Capitolo
Quattordici
u
Pov
Elena
Erano passati due giorni
dalla festa a casa Lockwood e non avevo ancora parlato con Bonnie. Il motivo?
Semplice. Io e Damon eravamo rimasti chiusi in camere per due giorni beandoci
solo l’una dell’altro e del nostro amore.
Avevamo staccato la spina
da tutto e tutti godendoci dei dolci momenti solo nostri. Ovviamente nessuno ci
aveva disturbato a parte la mia amica strega che mi aveva fatto un sacco di
chiamate per chiedermi che fine avessi fatto alla festa.
Per fortuna c’era Caroline
che mi aveva coperto sia per quanto cerneva la festa, sia per la mia scomparsa
di due giorni.
Purtroppo oggi eravamo
tornati alla normalità, alla realtà, a quella triste realtà che ci ricordava
che c’era ancora un pericolo per noi, che Katherine era in agguato e non
avremmo potuto goderci a pieno quello che avevamo.
Una cosa positiva c’era,
però. Quei due giorni erano serviti a Damon per capire che nella mia vita
adesso c’era spazio solo per lui e questo mi rendeva felice.
Adesso, proprio noi due,
eravamo nel salone di casa a leggere libri su libri per cercare di capirci
qualcosa su questo dannato incantesimo e su un modo per uscire da questa
dannatissima situazione.
Ovviamente ci eravamo
dovuti staccare, perché stando entrambi sul divano non riuscivamo a combinare
nulla se non coccolarci come due adolescenti alla prima cotta. Motivo per cui
lui era rimasto sdraiato sul divano, mentre io mi ero seduta su una poltrona appoggiando
i piedi al tavolino.
Mi voltai un attimo a
guardarlo. Era concentrato nella lettura, sembrava quasi una statua visto che
era talmente immobile che sembrava non respirasse neppure. Dio quanto era
bello.
Distolsi lo sguardo e
tornai alla lettura consapevole che altrimenti non avrei concluso niente.
Stefan era andato a
cercare qualche traccia di Katherine. Dopo l’episodio di Jenna non si era più
fatta viva e non si erano sentiti nemmeno casi di omicidi insoliti. Questo
spaventata entrambi i Salvatore, in quanto a loro dire, Katherine stava
tramando qualcosa.
Caroline, invece, era
uscita da quella mattina e non era ancora tornata.
Continuai a leggere un
altro po’, poi sbuffai e con un sonoro scatto chiusi il libro posandolo sul
tavolo.
“Basta, sono sfinita” mi
lamentai.
“E sono sette” disse lui a
voce bassa, ma non così bassa perché non lo sentissi.
Mi voltai a guardarlo notando
che era ancora intento a leggere.
“Sono sette cosa?”
“Le volte in cui oggi hai
ripetuto questa frase nelle ultime due ore”.
“Non è vero” mentii.
“L’importante è crederci”.
Mi alzai e mi avvicinai al
divano sedendomi, ma lui rimase ancora con gli occhi fissi sul libro aperto.
Iniziai a stuzzicarlo come amavo fare e con le dita inizia a tracciare il
profilo di tutti i suoi pettorali scolpiti, poi avvicinai il mio viso al suo
collo e inizia a sfiorarlo con le labbra mentre con le mani mi impossessai dei
suoi capelli.
“Elena per favore” cercò
di dirmi lui.
“Cosa?” feci finta di non
capire continuando a stuzzicare il suo collo con baci roventi.
“Devo ancora finire”.
“Ti serve un po’ di pausa
e io posso essere una distrazione perfetta” dissi maliziosa.
“Su questo non ho dubbi”.
Avvicinai le mie labbra
alle sue e riuscii a catturarle in un bacio, ma mi dovetti scostare subito.
“Elena ti prego, non
possiamo goderci il lusso di perdere tempo”.
“E su amore, una piccola
pausa” dissi sorridendogli “piccola piccola” aggiunsi
facendogli un gesto con il pollice e l’indice per indicargli quanto piccola
fosse stata.
A quel punto chiuse il
libro e prese a guardarmi negli occhi sorridendo.
Avevo attirato la sua
attenzione? Faticavo a crederci.
“Cos’hai detto?” mi
domandò.
“Che hai bisogno di una
piccola pausa, proprio piccola, prometto”.
“No, come mi hai chiamato,
intendo”.
Capendo a cosa si riferiva
sorrisi di gusto.
“Amore, ti ho chiamato
amore”.
Lui avvicinò le sue labbra
alle mie e le catturò in una frazione di secondo, mentre io gongolai
soddisfatta.
“Ripetilo”
“Amore, amore, amore”.
Il suo sorriso si fece
ancora più radioso e in quel momento mi prese fra le braccia e invertì le
posizioni. Mi ritrovai così sotto di lui che mi guardava malizioso e con un
sorriso da ritenersi illegale.
