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Autore: MaxT    05/04/2011    6 recensioni
“Non si può fermare l’inverno, ma si può seminare per la primavera”. Adariel Escanor, sesta Luce di Meridian. Questo prequel racconta gli avvenimenti culminati con l’ascesa al potere di Phobos, la lotta di una regina morente per assicurare un futuro al suo mondo e la fuga sulla Terra dei genitori adottivi di Elyon con la predestinata al trono di Meridian.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Phobos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian'
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20-Lettera a Elyon  
 
Ad personam:

Cara Atlantis Lux, grazie di avere commentato anche questo capitolo.
La disponibilità di una macchina del tempo avrebbe consentito a Cedric arrestare Eliasdal perfino prima del suo arrivo in Olanda. Perciò ci voleva una giustificazione per il tempo che gli è stato concesso e la successiva lunghissima punizione. Questa giustificazione è stata la storia di Van Dahl narrata sul libro d'arte come già avvenuta, unita alla credenza nell'unicità della linea temporale.

Cara Solitaire, grazie per la tua graditissima doppia recensione. A me, in particolare, è piaciuto descrivere l'azione di Cedric e Vathek nella casa di questo pericolosissimo intellettuale. Nel mio racconto, Caleb è proprio il primo mormorante, quello nella posizione migliore per poter fare un paragone tra prima e durante il potere assoluto di Phobos.

Un sentito ringraziamento anche a Silen per la rilettura delle bozze di questa storia.

Qualche parola su questo capitolo, che è ambientato uno o due giorni dopo il precedente. La parte iniziale è un nodo fondamentale nella trama: Miriadel e Alborn vengono incaricati di portare Elyon in salvo sulla Terra. Dopo questo capitolo, le cose si evolveranno a ritmo sempre più serrato.
Invece la parte da cui il capitolo prende il nome, la fondamentale e malinconica lettera postuma che Adariel sta preparando per Elyon, è stata in realtà  una delle primissime cose che ho scritto di Profezie, circa cinque anni fa.
Rispetto alla bozza originale sono cambiate moltissime cose, ma tutte le mie storie su Meridian sono partite da queste due paginette. Non l'ho mai pubblicata in quella fiction, ma vi ho fatto accennare Caleb nel cap.4, quando raccontava alle WITCH di una lettera postuma di Adariel che aveva a lungo turbato la sua giovane regina. Beh, eccola qui, quella lettera famosa. Per una povera ragazzina, i motivi per essere sconvolta ci sono tutti.

Buona lettura
MaxT

Capitolo 20

Lettera a Elyon



Meridian, camera della regina




Cara Elyon, figlia mia,

sono la tua mamma Adariel, sesta Luce di Meridian.

Ho affidato alla fedele Galgheita l’incarico di consegnarti questo mio messaggio alla data del tuo dodicesimo compleanno di Meridian; so che, abituata allo





Al primo pianto di Elyon, Adariel ripone sullo scrittoio da letto la lettera appena iniziata e le sorride. “Buon risveglio, piccola Luce mia”.

Lidrienel entra in camera, con gli occhi resi piccolissimi dal sonno e un biberon in mano. “Buongiorno Altezza” dice come un automa, andando a sedersi accanto alla culla e porgendo alla piccola la sua pappa, che lei prende a succhiare avidamente. L'odore dolce e umido del latte aleggia accanto al grande letto ornato di modanature ritorte e dorate dai motivi barocchi.

L’ancella resta a sostenere il biberon con la testa a ciondoloni, poi pian piano il suo sguardo torpido si focalizza sullo scrittoio ancora sul grembo della regina. Osserva la cartellina di pelle e il calamaio ancora aperto, con la penna d’oca pericolosamente in bilico. “Scrivete di notte, Altezza?”.

Adariel annuisce stancamente mentre infila alcuni fogli ripiegati, vergati con una scrittura ormai un po’ tremula, in una busta intestata in caratteri dorati. “Sì, Lidri. Ora o mai più”.

