rimandare la lezione ma Silente non volle proprio saperne, come il professore di Difesa contro le Arti Oscure, il professor William Hill, ex-Auror che preferì dedicarsi all’istruzione dei nuovi maghi e delle nuove streghe piuttosto che sprecar la sua giovane vita dietro ad un branco di fanatici Mangiamorte.

- Ragazzi, oggi faremo un po’ d’allenamento. In questa materia non si può far sempre teoria perciò oggi si passa alla pratica. Chiamerò io un Grifondoro ed un Serpeverde ad aprire i duelli e poi, pian piano, sceglierò tutte le altre restanti coppie miste. Vi ricordo che è severamente vietato l’uso di Maledizioni Proibite o qualunque altro tipo d’incantesimo che possa provocare la morte dell’avversario.. – e guardò soprattutto il moretto Potter e il biondastro Malfoy.

Chissà perché aveva dovuto fare quella raccomandazione: non mancava occasione perché i Serpeverde lanciassero qualche incantesimo di troppo verso i Grifondoro, sempre usciti indenni dall’aula grazie ai riflessi pronti e freddi della giovane Mezzosangue Granger.

- Ha paura che gli ammazziamo Potter? – mormorò divertito Malfoy vicino al suo fedele amico Zabini, che non si preoccupò minimamente di trattenere un sorrisino compiaciuto sul suo bel volto ed una risatina strozzata, smorzata a fondo gola ma non passata inosservata alle orecchie del giovane professore.

Hill smise di guardarsi attorno per cercare due ragazzi per formare la prima coppia.

- Signor Malfoy, venga. – e gli puntò addosso la bacchetta come ad intimarlo a venire se non voleva esser schiantato.

Il biondo mosse infastidito una mano in avanti, come a voler scacciare una mosca fastidiosa, e parlò con voce strascicata ed annoiata verso il suo professore, infischiandosene altamente se era un suo insegnate ed era più grande di lui: il rispetto, lui,se lo poteva mettere in quel posto dove non batteva il sole.

- Perché io? – domandò sgarbatamente sedendosi meglio sulla sua poltrona verde-argento mentre lo sfidava apertamente davanti a tutti.

Il professore strinse corrucciato le labbra in una smorfia di rabbia, trattenendosi dallo schiantare veramente il biondastro.

- Non credo, Signor Malfoy, che il Signor Zabini rida da solo come un completo deficiente perciò deve esser stato Lei a farlo ridere sussurrandogli qualcosa di non pertinente alla lezione. Ora che le ho spiegato il motivo, Venga. – spiegò leggermente spazientito il professor ritornando a guardare i suoi alunni in cerca di un Grifondoro adatto.

- Hai paura, Malferret? – cincischiò Harry Potter lanciandogli uno sguardo di sfida mentre gli augurava una morte lenta e dolorosa con il pensiero.

Malfoy si alzò dalla poltrona e con passo strascicato andò verso il palchetto, non prima di aver risposto per le rime a San Potty.

- Prega di non essere mio avversario se vuoi ancora vivere, Sfregiato. – sibilò il biondo scatenando i cori d’assenso dei Serpeverde, subito taciuti da un suo gesto stizzito della mano sinistra, al cui anulare spiccava un anello d’oro a forma di serpente.

Con un gesto elegante, salì sul palchetto ed aspettò con noia ed irritazione che il professore si decidesse: sarebbe stato comunque divertente battere un dannato Grifondoro, meglio ancora se fosse stato Potter, così da toglierlo definitivamente di mezzo.

Il professore continuò a guardare la Casata di Grifondoro facendo finta di non aver sentito i mormorii soddisfatti dei Serpeverde per aver scelto proprio il giovane rampollo dei Malfoy: non lo aveva scelto per chissà cosa ma solo per punirlo un po’ del suo comportamento sfrontato ed impertinente mostrato nei suoi confronti.

Chi mai avrebbe potuto chiamare?

Potter e Weasley erano da escludere a priori se non voleva scatenare una vera e propria carneficina piuttosto che un normale duello tra diciassettenni-diciottenni. Meglio non rischiare.

Stava per scegliere Finnigan quando lo sguardo cadde sulla ragazza che guardava con insistenza le sue mani aperte posate sulle gambe incrociate, uno sguardo così intenso, profondo e rivelatore da far male, da far quasi paura a chi lo incrociasse.

Cosa nascondeva quella ragazza?

Cosa le era accaduto in soli tre mesi da cambiarla così radicalmente?

I pensieri e le riflessioni del professore vennero interrotte da uno sbuffo più forte e scocciato da parte del biondo Serpeverde,ormai stufo di dover aspettare che quello si decidesse: non ci avrebbe messo più di un secondo a schiantare e poi a cruciare lo Sfregiato perciò che problemi si poneva quello?

- Signorina Granger, venga. – il professore spezzò il suo mutismo con quella frase che sorprese non poche persone, tra cui Malfoy per primo.

La Mezzosangue?

Doveva combattere contro la So-tutto-io Granger?

Per principio non combatteva contro le ragazze ma se veniva costretto e non aveva via di fughe poteva fare un’eccezione..

