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Autore: Julia Weasley    26/03/2011    17 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 21
Luna rosso sangue
 
La città di Drybrook era immersa nel crepuscolo che seguiva il tramonto del sole. Gli abitanti, complice la Pozione Soporifera che avevano bevuto senza saperlo, erano già immersi nel sonno, ignari di quello che stava accadendo e che, nel giro di poco tempo, sarebbe accaduto all’esterno delle proprie case.
Un silenzio innaturale era sceso sul villaggio, e la neve che lo circondava contribuiva ancora di più a rendere quell’atmosfera quasi surreale. I respiri degli Auror e dei membri dell’Ordine della Fenice, appostati tutt’intorno alla cittadina, sembravano molto più pesanti di quanto non fossero in realtà, e nuvolette di fumo bianco si levavano davanti ai loro visi.
Sturgis sbuffò, incrociando le braccia e battendo nervosamente un piede per terra.
« Si può sapere cosa ti affligge? » gli domandò Rachel, voltandosi a guardarlo con il tono più tranquillo che riusciva a sfoderare.
Ma non era affatto tranquilla. Da quando era arrivata, non aveva fatto altro che chiedersi perché mai stesse rischiando la vita in quel posto. Se solo ci pensava, veniva assalita dallo sconforto e dalla paura.
« Questo mi affligge » sibilò lui, indicando i campi innevati, che si estendevano dritti davanti a loro.
Rachel gli lanciò un’occhiata perplessa, senza capire. Lui scosse la testa.
« Io e te siamo stati piazzati qui, nel posto più inutile di tutti. È ovvio che Greyback non attaccherà mai da questa parte ».
« E non sei contento? » fece lei, pensando con un misto di timore e senso di colpa alle persone che aveva lasciato a casa, salutandoli con la scusa di dover fare una semplice ronda a Diagon Alley. Non poteva certo dire a Regulus e ai suoi che quella notte avrebbe cercato di respingere l’attacco dei lupi mannari, ma la paura che la sua bugia avesse conseguenze disastrose era sufficiente a paralizzarla.
« Non intendo questo. È che se Malocchio ha deciso di piazzarmi qui, significa che non mi considera all’altezza. Ma insomma, persino Peter si trova in prima linea a est, insieme a Sirius e James. Peter, capisci? Con tutto il rispetto per lui, ma significa che Malocchio mi considera proprio un incapace, se preferisce lui ».
Rachel riuscì ad accennare un sorriso, nonostante i cupi pensieri che le occupavano la mente. Sturgis aveva tre anni più di lei, ma le faceva tenerezza, perché era considerato da tutti un sempliciotto, e nessuno gli dava mai un minimo di fiducia.
« Tra l’altro » aggiunse il ragazzo, « mi meraviglio che abbia messo qui anche te. Tu sei brava a duellare ».
« Insomma, mica tanto. L’ultima volta che ho partecipato ad una battaglia, dopo due minuti stavo già per farmi uccidere da Karkaroff » rispose Rachel, ricordando la notte in cui Caradoc Dearborn era scomparso e lei aveva saputo dell’esistenza dell’Ordine. « Io e Minus abbiamo fatto uno scambio. Lui doveva stare qui, ma poi ha detto che preferiva rimanere con Sirius e James, anche se la parte opposta del villaggio è la più vicina alla foresta, e così Malocchio ci ha scambiato i ruoli ».
All’inizio, l’improvviso desiderio di Minus di andare a combattere in prima linea la aveva lasciata perplessa, ma poi aveva concluso che lui avrebbe preferito rimanere insieme ai suoi amici piuttosto che da solo.
, confermò tra sé, scacciando il brutto presentimento che la tormentava dall’inizio della missione. È tipico di Minus.
« Ecco, appunto. Però quando l’ho chiesto io, Malocchio mi ha guardato male e non mi ha neanche risposto » bofonchiò Sturgis, offeso. « A Peter ha dato una possibilità solo perché era un Grifondoro, mentre io sono soltanto un Tassorosso, e quindi mi considerate tutti un buono a nulla... Ma dimostrerò che quando voglio so farmi valere » disse solennemente Sturgis, un attimo prima di inciampare in un sasso nascosto sotto la neve.
Rachel ridacchiò, mentre il ragazzo si rialzava, rosso come una Pluffa.
« Come non detto… »
Lei rise ancora, senza riuscire a mascherare il proprio nervosismo. Rise per dimenticare la paura che provava in quel momento, per farsi forza, per sperare che se la sarebbero cavata tutti.