L’altra resta a lungo in silenzio, mentre il latte va giù lentamente nel biberon. Per un attimo, le si intravede un vago luccichio sotto le iridi. “Allora... è per oggi?”.

“Forse”, sospira richiudendo il calamaio.



Meridian, appartamento di Alborn e Miriadel


Alborn, già in piedi nella penombra, guarda sua moglie che dorme ancora, con i capelli raccolti in treccine sparse sul cuscino. Un debole raggio di luce che filtra dalle tende dipinge su di essi un riflesso verde metallico.

Lui si abbottona i lucidi bottoni della casacca: spera che oggi la sua Miriadel possa avere la giornata libera, visto che il negozio di Heatherfield è chiuso per il fine settimana terrestre, ma lui, comandante della guardia di palazzo, deve essere pronto e disponibile in ogni orario.

Ha appena finito di pensarlo, che un tenue bussare all’uscio risuona nel silenzio della prima mattina.

Va nel soggiorno, abbottonandosi i polsini. “Chi è?”, chiede sottovoce.

Per tutta risposta, qualcuno torna a bussare.

Lui apre subito… ma non c’è nessuno! Esce per guardarsi attorno: è uno scherzo?

Rientra scuotendo il viso con disappunto. Queste spiritosaggini di mattina presto… ma come hanno…

“Ah!”, trasale. Davanti a lui, nel soggiorno, c’è l’inconfondibile sagoma di Maestra Galgheita.

“Mi scusi, Comandante” inizia lei a bassa voce, “Ma ho voluto essere sicura che foste soli”.

“Sicura che fossimo soli...” ripete lui, cercando di dare un senso a quella situazione.

Dalla porta della camera, Miriadel si sporge stringendosi in una vestaglia. “Caro, chi… Galgheita! E’ successo qualcosa?”.

“Non ancora. Ma la Regina vi vuole parlare con urgenza”.



Meridian, camera della regina


Pochi minuti dopo, i due vengono introdotti alla presenza della regina, che salutano battendosi il petto.

Lei ricambia con un sorriso grave. “Comandante Alborn… capitano Miriadel… grazie per essere venuti, e scusate per l’ora”.

“Dovere”, rispondono all’unisono.

“Sedetevi, prego”. Fa un cenno verso delle sedie a lato del lettone, sul lato opposto alla culla di Elyon. Galgheita è lì, già seduta. “Lidri, vuoi portare del tè caldo ai nostri ospiti?”.

“Subito”, risponde l’ancella sorridendo. Esce e rientra quasi immediatamente con tre boccali fumanti, e consegna le bevande con un largo sorriso. “Detto fatto!”

Appena ha finito, la regina le dice: “Grazie, Lidri. Ora, per piacere, puoi uscire e chiudere bene la porta?”.

“Ma…”. L’ancella resta interdetta: per lei, è insolito e deludente che la regina non abbia piena fiducia.

“Ti prego!”, insiste Sua Altezza dal letto.

“Come volete”. L’ancella esce dalla camera, sorpresa e un po’ risentita, chiudendosi la porta alle spalle.

La regina aspetta qualche attimo prima di parlare, poi, a bassa voce, chiama: “Lidri?”.

Immediatamente la porta si apre, e lei rientra con un largo sorriso premuroso. “Sì, Altezza?”.

“Per piacere, smetti di origliare”.

“Er… come volete, Altezza”. Si ritira imbarazzata e di malumore.

Richiusa la porta, la Regina, sdraiata sul letto, cerca le parole per iniziare.

Il comandante Alborn la precede: “Altezza, mi avete chiamato per parlare dell’arresto di Luduvik?”.

Lei lo guarda stupita. “Luduvik è stato arrestato? Perché?”.