- Non voglio combattere, professore. – la voce fredda ed atona della Mezzosangue raggelò il sangue ai presenti e stupì il professore stesso, che l’aveva chiamata per capire, dalla sue mosse, quale motivo vi fosse per guardare così insistentemente le mani.

Il biondo Slytherin per poco non cadde dal palchetto per lo stupore: la Mezzosangue Granger che si arrendeva senza neppure combattere?

I suoi sogni erano stati esauditi?

- Oh,oh,oh.. Mezzosangue hai paura? Non hai Sfregiato e Lenticchia che ti difendono? – sibilò divertito il biondo passandosi sensualmente una mano tra i capelli spetti mani mentre gli altri Slytherin se la ridevano di gusto, mormorando tra loro cattiverie di qualunque tipo verso la streghetta.

Mezzosangue..

L’aveva chiamata,ancora una volta, Mezzosangue..

Fu un attimo: un secondo prima era seduta per terra con le ginocchia incrociate e col capo chino sulle sue mani, un secondo dopo era in piedi, a qualche centimetro di distanza dal biondo con la sua bacchetta puntata pericolosamente sul cuore dello Slyherin, pronta a colpirlo ed a ucciderlo.

Nella classe calò lo sgomento: come diamine aveva fatto a spostarsi così velocemente da una parte all’altra della classe senza che nessuno se ne accorgesse?

Cosa era accaduto?

La ragaza inclinò leggermente la testa verso destra continuando a scrutare il biondo con la bacchetta puntata al suo cuore quando sul suo volto comparve un ghigno sadico, un ghigno che nessuno aveva mai visto sulla giovane Gryffindor neppure una volta.

- Paura? Sai Malfoy.. potrei farti tante di quelle cose senza che tu te ne accorga o faccia in tempo a sottrarti che quando avrei finito tu non esisteresti neanche più.. un bene, non credi? Sicuramente meglio che perdere elementi più importanti di te.. – la giovane strega parlò senza alcuna inflessione della voce, non tradendosi mai con lo sguardo, sempre puntato sul biondo, il quale aveva leggermente sgranato gli occhi ed aveva la fronte leggermente imperlata di sudore.

- Combatterò se tanto lo volete, Professore.. si ricordi, però, che mi ha scelto lei.. non mi assumo alcuna responsabilità delle mie azioni.. – continuò la Gryffindor voltando appena la testa verso il Professor Hill e scoccandogli uno sguardo di fuoco.

Pazzesco.

Incredibile.

La Mezzosangue Granger aveva attaccato direttamente e davanti a tutta la classe di Serperverde il Principe delle Serpi Malfoy.

Cosa doveva ancora accadere?

Perché la Mezzosangue più famosa della scuola aveva fatto quella specie di avvertimento al professore, intimandogli di prendersi tutte le responsabilità del caso?

Cosa voleva dire?

Il biondo, dopo un’iniziale momento di sgomento, montò su tutte le furie e spostò bruscamente la bacchetta della strega via dal suo corpo: non doveva attaccarlo così esplicitamente e nemmeno davanti a tutti. Aveva commesso un grosso errore e lo avrebbe pagato a caro prezzo.

A tutti i costi.

- Mezzosangue, io sono molto più importante di te e tutta la tua insulsa famiglia di babbani da quattro soldi messi insieme.. ricordatelo bene la prossima volta prima di sfidare un Malfoy. – sputò con arroganza il Serpeverde spostando il mantello dalle sue spalle e lanciandolo ad uno Zabini abbastanza scocciato per ciò che stava succedendo.

La strega, posata nuovamente la sua attenzione sul biondo Slytherin, lo guardò truce inclinando il capo verso sinistra mentre un boccolo sfuggiva dalla coda alta e severa in cui erano racchiusi i suoi splendidi e ricci capelli.

- Non-chiamarmi-Mezzosangue, Malfoy. – sibilò la strega tracciando un disegno immaginario in aria con la punta della bacchetta, spaventando non poche persone.

Perché quella reazione?

Cosa era accaduto?

Cosa aveva disegnato con la bacchetta?

E perché se l’era presa tanto per le parole di Malfoy quando erano quasi sette anni che le parlava in quel modo sfrontato ed arrogante?

Tutti, nella scuola, sapevano che il biondo Slytherin non perdeva occasione per umiliare ed offendere i Mezzosangue presenti nell’istituto, in particolar modo la Granger ma, tranne il pugno al terzo anno, non era mai accaduto nulla d’irreparabile tra i due ragazzi.

Almeno fino a quel momento.

Il biondo ghignò ma senza alcun sentimento, cose me la rabbia on gli permettesse di pensare lucidamente: solo una volta era stato così sciocco da cadere in trappola nei suoi stessi sentimenti ed era innegabilmente legato al marchio che aveva impresso sul suo braccio..

- Perché non posso chiamarti Mezzosangue? Non è quello che sei? – commentò sprezzante il Serpeverde mentre tirava fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni nel caso in cui la strega avrebbe provato ad attaccarlo senza il permesso del professore. Quella era così schizzata da fare quello che voleva senza il minimo ritegno, anche davanti ad un docente.