« Non te la prendere » cercò di consolarlo. « Nessuno ti considera un buono a nulla, tanto meno perché sei un Tassorosso. Devi solo… »
Ma all’improvviso si interruppe, estraendo di colpo la bacchetta, mentre il cuore le iniziava a battere all’impazzata.
Un ululato aveva infranto il silenzio, facendo rabbrividire i due ragazzi, assaliti da brividi gelidi che li scossero fin dentro le ossa. A quell’ululato se ne aggiunse subito un altro, e poi un altro ancora, finché non sembrò che quei lamenti cupi provenissero da tutte le direzioni.
La luna piena era apparsa da dietro una nuvola. I lupi mannari si erano trasformati.
« D-dove sono? » chiese Sturgis, incapace di trattenere il tremore della voce. Ora non sembrava più interessato a Minus né a chiunque altro. Evidentemente anche lui aveva avuto bisogno di non pensare al motivo per cui erano lì.
« Non lo so, non li vedo. Penso che siano ancora nella foresta di Dean » rispose Rachel. « Aspettiamo che qualcuno lanci il segnale ».
« Sì… sì, d’accordo » fece lui, deglutendo e voltandosi a guardare in direzione del villaggio. Non riusciva a fermare gli occhi, alla continua ricerca delle scintille rosse che uno dei loro compagni avrebbe scagliato sopra i tetti, rivelando la zona in cui il branco avrebbe attaccato.
Nessuno dei due disse una sola parola, e nulla accadde per infrangere quella quiete apparente e insidiosa.
Furono minuti di terrore. Il silenzio era sceso di nuovo su Drybrook, inquietante e innaturale.
Rachel riusciva a sentire le proprie vene pulsare, senza capire che cosa stesse succedendo. Perché non attaccavano? Che cosa significava quel silenzio? Perché ci mettevano tanto?
Tutto quel silenzio di tomba la spaventava più che se la battaglia fosse già iniziata.
Il panico stava iniziando a impossessarsi di lei, ma cercò di ricacciarlo indietro. Non poteva perdere la testa, non in quel momento. Doveva rimanere lucida, proprio come le aveva detto Dorcas, altrimenti anche Sturgis avrebbe perso il controllo, e sarebbe stata la fine.
La mano che teneva la bacchetta tremava come mai le era successo prima d’allora, mentre continuava a scrutare in alto, alla ricerca del segnale.
Sturgis sbuffò di nuovo con nervosismo, e iniziò a girare su se stesso quasi come una trottola impazzita. Ad un certo punto si bloccò, senza preavviso, ma Rachel continuò a scrutare il cielo, almeno fino a che lui non attirò la sua attenzione: aveva un tono di voce mortalmente calmo.
« Quelli cosa sono? »
Rachel si voltò e guardò nella direzione in cui il dito del ragazzo stava indicando.
Fu come se una morsa la avesse afferrata per la gola, impedendole di respirare.
C’era qualcosa in mezzo ai campi, qualcosa che si muoveva e si avvicinava sempre di più. Erano macchie nere che correvano silenziose sulla neve resa blu dall’oscurità. Erano veloci, e ormai meno di cento metri li separavano dai due ragazzi.
Rachel ebbe la sensazione di non sentire più le ginocchia, e non seppe cosa la trattenne dal crollare per terra. Il terrore la invase, quando contò rapidamente le sagome animalesche che si avvicinavano: erano dieci. L’intero branco aveva deciso di attaccare dalla direzione più improbabile, più esposta e meno controllata.
Rachel imprecò, con un forte tremore della voce.
« Ci hanno fregati ».


Emmeline non smetteva di fissare la luna piena, che si stagliava luminosa e argentea sopra i tetti della zona a sud-est di Drybrook, mentre la foresta di Dean si estendeva, tetra e minacciosa, davanti a lei.
Dall’inizio della missione aveva avuto un brutto presentimento, ma se l’era tenuto per sé, credendo che fosse normale. In fondo erano tutti lì a rischiare la vita; c’era ben poco da aggiungere. Ma adesso quel presentimento era diventato più forte.
Da quando i lupi mannari avevano iniziato a ululare, era stata sicura che da lì a pochi istanti avrebbero attaccato da qualche parte, e invece tutto taceva, e nessuno aveva ancora lanciato il segnale stabilito.
Emmeline si voltò verso i suoi due compagni. Edgar e Dorcas stavano confabulando tra loro, e avevano la sua stessa espressione preoccupata dipinta sui visi.
