CHOPPER
Sono
seduto su questo spuntone di roccia da ore, tanto che ormai non mi
chiedo
nemmeno più quanto sia scomodo. Sono solo, questo
è tutto ciò che continua a rimbombare
nella mia testa. Di tanto in tanto lancio un sasso senza un motivo
preciso, lo
guardo cadere e poi perdersi oltre la mia vista.
- Che
fai?
Chiede
un bambino, avvicinandosi timidamente a me. Alzo appena lo sguardo,
senza
osservarlo davvero. Sono tornato su questa isola da pochi giorni,
subito dopo
avere visto e compreso il messaggio che il mio capitano ha mandato dal
quartiere generale della marina. Questa gente malgrado tutto mi hanno
accolto
bene, ma è evidente che si chiede cosa mi abbia riportato
qui così in fretta. Vedo
la loro curiosità in ogni gesto, in ogni parola ed in ogni
sorriso che mi
rivolgono. Ad ogni modo loro non fanno domande ed io non mi sento
obbligato a
dare risposte, anzi me ne guardo bene.
-
Lancio sassi.
Rispondo,
secco. In una diversa occasione sarei stato contento di scambiare due
parole
con un umano, ora invece mi disturba solo. Sto cominciando davvero ad
amarla la
solitudine. Al contrario dei rapporti con gli esseri umani, non ti
delude mai. Fino
a che non tornerò dai miei compagni resterò solo,
in compagnia dei libri che ho
trovato nella biblioteca.
-
Questo lo vedo..
Ridacchia
il bambino, fissandomi stupito. Forse si sta chiedendo
perché non ho dato una
vera risposta alla sua domanda oppure vuole solo sedersi con me e
lanciare
anche lui dei sassi nell’acqua per vedere cosa succede. Mi
sembra quasi di
vedere Usop, o forse Rufy, ma anche questo mi disturba profondamente.
-
Allora non chiedere.
Lo
liquido, seccato. Lui mi guarda sorpreso, poi si allontana trattenendo
a stento
le lacrime.
Sospiro,
senza sentirmi troppo in colpa. So bene che quella risposta sgarbata
stona con
l’idea che questa gente, come tutti del resto, si
è fatta di me, ma a me non
importa più. In fondo non sono mai stato un tipo troppo
socievole con gli umani
fino a qualche tempo fa. È stato Rufy a cambiare tutto,
trascinandomi in questa
avventura più grande di me senza quasi che me ne accorgessi.
Non volevo partire
all’inizio, nessuno di noi in fondo lo voleva. Non Zoro,
né Nami o Sanji e
tanto meno Usop, Nico Robin, Franky o Brook. A tutti sembrava una
follia
seguire quello sgangherato ragazzino imprudente, ma Rufy la pensava
diversamente. Lui sapeva che dovevamo seguirlo, era certo che noi
eravamo le
persone giuste per questa avventura prima ancora che noi stessi ce ne
rendessimo conto a pieno. È come se lui avesse letto nelle
nostre menti quando
era tutto così confuso che nemmeno noi riuscivamo a capirci
nulla. Nami lo
chiama istinto, io dico che in realtà Rufy è
più profondo di quanto appare a
prima vista. Lui sa sempre quello che sta accadendo, ma finge di non
rendersene
conto e sorride sempre. Se ne sta in disparte, combinando qualche
guaio, per
poi scattare al primo segno di pericolo. Sempre pronto a frapporsi tra
noi e i
nemici. È successo così tante volte che ormai ho
perso il conto.
Mi sento
uno sciocco, ma forse solo ora ho capito tutto questo, per colpa di
questa
forzata ed assurda pausa di riflessione. So bene che dovrei ringraziare
il
cielo di essere ancora vivo, ma non riesco a fermare le lacrime. Avrei
voluto
combattere con lui a Marineford per provare a restituirgli almeno uno
dei
centinaia di favori e di piccoli gesti che lui ha fatto a me, anche a
costo di
ritrovarmi ferito e immobile in un letto per settimane.
Sono
stufo di essere sempre il cucciolo della situazione, quello troppo
piccolo,
troppo tenero o troppo poco pericoloso. Oggi, o forse da oggi, voglio
solo
riuscire ad essere come Zoro e Sanji. Brutale, pericoloso e letale.