“Ha tentato di fuggire con la macchina del tempo, dopo avere stordito un suo commilitone e rubato una dozzina di litri di acqua magica. Eliasdal è riuscito a svanire, ma lui no”.

La regina riflette un attimo, impressionata, poi scuote il viso. “Non potrei più fare niente per lui, neanche volendolo. Se tutto andrà bene, io domani sarò già morta”.

“Sarà morta?” “Andrà bene?” domandano i due, doppiamente stupiti.

Lei annuisce grave. “Comandante Alborn, capitano Miriadel, vi ho fatto chiamare per affidarvi una missione della massima importanza, che svolgerete assieme a Maestra Galgheita”. Le dedica uno sguardo grato. “Lei ha la mia più completa fiducia. Di recente vi ha osservati, e mi ha confermato che siete le persone giuste”.

“E’ un onore, Altezza”, risponde compito il comandante.

Miriadel annuisce, a disagio: il non accorgersi di essere stata spiata ha scosso la sua sicurezza di agente segreto d’elite.

Adariel riprende: “Voi avete già capito che Meridian sta velocemente sprofondando nella tirannia, vero?”.

I due annuiscono.

Galgheita resta impassibile: nulla di quanto la regina sta per dire sarà una sorpresa, per lei.

Adariel continua: “Avevo avuto i primi presagi quasi quattro anni fa”. Scandisce: “Phobos usurperà il trono di Luce. Diventerà un tiranno crudele e odiatissimo. Cercherà di uccidere sua sorella, e morirà solo e braccato”. Osserva i loro visi impressionati. “A queste parole se ne sono aggiunte altre. La sua tirannia durerà undici anni, dopodiché Elyon sarà incoronata come Settima Luce di Meridian. Dopo un ulteriore anno, Phobos morirà suicida”.

Miriadel chiede timidamente: “Altezza, se sapevate questo da tanto tempo, perché non avete fatto qualcosa per impedirlo?”.

Lei la ricambia con uno sguardo meravigliato, e spiega, come cosa ovvia: “Quello che il Dio del Fato rivela alla sua eletta – indica sé stessa - è ineluttabile come l’inverno. Voi fareste qualcosa per fermare l’inverno?”.

Miriadel, un po’ vergognosa, accenna un no con il capo.

Lei riprende: “E’ più saggio seminare per la primavera, no?”. Indica Elyon. “Lei è la mia semina per la primavera, la mia freccia lanciata verso il futuro. Lei è la predestinata a riportare la Luce nel nostro mondo”.

Li guarda, studiandone le reazioni.

Miriadel abbozza una domanda. “E noi…”.

“Il futuro ha bisogno di qualcuno che lo realizzi. Sarete voi. Voi tre partirete con Elyon per la Terra, tenendola al sicuro da Phobos. Vi confonderete con i terrestri, facendo perdere le vostre tracce. E infine la riporterete nella sua patria tra undici anni, quando avrà già cominciato a sviluppare i suoi poteri”.

I due coniugi si scambiano un’occhiata, poi guardano il faccione di Galgheita, dolce ma scarsamente umano anche per gli elastici criteri di Meridian.

Miriadel si morde un labbro, e chiede: “Altezza, quando dovremo fare tutto ciò?”.

“Se possibile questa notte”. Tace un attimo, cercando di indovinare i loro pensieri non espressi. “Mi dispiace, ciò che vi sto prospettando è di lasciare il vostro mondo, i vostri amici e famigliari. Non tentate neppure di salutarli: se sapessero cosa state per fare e non vi denunciassero, nessuno potrebbe salvarli dalla vendetta di Phobos”. Un altro breve silenzio, un’occhiata stanca ma penetrante. “Non vi posso obbligare, non avrebbe senso. Tuttavia so per certo che non mi deluderete”.

“Come fate ad esserne così sicura?”, chiede Miriadel.