« Non è normale, vero? » chiese la ragazza.
« Non capisco. Se fossero i Mangiamorte penserei che stiano cercando di coglierci di sorpresa, ma i lupi mannari trasformati non lo fanno. Attaccano la prima persona che trovano e seguono solo l’istinto » disse Edgar, toccandosi il mento con aria pensierosa.
« Che cosa facciamo? » domandò Emmeline.
« Aspettiamo che accada qualcosa, non c’è altra soluzione » rispose Dorcas in tono sbrigativo. « Non possiamo abbandonare i nostri posti ».
Emmeline annuì, stringendo nervosamente il pugno intorno alla bacchetta sguainata, e continuò a fissare il cielo, senza nemmeno sapere in cosa sperare. Forse desiderava solo che il branco avesse deciso di andare altrove, anche se sapeva quanto fosse assurdo.
In quel momento un bagliore, colto con la coda dell’occhio, attirò l’attenzione di Emmeline. Lei si voltò e lanciò un’esclamazione colma di orrore.
Dalla parte opposta del villaggio erano partite delle scintille rosse, che adesso rischiaravano il manto scuro della notte.
« Non è possibile… » fece Edgar.
« I campi! Attaccano dai campi! »
Dorcas non perse tempo. Levò la bacchetta ed evocò il suo Patronus, una gazzella argentea che iniziò a zampettare non appena toccò terra.
« Forse non tutti se ne sono accorti, e devono essere avvertiti. Voi intanto andate, vi raggiungo subito » disse, rivolta agli altri due.
Non ci fu bisogno di dire altro. Emmeline ed Edgar annuirono e, mentre Dorcas incantava il Patronus per fargli riferire il messaggio, iniziarono a girare su stessi, Materializzandosi alcuni istanti dopo nella periferia ovest di Drybrook, dove la battaglia era già cominciata.
 
 
« Incendio! Incendio! »
Sturgis agitò più volte la bacchetta, invano. Aveva pensato di bloccare il passaggio al branco con un muro di fuoco, ma la neve che ricopriva completamente il terreno glielo impedì.
« Stupeficium! » gridò Rachel, cercando di colpire uno dei lupi mannari, che ormai li avevano quasi raggiunti. Il lupo inciampò, ma lo Schiantesimo aveva avuto poco effetto, e infatti la creatura si rialzò subito, riprendendo a correre.
Altri Schiantesimi sfrecciarono attraverso l’aria gelida, ma solo uno andò a segno, facendo crollare a terra uno dei lupi.
Un attimo dopo, gli altri nove furono loro addosso.
E poi fu il caos.
Durante i primi secondi, né Rachel né Sturgis riuscirono a ragionare lucidamente. Le loro orecchie si riempirono di un fischio fortissimo, che attenuò gli ululati, i ringhi selvaggi e gli schiocchi dei rami spezzati sul terreno, rallentando anche il tempo.
Le loro menti erano annebbiate, e i due ragazzi iniziarono a sudare freddo quando i licantropi fecero per scagliarsi contro di loro, le zanne e gli artigli che risaltavano alla luce della luna, gli occhi rossi che brillavano per la sete di sangue.
Ma fu solo un attimo. Rachel riacquistò le facoltà di pensare e di muoversi, strattonò Sturgis e lo trascinò indietro, per poi colpire un lupo dal manto marrone scuro con un altro Schiantesimo.
Anche Sturgis si riprese, e iniziò a sua volta a lanciare fatture e Schiantesimi. Le due bacchette guizzavano come spade, talmente veloci che non si riuscivano neanche più a vedere. Due lupi mannari furono scaraventati lontano, ma ormai era troppo tardi.
In men che non si dica, i due ragazzi si ritrovarono circondati dai componenti del branco che erano rimasti illesi.
Rachel, che dava le spalle a Podmore, fu scossa da un fremito di orrore, mentre i suoi occhi si muovevano incessanti, alla disperata ricerca di una via di fuga che, lo capì subito, non esisteva.
I lupi erano fermi e ancora non attaccavano, limitandosi a scrutare le prede con aria famelica, mentre i loro respiri pesanti si mischiavano ai ringhi del capobranco.
Rachel lo guardò, come se fosse convinta che continuare a fissarlo gli avrebbe impedito di attaccare. Era il più grosso di tutti, con il manto grigio e un’espressione feroce. Ai suoi lati stavano altri due licantropi, uno bianco e uno nero, che ringhiavano minacciosamente, ma sembravano anch’essi aspettare che fosse Greyback ad attaccare per primo.