Non temeva di combattere contro la Granger ma qualcosa, una maledetta vocina, continuava a gridare di stare attento e di non sottovalutarla per alcun motivo se non voleva finire male ed uscirne sconfitto.

Era cambiata, lo sapeva, lo aveva capito da solo con uno sguardo, ma non poteva esser diventata ancora più forte dell’anno precedente.

No, era impossibile. Quanto meno non in tre mesi.

La ragazza, nel frattempo, aveva abbassato il capo, comprendoni il volto con i capello sfuggiti dalla coda, nascondendo agli occhi dei presenti e del suo avversario quella maledetta lacrima che le era scivolata sul volto quando Malfoy disse quella maledetta seconda frase: odiava mostrarsi debole davanti agli altri, non voleva che qualcuno la vedesse indifesa ed insicura e si mostrasse in pena per lei.

Non poteva sopportare che fosse proprio Malfoy a vederla in quello stato pietoso.

Scacciò malamente ogni strano pensiero dalla sua mente, si voltò verso il professore e gli chiese con lo sguardo se potevano iniziare.

Hill comprese la muta richiesta della Grifondoro ma tentennò fino all’ultimo secondo sul da farsi: era ancora una buona idea lasciare che la ragazza combattesse contro il Serpeverde, anche dopo tutto quello che si erano detti con così tanta cattiveria ed odio?

Era giusto?

Alla fine prese la scelta più irrazionale, quella che, probabilmente, nessun altro avrebbe preso.

- Posizionatevi sulla pedana..al tre potete incominciare. – le parole del professore spezzarono il silenzio imbarazzante che era sceso nell’aula, troppo impegnata a fare scommesse clandestine e previsioni su chi avrebbe vinto.

Chi avrebbe vinto?

Entrambi erano famosi per aver vinto tutti i duelli disputati, neanche una sconfitta ed ora, per la prima volta dopo tanti anni, si vedevano l’uno contro l’altro come sfidanti. Doveva pur capitare,no?

Avrebbe prevalso la straordinaria freddezza della Grifondoro oppure l’elegante arroganza del Serpeverde?

Una spada era puntata sulle teste dei due giovani ragazzi, una spada che avrebbe indicato loro il futuro da seguire.

Quella spada decretò vincitrice la Grifondoro ma in lei non si scorse alcuna gioia per aver battuto il biondo Slytherin.

Prima che abbandonasse l’aula, il giovane rampollo della casata dei Malfoy rimase sconvolto quando lesse vendetta negli occhi della strega.

Una maledetta vendetta.

E la spada sarebbe ritornata a riscuotere prepotentemente i suoi frutti.

 

- Ci stai ancora pensando, vero? – la voce cristallina del suo amico lo riportò bruscamente alla realtà dei fatti, alla vita vera, quella a cui aveva cercato di sottrarsi per giorni interi senza alcun successo.  Lo ringraziò mentalmente per averlo salvato dai rimorsi e dalla rabbia di quel giorno che volevano prendere il sopravvento sul suo corpo.

I Malfoy non ringraziano mai a voce.

Come aveva ragione.

Emise un leggero grugnito d’assenso mentre tirava fuori una sigaretta dal mantello, ritornando a sdraiarsi sull’erba, nascosto dall’ombra del grande Salice Piangente da occhi indiscreti.

La ferita bruciava ancora.

Troppo.

Vivida e incontrollabile.

Proprio come Lei.

- Dimentica..è una sconfitta, è vero, ma la prima dopo anni e anni di successi..può succedere e nessuno te ne fa una colpa.. – mormorò Zabini sistemandosi i pantaloni così da non sporcarli più di tanto.

Parlava facile lui ma non era stato lui ad essere umiliato dalla Mezzosangue Grifondoro, pensò irritato il biondo rischiando di rompere la sigaretta tra le sue seriche dita.

Ma vedi se doveva parlare per sprecare ossigeno, quel demente.

Odiava quando gli faceva la paternale, ossia sempre.

Era,sì, il suo migliore amico ma il più delle volte avrebbe voluto schiantarlo. E non scherzava affatto.

- Dico sul serio.. non è nulla di grave.. – continuò il moretto mentre si muoveva per cercare di catturare una coccinella gialla. Infantile. Non aveva altre parole per definirlo. Era così..immaturo!

Il giovane rampollo Malfoy stava per rispondere al suo amico fin troppo ficcanaso quando una voce ed un rumore dietro ad un paio di alberi lo distrassero.

Vaniglia.

- Dai retta al tuo amico, Malfoy.. non è così grave aver perso un duello.. – una voce parlò da dietro un tronco di un albero, rivelandosi poco dopo agli occhi dei due Serpeverde.

La persona che aveva parlato al biondo non era altri che la stessa persona che lo aveva miseramente battuto: Hermione Jane Granger.

Cosa voleva?

Scusarsi?

Chiarire?

Mettere il dito nella piaga?

Infierire maggiormente rispetto quanto il suo amico e quei dannati Grifoni non facessero già?

Se voleva essere cruciata doveva solo dirlo.