Lo attirai a me e lo baciai,
mentre lui prese a giocare con i miei capelli. Poi quando il bacio diventò
bollente, sentii le sua mani sotto la mia maglietta e un brivido di eccitazione
mi pervase dalla testa ai piedi già conscia di quello che sarebbe successo di
lì a poco.
“Oh mio Dio, un po’ di contegno” disse una voce che riconobbi subito essere quella
di Caroline e la magia si ruppe.
Mi alzai all’istante
mettendomi a sedere mentre le mie guance erano diventate rosse per la vergogna.
Meno male che, almeno, era lei, non osavo immaginare se fosse entrato Stefan al
suo posto.
“Barbie possibile che tu
rompa sempre nei momenti meno opportuni?” scherzò Damon, anche se nel suo
scherzo un fondo di verità c’era.
“Vivo qui se te lo fossi
scordato e questo è il salone. Se dovete fare queste cose sconce andate in
camera e che diavolo”.
Mi resi conto solo allora
che forse tra tutti e tre era lei quella più imbarazzata.
“Ok tregua. Non succederà
più” azzardai io.
“Sti cazzi” fu l’unica
risposta di Damon, mentre io gli diedi una gomitata sul petto che, ovviamente,
per lui fu come una carezza.
“Comunque ero venuta per
parlare con te” mi disse la bionda rivolgendosi a me e sedendosi.
Damon nel frattempo,
ancora sdraiato, passò una mano nella mia vita come ad abbracciarmi e con
l’altra mano riprese il libro tornando a leggere.
Il suo gesto non passò
inosservato a Caroline che si soffermò a guardare quel braccio di Damon
esattamente sulla mia vita e sorrise, prima di tornare a guardarmi.
“Mi ha detto Bonnie che
vai da lei fra un pò”.
“Si, devo parlarle”.
“Non vorrei essere nei
tuoi panni”.
“Nemmeno io a dire il
vero”.
Io e Caroline sorridemmo
all’unisono, mentre Damon era come se non ci fosse visto che era totalmente
assorto nella lettura.
“Che ne dici se andiamo al
Grill per un po’ e poi vai da lei?” mi disse sorridendo raggiante “È due giorni
che non parliamo” aggiunse volgendo poi lo sguardo verso Damon “a causa di
qualcuno ovviamente”.
“Barbie evitiamo le
battutine a doppio senso” intervenne lui sorridendo beffardo senza distogliere
gli occhi dal libro.
“Hey ogni riferimento a
cosa o persone era puramente casuale” si giustificò lei.
“Va beh, vada per il
Grill. Sinceramente mi sono stufata a continuare a leggere questi inutile libri
nei quali, per giunta, non si trova niente che può servici”.
“Bene, ti aspetto in
macchina. Muoviti” mi disse “Damon” canzonò poi per salutarlo.
“Barbie” fu l’unica
risposta di lui.
In pochi secondi Caroline
scomparve dalla stanza e io tornai a guardare Damon che aveva ancora il braccio
appoggiato alla mia vita.
“Ti dispiace?” chiesi
riferendomi al fatto che andassi via prima.
“No, vai. Senza di te in
giro credo che concluderò qualcosa in più”.
“Hey” lo rimproverai.
“Senza offesa ovviamente,
ma per il sottoscritto sei una fonte costante di distrazione”.
Mi avvicinai e lo baciai,
poi gli lasciai una carezza.
“Sei sicura?” mi domandò.
“Di cosa?”
“Di voler parlare adesso
con Bonnie? Potresti aspettare che risolviamo prima il problema Katherine”.
“No Damon, non se ne
parla. Ci parlerò oggi. Ho già aspettato troppo e poi non sappiamo quanto tempo
passerà prima di risolverlo questo problema e sinceramente mi sono stancata di
dovermi nascondere da lei”.
“Ma…”
“Niente ma…”
Mi avvicinai e lo baciai a
fior di labbra prima di alzarmi dal divano per dirigermi alla porta, ma prima
di uscire dal solone mi voltai a guardarlo.
“Vedi di finire quel
dannato libro perché quando torno ho intenzione di fare altre cose con te” gli
dissi maliziosa.
“Non vedo l’ora” fu la sua
unica risposta accompagnata da un sorriso che superava di gran lunga la mia
innocente malizia.
Mi diressi fuori e trovai
Caroline già in macchina. La raggiunsi e in poco tempo arrivammo al Grill.
Scendemmo e prendemmo posto al bar iniziando a parlare del più e del meno. Ad
un certo punto vidi Bonnie entrare al locale.
“Che ci fa lei qui?”
chiesi a Caroline indicando la nostra amica che si stava dirigendo verso di
noi.
“Beh, mentre ero in
macchina ad aspettarti gli ho detto di venire qui così saremmo state insieme un
po’ tutte e tre”.
“Caroline lo sai che devo
dirgli di Damon” la rimproverai.
“Appunto. Fidati è meglio
parlargliene qui piuttosto che a casa. Siamo in un luogo pubblico vedrai che
qui si saprà contenere”.