Rachel sentì Sturgis tremare e gemere dietro di sé, impaurito, e la disperazione si impossessò di lei. Gli altri non arrivavano: forse non avevano notato le scintille rosse che avevano scagliato nel cielo, troppo sicuri di non dover guardare in quella direzione. La speranza la abbandonò e lei rabbrividì non appena Greyback inspirò a fondo, annusando e pregustando l’odore e il sapore delle loro carni. Negli occhi del lupo apparve un lampo improvviso, che equivaleva già ad una condanna. Sarebbero andati incontro ad una morte orribile, pensò la ragazza, e nessuno avrebbe potuto farci nulla.
Greyback fece un passo indietro, come per prendere la rincorsa.
E in quella frazione di secondo, Rachel capì di non potersi arrendere così. Non voleva morire. E se proprio doveva, non sarebbe morta senza reagire, paralizzata dalla paura, ma avrebbe venduto cara la pelle.
« Diffindo! » urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, come se quel grido potesse riscuoterla e donarle la forza di continuare a combattere.
L’incantesimo colpì Greyback in pieno muso, all’altezza degli occhi, aprendogli una ferita che lo fece ululare dal dolore. Il suo ruggito di rabbia fece quasi tremare le finestre delle case più vicine, e si levò fino al cielo.
« Ma che…? » esordì Sturgis, sconvolto, ma non proseguì, lanciando invece un’esclamazione colma di sollievo.
Rachel non capì a cosa fosse dovuto il suo improvviso cambio di umore, troppo impegnata a ferire e tenere lontani anche gli altri lupi mannari, fino a quando uno di essi non spiccò un salto verso di lei, le fauci spalancate e pronte morderla. Rachel si diede già per spacciata, e in quel momento non poté fare a meno di pensare a Regulus e alla sua famiglia e, di nuovo, si ritrovò suo malgrado a chiedersi se fosse valsa la pena lasciarli così, per aiutare persone che neanche conosceva…
Poi il lupo fu colpito da una potente luce verde, e crollò riverso a terra, in una posizione scomposta e innaturale, gli occhi rossi e vacui, rivolti alla luna.
Rachel guardò oltre il corpo del lupo mannaro, e vide Dorcas, che teneva la bacchetta ancora dritta davanti a sé. Aveva uno sguardo strano, come si fosse resa conto solo in quell’attimo di cosa aveva appena fatto. Doveva essere la prima volta che uccideva.
Ancora frastornata, Rachel gli rivolse un cenno di ringraziamento. Lei distolse subito lo sguardo dalla sua prima vittima, e tornò a combattere accanto ad Emmeline, che stava affrontando il lupo bianco.
Un attimo dopo, diversi schiocchi annunciarono l’arrivo dei rinforzi.
Rachel trasse un respiro di sollievo: non era ancora finita.
 

Le luci degli incantesimi illuminavano di colori diversi la neve che ricopriva il terreno. Gli ululati e i ringhi dei Lupi Mannari rompevano il silenzio che fino a poco prima aveva regnato nel villaggio. Il vento diffondeva gli odori di sangue e polvere che le creature della notte portavano sempre addosso.
Auror e Ordine della Fenice si battevano come leoni. Era uno scontro all’ultimo sangue, in cui non c’era spazio per avere  pietà o esitare, ancora peggio delle battaglie contro i Mangiamorte. I lupi mannari non si controllavano e sfoderavano tutta la loro immensa forza e violenza contro i maghi che, nonostante le bacchette, si sentivano deboli e inermi di fronte alla cruenta visione degli affilati artigli di quelle creature.
Non appena era sopraggiunto, Moody aveva già preso in mano la situazione con una rapidità estrema. Adesso ogni licantropo doveva affrontare due o tre persone, ma in ogni caso il branco sembrava avere sempre la meglio.
O almeno, questa era la sensazione che ebbe Peter non appena si Materializzò, suo malgrado, nel punto in cui stava infuriando la battaglia.
Gli tremarono violentemente le ginocchia e non riuscì a deglutire nell’assistere a quella scena, al contrario dei due ragazzi che erano arrivati con lui.
« Credo che io e te saremo più utili con altre sembianze » disse Sirius, rivolgendosi a James. Quest’ultimo annuì, per poi rivolgersi a Peter, che sussultò per la sorpresa.
« Codaliscia, tu invece è meglio se resti così. Come topo non potresti fare molto stavolta » disse.