Lo avrebbe fatto volentieri.

Senza alcun rimorso.

Quando vide, però, il volto della ragazza cambiò totalmente opinione, stupendo perfino se stesso per la velocità con cui quel pensiero venne spazzato via dalla sua testa: cosa era accaduto?

Come mai aveva quell’aria afflitta..come se fosse stata in pena?

Aspetta..

Ma a lui cosa importava?

Cosa gli poteva mai interessare se la sua nemica numero uno era triste oppure no?

Il biondo stava per tirar fuori la bacchetta dal mantello quando una mano della ragazza si posò delicatamente sulla sua, fermandolo e distraendolo da quello che aveva intenzione di fare: non aveva mai osato toccarlo prima di allora dopo il pugno del terzo anno ma in quel momento lo stava facendo, in modo diverso.

Perché?

Cos’era accaduto a quella maledetta Gryffindor?

Perché cambiava umore con la stessa frequenza con cui lui cambiava donne e calzini?

Dov’era finita la vecchia Mezzosangue?

Era sparita.

Maledettamente diversa.

La ragazza gli rivolse uno sguardo triste, vuoto come a volerlo desistere dall’attaccarla, non almeno in quello stato.

E perché mai avrebbe dovuto farlo?

Chi era lui per risparmiare la sua nemica proprio quando aveva l’occasione perfetta, servita su un piatto d’argento, per distruggerla, per annientarla una volta per tutte?

Nessuno, eppure una vocina, la sua maledetta coscienza, non gli permetteva di muovere alcun muscolo del braccio sinistro.

Maledizione.

La ragazza lo ringraziò mentalmente per la sua scelta e si decise a parlare prima che, o lui o Zabini, cambiassero idea.

Si passò nervosamente una mano tra i capelli, quella volta sciolti sulle spalle e sulla schiena, e sospirò pesantemente prima di parlare ai due Serpeverde.

Un profumo invase il naso e il cervello del biondo, scuotendolo per tutto il corpo e risvegliando alcune parti di lui che non avrebbe mai pensato di potessero attirare per la Mezzosangue.

Vaniglia.

Profumava di vaniglia.

Non lo avrebbe mai detto.

Era stato molte volte vicino alla Mezzosangue ▬ non per quei motivi, s’intende ▬ ma non si era mai accorto del suo profumo.

- Non sono qui per mettere il dito nella piaga, se è questo che ti spaventa Malfoy..ho vinto solo per pura fortuna.. – mormorò la Grifondoro con il volto costantemente fisso sulle sue mani, proprio come faceva quel giorno e come soleva, ormai, fare ogni giorno quando non aveva nulla da fare.

Si chiese perché continuasse a guardarsi le mani. Preferì, però, non dar voce ai suoi pensieri.

Il biondo schioccò la lingua dentro la bocca trattenendo una seria di imprecazioni solo per la Grifoncina e fece per parlare quando la voce del suo amico Zabini lo fermarono sul nascere.

- Fortuna? Dimmi una cosa, Granger.. perché hai detto che se solo avresti potuto Draco non esisterebbe più? C’entra per caso il tuo allontanamento improvviso da Potter e Weasley? – domandò per una volta serio il moretto Serpeverde finendo la sua sigaretta e facendola sparire con la bacchetta. Poche persone potevano vantare di aver visto Blaise Zabini serio per più di cinque secondi e tra queste vi era finita panche lei. Che onore.

La Grifondoro si diede mentalmente della stupida: doveva aspettarselo che Zabini non sarebbe rimasto zitto in un angolo a guardare la scena.

Era l’unico Serpeverde che riteneva degno d’attenzione, l’unico che non la chiamasse “Mezzosangue”, l’unico che non riusciva a vedere bene nella casa di Salaazar Serpeverde. E poi era molto più intelligente di molte altre persone della scuola.

Strinse nervosamente una mano con così’ tanta forza da sbiancarla, gesto che non passò inosservato agli occhi dei due Serpeverde, i quali si scambiarono uno sguardo d’intesa, uno sguardo carico di sottointesi.

C’entravano veramente Potter e Weasley?

Era a causa loro se la Grifondoro era cambiata così tanto?

 I loro pensieri vennero interrotti dalla risata amara della ragazza, rimasta ancora col capo chino per non farsi vedere: perché mai doveva mostrare la sua debolezza, la sua tristezza a qualcuno, in particolare a Zabini e Malfoy?

Non era così disperata per farlo.

Il biondo sgranò leggermente ed impercettibilmente gli occhi quando la vide ridere: perché ora rideva? Era diventata pazza tutta di un colpo? Cosa c’era di così divertente? Per quello che aveva detto Blaise? Si stava prendendo gioco di loro? Come osava?

Maledettamente diversa.

Maledettamente superiore.

La ragazza, sentitasi osservata dai due ragazzi, alzò il volto e li guardò con freddezza, proprio come loro facevano ed avevano fatto per quasi sette anni con lei.

- Zabini, tu vuoi sapere troppo.. Harry e Ron non c’entrano nulla con me.. ho solo deciso di non essere il membro scomodo del famoso “Trio dei Miracoli”.. – mormorò con voce atona guardando un punto impreciso verso la Foresta Proibita.