“Perché la profezia si realizzerà di certo, e io non ho più tempo né modo di cercare altri volontari. In conclusione, i genitori adottivi della mia piccola non potete essere che voi”.

“Ai vostri comandi, Altezza. La nostra obbedienza è fuori questione”, risponde deciso Alborn, pur non avendo capito del tutto questo ragionamento.

Anche Miriadel annuisce. “E’ paradossale… passerò da cacciatrice a preda. Beh, almeno so cosa aspettarmi dai metodi dei miei ex compagni”.

“Ottima cosa” interviene Galgheita con voce pacata, “Anch'io ho bisogno di farmi un’idea chiara di queste minacce, oltreché degli usi dell’altro mondo. Altezza, sono pronta per sostenere gli scambi di memorie”.

“Lo faremo questa notte” risponde la regina. “Io e Miriadel conosciamo la lingua e gli usi della Terra. Il comandante Alborn conosce il palazzo e i sistemi di sorveglianza”.

“Perché non subito?” chiede lui.

La regina lascia un attimo in sospeso il discorso; coccola per un attimo la piccola Elyon ancora addormentata, carezzandole il visino con un dito, poi risponde cupa: “Perché questo sarà un grosso sforzo per me. Sarà meglio rimandarlo a quando sarà pronto tutto il resto”.

Alborn annuisce. “Avete un piano, Altezza?”.

“Solo in parte. Per il resto, conto sull’esperienza e l’inventiva della nostra migliore agente” risponde sorridendo a Miriadel.

“Grazie, Altezza” s'inchina questa, poi riflette brevemente: “Dunque, per muoversi bene sulla Terra bisognerà assumere un aspetto terrestre. Io lo posso fare da sola… ma mi servirà un po’ di energia”.

“Ti aiuterò io” risponde Galgheita, “E aiuterò anche Alborn. Ho un discreto potere, e un po’ di riserve di energia messe in disparte”. Fa vedere una fiaschetta dalla forma curvilinea e di un insolito colore rosa, che Miriadel riconosce come un flacone terrestre di shampoo. “Qui dentro ho concentrato il potere di sei litri d'acqua magica”.

Miriadel annuisce, riprendendo l’espressione assorta. “Dovremo trasformarci solo dopo arrivati sulla terra, così non rischiamo che il nuovo aspetto venga visto da qualche sensore installato nei sotterranei”.

“Potremmo renderci invisibili” suggerisce Galgheita, “Altrimenti nessun travestimento farà passare inosservata la bambina”.

“La bambina, giusto” riprende Miriadel, “Però molti di quei sensori non si lasciano ingannare dall’invisibilità ipnotica. Ma forse potremo evitarli, se riuscirò a trovare qualche informazione sulla loro posizione andando in ufficio”.

“In bocca a Cedric?” si preoccupa Alborn, “Non sarebbe meglio stargli lontani?”.

Lei si stringe nelle spalle. “Dovrò andarci comunque per prelevare denaro e documenti in bianco”.

Lui lascia trasparire una smorfia preoccupata prima di annuire rassegnato. “Passeremo qui per prendere la bambina e fare lo scambio di memorie, e poi scapperemo. Io sarò in divisa per non destare sospetti”, guarda le donne, “Voi due potrete mettervi un mantello nero, come quelli che usano gli agenti per muoversi quando hanno già assunto l’aspetto terrestre. Hanno sempre il viso nascosto”.

Tutti gli occhi si posano sulla grossa coda verde e marroncina di Galgheita. “Questa qui non la nasconderemo così facilmente” constata, “Dovrò assumere l’aspetto terrestre fin da prima”.

Miriadel si morde il labbro, preoccupata. “C’è un’incognita: la Guardiana di Kandrakar sigilla i passaggi quando riesce a trovarli aperti. Ora, non credo che saremo così sfortunati da arrivare e trovare sigillato un portale che due giorni fa era aperto, ma potrebbe anche succedere”.