« I-io… va bene » balbettò lui, stringendo la bacchetta in mano.
Sirius e James si lanciarono un’occhiata d’intesa, e un attimo dopo al loro posto c’erano un cane e un cervo, che senza ulteriori indugi si gettarono nella mischia.
Peter si sentiva sudare freddo in tutto il corpo, terrorizzato e frustrato. Non era andato tutto come voleva. Sirius e James non si sarebbero dovuti accorgere dell’attacco. Per questo li aveva fatti disporre dalla parte opposta del villaggio, per fare in modo che almeno loro fossero al sicuro… e con essi anche lui, naturalmente.
I suoi occhi acquosi scivolarono lungo la scena cruenta che si stava svolgendo davanti a lui. Sapeva bene che fosse tutta colpa sua, ma non aveva avuto altra scelta.
Voldemort lo costringeva a fare rapporti regolari su quanto accadeva nell’Ordine della Fenice, e lui non aveva potuto mentire sul piano che Moody aveva ideato per bloccare l’attacco di Greyback.
Era stato obbligato a parlare, ma aveva cercato di evitare che almeno i suoi amici restassero coinvolti. Per questo aveva fatto in modo che la zona dei campi fosse quella difesa peggio, sforzandosi di non sentirsi in colpa per Rachel e Sturgis.
In fondo non aveva scelta.
E continuava a ripeterselo, come per convincersene.
Ma non era filato tutto liscio come l’olio. Ora Sirius e James stavano combattendo insieme agli altri. Aveva combinato un guaio, e adesso tutti loro rischiavano la vita, compreso lui.
Le zanne dei lupi mannari sembravano sempre troppo vicine ai combattenti, e per questo Peter decise di restare lì in disparte, lanciando qualche Schiantesimo da lontano.
Sei un codardo, Peter.
Lui scosse la testa, cercando di scacciare la vocina che parlava dentro di essa.
Non ho altra scelta, insisté.
Un urlo si levò sopra tutti gli altri rumori, e Peter sobbalzò, cadendo a terra per lo spavento. Un Auror era appena stato atterrato da Greyback che, senza esitare, lo morse. L’uomo urlava dal dolore, mentre qualcuno cercava di distogliere il licantropo dalla sua vittima. Ma quello non lasciava la presa.
Peter tremava, la bacchetta caduta accanto al suo ginocchio. Non riusciva a muoversi per il terrore.
E poi accadde tutto molto velocemente.
Un altro Auror si scagliò contro Greyback, nel tentativo di aiutare il collega, ma fu anticipato e travolto dal lupo mannaro dal manto nero.
« Derek, no! » urlò Edgar, che vide la scena da lontano.
Peter rabbrividì. L’uomo che era appena stato aggredito era cugino di Edgar. Non faceva parte dell’Ordine ma aveva deciso di aiutarlo spontaneamente...
Sul momento ebbe l’impulso di soccorrerlo, ma ormai per Derek non si poteva fare più nulla. Era troppo tardi.
Il licantropo nero non aveva lo stesso modo di fare del capobranco. Azzannò l’uomo più volte e in punti diversi, e infine lo prese per la gola. Quando finalmente si ritrasse, si lasciò alle spalle un corpo sfigurato e irriconoscibile, riverso in una pozza di sangue e agonizzante.
Edgar gli corse incontro, cercando di rimarginargli la ferita più grave in tutti i modi, e tastandogli il polso insanguinato, nella speranza di cogliere il minimo battito. E lo sperava anche Peter, i piedi ancorati al terreno e la sensazione di avere un macigno sul punto di cadere sopra la sua testa.
Ma aveva perso troppo sangue.
Con un ultimo rantolo, Derek chiuse gli occhi per sempre.
Peter gemette. Il macigno gli crollò addosso, lasciandolo sconvolto e frastornato.
È tutta colpa tua, sibilò la voce, tagliente. L’hai ucciso tu…
Lui scosse di nuovo la testa, lo sguardo fisso. La sua responsabilità gli bruciava dentro come lava incandescente.
Non sapeva se desiderasse di più coprirsi gli occhi o le orecchie. Non voleva assistere alla scena, ma non voleva neanche sentire la voce nella sua testa e tanto meno quelle di Edgar, che gridava disperato dopo aver visto morire il cugino sotto i propri occhi.
Non sapeva cosa fare. Era stato lui a permettere al branco di attaccare Drybrook, ma al tempo stesso non voleva che qualcuno morisse. Però era successo.