Mi sorrise e io non potei
fare a meno di ricambiare il sorriso. Ero certa che l’avesse fatta venire per
stare tutti e tre insieme visto che aveva un po’ che non passavamo del tempo
tutte insieme.
Bonnie ci raggiunse e si
sedette al tavolo con noi. Sembrava euforica quel giorno, il che era un buon
segno visto la bomba che dovevo sganciare. Se fosse stata già di pessimo umore
di suo non osavo immaginare come sarebbe potuta finire.
Prendemmo a parlare, a
ridere e scherzare come ai vecchi tempi e dovevo ammettere che la cosa mi
piaceva più del lecito.
Quasi avevo perso
l’abitudine di chiacchierare con loro di cose normali, spettegolare o
raccontarci i reciproci problemi di coppia.
Era tutto come ai vecchi
tempi.
Caroline ci mise al
corrente che la storia con Matt era definitivamente finita. La loro pausa di riflessione
si era conclusa e avevano deciso, di comune accordo, di rimanere amici. Tra
loro non poteva esserci nient’altro se non questo.
Bonnie, invece, era
contentissima di come procedevano le cose con Jeremy e si stupiva di come non
avesse notato prima quanto maturo fosse diventato mio fratello negli ultimi
tempi.
“E tu Elena? Come vanno le
cose con Stefan?” esordì poi lei.
In effetti mancavo solo io
ed era giunto il momento di dirgli tutto.
A dire il vero non ero
ancora pronta. Mi ero preparata tutto il discorso, ma ero certa di doverlo
affrontare qualche ora dopo, quando sarei andata a casa sua, invece, era
arrivato il momento.
Caroline mi lanciò uno
sguardo, poi fece finta di controllare qualcosa sul cellulare e ci sorrise.
“Scusate, ma io devo
andare. I fratelli Salvatore mi reclamano” mentii spudoratamente alzandosi dal
tavolo.
Ci salutò con un sorriso
smagliante e poi sparii con la sua auto prima che c’è ne rendessimo davvero
conto.
“È pazza o cosa?” chiese
Bonnie vedendo la fretta con la quale Caroline si era prodigata ad andarsene.
“Te lo stai ancora
chiedendo?” domandai io retorica come a dire che era ovvio che la bionda fosse
pazza.
“Stare in quella casa non
aiuta la sua sanità mentale, fidati di me. Damon ha un effetto devastante su di
lei. Inizia ad assomigliargli in quanto a battutine” disse riferendosi a tutte
quelle che aveva pronunciato da quando ci eravamo messe sedute a parlare.
Sorrisi di quella battuta
e lei fece lo stesso. Era la prima volta che la vedevo sorridere per qualcosa
che seppur lontanamente riguardava il vampiro che lei più detestava al mondo.
“Allora, non hai ancora
risposto alla mia domanda” disse lei poi tornando seria.
“Quale domanda?”
“Come vanno le cose con
Stefan?”
Feci un respiro profondo e
poi la guardai negli occhi.
“Ecco Bonnie, è proprio di
questo che volevo parlarti quando stamattina ti ho detto che nel pomeriggio sarei
passata da te”.
“È successo qualcosa? Devo
preoccuparmi?”
“No, non serve. È solo che
c’è qualcosa che devo dirti”.
“Sono qui Elena, avanti.
Lo sai che puoi dirmi qualunque cosa”.
Qualunque cosa tranne questa ero certa che mi avrebbe risposto non appena le
avrei detto la verità.
In fondo con lei il
problema non sarebbe stato solo il fatto che mi fossi messa con Damon, quanto
soprattutto che avessi mollato Stefan.
Il minore tra i fratelli
Salvatore, a dire di Bonnie, era la persona migliore al mondo. Un ragazzo
divenuto un mostro che aveva lottato contro la sua natura diventando una
persona decisamente migliore, forse, anche migliore di tanti umani.
Non l’avrebbe presa bene.
Per lei era come se io avessi sostituito il platino con la peggior specie di
rame.
“A dire il vero avrei
dovuto parlartene da circa una settimana, ma mi è mancato il coraggio”.
“Elena mi stai spaventando
così. Ti decidi a dirmi che succede?”
“Beh, io e Stefan, ecco noi…” provai a dire,
ma lo squillo del suo cellulare mi fece zittire.
“Scusa” mi disse
prendendolo dalla borsa.
Guardò il mittente della
chiamata e la sua espressione mutò.
Alzò lo sguardo e mi
guardò stranita, come se potesse leggere in me la risposta alle domande che ero
certa gli stavano frullando in testa.
“Che succede?” chiesi.
“È Damon” riuscii a dire
“cosa diavolo vuole da me al punto da spingerlo a chiamarmi?”
Non sapevo cosa dire.
Certo era che ero sorpresa esattamente quanto lo era lei.
Damon non chiamava mai
Bonnie, a meno che non si trattasse di un’emergenza.
La mia amica mi guardò e
non appena vide nel mio sguardo lo specchio del suo si decise a premere il
tasto verde.