“Ma ce ne sono tanti, vero?” chiede lui.

“Però partono da punti diversi nel sotterraneo”.

“Perché? Non è scomodo?”

“Sì, ma Cedric ha voluto così per evitare che, se quella Yan Cin o come si chiama dovesse trovarne uno aperto e sporgersi dentro, vedesse anche gli altri e potesse sigillarli tutti assieme”.

“Yan Lin” puntualizza la Regina. “Non provocatela, non potete escludere di aver bisogno della sua benevolenza”.

Miriadel accoglie l’idea con una smorfia di antipatia. “Ma l’Oracolo non vi aveva detto che non voleva assolutamente la principessa Elyon sulla Terra?”.

A questo pensiero, la Luce di Meridian si adombra brevemente, poi riprende: “Dovrete avere con voi il sigillo di Phobos. Vi faciliterà la fuga e, in futuro, anche il ritorno. Inoltre ostacolerà la ricerca agli altri, soprattutto se la Guardiana dovesse venire a sapere, da una…” cerca le parole, “… da una soffiata anonima, dove sono tutti gli altri portali e come si aprono”.

“Già” fa Miriadel, “Senza la magia di quell’oggetto non riuscirebbero ad aprirne altri. Ma non sarà facile procurarcelo”.

“Invece sì!” sorride la Regina. “Quel sigillo è stato fatto sfruttando una copia del Cuore di Kandrakar che io stessa ho dato a Phobos. Ma è stato un dono interessato: ho gettato un incantesimo su quell’oggetto. Quando lo chiamerò, stanotte, il cosiddetto Sigillo di Phobos verrà a me”.

Galgheita commenta a mezza voce: “Spero che il principe Phobos non abbia fatto lo stesso”.

Per un attimo, un silenzio preoccupato cala nella stanza, interrotto solo dai versetti di Elyon che si sta svegliando.

“Dormi, Luce mia”. La Regina si allunga verso di lei e le passa le dita sugli occhi, e la bimba si riaddormenta beata.

Le sorride intenerita, poi rivolge un secondo sorriso rassicurante agli altri. “Partiamo dal presupposto che il Dio del Fato mi ha già rivelato che Elyon vivrà sulla Terra; ebbene, non ci arriverà certo con i propri piedi. Statele vicini, e con lei arriverete in salvo anche voi”.

Galgheita annuisce imperturbabile. “Appena messo piede sulla Terra, ci teletrasporteremo in un posto lontano e irrintracciabile”.

Alborn si muove inquieto sulla sedia. “Ma… le automobili?”.

“Automobili… Cosa sono?” chiede la guaritrice, notando l’insolita paura del comandante. “Delle bestie feroci?”.

“Sono delle cose che corrono sulle strade e stirano la gente” risponde apprensivo lui.

“Stirano?” si meraviglia Galgheita.

La regina li tranquillizza: “Nei miei ricordi troverete risposta a tante domande. Compreso il mio ricordo di molti posti dove teletrasportarsi senza dover temere il traffico”.

“Traffico…” ripete Alborn senza capire.

La regina torna a dare una lunga occhiata affettuosa alla piccola, poi continua: “Sulla Terra gli anni durano solo dodici mesi, non diciotto. Elyon crescerà più lentamente delle bambine terrestri, e dovrete inventare qualche trucco perché non si noti troppo. Cambiare città ogni qualche anno, cambiare la data di nascita sui documenti, farle ripetere qualche anno a scuola”. Scocca un’altra lunga occhiata affettuosa alla bimba. “Il prossimo appuntamento di Elyon con il destino di Meridian avverrà, secondo il calendario terrestre, alla fine del millennio, appena dopo il suo compleanno. Quindi, poco dopo il 31 ottobre del loro anno 2000. Non so esattamente cosa succederà, ma tenetevi pronti: nel volgere di tre mesi lei sarà finalmente incoronata Settima Luce di Meridian”.