E, mentre gli altri componenti dell’Ordine della Fenice, lottando contro il dolore delle ferite e l’assalto degli altri licantropi, iniziavano a scagliare anatemi sui membri del branco, Peter si rese conto dell’amara realtà: si era illuso. Non sarebbe mai riuscito a mantenere il piede in due staffe.
Doveva scegliere per forza.
 

La battaglia infuriava da quella che a tutti pareva un’eternità, quando i maghi iniziarono ad avere la meglio. La morte dell’amico aveva riempito Edgar di un furore mai provato prima, talmente contagioso che tutti gli altri erano riusciti a ribaltare le sorti della battaglia, spinti dalla forza della disperazione.
Tre lupi mannari erano morti, altri due erano stati catturati, Schiantati e legati, e gli altri cinque stavano iniziando ad indietreggiare sotto l’incessante pioggia di incantesimi che li colpiva. Lo stesso lupo che aveva ucciso Derek voltò le spalle al villaggio e corse via, sparendo presto alla vista dei maghi.
Adesso erano rimasti in quattro, e ringhiavano di rabbia.
Rachel cercò di ignorare il dolore della ferita che aveva al braccio: era stata aperta dalla zampata di uno dei lupi e, grazie ai pochi incantesimi di guarigione che sapeva fare, era riuscita ad arginare il flusso di sangue, anche se molto rozzamente.
Anche tutti gli altri erano stati colpiti. Fabian si teneva le costole doloranti, dopo essere stato scagliato in aria da una delle creature. Molti erano pieni di graffi o ferite più o meno profonde, ma resistevano come lei.
E al momento nessuno, nemmeno Malocchio, sembrava avere intenzione di pensare troppo al perché di quell’attacco a sorpresa. Quel pensiero li sfiorava tutti, in quel momento, ma nessuno era ancora pronto per affrontarlo.
Chi tra loro li aveva traditi?
Il flusso di pensieri di Rachel fu interrotto da un improvviso rumoreggiare, che la distolse dalle proprie riflessioni.
Non se ne era neanche accorta: il branco batteva in ritirata e adesso quattro sagome scure si dirigevano a grande velocità verso la Foresta di Dean.
Era davvero finita?
A giudicare dai comportamenti degli altri, che avevano riposto le bacchette, la risposta era sì. Ma c’era ben poco da festeggiare.
Erano tutti riuniti intorno al corpo senza vita di Derek Bones. Nessuno osava dire una sola parola, mentre Edgar, inginocchiato accanto all’uomo, cercava inutilmente di scuoterlo, le lacrime che gli rigavano il volto. Alcuni piangevano, altri si tenevano la testa tra le mani, altri ancora invece non mostravano alcuna emozione, ma venivano traditi dallo sguardo innaturalmente fisso.
Rachel si sentì invadere da una profonda angoscia. L’atmosfera che li circondava aveva qualcosa di lugubremente familiare. Lei conosceva bene quella sensazione che colpiva tutti loro. Era la presenza della morte che percepivano, che si insinuava nei loro cuori, provocando sofferenza e uno struggente desiderio di evadere, di convincersi che tutto ciò non fosse davvero accaduto.
Ma stavolta era diverso, perché tra di loro qualcuno poteva non essere sincero.
Rachel strinse i pugni, ignorando il sangue caldo che le colava lungo il braccio e tra le dita. Era stata la spia a causare la morte di quell’uomo.
Hagrid aveva preso in braccio, senza alcuno sforzo, l’Auror morso da Greyback, il quale continuava a singhiozzare e a fissare Derek, che Gideon e Dorcas avevano già provveduto a coprire con un drappo bianco evocato dal nulla.
« Dobbiamo portarlo al San Mungo » disse Dedalus, con voce flebile, riferendosi all’uomo che era appena stato infettato.
Tutti loro annuirono, senza tuttavia staccare gli occhi dal loro compagno.
« Edgar, vieni via » provò a dire Emmeline, posandogli una mano sulla spalla. Ma lui non la ascoltava, lo sguardo perso nel vuoto.
In quel momento, senza alcun preavviso, il ritrovato silenzio fu rotto di nuovo, ma stavolta dal latrato di un cane, che iniziò ad abbaiare come un forsennato.
Rachel lanciò un’occhiata al cane nero che si agitava a qualche metro di distanza da loro, e fu colta da una strana sensazione. Senza saperne il perché, credeva di conoscerlo.
Il cane adesso stava girando intorno ad un perplesso Sturgis, che non sapeva come comportarsi e cercava di calmarlo con qualche carezza malinconica sulla testa. Malocchio invece tutt’ad un tratto parve preoccupato e sospettoso.