Si era bevuta il cervello la Mezzosangue?

Membro scomodo del “Trio dei Miracoli”?

Cosa stava dicendo?

I pensieri del biondo e del moro Slytherin vennero interrotti, nuovamente, dalla voce della strega.

- Scordate ciò che vi ho detto, che è meglio.. – e come era venuta, la strega scomparve nell’ombra.

Maledettamente diversa.

Di lei non vi era alcuna traccia se non il vago profumo di vaniglia. Spense con violenza la sigaretta tra le dita, bruciandosi lievemente, e se ne andò, lasciando solo un vago odore di tabacco.

Tabacco e Vaniglia.

Due facce della stessa moneta..”

 

- Basta! – esclama,ad un certo punto, Ron Weasley interrompendo il discorso dell’amico, stringendo con forza la mano a pugno, sperando di non commettere sciocchezze di cui si sarebbe pentito. Non avrebbe resistito un minuto in più: Harry stava bellamente sbandierando la vita, il passato, la storia, l’adolescenza di Hermione senza neppure il suo permesso. Ci sarà stava un motivo per cui aveva avuto una reazione del genere su quel cretino di Malferret, no? E allora perché dire tutto alla piccoletta quando doveva essere solo lei a farlo? Era o no un suo diritto poter tenersi tutto dentro fino a che il peso non sarebbe diventato insopportabile?

La piccoletta,però, non sembrava dello stesso parere: emise un gemito frustrato quando il rosso fermò l’amico durante il suo lungo discorso, che ascoltò con grande interesse, divorando ogni singola parola uscita dalle sue labbra..eppure non aveva ancora capito cosa c’entrasse tutto col il Reducto Anime. Perché era così importante?   

- No! Perché? Harry non mi.. – si lagnò la piccoletta incenerendo con lo sguardo il rosso, il quale fece finta di non vederla abbassando gli occhi alle mani ben salde alle ginocchia, temendo di fare qualcosa di sconveniente ai due.

- Basta ho detto! Harry ha già detto troppo! – alzò la voce di qualche di qualche ottava, facendosi sentire da tutti, fermando anche Hermione, la diretta interessata che aveva ascoltato il discorso in silenzio, trattenendo a stento le lacrime, ed un Draco legato peggio di un salame. Dalla sua voce traspariva tutto il suo dissenso dal raccontare la storia alla giovane Lacroix, indegna di sapere cosa affiggesse, giorno per giorno, la sua migliore amica da sempre.   

- Non è vero! Non ho ancora capito nulla perché Herm non vuole che io impari la Reducto Anime.. – continuò con fare capriccioso la piccola Lacroix scendendo dal masso e parandosi davanti al rosso, posando le mani sui fianchi per assumere un’aria da dura. Perché tutti le nascondevano la verità? Anche Draco, quando gliele aveva parlato, si era morso la lingua subito dopo ed aveva eclissato il discorso con un altro. Perché?

- Smettila di comportarti come una bambina, piccoletta! Harry ▬ si voltò verso l’amico incenerendolo con lo sguardo ▬ adesso basta! – pronunciò con fare risoluto il rosso, scoccando ad entrambi un’ occhiata ammonitrice ed indicando loro la giovane ragazza, col capo chino e la mano stretta a pugno, stritolando la bacchetta tra le dita.

Dolore.

Tanto, troppo dolore.

- Ma.. – provò a dire la piccola, sentendosi piccina piccina davanti al rosso, diventato duro e freddo tutto di un colpo. Aveva esagerato, lo sapeva anche lei, ma non poteva negarle di conoscere la verità, non quando aveva incominciato a capire, a sapere. La sua voce venne,però, interrotta da un flebile sussurro proveniente dal balcone della stanza di Malfoy.

Hermione.

- Cassy.. – mormorò dolcemente, tenendo il capo chino mentre una lacrima dispettosa sfuggì dalle sue lunghe ciglia. Non riuscì a farla sparire subito perché Malfoy la vide lo stesso: una morsa all’altezza dello stomaco lo bloccò, lo strinse fortemente tanto da provocargli dolore. Da quanto tempo non la vedeva piangere, non la vedeva debole, umana, indifesa, insicura, sola? Troppo tempo e gli faceva male, così male da rischiare d’impazzire. Avrebbe tanto voluto liberarsi da quell’incantesimo e stringerla tra le sue braccia ma sapeva di non poterlo fare, non ancora, almeno.

- Basta, ti prego. Ti prometto che quando avrò la forza necessaria te ne parlerò ma ora basta.. non ce la faccio.. – continuò la strega quando vide la piccola Lacroix girarsi di scatto verso di lei con gli occhi sgranati dallo stupore. Alzò lo sguardo rivelando ai presenti gli occhi leggermente velati di lacrime trattenute a forza. Mostrarsi debole in quel momento era l’ultima cosa che avrebbe voluto e dovuto fare.