Voglio che
i nostri nemici mi vedano e sussurrino spaventati il mio nome e quello
del mio
capitano.
Nel
corso della mia breve vita sono stato messo da parte molte volte. Prima
dal mio
branco, poi dagli esseri umani. Troppe volte per pensare che si tratti
solamente di una semplice casualità. Sono debole, questa
è la realtà, ma non mi
voglio arrendere o dare per vinto. Migliorerò.
Diventerò sia più forte che più
bravo a curare la gente. Non cercherò più il
favore o la comprensione degli
altri esseri umani, ma farò loro paura per proteggere i miei
compagni. La mia
famiglia.
L’arrivo
di quello che deve essere il fratello maggiore del piccolo che ho fatto
scappare prima mi distrae dai miei pensieri e dai miei propositi.
L’ho già
visto da qualche parte, forse ci ho addirittura già parlato,
ma non riesco a
ricordare il suo nome.
- Sei
completamente andato fuori di testa?
Mi
chiede, incredulo, osservandomi quasi fossi un alieno. Non sembra
seccato per
il trattamento che ho riservato al piccolo poco prima, solo curioso.
Sospirò,
insofferente.
- Devo
studiare, non ho nemmeno un minuto da perdere.
Replico,
senza dare troppo peso alle sue parole. Lui sospira e si siede vicino a
me.
Vorrei che se ne andasse ma non posso certo prenderlo a calci. Malgrado
i miei
propositi sono ancora lontano dal diventare come i miei compagni.
- Da
quando hai letto quel giornale sei impazzito.
Continua,
indicando l’ormai logoro pezzo di carta che mi porto sempre
appresso. L’unico
feticcio della mia ciurma, la testimonianza per ricordare a me stesso
che anche
io sono uno di loro e che un giorno, tra due anni,
riprenderò il mare per
raggiungerli, ritrovarci e realizzare il mio sogno insieme ai loro. Due
anni
che ora sembrano lunghissimi ma che sembreranno poco più di
qualche istante
quando ci ritroveremo.
-
Dimmi, secondo te sono un bravo medico?
Chiedo,
a bassa voce. Il mio interlocutore sobbalza, stupito. Mi fissa a lungo,
con
fare indagatore. È evidente che non si aspettava una domanda
del genere,
infatti lo sento tentennare un po’ prima di darmi una
risposta.
- Certo
che lo sei.
Mi
risponde lui, troppo sicuro perché io possa credergli.
- No,
non abbastanza. È stato Law.
Replico,
distratto, mentre l’ennesima pietra rimbalza
sull’acqua fino a colpire un vecchio
tronco malconcio.
- Cosa?
Chiede
il mio strano amico, sorpreso. È evidente che non capisce di
cosa parlo. Non posso
dargli torto, a volte non mi capisco nemmeno io. Da quando sono stato
separato
dai miei amici i miei pensieri sono sconnessi. Quasi come se senza gli
scherzi
e le storie di Usop, il sorriso di Rufy, le liti tra Sanji e Zoro, le
melodie
rassicuranti di Brook, le partite a scacchi con Robin, le scommesse con
Nami e
le strane invenzioni di Franky avessi smesso di essere me stesso.
-
Trafalgar
Law.
Ripeto,
scandendo con calma le parole. Nella mia mente compare il viso di
quell’uomo,
chiaro come se fosse di fronte a me. Sorride, sicuro e strafottente,
quasi a
ricordarmi che lui era li mentre io non c’ero nel momento
più critico del mio
capitano.
- Il
chirurgo della morte, dici?
Chiede,
accigliato. Sicuramente lo ha già sentito nominare ma forse
non capisce cosa
centra lui con i miei problemi. Del resto, nemmeno io avevo mai pensato
Trafalgar Law come un problema o come una minaccia fino a poco tempo
prima. Mi
sembrava solo uno dei tanti, con poteri strani e modi di fare
discutibili. Nella
norma per essere una supernova.
- Proprio
lui. È stato lui a curare il mio capitano.