« Sta cercando di dirci qualcosa » ringhiò, mentre il cane abbaiava sempre più forte, finché non tacque e puntò lo sguardo verso lo spazio buio tra due case.
« Che cosa c’è lì? » chiese Sturgis, incuriosito. E fece qualche passo in avanti, cercando di scorgere qualcosa attraverso l’oscurità.
« Podmore, stupido, resta dove sei! » intimò con urgenza Malocchio, che al contrario degli altri non aveva mai riposto la bacchetta.
Sturgis si bloccò, assumendo un’espressione ferita. Aprì la bocca per replicare, ma in quel momento due luci si accesero nel buio, come due fari, e dal vicolo uscì un lupo mannaro. Era quello che aveva ucciso l’Auror, lo stesso che era scappato prima degli altri. Doveva aver fatto il giro per attaccarli di nuovo.
Aveva le zanne scoperte e incrostate di sangue, e ringhiava in modo minaccioso verso di loro. Il suo pelo completamente nero lo rendeva subito riconoscibile.
Con un grido di rabbia, Edgar fece per scagliarsi contro la creatura, ma fu bloccato da Fabian e Gideon.
« Lasciatemi! Voglio vendicare Derek! » urlò, ma loro continuarono a trattenerlo.
« Stupeficium! »
In un attimo, decine di Schiantesimi si riversarono contro il lupo nero. Questo tuttavia li schivò e tornò nel vicolo dal quale era spuntato, iniziando a fuggire attraverso le vie del villaggio.
« Non possiamo permettergli di entrare nelle case! Dividiamoci e fermiamolo, avanti! » li riscosse Malocchio.
Nessuno di loro voleva abbandonare Derek così, ma l’ordine di Moody era stato dato con tanta forza che non provarono neanche a discutere.
« Chi lo trova lancia il segnale. E restate insieme al vostro compagno, non separatevi da lui! » fu l’ultima cosa che Malocchio disse, prima di gettarsi all’inseguimento.
Rachel e gli altri fecero lo stesso, disperdendosi tra le strade del villaggio, i cuori sembravano esplodere nei petti e le bacchette pronte a scattare.
 

Sköll correva attraverso le strade del villaggio, senza mai fermarsi. Udiva intorno a sé i passi di corsa dei suoi inseguitori e le loro parole, spezzate dalla fatica della corsa.
Non stava scappando, non aveva paura né provava qualsiasi altra emozione. La luna piena sopra di lui aveva sempre quell’effetto, riusciva a svuotargli la mente da ogni sorta di pensiero che lo affliggeva quando era umano. L’unico impulso che lo governava in quel momento era una sete insaziabile.
Non riusciva a percepire e seguire una sola traccia. Ovunque andasse, oltre le case accanto alle quali passava erano piene di umani, ma non era abbastanza lucido da fermarsi e sceglierne solo una. Il sapore ferruginoso del sangue che gli riempiva la bocca gli annebbiava la mente, facendolo impazzire.
Giunto ad un incrocio, iniziò a girare su se stesso. Ogni volta in cui iniziava a seguire una pista, subito dopo ne annusava una più forte, e poi un’altra più forte ancora.
Tutto ciò gli stava facendo salire una collera cieca, che doveva assolutamente trovare il modo di sfogare su qualcuno. Non era abituato a digiunare durante una luna piena e se non avesse trovato presto un’altra vittima, la sua furia si sarebbe riversata su se stesso.
Una finestra illuminata attirò la sua attenzione. Sköll si avvicinò, accostandosi per guardare all’interno.
C’era una famiglia profondamente addormentata intorno al tavolo. Erano in posizioni innaturali, come se si fossero assopiti all’improvviso durante la cena, ma non era questo che importava al lupo mannaro.
I due bambini erano appena stati scelti come vittime della sua rabbia vendicativa. Sköll poteva già immaginare le sue zanne aguzze affondare in quei corpicini indifesi. Sarebbe balzato dentro la casa direttamente attraverso la finestra, tanto era affamato.
Ma in quel momento si bloccò, restando immobile ad annusare l’aria, e una folata di vento gli fece scordare tutti i suoi propositi.
Aveva trovato un’altra traccia, molto più intensa di qualunque altra avesse incrociato fino a quel momento. Qualcuno nelle vicinanze stava perdendo sangue: ne percepì l’odore, che gli invase del tutto la mente.