“Che diavolo vuoi?” disse
non appena rispose.
Non riuscivo a sentire
cosa gli stesse dicendo lui. Per mia sfortuna non avevo l’udito dei vampiri.
“Sono affari miei”.
“Diavolo” saettò gli occhi
al cielo e potevo essere certa che gli avesse detto qualcosa che la
costringesse a rispondere a qualunque fosse stata la sua domanda “sono al Grill
con Elena”.
“Lo so, ma abbiamo
anticipato”.
Di sicuro si stava
riferendo al fatto che dovevamo incontrarci fra qualche ora e non adesso.
“Damon, mi hai chiamato
per farmi un interrogatorio? Sono affari miei”.
Era spazientita, lo potevo
capire subito dal suo sguardo e dal suo tono di voce.
“Adesso non posso. Appena
finisco con Elena la riaccompagno ed entro”.
Che diavolo stava
succedendo? Mai come in quel momento avrei voluto avere l’udito del mio
fidanzato.
“Ok, calmati. Arrivo”
furono le sue uniche parole prima di guardare il cellulare con sguardo furente.
“Mi ha appena chiuso il
telefono in faccia. Giuro che prima o poi lo uccido” mi disse arrabbiata.
“Meglio poi che prima” gli
sorrisi “cosa voleva?” aggiunsi.
“E che diavolo ne so. Lo
sai com’è fatto. Mi ha fatto un interrogatorio su dove ero e con chi ero, poi
quando gli ho detto che ero con te mi ha chiesto di cosa parlavamo. Va beh,
alla fine ha detto di andare da lui. Gli ho detto che ci sarei andata quando
finivamo di parlare, ma mi ha urlato in faccia parole incomprensibili per dirmi
semplicemente che era urgente e poi mi ha staccato il cellulare in faccia non
appena gli ho detto che sarei andata” mi informò sommariamente.
“Non ti ha detto cosa
voleva?”
“No, solo che gli serviva
il mio aiuto e ha specificato “ci serve” il che significa che è qualcosa che
riguarda questa assurda situazione di Katherine, altrimenti non avrebbe mai
chiamato”.
“Lo credo anche io, forza
andiamo”.
Lei annui e pagammo, poi
salimmo sulla sua macchina e ci dirigemmo verso casa Salvatore.
“Cosa stavi cercando di
dirmi prima che il guastafeste chiamasse?” mi domandò.
“Nulla di importante”
mentii “ne riparliamo dopo, adesso muoviti” conclusi.
Restammo in silenzio per
tutto il tragitto, troppo scosse entrambe per riuscire a dire qualunque cosa.
Quando arrivammo a
destinazione scesi dalla macchina il più in fretta possibile senza curarmi di
aspettare Bonnie. Ero preoccupata, volevo sapere cosa ci fosse di così urgente
da mandare all’aria la mia importantissima chiacchierata con Bonnie.
Damon sapeva quanto ci
tenevo a dirle la verità, quindi, se l’aveva chiamata significava che in
qualche modo ciò che doveva dirle era urgente.
Mi diressi nel salone e
trovai Jeremy vicino al camino, Alaric poco distante e di fronte a lui Damon
che mi dava le spalle intento a fare qualcosa. Non mi ci volle molto per capire
che stava leggendo qualcosa.
“Non è successo nulla,
calmati” furono le parole di Damon non appena mi sentì arrivare senza bisogno
che si voltasse per guardarmi.
Mi aveva sentito arrivare
a grazie ai suoi affinati sensi aveva percepito che fossi preoccupata.
“Hai detto che era
urgente” mi arrabbiai.
“Lo è, ma urgente non
significa pericoloso”.
In quel momento Bonnie mi
raggiunse e non appena vide Jeremy un sorriso le si stampò in faccia.
“Posso sapere perché tutta
questa urgenza?” chiese poi senza nemmeno salutare.
Fu a quel punto che Damon
si voltò e notai che in una mano teneva un foglio che stava leggendo
accuratamente, mentre nell’altra mano aveva un bicchiere pieno di chissà che
genere di liquore.
“Te l’ho già spiegato. Ci
serve il tuo aiuto” le rispose lui.
“Dov’è Stefan?” domandai.
“Sta arrivando” disse
Alaric intervenendo per la prima volta nella discussione.
Damon mi guardò come a
voler sapere se avevo parlato con Bonnie, ma scossi la testa e lui comprese
subito. Mi sembrò sollevato. Forse, al momento, avevamo bisogno di una Bonnie
calma e non infuriata a morte con me e con lui.
Nemmeno il tempo di dire
altro che anche Stefan entrò nel salone.
“Scusate, ma Caroline
dov’è?” chiese Bonnie rendendosi conto che non era con nessuno dei due
Salvatore a differenza di quanto lei ci aveva detto poco fa.
Guardai il mio ragazzo
sperando che comprendesse che doveva inventare una qualunque balla e mi stupii
ancora una volta quando lui comprese il problema solo guardandomi negli occhi.
“Da Jenna” rispose
semplicemente.