- Scusa Herm.. non volevo metterti pressione.. Scusa! – mormorò rattristita la giovane Lacroix pentendosi di ciò che aveva fatto, per come aveva insistito per sapere quella storia che aveva distrutto moralmente la sua cara Herm.. si era comportata come una bambina viziata ed egoista, che non pensava minimamente al bene degli altri. Non avrebbe dovuto insistere così tanto per sapere, per cavar fuori delle informazioni che ancora non l’avevano soddisfatta, è vero, ma che avevano distrutto un’altra persona, la stessa che le aveva vissute sulla sua pelle quelle emozioni, quei fatti, quei momenti. Ricordi indelebili che erano ritornati prepotentemente nel suo presente. Ed era tutta colpa sua e della cocciutaggine da bambinetta sfrontata e viziata.

- Promettimi solo che saprai aspettare.. Per favore. – mormorò la giovane asciugandosi gli occhi col dorso della mano sinistra, rivelando alla vista di Malfoy un nuovo tatuaggio, un disegno mai visto prima di allora. 

- Va bene.. come vuoi tu, Herm.. – la piccoletta annuì vigorosamente sperando di aver ricucito in parte all’errore commesso: sapeva che per riconquistare la sua fiducia avrebbe faticato ma era pronta a tutto per ritornare ad esser degna di lei, di essere la sua alunna privata.

Era stata una stupida a cercare disperatamente di sapere quando, in realtà, la verità non le interessava neanche tanto: desiderava solamente esserle vicino, capire perché si chiudesse così ostinatamente a riccio, perché odiasse così profondamente quella sciacquetta di Audrey e perché Malfoy, quando la vedeva, s’irrigidiva tutto e tratteneva il fiato per cinque minuti buoni se non di più. Perché?

La streghetta, vedendola così abbattuta, scese dal balcone con un rapido balzo, atterrando con i talloni fasciati da delle comode scarpe da tennis leggermente consumate, e le si avvicinò, posando una mano sulla sua testa, facendole una lieve carezza sui capelli. Le baciò teneramente il capo, spostandole qualche ciocca di capelli dietro all’orecchio, si abbassò alla sua altezza e le sussurrò:   

- Grazie.. -.

Un secondo dopo si era smaterializzata via, lasciando una piccola traccia scura sul terreno. Una lacrima, la sua lacrima.

Se n’era andata. Ancora. Proprio come la sera prima.

La piccola Lacroix si lascò scivolare per terra, sull’erbetta fresca, nascondendo il volto tra le gambine corte, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio, quello che la Mezzosangue non era riuscita a fare davanti a loro. Harry, Ron, Pansy, Blaise e Draco la guardavano con tristezza, amareggiati per ciò che era accaduto, per la tenacia con la quale aveva cercato di strappare il segreto di Hermione dalle sue labbra sigillate. Singhiozzò in silenzio, lasciandosi trasportare dalla rabbia e dalla vergogna del suo cuore. Quando avvertì una mano avvicinarsi al suo capo, alzò bruscamente la testa ed incenerì con lo sguardo il Bambino Sopravvissuto, il quale voleva solo consolarla. Nessuno doveva toccarla. Nessuno poteva avvicinarla ancora. Non se lo meritava, non dopo quella pubblica dimostrazione d’infantilità e testardaggine, peggio di Malfoy da giovane. Aveva sbagliato ed ora voleva pagare. Si alzò di scatto, facendo sobbalzare il moretto che la guardava preoccupato, e scappò in casa, rifugiandosi nella sua stanza, chiudendola a chiave nel caso in cui qualcuno avesse provato ad entrare senza il suo permesso. Si buttò a peso morto sul letto, affondando il viso nel cuscino, e si lasciò andare alle lacrime, per nulla pentiva di starsi lasciando andare alla debolezza del momento. Anche un’alta persona doveva farlo ma l’orgoglio prima di tutto.

Continuò a piangere fino a bagnare il cuscino delle sue stesse lacrime, sprofondando, a poco a poco, in un sonno tormentato da mille rimorsi.          

 

     ♠♠♠♠♠

 

Freddo.

Avvertiva tanto freddo attorno a lei.

Non sentiva nulla se non quella sensazione gelata sfiorarle appena la pelle in una carezza accennata, fugace, come se non fosse reale ma solo un illusorio pensiero. Si era ridotta a quello? A sognare delle carezze, conforto, pace, serenità, spensieratezza perché la sua patetica vita non poteva dargliele, non riusciva a dargliele come avrebbe,invece, voluto?

Chinò il capo guardando appena in basso, il panorama che le si presentava davanti, vedendolo appena dietro gli occhi appannati da mille lacrime che volevano,pretendevano di uscire con tutta la loro forza ma che non ci riuscivano, come gelate,racchiuse in una morsa ferrea dalle quali non riuscivano a liberarsi. Aveva bisogno di piangere, di sentire l’affetto di qualcuno accanto a lei, di appoggiarsi ad una spalla e liberarsi di quel grosso macigno che aveva all’altezza del cuore che ora pesava più di mille tonnellate, di sentirsi in pace con se stessa come non lo era da anni, forse troppi per riuscire ad andare avanti fingendo un sorriso tirato ogni giorno davanti ai suoi amici più cari, le uniche persone a cui aveva paura a rivelare il suo passato. Eppure lo doveva fare, per se stessa e per loro. Avevano o no il diritto di sapere cosa la rendeva agitata, irritabile, triste, chiusa, fredda in un solo istante? Potevano sapere cosa si celava dietro ai suoi occhi, resi impenetrabili dopo anni e anni passati a costruire un muro tra se e gli altri?

