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Autore: alessia21685    04/04/2011    6 recensioni
Cosa fareste se vi innamoraste perdutamente del vostro peggiore nemico?
Se sapeste che per salvare il futuro del mondo e delle persone a voi più care dovrete uccidere la vostra unica ragione di vita?
Quando l'amore e la passione sono così forti da strapparti l'anima, anche il bene e il male si mescolano, al punto da non riuscire più a discernere l'uno dall'altro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Tom O. Riddle
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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 Cap 2- Back to 1942

“Partire è un po' morire
rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po' di noi stessi
in ogni luogo ad ogni istante.

           Edmond Haracourt

 

Era passata ormai una settimana dalla sera della decisione di Hermione, e da allora aveva cercato di sfruttare tutto il tempo che le rimaneva per prepararsi adeguatamente al suo viaggio.

Passava la maggior parte delle ore in biblioteca, per informarsi sui principali avvenimenti del mondo magico  tra gli anni ’20  e i ’40. 

Era anche riuscita a trovare l’annuario scolastico  del 1942 nell’archivio.

Ogni sera, prima di dormire lo sfogliava, cercando di familiarizzare a poco a poco con i nomi e con i volti che le sorridevano dalle foto in bianco e nero.

Si soffermò a lungo su quella di Hagrid, sapere che avrebbe ritrovato almeno un amico le scaldava un poco il cuore, 

anche se lui ovviamente non avrebbe potuto riconoscerla.

Tutti i volti nelle scolorite illustrazioni color seppia le sorridevano, facevano dei gesti di saluto con le mani. Tutte tranne una.

Sotto lo stendardo verde raffigurante un serpente dalle fauci spalancate, c’era la foto del prefetto dei Serpeverde.

Hermione scorse le dita sulle lettere impresse sulla pergamena in bella calligrafia: Tom Orvoloson Riddle.

Un ragazzo distinto, dai capelli neri ben pettinati da una parte e dai tratti del viso raffinati  guardava verso di lei,

 in piedi sotto il faggio dei giardini esterni. La foto era statica, come se fosse stata scattata da una macchina fotografica babbana.

 Nessun’espressione trapelava dal suo sguardo freddo, o dalle labbra carnose che rimanevano immobili, la mascella contratta.

L’unico movimento era la leggera brezza che increspava la divisa scolastica.

La ragazza rabbrividì, chiudendo i fretta il libro e appoggiandolo sul comodino.

Cosa avrebbe dato per parlare con Harry, o con Ron in quel momento.

Ma entrambi erano già partiti da Hogwards.

Avevano creduto alla sua storia, che i suoi genitori  sarebbero stati in Francia fino a Lunedì prossimo 

e che quindi lei avrebbe aspettato a scuola il loro ritorno, per poi andare a casa via camino  una volta che i suoi fossero ritornati.

Si sentiva incredibilmente sola, nella scuola  ora deserta – se si faceva eccezione per i pochi professori che erano rimasti ad Hogwards 

per sistemare le ultime cose prima di partire per le vacanze-.

Ma forse era meglio così. Non avrebbe sopportato di stare con i suoi amici, sapendo che a breve li avrebbe lasciati, forse per sempre.

Era riuscita a raggruppare un po’di libri di testo obsoleti e di vestiti anni ’40 dal vecchio armadio degli oggetti smarriti.

Pensò che era incredibile che Gazza si aspettasse ancora  che quelle cose potessero un giorno essere reclamate dai legittimi proprietari.

Varie gonne a pieghe, camicette, e nastri per i capelli. Trovò anche un bel vestito da ballo di seta  verde, e sorrise amara.

 Sicuramente non le sarebbe servito ,stava per compiere una missione omicida –o forse, suicida-

 e di sicuro non ci sarebbe stata un occasione per metterlo…

Ciononostante lo mise nel suo baule, insieme al materiale scolastico ( almeno a quello che poteva essere compatibile con quello usato negli anni ’40).

I giorni, così pieni di studio e preparativi, scorrevano come sabbia fra le sue dita, finchè arrivò la sera in cui aveva programmato la sua partenza.

Si mise nella tasca la scatola della giratempo e la lettera che aveva scritto Silente, la sera del loro colloquio, indirizzata all’allora preside di Hogwarts,

 Armando Dippet, dove era spiegato del trasferimento di Hermione dall’ Accademia di Beauxbatons.

Hermione era ora  tremendamente grata per il fatto che i suoi genitori le avessero fatto studiare il francese da piccola.

Prese il suo baule e uscì dalla sala comune dei Grifondoro con il cuore pesante, cosciente del fatto che probabilmente non avrebbe mai più rimesso piede in quel luogo, che era stata la sua casa per sei anni indimenticabili.

“Wingardium Leviosa” mormorò con gli occhi lucidi di lacrime, facendo levitare il baule davanti a sé mentre scendeva le scale.

Arrivò all’ingresso e si nascose in un angolo dietro una armatura impolverata.

Aprì la scatola di legno che conteneva la giratempo, e se la mise al collo.

Silente la aveva già caricata, in modo che la portasse esattamente indietro al 1 settembre del 1942, alle 8 in punto di sera, 

doveva solo farla scattare, premendo sulla levetta dorata.

Quando sarebbe arrivata, avrebbe dovuto precipitarsi nell’ingresso, e mescolarsi alla folla degli studenti in arrivo dalla stazione di Hogsmeade.

Con il cuore che le martellava pesante come un macigno nel petto, prese un bel respiro e con un “click” metallico avviò il marchingegno magico.