Sköll voltò le spalle alla casa e iniziò a seguire la scia che il ferito stava lasciando dietro di sé, senza neanche saperlo.
Prima di svoltare l’angolo, si appostò dietro di esso, affacciandosi nel vicolo buio che riusciva a celare la sua presenza. Adesso che aveva trovato una preda, la caccia aveva inizio.
I suoi occhi rossi scrutarono attraverso l’oscurità, puntati sulla ragazza che, a pochi metri di distanza, si era fermata, la bacchetta stretta nel pugno tremante.
Era da sola. Doveva aver corso parecchio: il lupo mannaro riusciva a sentire non solo il suo respiro affannoso, ma anche il battito accelerato del suo cuore.
Poteva percepirne la paura, l’angoscia e l’incertezza. Si guardava nervosamente intorno, senza sapere più da che parte andare. Si era persa, e da lì non riusciva a sentire i passi o le voci dei suoi compagni.
Sköll non si mosse ancora. Gli piaceva sentire i gemiti spaventati delle sue prede. Si nutriva prima di tutto del loro terrore, quando venivano braccati e presi dal panico, come un macabro antipasto.
Quel silenzio la spaventava, ma la ragazza non si azzardava a chiamare gli altri, nel timore di attirare il lupo mannaro su di sé.
Lo sguardo famelico di Sköll cadde sul braccio insanguinato della ragazza, e non poté più aspettare. La luna che lo guidava, in quel momento gli aveva svuotato la mente da qualsiasi altro desiderio. Gli restava solo quello di azzannare l’umana. Voleva che soffrisse  il più possibile.
Con un balzo le fu addosso, facendola crollare a terra, gli artigli affondati nella schiena.
E da quel momento si trasformò in sola furia, l’odore del sangue che lo accecava e le orecchie riempite da strazianti grida di dolore.
 
Non riusciva a capire nulla. Il terrore le impediva quasi di respirare, schiacciata sotto il peso della creatura, mentre la schiena squarciata dagli artigli le bruciava da morire.
Cercò di divincolarsi, per impedire al lupo mannaro di morderla, ma non riusciva a sottrarsi alla sua presa e la lotta servì solo a procurarle altri profondi graffi. Al lupo mannaro piaceva far soffrire le vittime prima di morderle.
Le parve di vedere un movimento davanti a sé, ma un’altra zampata la colpì la nuca, stordendola. Tutto era confuso e incerto intorno a lei; il mondo sembrava ruotare vorticosamente dentro una cortina di nebbia.
Non sentì quasi più nulla; anche il dolore stava scomparendo. Le sembrò di udire qualcuno che gridava, o forse era una sua impressione. Intravide soltanto dei bagliori di luce rossa, e subito dopo il lupo mannaro si ritirò, lasciandola lì per terra.
« Rachel! »
Qualcuno la stava chiamando, ma la voce sembrava provenire da un luogo lontanissimo, e lei non riuscì a trovare la forza di rispondere.
Poi fu come se un velo scuro le fosse calato davanti agli occhi, e tutto si fece buio.


 
 
*Angolo autrice*
Volevo scrivere un capitolo d'azione, e c'è stato. Lo so che la conclusione è davvero crudele, ma era un finale ad effetto e non potevo sprecarlo. Però mi sento molto in colpa per Rachel... ç__ç (n.b. Comunque è viva... ma si era capito, vero? O.o)
Inizialmente doveva essere Edgar a morire, però viene proprio detto che viene ucciso dai Mangiamorte, così ho sfruttato un altro Bones. La Rowling dice che ne sono morti alcuni durante la prima guerra, quindi Derek, anche se il nome l'ho inventato, potenzialmente esisteva.
Peter è una schifezza già da ora, perché anche se cerca di salvare i suoi amici (e naturalmente se stesso -.-) è disposto a mettere in pericolo qualcun altro, come infatti è successo.
Come anticipato, vi lascio la mappa (grazie a Google Earth) sulla quale ho creato le mie strategie militari! xD Non è niente di che, ma mi è stata utile: Cartina
Al numero 1 corrispondono le posizioni di Malocchio e della maggior parte degli schieramenti; al numero 2 ci sono Rachel e Sturgis, al 3 Peter, Sirius e Potter, mentre al 4 Emmeline, Dorcas e Edgar. Le F indicano la Foresta di Dean. Tutti gli altri sono distribuiti nei punti rossi.
Cosa succederà a Rachel? Lo saprete nel prossimo capitolo, che pubblicherò il 9 aprile!
  
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