In risposta a questa frase, o forse all’emozione con cui è stata pronunciata, la piccola Elyon si sveglia, muove le labbra mimando una poppata, poi apre gli occhioni grigi sul sorriso estasiato della sua mamma.

“Tesoro mio…” gorgheggia questa, commossa.

In risposta, la bimba comincia un frignottìo di appetito, che in pochi secondi cresce fino ad un disperato strillo di fame.

Il bussare alla porta di Lidrienel fatica a farsi sentire tra quegli urli a pieni polmoni. “Altezza, devo portare il latte?”, grida da oltre il battente. Senza attendere risposta, entra con il biberon tiepido in mano. “Avevate risposto di sì, vero?”.

La regina deve far buon viso, mentre l’ancella solerte pone fine alle proteste della bimba, prendendola tra le sue braccia per nutrirla.

“Alborn, Miriadel, per ora vi saluto. Grazie di essere venuti”.

Mentre si alzano con le rituali formule di saluto, la regina trasmette loro un pensiero: ‘Sarà per questa notte. Venite qui all’una, senza salutare nessuno, e portate con voi tutto ciò che vi servirà nell’altro mondo’.

Dopo un po’ di cibo e coccole, la piccola torna ad acquietarsi; Lidrienel sorride soddisfatta nel riporla nella sua culla, poi, dopo un cenno di consenso della regina, torna al suo romanzetto rosa.

Adariel resta a lungo ad osservare, commossa, quei lineamenti minuti e sereni della bimba, del tutto inconsapevole di ciò che sta per coinvolgerla, fulcro inconsapevole del conflitto sul futuro di un intero mondo.

Poi, distogliendo lo sguardo con rammarico, riapre la busta e il calamaio, e riprende la lettera da dove l’ha interrotta.




Cara Elyon, figlia mia,

sono la tua mamma Adariel, sesta Luce di Meridian.

Ho affidato alla fedele Galgheita l’incarico di consegnarti questo mio messaggio alla data del tuo dodicesimo compleanno di Meridian; so che, abituata allo scorrere del tempo sulla Terra, tu ti attribuirai un’età differente.

So fin da ora che, quando leggerai questa, avrai già riportato la giustizia e la speranza nel nostro mondo. Qualche volta, la precognizione è un dono dolce.

Altre volte, invece, è amaro come il veleno: so anche che Phobos sarà già morto suicida, odiato e braccato. Tuo fratello. Mio figlio.

L'ho ingannato per mesi, eppure non ho mai smesso di amarlo, né di pensare a quello che lui avrebbe potuto diventare se il Dio del Fato non avesse fatto le sue scelte diverse e crudeli fin dall’inizio dei tempi.

Avrei così tante cose da raccontarti, ma il mio tempo ormai è agli sgoccioli.

Da dove posso cominciare? Da lontano. Dall'ideale che ha mosso tutta la nostra dinastia, al quale spero che anche tu vorrai dedicare la tua esistenza.

Abituata a vivere tra l'omogenea popolazione della Terra, ti sarai meravigliata scoprendo quanto sia varia, per fattezze e colori, la gente di questo nostro mondo. Forse all’inizio ti avranno fatto orrore o paura. Sarebbe comprensibile, ma sbagliato. Per quanto vario sia l’aspetto, la gente si assomiglia nel cuore: gli stessi bisogni, gli stessi sentimenti, la stessa carne sono ricombinati in infiniti modi, tutti diversi e tutti simili.

Dovrai ricordare sempre che la gente di questo mondo è un unico popolo. Non dovrai permettere che odio e divisione si insinuino tra di loro. Che inizino a chiamarsi con nomi diversi a seconda delle fattezze del viso, del corpo, del colore della pelle o della lingua che parlano. Che si dividano il territorio a seconda del loro aspetto. La divisione in diversi popoli aprirebbe la strada, nel breve giro di centinaia d'anni, alla divisione prima in razze, poi in specie.