Alaric stava per
controbattere, ma gli bastò uno sguardo da parte di Damon per zittirsi senza
dire nulla.
“Damon, mi spieghi bene
cosa volevi dire per telefono?” chiese Stefan avvicinandosi al fratello.
Il mio ragazzo finì quello
che doveva essere dello scotch e poi riempii il bicchiere di altro liquido
color ambra.
“Abbiamo compreso tutti
quanti che cercare di spezzare questo stupido incantesimo si sta rivelando più
difficile del previsto e non abbiamo tempo in quanto Katherine potrebbe giocare
la sua prossima mossa in qualunque momento”.
“E il fatto che non
l’abbia ancora fatto non promette nulla di buono” fece notare Stefan.
“Appunto. Ci serve un modo
per tenere Katherine sotto controllo, per impedirle di fare qualunque cosa e
c’è un solo modo per farlo. Dobbiamo rinchiuderla e dovrai farlo tu Bonnie”.
Era la prima volta che si
rivolgeva a lei con il suo nome e con l’appellativo di “strega”.
“I miei poteri non sono
così forti da potercela fare. Anche Lucy ve l’ha detto”.
“Lo so, lo so benissimo,
ma Barbie ha avuto un’idea decisamente carina”.
“Caroline?” domandai non
capendo.
“Beh diciamo che
involontariamente mi ha risolto un rebus” mi disse sornione mentre sorseggiava
il suo scotch come se nulla fosse.
“Ti dispiacerebbe, allora,
risolvercelo anche a noi questo enigma?” gli chiese Alaric.
Damon continuò a bere
godendosi a pieno il suo liquore. Sembrava tranquillo.
“Allora? Ti decidi?”
Bonnie era spazientita.
“Devi solo fare un
incantesimo che hai già fatto in passato”.
“Che vuoi dire?” dicemmo
io e Stefan all’unisono.
“Festa in maschera,
paletti nascosti sotto la giacca, desiderio di liberarsi di qualcuno, Katherine
bloccata, stesso incantesimo che le lega. Tutto questo non vi dice nulla?”
chiese lui come se stesse parlando con dei bambini alzando gli occhi al cielo.
A quel punto capimmo tutti
a cosa si stesse riferendo.
“Vuoi che rinchiuda
Katherine in una stanza?” gli chiese Bonnie.
“Hey, dovrei farti un
applauso. Ci sei arrivata, finalmente”.
“Vediamo se ho compreso il
piano. Rinchiudiamo Katherine in una stanza per tenerla sotto controllo e
evitare che faccia del male a qualcuno e noi nel frattempo troviamo il modo di
spezzare l’incantesimo?” chiese Stefan.
“Complimenti fratellino,
non avrei saputo spiegarmi meglio”.
“Si può fare?” chiesi a
Bonnie riguardo l’incantesimo.
“Si, questo posso farlo”.
“Perfetto” dicemmo io e
Jeremy all’unisono.
“Perfetto se non fosse per
un piccolo particolare” aggiunse Alaric.
“Cioè?”
“Come attiriamo Katherine
nella trappola? Cioè non sappiamo dove sia né quando farà la sua prossima
mossa” ci spiegò.
Cavolo, a questo non
avevamo pensato.
“Bazzecole”.
“Bazzecole? Damon, non so
se ti è chiaro, ma questo è un grosso problema”.
“Fratellino hai mai
sentito dire quel detto: se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da
Maometto?”
“Che c’entra questo adesso?”
“Sveglia. Cos’è i
coniglietti del bosco ti hanno bacato il cervello oggi?”
“Senti Damon non è
giornata. Se hai qualcosa da dire parla per piacere”.
Guardai Stefan cercando di
capire cosa non andasse, ma non appena vidi i suoi occhi puntati su di me capii
che il problema era io.
Sentii una fitta al cuore.
Mi stavo godendo la mia felicità senza pensare a quanto Stefan potesse
soffrire. Ero un’egoista.
“Se Katherine non verrà da
noi, saremo noi ad andare da Katherine o meglio saremo noi a farla venire da
noi” spiegò Damon evitando di commentare le parole del fratello e gliene fui
grata.
“E come avresti intenzione
di fare se non abbiamo idea di dove sia?”.
“Katherine ci sta con il
fiato addosso. Sa perfettamente come ci muoviamo, quindi sa che stiamo
all’erta. Bisogna solo farle credere che abbiamo abbassato la guardia e lei si
farà vedere”.
“Non capisco” dissi ed era
vero.
“Niente più verbena”.
“Scusa?” urlammo tutti
all’unisono.
“Hey calma. Terremmo gli
occhi aperti, ma la verbena deve scomparire. Katherine dovrà pensare di poter
soggiogare chi vuole senza complicazioni”.
“È troppo pericoloso”
disse Alaric.
“Katherine è troppo
imprevedibile”.
Dovevamo trovare una
soluzione diversa, una soluzione che fosse meno pericolosa.
