Cap 2- Back to 1942
“Partire è un po'
morire
rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po' di noi stessi
in ogni luogo ad ogni istante.”
Edmond Haracourt
Era passata ormai una settimana dalla sera della
decisione di Hermione, e da allora aveva cercato di sfruttare tutto il tempo
che le rimaneva per prepararsi adeguatamente al suo viaggio.
Passava la maggior parte delle ore in biblioteca, per
informarsi sui principali avvenimenti del mondo magico tra gli anni ’20 e i ’40.
Era anche riuscita a trovare l’annuario
scolastico del 1942 nell’archivio.
Ogni sera, prima di dormire lo sfogliava, cercando
di familiarizzare a poco a poco con i nomi e con i volti che le sorridevano
dalle foto in bianco e nero.
Si soffermò a lungo su quella di Hagrid, sapere che
avrebbe ritrovato almeno un amico le scaldava un poco il cuore,
anche se lui ovviamente
non avrebbe potuto riconoscerla.
Tutti i volti nelle scolorite illustrazioni color
seppia le sorridevano, facevano dei gesti di saluto con le mani. Tutte tranne
una.
Sotto lo stendardo verde raffigurante un serpente dalle
fauci spalancate, c’era la foto del prefetto dei Serpeverde.
Hermione scorse le dita sulle lettere impresse sulla
pergamena in bella calligrafia: Tom Orvoloson Riddle.
Un ragazzo distinto, dai capelli neri ben pettinati
da una parte e dai tratti del viso raffinati
guardava verso di lei,
in piedi sotto il faggio dei giardini esterni. La
foto era statica, come se fosse stata scattata da una macchina fotografica
babbana.
Nessun’espressione trapelava dal suo sguardo freddo, o dalle labbra
carnose che rimanevano immobili, la mascella contratta.
L’unico movimento era la leggera brezza che
increspava la divisa scolastica.
La ragazza rabbrividì, chiudendo i fretta il libro e
appoggiandolo sul comodino.
Cosa avrebbe dato per parlare con Harry, o con Ron
in quel momento.
Ma entrambi erano già partiti da Hogwards.
Avevano creduto alla sua storia, che i suoi
genitori sarebbero stati in Francia fino
a Lunedì prossimo
e che quindi lei avrebbe aspettato a scuola il loro ritorno,
per poi andare a casa via camino una
volta che i suoi fossero ritornati.
Si sentiva incredibilmente sola, nella scuola ora deserta – se si faceva eccezione per i
pochi professori che erano rimasti ad Hogwards
per sistemare le ultime cose prima
di partire per le vacanze-.
Ma forse era meglio così. Non avrebbe sopportato di stare
con i suoi amici, sapendo che a breve li avrebbe lasciati, forse per sempre.
Era riuscita a raggruppare un po’di libri di testo obsoleti
e di vestiti anni ’40 dal vecchio armadio degli oggetti smarriti.
Pensò che era incredibile che Gazza si aspettasse
ancora che quelle cose potessero un
giorno essere reclamate dai legittimi proprietari.
Varie gonne a pieghe, camicette, e nastri per i
capelli. Trovò anche un bel vestito da ballo di seta verde, e sorrise amara.
Sicuramente non le
sarebbe servito ,stava per compiere una missione omicida –o forse, suicida-
e di
sicuro non ci sarebbe stata un occasione per metterlo…
Ciononostante lo mise nel suo baule, insieme al
materiale scolastico ( almeno a quello che poteva essere compatibile con quello
usato negli anni 40).
I giorni, così pieni di studio e preparativi,
scorrevano come sabbia fra le sue dita, finchè arrivò la sera in cui aveva
programmato la sua partenza.
Si mise nella tasca la scatola
della giratempo e la lettera che aveva scritto Silente, la sera del loro
colloquio, indirizzata all’allora preside di Hogwarts,
Armando Dippet, dove era
spiegato del trasferimento di Hermione dall’ Accademia di Beauxbatons.
Hermione era ora tremendamente grata per il fatto che i suoi
genitori le avessero fatto studiare il francese da piccola.
Prese il suo baule e
uscì dalla sala comune dei Grifondoro con il cuore pesante, cosciente del fatto
che probabilmente non avrebbe mai più rimesso piede in quel luogo, che era
stata la sua casa per sei anni indimenticabili.
“Wingardium Leviosa”
mormorò con gli occhi lucidi di lacrime, facendo levitare il baule davanti a sé
mentre scendeva le scale.
Arrivò all’ingresso e
si nascose in un angolo dietro una armatura impolverata.
Aprì la scatola di
legno che conteneva la giratempo, e se la mise al collo.
Silente la aveva già
caricata, in modo che la portasse esattamente indietro al 1 settembre del 1942,
alle 8 in punto di sera,
doveva solo farla scattare, premendo sulla levetta
dorata.
Quando sarebbe
arrivata, avrebbe dovuto precipitarsi nell’ingresso, e mescolarsi alla folla
degli studenti in arrivo dalla stazione di Hogsmeade.
Con il cuore che le
martellava pesante come un macigno nel petto, prese un bel respiro e con un “click”
metallico avviò il marchingegno magico.
All’improvviso
attraverso la finestra vide la luce
solare alternarsi al buio notturno sempre più velocemente,
mentre sagome
indistinte di muovevano a una rapidità da capogiro nella sala davanti ai suoi
occhi.