Avevano provato a starle accanto, ad aiutarla, a farle ritornare il sorriso, il suo sorriso, sulle labbra ma lei gli aveva allontanati con forza,preferendo la solitudine alle spiegazioni, la tristezza opprimente alla vera felicità data solo da un amico.

Si era costruita una fortezza dentro cui nascondersi assieme ai suoi ricordi, spiacevoli e duri da accettare. Non aveva provato a raccontare a qualcuno la sua storia: è vero, Malfoy sapeva tutto, ogni più piccolo particolare, ma di ciò si pentiva ogni istante della sua vita. Aveva ceduto alla debolezza, alla sua presunta amicizia quando era più che risaputo come il biondo Slytherin non credesse all’amicizia tra uomo e donna e lei, da perfetta cretina che era all’epoca, scossa da mille pensieri, dubbi, incertezze, si era confidata a lui, aprendogli solo un piccola parte del suo cuore di ghiaccio.

Una piccola parte perché il resto era gelosamente custodito dentro di se, ad aspettare il momento giusto per uscire ed esser rivelato, raccontato, vissuto come era giusto che fosse.

Freddo.

Gelo.

Lo percepiva senza alcun sforzo il gelo venutosi a creare attorno a lei, quello strato che aveva allontanato tutto e tutti. No. Non tutti. Adrian era entrato prepotentemente nella sua vita, aiutandola a vivere quello che non era riuscita ad accettare in tanti mesi. Adrian le era stata accanto per così tanto tempo senza mani pretendere nulla da lei da farle quasi sorridere.

Adrian non era come Draco.

Lacroix non era come Malfoy.

Adrian non era Draco.

Lacroix non era Malfoy.

Non lo sarebbero mai stati e lui gliela aveva ripetuto, implicitamente, quella stessa mattina e lo aveva capito anche quel pomeriggio, quando era accaduto ciò che avrebbe preferito evitare per ancora molto tempo.

Si passò stancamente una mano sul volto stravolto, spostando una ciocca di capelli caduta sugli occhi dal gesto.

Sarebbe riuscita veramente a parlarne con Cassy? Le avrebbe raccontato tutto come le aveva promesso, per giunta davanti agli altri?

Scosse la testa amareggiata: non avrebbe dovuto, per nessun motivo, stringere un simile accordo con lei, non se non era così sicura di poterlo mantenere, di poterlo rispettare come le aveva fatto credere. L’aveva ingannata, ancora una volta. Si meritava tutto ciò? Era davvero quello il rapporto che desiderava avere con la figlia del suo maestro, del suo confidente, del suo amante da più di tre anni? Era così che voleva ripagare tutto ciò che Adrian aveva fatto per lei? Mentendo alla sua adorata figlia che non poteva vedere se non una volta, o due al massimo, all’anno?

Un peso enorme da portare sul cuore, da portare in silenzio, senza il coraggio di gridare al mondo intero che non ci riusciva, che era più forte di lei ma non poteva ricadere nuovamente nel tranello che lei stessa si era tesa da sola. Voleva disperatamente sbarazzarsene ma non ci riusciva, non poteva farlo così, da un giorno all’altro, senza preoccuparsi delle conseguenze che sarebbero sorte dentro di lei.

Le conseguenze..

Come se le importassero ancora qualcosa..

Desiderava solo liberarsi, avere qualcuno al suo fianco ma quella persona, l’unica che volesse in quel momento accanto a se, l’aveva rimpiazzata, l’aveva dimenticata e la consapevolezza, il vederlo con i suoi occhi era un dolore ancora più immenso rispetto a quello inferto con cento pugnalate.

Lei, il pugnale, ce lo aveva nel cuore. Peccato che nessuno fosse ancora riuscito ad estrarlo e farlo da sola, abbandonata dal mondo, faceva male.

Un male straziante ed insopportabile.

Un male che non sarebbe riuscita a sopportare ancora per molto in silenzio.          

 

     ♠♠♠♠♠

 

- Ancora.. – le sfuggì dalle labbra spezzando il delicato silenzio venutosi a creare nella stanza buia e polverosa nella quale si trovavano, avvinghiati, con un bisogno morboso di sentire il corpo dell’altro contro il proprio, sul proprio, dentro al proprio. Avevano un bisogno disperato di stare assieme, di sentirsi vicini ed amati come nessun altro riusciva a fare da ormai tanto,troppo tempo. Entrambi delusi amaramente dall’amore.  

- Solo se voglio.. – mormorò duro l’uomo, baciandole rudemente il collo lasciandole un grande segno rosso alla base, seguito da un morso che la fece gridare, bloccato sul nascere dalla bocca dell’uomo che si andò a posare su quella della donna, evitando di farsi sentire da qualcuno. Meglio esser previdenti e tener nascosto tutto. La donna lo prende per i capelli,attirandolo maggiormente contro il suo corpo, strusciando i loro bacini scoperti, provocando gemiti d’apprezzando da parte dell’uomo. Quella donna ci sapeva fare, ed alla grande.