Cercai di riflettere e
come una lampadina che si accendeva all’improvviso arrivò l’illuminazione,
l’idea giusta che avrebbe potuto aiutare senza far correre nessun pericolo alle
persone che amavo.
“È l’unica soluzione”
disse Damon.
“No, non lo è” lo
corressi.
Tutti guardarono nella mia
direzione e il mio fidanzato mi guardò con uno sguardo talmente indagatore che
dovetti distogliere lo sguardo per paura di non riuscire più a comunicare la
mia idea.
“Che hai in mente?” chiese
Jeremy che, ormai, mi conosceva molto bene.
“Non useremo nessuno come
esca, nessuno che non sia io almeno”.
“Che vuoi dire?” mi
domandò Stefan.
Damon non disse nulla, si
limitò a fissarmi cercando di capire quale piano idiota la mia mente avesse appena
elaborato.
“Se io mi faccio male, si
farà male anche lei. Credo che sia il modo migliore per attirarla nella
trappola. Si domanderà cosa sta succedendo e correrà a controllare”.
“Non se ne parla” furono
le parole di Damon e Stefan pronunciate allo stesso momento.
“Credete che l’idea di
Damon sia migliore?” domandai a tutti.
“No, è un’idea idiota pure
quella, ma se devo scegliere preferisco la sua” confessò Stefan.
Bonnie, Jeremy e Rick
annuirono alla sua affermazione e a quel punto sbottai.
“Adesso basta. Tutti vi
prodigate tanto per cercare di proteggermi mettendo a rischio le vostre vite e
quando io voglio fare lo stesso, allora non va bene. Mi sono stufata. Stavolta
si farà come dico io e basta”.
“Mi spieghi dove li trovi
questi piani suicidi?” mi domandò Damon calmo.
Era certo che avrebbe
vinto lui, ma non glielo avrei permesso, non questa volta.
“Allo stesso posto dove tu
trovi i tuoi”.
“Spiritosa, davvero
spiritosa”.
“Damon, stavolta si fa
così e né tu né nessun altro mi farà cambiare idea”.
“Mi sottovaluti”.
“No, non lo faccio, ma non
ho intenzione anche questa volta di stare zitta e fare quello che tu e Stefan
volete che io faccia”.
“Invece lo farai” disse
Stefan.
“E come pensate di
impedirmi di fare ciò che voglio?”
“Per quanto mi riguarda posso
pure chiuderti nello scantinato e lasciarti lì fino a quando questa storia non
sarà finita” mi fece notare Damon.
“Non lo farai”.
“Io credo di si, invece, e
sinceramente ha tutto il mio appoggio” aggiunse Stefan.
“Per una volta, una sola
volta in tutta la vostra vita non potreste semplicemente fidarvi di me? Io mi
fido di voi costantemente, posso capire perché per una dannata volta voi non
potete fare lo stesso con me?”
“Elena è pericoloso, lo
capisci? Non si tratta di non avere fiducia”.
“Ma pericoloso cosa? Mi
procurerò qualche ferita, Bonnie farà il suo incantesimo per non provare dolore
e se proprio vorrete mi darete il vostro sangue per rimarginare subito le
ferite. Non sentirò nulla, sarà indolore e nessuno si farà male. Pericoloso
potrebbe essere per gli altri. Senza verbena non c’è protezione” dissi con tono
implorante.
Li stavo pregando e sapevo
che avrei dovuto convincere solo loro due. Gli altri mi guardavano con uno
sguardo comprensivo, loro avevano capito le mie ragioni e con ogni probabilità
anche il fatto che per me non fosse per nulla pericoloso.
“Elena…” provò a dire
Stefan.
“Ti prego, fidati di me”
gli dissi avvicinandomi a lui e prendendogli una mano stringendola nella mia.
Lui mi fissò per qualche
istante, poi quando vide il mio sguardo implorante e la mia determinazione
negli occhi abbassò lo sguardo come a dare la sua approvazione.
“Grazie” dissi solamente
consapevole di quanto quella sua concezione gli fosse costata.
Mi restava da convincere
Damon e quando guardai i suoi occhi mi resi conto che non sarebbe stato
semplice come con Stefan.
“Bonnie tu e Jeremy,
mentre noi cerchiamo un modo per attirare Katherine in trappola, andate a
prendere il Grimorio da casa. Non abbiamo tempo da perdere” dissi a loro due
consapevole che se avevo una sola possibilità di convincere Damon dovevo
restare da sola con lui.
“D’accordo, noi andiamo”.
In pochi secondi uscirono
dal salone e poi dalla casa, mentre noi restammo lì immobili.
“Damon andiamo di sopra un
attimo” proposi.
“Non andiamo da nessuna
parte perché non abbiamo nulla di cui parlare. Abbiamo già trovato il modo di
risolvere il problema”.
“Damon ti prego, solo
dieci minuti”.