Qualunque biologo ti confermerà che due specie diverse non possono convivere nella stessa nicchia ecologica: una delle due dovrebbe sparire. Che questo succeda nel sangue e nel fuoco di una guerra, o tra i reticolati di un campo di concentramento o nella lenta inedia di un insuccesso nel procurarsi le risorse vitali, il risultato sarebbe lo stesso.

La divisione apre la strada all’odio, l’odio alla guerra, e la guerra allo sterminio.

Il compito millenario della nostra dinastia è impedire al nostro popolo d'incamminarsi verso questo baratro. Solo noi abbiamo il potere per farlo senza ricorrere, a nostra volta, alla guerra e al terrore.

Mentre ti scrivo, tutto questo è in pericolo. Me ne sento responsabile: forse se molti anni fa avessi osato fare ulteriori tentativi di mettere al mondo un’erede, alla fine avrei avuto successo, e Phobos non sarebbe cresciuto per decenni nell’illusione di diventare Re di Meridian.

Sarebbe stato il primo e l’ultimo: come la Corona di Luce, così anche i poteri magici innati che ci hanno permesso di tenere unito questo mondo sono trasmissibili solo per via matrilineare.

Per qualche anno mi ero colpevolmente rassegnata a questo, ma poi la profezia del Dio del Fato mi ha riscosso.

Eppure, perfino la tirannia non sarebbe stata il peggiore dei mali. La fine della nostra dinastia, dopo di lui, sarebbe stata la soglia dell'abisso: la fine dell'unità del nostro mondo.




Adariel rilegge quanto ha scritto: sono tutte cose d'importanza fondamentale. Però la sua piccola, tra dodici anni, si aspetterà senz'altro di leggere qualcosa di più personale di un testamento politico, sia pur di una missione millenaria . Intinge nuovamente la penna nel calamaio, e prosegue.




So che farai molte domande su di me.

Ti avranno già detto che ho vissuto trecento anni. Come li ho vissuti?

Ogni volta che una di noi nasce e percorre il sentiero naturale della sua fanciullezza, vede la regina sua madre e gli altri famigliari conservare per tutta la vita l’aspetto che avevano nel fiore degli anni, e vivere assai più a lungo dei comuni mortali.

Ciò è il risultato di una serie di interventi volontari su sé stessi, operati con potenti magie.

Questo metodo, però, ha dei limiti: in qualche parte delle cellule, ancora per me misteriosa, la loro età è scritta in modo indelebile.

Di recente, per superare questi limiti, ho cercato di ampliare gli orizzonti delle mie conoscenze rivolgendomi alla scienza terrestre. Già oggi, nell'anno terrestre 1984, ho trovato delineata una strada promettente nelle ricerche sui mitocondri, i telomeri dei cromosomi e altre strutture correlate con l'invecchiamento, e forse anche con l'ereditarietà dei poteri psichici.

Purtroppo, però, questo sentiero non è ancora andato abbastanza avanti da portarmi dove avrei voluto, e non ho potuto spingermi negli anni molto più avanti delle nostre antenate.

Quando una regina combatte la sua battaglia contro la vecchiaia, l’usura del tempo si ripresenta nel volgere dapprima di anni, poi di mesi, di giorni, infine di poche ore.

Alla fine lei diventa incapace di rigenerarsi con la sola volontà, e deve dipendere da una potente guaritrice; in queste condizioni, non ha più abbastanza energia da dedicare al suo mondo, e vive i suoi ultimi mesi solo come simbolo, come promessa di una nuova Luce che brillerà al suo posto.

Quando è esausta, decide di cessare questa lotta.

Ho conosciuto tante persone, nella mia lunga vita; li ho visti invecchiare e sparire in modo che all’inizio mi sembrava lentissimo, poi sempre più rapido mano a mano che allungavo la mia esistenza rispetto a quella di un normale essere umano. Eppure non ho mai perso la capacità di affezionarmi e anche di soffrire per loro, e di questo rendo grazie agli Dèi.

