Epilogue
Chiuse ancora gli occhi, e sospirò per l’ennesima
volta, strofinando il viso stravolto contro il volante. Attraverso il vetro
dell’auto, la visuale era frammentata dallo scrosciare della pioggia che vi si infrangeva sopra, creando una rilassante quanto
inquietante eco per l’abitacolo.
Quell’incubo era finito. Shikamaru doveva ritrovare il suo sangue freddo. Non tanto
per se stesso, quanto per… lei. Per
Ino.
La sua anima e il suo corpo
erano rimasti profondamente feriti da quell’esperienza,
e lui era l’unico, ora a Sakura che se n’era andata, a poterla aiutare ad
uscire da quell’incubo labirintico. A liberare la sua anima, ancora parzialmente rinchiusa nel ricordo
ossessivo di quei corridoi bui e soffocata da quell’aria
viziata.
Eppure… lui sapeva fin troppo bene cosa
sarebbe accaduto. Sarebbe entrato in ospedale. Sarebbe salito da lei. Si
sarebbe presentato con uno sforzatissimo sorrisino, che i suoi occhi cerulei
velati di profonda tristezza avrebbero spento immediatamente.
-“Sei tornato alla fabbrica?”- gli avrebbe chiesto,
nuovamente.
-“No, te l’ho già detto Ino… la polizia l’ha già
controllata da cima a fondo… non ci è rimasto più
nulla.”-
-“Ma a Sakura l’hai detto?
L’hai detto che sicuramente Sasuke è…?”-
-“Ino. Sasuke non c’era. Non c’era e basta. Non c’era nessuno. Quindi ora ti prego, ti scongiuro Ino… capisco che tu possa
essere scioccata… però cerca di dimenticare questa
faccenda. Non pensarci più. Piano piano… il tempo
cancellerà tutto. D’accordo?”-
Poi l’avrebbe accarezzata, le avrebbe baciato la testolina e l’avrebbe stretta nel suo abbraccio. Ma lei non avrebbe più parlato. E
sarebbero rimasti così fino alla fine dell’orario di visite.
Ma doveva farlo. La amava, e in cuor
suo sperava di poterla veder sorridere di nuovo un giorno. Il giorno in cui
forse Sakura sarebbe tornata a casa, anche lei stanca
di fuggire dal ricordo di un incubo. O forse chissà,
fuggire era davvero l’unica soluzione possibile. Forse andarsene per sempre con
Ino, non era un’opzione da scartare a priori.
Un sorrisino amaro si spaziò sulle labbra di Shikamaru, mentre si accendeva l’ultima sigaretta prima di
rientrare in quell’ospedale dal nauseabondo odore di
disinfettante.
Che cos’erano diventati dopo
quella vicenda, se non mere bambole riflesse in uno specchio rotto?
–
“Ricordati
sempre che senza quelle visioni prive di senso e logica tu non saresti qui,
ora.”
Era vero.
Non poteva negarlo nemmeno a se stessa.
Né la paura, né l’angoscia, né il
pentimento.
Lei era lì perché Ino sapeva che era stata rapita ed
era nella fabbrica.
A Ino era accaduto qualcosa durante
il rituale di anni prima: probabilmente il suo spirito era affetto dal potere
di quello spirito a cui in qualche modo era legata attraverso quelle
premonizioni.
Ora Ino diceva che era
Sasuke quello nella fabbrica.
L’aveva pregata in ospedale, piangendo disperata,
cercando di invocare il suo cuore con la voce ancora debole e corrotta dalla
sofferenza. Ma lei l’aveva ignorata. Lei era fuggita. Ancora.
Fuggita, come quel giorno quando Sasuke venne risucchiato all’interno della fabbrica.
Ma lui no.
Lui non era fuggito. Non era fuggito quando si era
lanciato incontro alla morte per venirla a salvare. Non era fuggito davanti a
nulla. Per il suo amore, davanti a nulla.
Né dalla paura, né dall’angoscia, né
dal pentimento.
Cos’aveva da perdere?
La vita, forse.
Cos’aveva da guadagnare?
La vita di Sasuke, forse.
Che senso aveva vivere una vita nel
dubbio di averne persa un’altra per sempre?
-“Non farò più la bambola… non sarò
più la bambola di nessuno…”-
Stringendo i pugni, Sakura lasciò la presa sul
piccolo trolley, che si ribaltò al suolo, finendo in una pozza di acqua piovana.