La velocità aumentò in maniera progressiva, fino ad un punto in cui non
potè distinguere più nulla, né la luce, né il buio né le sagome.
Tutto vorticava come un
tornado intorno a lei, l’unica cosa stabile era il pavimento di pietra sotto i
suoi piedi.
Ebbe un capogiro e
cadde a terra.
Poi tutto sembrò di
nuovo rallentare. Quando finalmente il vortice di fermò, riprese fiato, e si
guardò intorno ancora stordita.
Decine di giovani
studenti in divisa si stavano affannando ad entrare dal portone principale.
Il familiare vociare
allegro risuonava nella sala di ingresso.
Possibile che il mondo fosse
cambiato così poco?
Se non fosse stato per
i volti sconosciuti e per i vestiti fuori moda – o almeno fuori moda per i
canoni degli anni 90 - degli studenti,
Hermione non avrebbe saputo distinguere
questa Hogwards da quella a cui era abituata.
Uscì dal suo
nascondiglio, mise il baule accando a quelli che erano già stati depositati all’ingresso
e si mescolò ai ragazzi che si
salutavano e si raccontavano le ultime notizie .
Molti si voltarono a
guardarla, mentre lei avanzava rossa in viso fra la folla, sentendosi
tremendamente fuori posto.
Entrò nella sala grande
dove si stavano dirigendo tutti e riconobbe in fondo alla sala in preside
Dippet, seduto alla tavolata dei docenti.
Quando la vide arrivare,
egli inarcò le sopraciglia sorpreso.
“Buona sera signor
Preside, mi chiamo Hermione Granger, sono appena stata trasferita dall’accademia
di Beauxbatons" disse porgendogli la lettera.
Lui la lesse più volte
con aria perplessa per quello che a Hermione parve un’eternità.
Poi la guardò a metà
fra il sorpreso e il rammaricato “Ma signorina…non ero stato informato di
questo tras…”.
Una voce familiare
interruppe le parole del Preside.
“Via via Armando, non
mi sembra questo il modo di accogliere una nuova studentessa!
Sono certo che ci
deve essere stato qualche disguido della posta via gufo…se la signorina è
venuta fin qui con l’Espresso di Hogwards vuol dire che è riuscita a passare
nel binario 9 e ¾… e sai bene che questo è impossibile se non si è stati
ammessi alla scuola!”
Hermione trattenne il
fiato, il cuore all’improvviso leggero come una piuma.
Accanto a Dippet, in un
completo color prugna alquanto bizzarro ,si stagliava Silente, il volto
sorridente sotto la barba grigia.
La ragazza lo fissò con
gli occhi lucidi. Non aveva previsto che le avrebbe fatto un tale effetto
rivedere il Preside, morto pochi giorni prima , vivo, vegeto e sorridente.
“Si, d’accordo Albus…credo
tu abbia ragione” mormorò Dippet con un
espressione più serena.
“Signorina, può andare
ad accomodarsi insieme a quelli del primo anno… la cerimonia di Smistamento
inizierà fra qualche minuto.”
Hermione prese un bel
respiro e si avviò verso il gruppo di ragazzini nervosi seduti attorno allo
sgabello che avrebbe ospitato il cappello parlante.
Dopo una buona mezzora,
che servì a tutti gli studenti, ritardatari compresi, a prendere posto, il
Cappello Parlante fu portato in sala,
e la ragazza notò che già allora era logoro e rattoppato , anche se
un po’ meno malconcio di quello che Hermione aveva già una volta indossato,
tanto tempo fa -o forse bisognerebbe dire tanto tempo dopo- pensò tra se e sé.
Vari ragazzini furono
chiamati, e come al solito grandi scrosci di applausi esplodevano dalle
tavolate delle varie case,quando veniva assegnato loro un nuovo studente.
Armand, Barty, Catwel, Devis, Gowen, Farrel…
Hermione si accorse con
un nodo alla gola di non essere stata chiamata, aspettò fino a quando anche l’ultimo
dei ragazzini fu assegnato a Grifondoro
e cominciò a torcersi nervosamente le
mani. Era stata scoperta?
Poi vide Silente
avvicinarsi al cappello e sussurrargli qualcosa a quello che –a quanto pareva-doveva
essere il suo orecchio.
“Hermione Granger” Urlò
il cappello.
Hermione si sentì al
tempo stesso sollevata e nervosa.
Si avviò verso lo
sgabello e di sedette, mentre il cappello gli veniva posto sulla testa.
“Oh, una ragazza piena
di talento, e coraggiosa! Dentro il tuo petto batte un cuore da leone, ragazza
mia!” le disse il cappello nella sua testa.
Lei si concentrò più
che poté, cercando di convincere il cappello a non metterla nei Grifondoro.
“Ma perché non vuoi
entrare nella casa dei Grifondoro? È perfetta per te! No?
Oh, allora… potrei metterti
nei Corvonero, dopotutto con il tuo talento e la tua intelligenza potresti
trovarti bene fra loro! No?”
“No,ti prego, devo
entrare nei Serpeverde!” pensò disperata Hermione.
“Nei Serpeverde? Sei
sicura? Scusa ma non mi sembra proprio la Casa adatta a te!”
“Ti prego, è di vitale
importanza! Devo entrare nei Serpeverde!”
Il cappello esitò,
Hermione temette per un attimo che non l’avrebbe ascoltata.
Ma poi, con voce
squillante il cappello esclamò “SERPEVERDE!”