Spiegò,
cercando di trattenere le lacrime che malgrado tutto prendono a
scendere. Mi chiedo
perché sto piangendo, ma non trovo una risposta. Piango per
il triste destino
di Rufy, che in pochi giorni ha perso prima la ciurma e poi il
fratello. Malgrado
tutti i suoi sforzi non ha potuto fare altro che vedere la sua vita
andare a
rotoli, senza che nessuno dei suoi compagni fosse lì ad
aiutarlo. Penso anche
agli altri, soli e sperduti in qualche isola lontana come lo sono io.
- Quel
pazzo è il tuo capitano? Dici sul serio?
Esclamò
lui, eccitato, prendendo tra le mani il ritaglio di giornale. Lo guarda
attentamente, poi mi fissa. Nel suo sguardo vedo una luce strana, una
sorta di
ammirazione mista ad invidia. Sento che vorrebbe chiedermi molte cose
su come
si vive sulla nave di Cappello di Paglia, ma lo vedo trattenersi e
ricacciare
indietro quella domanda. Sa che mi farebbe troppo male.
- Si,
proprio così.
Confermo,
guardando preoccupato l’articolo che tiene tra le mani.
Potrei impazzire se
andasse distrutto. È l’unica certezza che ho,
l’unica prova per convincermi che
davvero faccio parte della ciurma di cappello di paglia in vista dei
due lunghi
anni che verranno.
-
Dovresti essere contento allora, è fortunato ad essere
ancora vivo.
Mormora
piano, riponendo con delicatezza il giornale dove lo aveva preso. Forse
si è
accorto di quanto sia importante per me, oppure è solo
stanco di tenerlo in
mano.
-
Certo, ma tu credi che io sarei stato all’altezza di curarlo
se fossi stato al
posto di Law?
Domando,
incerto. È questa la vera domanda che non riesco a togliermi
dalla testa.
Quando Rufy stava morendo e aveva bisogno di cure c’era Law,
non io. Che razza
di medico di bordo sono? Se fossi stato al posto di Trafalgar Law,
sarei
riuscito a fare quello che aveva fatto lui o mi sarei dovuto arrendere
all’evidenza,
lasciando morire la persona nella quale riponevo tutta la mia fiducia e
tutte
le mie speranze?
-
Forse, nessuno lo può dire con certezza. Quello che
è certo è che lui ci è
riuscito.
Dice
lui, alzando le spalle. Lo guardo, sorpreso dalla leggerezza e dalla
semplicità
con cui riesce a vedere la questione. Un po’ lo invidio per
questo, ma non sono
lo stesso soddisfatto di quella sua risposta.
-
Bella consolazione.
Sbuffo,
stanco di tutto quel pensare. Vorrei solo chiudere gli occhi e riuscire
a
riposare un po’, senza il tormento degli incubi e dei ricordi.
- Non
ti abbattere, hai due anni per provare a dare una risposta.
Mormora
a bassa voce lui, prima di allontanarsi verso casa lasciandomi solo.
Sospiro, immerso nella solitudine più totale: in fondo quello è un bel modo per vedere la mia situazione.
ANGOLO DELL'AUTRICE
innanzitutto, grazie
mille per essere arrivati fino a qui!
come ricompensa vi comunico che il prossimo non sarà
l'ultimo capitolo perchè ho deciso di narrare anche
l'incontro della ciurma, sempre in prima persona e da un punto di vista
particolare che non vi rivelerò..
Kgm92: grazie mille per il primo commento! il prossimo sarà il tanto atteso capitolo di Rufy, che mi sono riservata di lasciare alla fine. sono felice che ti abbia apprezzato il mio modo, o meglio quello di Franky, di vedere la sua nave!
Tre 88: beh, devo dire che la nuova versione di Franky non fa impazzire nemmeno me. credo che tutto stia nel farci l'abitudine, ma sarà dura. l'uso della parola marmocchi non sta tanto a sottolineare la differenza di età ma il tipo di rapporto che li lega.
Sanji94: diciamo che avevo abbandonato questa storia, poi l'ho vista per caso lì da sola, ho realizzato che mancavano tre capitoli ed ho deciso di scriverli! :D odio lasciare le cose a metà!
Angela90: onestamente nello scorso capitolo non avevo pensato ad una coppia, credo che si tratti più che altro di una lettura tre le righe, ma sono felice che ti sia piaciuto.
NEL PROSSIMO CAPITOLO VEDREMO COME SE LA PASSA RUFY!