Superò la sporgenza del tetto che la proteggeva, e si
espose alle gocce gelide di quella serata piovosa. Nei suoi occhi, solo il
riflesso dello scheletro della fabbrica.
La pioggia, il dolore, la solitudine, la fabbrica.
Tutto come allora. Tutto come il
giorno in cui iniziò quell’incubo.
E così come
allora…
A nessuno importava nulla di lei – ma stavolta a Sasuke importava di lei – perché a lei sarebbe dovuto importare qualcosa
di se stessa… senza di lui?
–
Era strano. Non
ricordava come, ma improvvisamente, tutto il mondo davanti ai suoi occhi aveva
perso colore, svanendo in una coltre bianca ed evanescente. La pioggia, la
finestra, la visuale al di là di essa, si erano fusi
insieme nei suoi occhi di cielo d’estate, ipnotizzandola, rapendola. Fu
assordata da un fischio lontano, un sibilare di vento, quasi un lamento
agognato. Una sensazione ben strana, ma per niente nuova…
E poi percepì
quei fili taglienti attorcigliarsi intorno a lei, come spire di un serpente
metallico, il gelo penetrarla come denti velenosi, l’oscurità avvolgerla in una
morsa senza uscita.
Ma il cuore,
quello palpitava con forza. E la voglia di vivere
ruggiva dentro di lui… dentro di lei?
-“Dunque è
ancora vivo? Ammirevole.”-
Una voce bassa, roca, ma totalmente priva
di intonazione accarezzò il suo orecchio, mentre una
mano pallida e gelida le asciugava una lacrima che silenziosa scivolava lungo
la sua guancia, fuggendo da quegli occhi vitrei che parevano inanimati… occhi
di bambola.
-“Sì, Pain-sama.”-
rispose lei, in un sussurro senza emozione. Come se fosse una voce meccanica a
rispondere per lei.
-“Ino-chan… mia
amata bambolina… devo andare.”- sospirò il ragazzo, baciando una mano della
ragazza distesa a letto immobile, priva di ogni forza
vitale. Una bellissima meravigliosa bambola di porcellana.
Il misterioso ragazzo si sistemò nel suo
lungo cappotto scuro, tirandosi su l’alto colletto di modo da poter nascondere
la vistosa serie di piercing
che gli costellavano il volto.
Uscì tranquillamente, gli inquietanti
occhi violacei a scrutar quel mondo nuovo intorno a lui, i capelli arancioni ancora madidi della pioggia di quella notte
irrequieta.
Se ne andava con
una specie di sollevazione nel cuore, turbata solo quando entrando
nell’ascensore incrociò Shikamaru che ne usciva.
-“Ma tanto lei…
è già mia.”-
Il Nara si fermò di
colpo, scrutando il tipo per qualche secondo, giusto il tempo di vederlo
scomparire dietro le porte scorrevoli.
-“Me lo sarò solo immaginato…”- pensò Shikamaru, grattandosi le tempie doloranti, prima di
dirigersi verso la sua amata.
-“Ciao Ino.”- la salutò, sorridendo.
-“Oh ciao, Shikamaru…”-
-“Stavi dormendo? Ti vedo stanca…”-
-“Mh… non so
io… non ricordo… immagino di sì.”-
-“Bene. Come va? Il dottore mi ha detto che domani o dopodomani ti dimettono…”-
-“Mh… Shikamaru… sai, sono sicura che Sasuke sia vivo…la polizia
ti ha detto qualcosa?”-
-“Sì, ha detto
che devi star tranquilla che ci pensano loro. E sono stanco
di ripeterlo, chiaro?”- la rimproverò dolcemente il ragazzo, accarezzandole la
guancia fredda, e a lei parve quasi di rivivere un momento non del tutto
concluso.
-“D’accordo, Shikamaru.”-
-“E’ tutto finito adesso, Ino.”-
-“…e se fosse tutto
appena iniziato?”-
Pieces of Mirror & Sorrow of Dolls
-The End-
Grazie a tutti di cuore per aver
seguito la storia.
Spero vi sia piaciuta.
Zia Eleanor,
ti rinnovo ancora i miei più sinceri auguri.
Ti voglio un mondo di bene,
Lulls