Lo guardai con gli occhi
da cucciola, quegli occhi a cui non era mai stato capace di dire di no, almeno
non in situazioni di stallo e sembrò funzionare anche questa volta, perché
senza nemmeno che me ne accorgessi mi ritrovai esattamente al centro della
camera di lui, mentre il mio fidanzato si era distanziato da me trovandosi
davanti la porta.
Non mi sarei mai abituata
a “viaggiare” a quella velocità. Ogni volta sembrava come se all’improvviso mi
teletrasportassi da qualche parte senza nemmeno che me ne accorgessi.
Damon mi dava le spalle e
la cosa non mi piaceva assolutamente.
“Non mi farai cambiare
idea” furono le sue uniche parole.
Dovevo riuscirci, invece,
dovevo riuscirci ad ogni costo. La mia era la soluzione migliore e dovevo farlo
capire anche a lui.
Mi avvicinai e quando fui
ad una spanna da lui lo costrinsi a voltarsi.
Gli misi una mano sul
braccio e lo guardai con tutta l’intensità di cui ero capace nonostante il suo
sguardo sembrava del tutto impassibile.
“Se tu avessi un modo per
non mettere in pericolo me anche a costo di mettere in pericolo te stesso cosa
faresti?” gli domandai.
Non sapevo se girando così
tanto intorno al problema sarei riuscita ad ostacolarlo, ma dovevo tentare.
“È diverso”.
“Non hai risposto”.
“La sai già la mia
risposta”.
“Sto aspettando”.
“Farei qualunque cosa
perché tu possa sempre essere al sicuro”.
“Esattamente”.
“Cosa volevi dimostrare con
questo?”
“Che visto che la pensi
così non dovresti opporti così ostinatamente al fatto che io voglia fare lo
stesso per le persone che amo”.
Avvicinai il mio viso di
più al suo incastrando i miei occhi nei suoi.
Mai come in quel momento
avevo bisogno che lui riuscisse a leggermi l’anima.
“Tu non capisci” furono le
sue uniche parole.
Le disse con uno sguardo
talmente ferito che quasi mi sentii tremare le ginocchia, come se in quelle
parole ci fosse rinchiuso tutto il suo dolore.
“Fammi provare a capire allora”.
“Io ti ho persa, ti ho
persa te ne rendi conto. Ti ho vista morire sotto i miei occhi senza poter fare
nulla e so cosa si prova. È stato come morire per la seconda volta, solo che
stavolta era più doloroso, più oscuro. Tu non puoi capire come io mi sia
sentito e non posso e non voglio rischiare che succeda di nuovo”.
“Amore non succederà. Farò
solo qualche ferita marginale solo per attirare la sua attenzione e non sentirò
nemmeno dolore per via dell’incantesimo di Bonnie. Non corriamo nessun pericolo”.
Lo inchiodai con lo
sguardo e per un attimo mi sembrò di vederlo cedere, motivo per cui avrei
dovuto continuare.
“Prova a metterti nei miei
panni. Katherine c’è l’ha con me e non è giusto che per colpa mia debbano
pagare altre persone. Ricordi cosa mi hai detto la sera in cui Rose è morta?”
sapevo quanto quei ricordi fossero dolorosi per lui, ma era l’unico modo che
avevo per convincerlo “hai detto che l’attacco di Jules doveva essere destinato
a te, non a Rose, che eri tu quello che l’aveva provocata e, invece, c’ha
rimesso lei. Ti sei sentito in colpa, anche se non lo ammetterai mai. Non
permettere che a me succeda lo stesso, non permettere che anche io mi senta in
colpa se qualcosa dovesse andare male. Sarebbe colpa mia, è me che Katherine
vuole colpire”.
“Elena…” provò a dire, ma
lo interruppi avvicinandomi ancora di più a lui.
Ero ad un passo dalle sue
labbra, il suo respiro sembrava essere diventato il mio e i suoi occhi erano
scrutatori come mai prima di allora.
“Ti devi solo fidare di
me, ti prego” sussurrai le ultime parole.
Ero certa che se non lo
avessi convinto con quelle parole non c’era più nulla che io potessi dire o
fare per riuscirci.
Lui non disse nulla, si
limitò ad accorciare quei pochi centimetri di distanza tra i nostri volti e
appoggiò la sua fronte alla mia prendendo il mio viso tra le mani. Sorrisi
impercettibilmente consapevole che era tutto ciò di cui avevo bisogno.
“Non ho mai conosciuto una
persona testarda come te”.
“Mi posso ritenere
fortunata allora, visto tutte le persone che hai conosciuto in un secolo e
mezzo”.
Lui sorrise alle mie
parole, poi mi baciò la fronte.
“È un si?” chiesi.
“Se non lo fosse cambierebbe qualcosa?”
Io non dissi nulla, ma il
mio silenzio bastò a fargli capire come la pensavo.
“Come volevasi dimostrare”
aggiunse più a se stesso che a me.
Sorrisi della sua
espressione e avvicinai le mie labbra alle sue.
“Faremo attenzione” disse
poi quando ci staccammo.