All'inizio, avere il potere di prolungare la mia vita, vedendo quella degli altri scivolare via, mi sembrava una condanna. Nello stesso modo, avrei avuto il potere di prolungare anche vita e giovinezza di qualcun altro; ma con che animo avrei potuto decidere di fare ciò per alcuni, e non per altri?

Ero turbata, confusa. Così decisi ingenuamente che non lo avrei fatto per nessuno, neanche per me stessa.

Confidai il mio proposito a mia madre mentre, già sul letto di morte, raccoglieva le sue poche forze per mettermi in mano la sua Corona di Luce.

Lei mi sorrise, mi accarezzò, e mi disse che ‘mai’ è un tempo troppo lungo per una promessa. Quel giorno stesso si unì agli Dei.

La mia risoluzione, infatti, svanì pochi anni dopo, con le prime rughe.

Che male c’è ad appianare una ruga, mi dissi? E così, di grinza in grinza, di acciacco in acciacco, col passare dei decenni mi resi conto che non avrei più potuto fare a meno di questi interventi senza che il mio metabolismo ormai squilibrato mi restituisse, tutte assieme, le sofferenze che avevo evitato.

Ora io sembro ancora giovane, ma sono una ragazza vecchissima che sente la nera signora alitarle sul collo. Non passa giorno senza che debba chiedere a Galgheita di usare la sua magia per rubare ancora un po’ di vita alla mia morte.

A trecento anni, lasciarmi andare rifiutando altre rigenerazioni non mi porterebbe via più di un giorno, ma io preferirò spegnermi nel momento da me scelto fermando il mio cuore con un ultimo atto di volontà, tenendo la mia mano stretta in quella della fedele Galgheita.




Adariel appoggia la penna, osservando la piccola che dorme felice accanto al suo lettone. Dovrà farle sapere la verità fin in fondo? Non si vive più felici nell'ignoranza, tante volte? Ascolta in suo respiro regolare e dolcissimo; come sarà, quando avrà letto tali parole?

Dopo una lunga esitazione, decide: un giorno lontano, la nuova Luce di Meridian potrebbe ritrovarsi nella sua stessa situazione, e dovrà prendere decisioni cruciali con piena consapevolezza.




Mia adorata Elyon, so quante volte il destino, o le scelte d'altri, ti hanno costretta a stravolgere la tua vita e la fragile idea che ti eri fatta di te stessa. Posso immaginare quanto ti sia pesato, e ho esitato a lungo con la penna in mano, davanti a questo foglio, prima di decidermi a sconvolgere ancora le tue sicurezze. Ma è giusto che tu sappia fin in fondo chi sei realmente.

Ho fatto l’unica cosa che potevo ancora fare: ho simulato una gravidanza.

In realtà, ho passato tutti questi mesi pensandoti, progettandoti nel più piccolo dettaglio, e nascondendomi da Phobos per evitare di tradirmi. Ti ho creata sul modello di me stessa, ma per non farti proprio uguale ti ho attribuito alcuni tratti del mio sposo Adleric, mio cugino, ufficialmente tuo padre.

Dopo questa lunga attesa, il momento della tua creazione è stato durissimo. Ho messo in gioco tutta me stessa, ciò che restava della mia salute e del mio potere.

Ma alla fine di questo miracolo c’eri tu che vagivi tra le mie braccia.

Ora sai.

Non dispiacertene, ti prego. Non pensare neanche un attimo di essere un inganno fatto d'ombra e d'aria.

Tu sei al tempo stesso mia figlia e me stessa, rilanciata nel futuro per completare ciò che in vita non ho avuto la forza di fare. Tu sei il futuro di un intero mondo.

Con tutto l’amore che posso

La tua mamma Adariel


  
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