- Bastardo.. fammi godere ancora.. – ansimò la donna buttando all’indietro il capo per dargli maggior accesso con la bocca verso il suo collo mentre accarezzava i suoi capelli, sapendo bene come gli piacesse e come lo eccitasse da matti.

- Lui non ti fa godere come me,vero? – mormorò con voce roca mentre si tuffava col capo tra i suoi seni, strappandole l’ennesimo gemito, questa volta di sorpresa. Le sue mani erano finite agli angoli delle mutandine,le quali finirono presto per terra sul tappeto insieme a tutti gli altri indumenti. Si posizionò meglio su di lei, guardandola fisso negli occhi ma questa distolse lo sguardo, sentendosi improvvisamente sporca e traditrice. Le mani dell’uomo si serrarono fortemente al mento della donna facendola voltare verso di lui per guardarla negli occhi e ripetè una seconda volta la domanda. Questa volta ebbe una risposta.

- E lei? Ti fa gemere? Ti fa venire? – domandò sprezzante mentre s’inarcava per farlo impazzire, proprio come lui faceva con lei. Non aveva voglia di parlare, soprattutto in quel momento, di un argomento delicato come quello perciò preferì distrarlo come più le era possibile e con le armi che aveva a disposizione. Si allungò a baciarlo sul petto scolpito, lasciandogli una scia di baci incandescenti che lo fecero mugugnare di piacere.

- Uhm.. – mugugnò nuovamente l’uomo. Prese con violenza il capo della donna e la baciò, mozzandole il respiro per qualche secondo. Adorava quando faceva la gelosa. Non se lo meritava, era vero, ma lo adorava lo stesso,soprattutto se era lei la donna in questione ad esser gelosa di lui. Le mordicchiò la base del collo mentre la mano andava ad intrufolarsi dentro le mutandine, penetrandola senza preavviso. La donna urlò senza alcun ritegno, inarcandosi di più per approfondire il contatto quando sentì un terzo dito entrare in lei. Era sul punto di venire.   

- Ancora..si..così..ah! – la voce le si strozzò quando raggiunse l’apice del piacere, cadendo stremata sul letto,ansimando violentemente in cerca d’ossigeno. L’uomo la guardava leccandosi maliziosamente le labbra,umettandole un poco per trattenere il desiderio dirompente dentro di se.

- Verrà al matrimonio? – domandò dopo qualche secondo l’uomo mentre si sdraiava al suo fianco, giocando con un suo capello, rigirandolo tra le dita. Lo faceva sempre dopo un amplesso.  

- E lei verrà? – si girò a guardarlo appena, appoggiandosi con il gomito al letto, fissandolo negli occhi per cercare la verità. Era dannatamente gelosa, così tanto da non rendersene neppure conto e ciò la faceva impazzire. Odiava quella sensazione ma l’eccitazione che provava ogni volta che s’incontravano le facevano dimenticare tutto il resto.

- Non si risponde ad una domanda con una domanda.. – mormorò con voce strascicata l’uomo fissandola di sbieco, tirandole il capello con forza, quasi a staccarlo dal capo della donna. Quella non protestò minimamente.

- Faccio quello che voglio. – sbottò incazzosa la donna sistemandosi sull’uomo, sfregando volutamente i due bacini, facendolo gemere di piacere e di desiderio. L’erezione dell’uomo, evidentemente cresciuta, la fece ghignare maliziosamente ma prima voleva sapere, doveva sapere. Non poteva far finta di nulla per ancora molto tempo e di ciò ne doveva essere al corrente anche lui. Che lo volesse o meno. 

- Anche io. Verrà? – domandò nuovamente l’uomo ma non ebbe risposta. Lei glielo richiese, facendo finta di non averlo sentito e la risposta che ottenne la mandò su tutte le furie.

- Ti sei già risposta da sola. – mormorò atono l’uomo fissandola con astio. Lo sapeva benissimo che lei ci sarebbe stata perciò perché chiederglielo e farsi del male inutilmente? 

- Bene. Alla prossima. – pronunciò atona la donna scendendo dal letto, raccattando i vestiti e smaterializzandosi via dopo qualche manciata di secondi. Era veramente insopportabile quando faceva così, pensò arrabbiato l’uomo passandosi una mano sul viso e comprendoni gli occhi con questa.

Si addormentò dopo pochi secondi con ancora il suo odore sulla pelle e nelle stanza. L’odore di un’altra donna.

L’odore della donna che avrebbe voluto tutta per sé ma che non poteva avere.

Maledizione!, fu l’ultimo pensiero dell’uomo prima di cadere tra le braccia di Morfeo e riposare un poco in previsione della dura giornata che lo attendeva il giorno seguente. Strinse con forza il lenzuolo tra le dita, coprendosi un poco, abbandonandosi al sonno. Ne aveva proprio bisogno.

   
 
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