Io annuii
impercettibilmente, prima di affondare di nuovo le mie labbra su quelle di lui
stringendolo a me più che potevo.
Dopo qualche minuto ci
staccammo e io andai a buttarmi sul grande letto. Qualche istante dopo lui mi raggiunse
e si mise sopra di me facendo attenzione a non farmi male. Mi prese la mano e
mi sorrise come solo lui sapeva fare.
“Perché alla fine sei
sempre tu quella che deve avere la meglio?” mi domandò retorico.
“Perché mi ami troppo?”
provai a dire ridendo.
Non ci fu risposta, solo
un bacio, uno di quelli che poi non piove più per una settimana.
“Non ho fatto in tempo a
parlare con Bonnie” dissi quando ci staccammo.
“L’ho notato. Non sembrava
odiarmi più del solito”.
“C’ero quasi prima che tu
la chiamassi”.
“Lo farai un’altra volta”.
“Lo farò adesso, quando
ritorna” precisai io.
Non avevo più nessuna
intenzione di aspettare.
“Io avrei in mente
qualcos’altro da fare adesso” mi disse con malizia.
“Tipo?”
Sorrisi facendo finta di
non capire.
“Tipo questo” mi rispose
baciandomi la fronte “o questo” continuò posando le sue labbra sul mio orecchio
“oppure questo” passò al collo “o ancora questo” disse infine posando le sue
labbra sulle mie.
“Credo che Bonnie possa
aspettare” furono le mie uniche parole prima di invertire le posizioni e
ritrovarmi a cavalcioni sopra di lui.
Gli tolsi la maglietta e
iniziai a baciargli il suo perfetto petto scolpito, anche lui nel frattempo
tolse la mia di maglietta e fu così che ci ritrovammo in pochissimo tempo a
fare l’amore.
Sembrava come se entrambi
non potessimo fare a meno l’uno dell’altra, come se avessimo bisogno del corpo
dell’altro per sentirci in pace con noi stessi.
Non mi era mai capitata
una cosa del genere, era la prima volta ed ero certa sarebbe stata anche
l’ultima.
Con Damon c’era tanto
amore, ma anche un’estrema passione perché noi due ci desideravamo, ci
desideravamo da tanto tempo e adesso avevamo finalmente la possibilità di stare
insieme senza più remore.
Difficilmente qualcuno
avrebbe potuto comprenderci, difficilmente qualcuno avrebbe potuto comprendere
questo nostro bisogno di sentirci un tutt’uno con l’altro e non potevo farne
una colpa a nessuno.
Ero fermamente convinta di
una cosa. Chi non aveva mai provato l’ansia dell’attesa, i lunghi tormenti del
desiderio insoddisfatto, la paura di perdere la persona che ama, i dubbi
dell’essenza, non avrebbe mai potuto dire o capire fino a quale altezza è
capace di giungere la passione.
Io e Damon, invece,
sapevamo fino a dove questa poteva spingersi e, forse, era per questo che
spesso non riuscivamo a controllarla, ma in fondo nessuno di noi due sembrava
volerci provare.
La verità era che avevamo bisogno
l’uno dell’altra più di ogni altra cosa al mondo, avevamo bisogno l’uno
dell’altro in tutti i modi a noi concessi.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con un nuovo capitolo.
Finalmente Elena si era decisa a
raccontare tutto a Bonnie, ma Damon li ha interrotti. Del resto al momento la
cosa più importante è liberarsi di Katherine.
Come vi sembra il piano? Direi che
qualche falla c’è anche qui, soprattutto per via della parte che dovrà fare Elena.
Lei alla fine sembra essere riuscita a
convincere Damon, ma sarà davvero così. Permetterà Damon alla sua amata di
farsi male o di correre un qualunque pericolo? Non ci resta che aspettare il
prossimo capitolo per scoprirlo.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Sistemato tutto?” chiese Jeremy quando poi Bonnie
si staccò da me.
“Si, dovrebbe funzionare”.
“Quando mi toccherà fare la mia parte?” domandai
poi io seria.
Damon, fino a quel momento tranquillo mentre si
versava del whisky in un bicchiere, si voltò verso di me con sguardo furente.
[…]
“Credo che
sia arrivato il momento” mi rispose Stefan abbassando lo sguardo.
Neppure lui era molto convinto di questo mio
intervento in quello che entrambi ritenevano un piano folle.
“Bene” riuscii solamente a dire prima di dirigermi
verso la scrivania, dove sapevo che i due fratelli tenevano dei paletti.
“Frena un attimo” disse all’improvviso Damon e
tutti ci voltammo a guardarlo.
“Prima o poi deve farlo” disse Bonnie schierandosi
dalla mia parte.
“Non ho chiesto il tuo parere mi sembra”.
“E nessuno mi vieta di esprimerlo”.
“Smettetela prima ancora di iniziare” alzai
leggermente la voce io.
“Che hai in mente?” domandò Stefan a Damon
ignorando bellamente ciò che avevo appena detto.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
Prossimo aggiornamento: Martedì 05
Aprile