All’improvviso attraverso la finestra vide  la luce solare alternarsi al buio notturno sempre più velocemente,

 mentre sagome indistinte di muovevano a una rapidità da capogiro nella sala davanti ai suoi occhi. 

La velocità aumentò in maniera progressiva, fino ad un punto in cui non potè distinguere più nulla, né la luce, né il buio né le sagome.

Tutto vorticava come un tornado intorno a lei, l’unica cosa stabile era il pavimento di pietra sotto i suoi piedi.

Ebbe un capogiro e cadde a terra.

Poi tutto sembrò di nuovo rallentare. Quando finalmente il vortice di fermò, riprese fiato, e si guardò intorno ancora stordita.

Decine di giovani studenti in divisa si stavano affannando ad entrare dal portone principale.

Il familiare vociare allegro risuonava nella sala di ingresso.

Possibile che il mondo fosse cambiato così poco?

Se non fosse stato per i volti sconosciuti e per i vestiti fuori moda – o almeno fuori moda per i canoni degli anni 90 - degli studenti, 

Hermione non avrebbe saputo distinguere questa Hogwards da quella a cui era abituata.

Uscì dal suo nascondiglio, mise il baule accando a quelli che erano già stati depositati all’ingresso e si mescolò ai ragazzi che si salutavano e si raccontavano le ultime notizie .

Molti si voltarono a guardarla, mentre lei avanzava rossa in viso fra la folla, sentendosi tremendamente fuori posto.

Entrò nella sala grande dove si stavano dirigendo tutti e riconobbe in fondo alla sala in preside Dippet, seduto alla tavolata dei docenti.

Quando la vide arrivare, egli inarcò le sopraciglia sorpreso.

“Buona sera signor Preside, mi chiamo Hermione Granger, sono appena stata trasferita dall’accademia di  Beauxbatons" disse porgendogli la lettera.

Lui la lesse più volte con aria perplessa per quello che a Hermione parve un’eternità.

Poi la guardò a metà fra il sorpreso e il rammaricato “Ma signorina…non ero stato informato di questo tras…”.

Una voce familiare interruppe le parole del Preside.

“Via via Armando, non mi sembra questo il modo di accogliere una nuova studentessa! 

Sono certo che ci deve essere stato qualche disguido della posta via gufo…se la signorina è venuta fin qui con l’Espresso di Hogwards vuol dire che è riuscita a passare nel binario 9 e ¾… e sai bene che questo è impossibile se non si è stati ammessi alla scuola!”

Hermione trattenne il fiato, il cuore all’improvviso leggero come una piuma.

Accanto a Dippet, in un completo color prugna alquanto bizzarro ,si stagliava Silente, il volto sorridente sotto la barba grigia.

La ragazza lo fissò con gli occhi lucidi. Non aveva previsto che le avrebbe fatto un tale effetto rivedere il Preside, morto pochi giorni prima , vivo, vegeto e sorridente.

“Si, d’accordo Albus…credo tu abbia ragione” mormorò Dippet  con un espressione più serena.

“Signorina, può andare ad accomodarsi insieme a quelli del primo anno… la cerimonia di Smistamento inizierà fra qualche minuto.”

Hermione prese un bel respiro e si avviò verso il gruppo di ragazzini nervosi seduti attorno allo sgabello che avrebbe ospitato il cappello parlante.

Dopo una buona mezzora, che servì a tutti gli studenti, ritardatari compresi, a prendere posto, il Cappello Parlante fu portato in sala, 

e la ragazza notò che  già allora era logoro e rattoppato , anche se un po’ meno malconcio di quello che Hermione aveva già una volta indossato,

 tanto tempo fa -o forse bisognerebbe dire tanto tempo dopo- pensò tra se e sé.

Vari ragazzini furono chiamati, e come al solito grandi scrosci di applausi esplodevano dalle tavolate delle varie case,quando veniva assegnato loro un nuovo studente.

Armand, Barty, Catwel, Devis, Gowen, Farrel…

Hermione si accorse con un nodo alla gola di non essere stata chiamata, aspettò fino a quando anche l’ultimo dei ragazzini fu assegnato a Grifondoro 

e cominciò a torcersi nervosamente le mani. Era stata scoperta?

Poi vide Silente avvicinarsi al cappello e sussurrargli qualcosa a quello che –a quanto pareva-doveva essere il suo orecchio.

“Hermione Granger” Urlò il cappello.

Hermione si sentì al tempo stesso sollevata e nervosa.

Si avviò verso lo sgabello e di sedette, mentre il cappello gli veniva posto sulla testa.

“Oh, una ragazza piena di talento, e coraggiosa! Dentro il tuo petto batte un cuore da leone, ragazza mia!” le disse il cappello nella sua testa.

Lei si concentrò più che poté, cercando di convincere il cappello a non metterla nei Grifondoro.

“Ma perché non vuoi entrare nella casa dei Grifondoro? È perfetta per te! No?

Oh, allora… potrei metterti nei Corvonero, dopotutto con il tuo talento e la tua intelligenza potresti trovarti bene fra loro! No?”

“No,ti prego, devo entrare nei Serpeverde!” pensò disperata Hermione.

“Nei Serpeverde? Sei sicura? Scusa ma non mi sembra proprio la Casa adatta a te!”

“Ti prego, è di vitale importanza! Devo entrare nei Serpeverde!”

Il cappello esitò, Hermione temette per un attimo che non l’avrebbe ascoltata.

Ma poi, con voce squillante il cappello esclamò “SERPEVERDE!”

 

 

 

 

  
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