Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: JiuJiu91    07/04/2011    5 recensioni
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. Quando guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarda dentro di te. [Friedrich Nietzsche]
Le gemelle Spencer vivono su binari paralleli: Maggie è esuberante, goffa e maldestra, perennemente intenta a collezionare figuracce, mentre la riservata Therese è una studentessa modello, saggia dispensatrice di consigli e ottima strega. Destinate a non incontrarsi mai, se non si fossero trovate intrappolate, assieme, in un piano molto più grande di loro, divise tra Bene e Male. Sempre che Bene e Male esistano ancora, quando i Buoni sono pronti a tutto pur di vincere la guerra e i Cattivi non sembrano poi così cattivi.
In un Mondo Magico in cui non è più tutto bianco o tutto nero si intrecciano storie d'amore e di guerra, d'amicizia e di fratellanza, di alleanze e di tradimenti. In tutte le sfumature che preferite.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo, personaggio, Serpeverde, Tom, Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La narrazione della Rowling si interrompe alla fine della campale battaglia di Hogwarts e riprende con l'epilogo, lo so, ma io ci tenevo a dare un'idea dell'atmosfera del dopo-battaglia, un misto di di gioia per la fine dell'incubo della guerra e di disperazione per i morti, il tutto condito dalla consapevolezza che nulla sarà più come prima.

Questo capitolo è una sorta di panoramica della situazione mentre il prossimo si concentrerà in particolare sui sentimenti di Maggie e sulle sue riflessioni.

Buona lettura.


QUANDO LA GUERRA SARÀ FINITA

SAREMO TROPPO STANCHI PER GODERCI LA VITA


La mattina di sabato tre maggio il San Mungo brulicava di gente.

L'Ordine della Fenice era venuto a liberarci poco dopo l'alba scusandosi immensamente per l'errore, dando prova che il piano di Daisy Miller aveva funzionato, e da quel momento era stato tutto talmente frenetico da non avere il tempo di accettare una cosa prima che ne succedesse subito un'altra.

La Sala Grande era in fermento. Alcuni piangevano le proprie vittime, altri stringevano i propri famigliari, Narcissa Malfoy venne ad abbracciarci e disse delle frasi sconnesse e confuse che non capii. Fummo accerchiati dai giornalisti della Gazzetta del Profeta. La Skeeter scattò un servizio fotografico a zia Tracie, dopodichè qualcuno si accorse che la zia aveva bisogno di essere portata in ospedale e ci indicò un camino dal quale raggiungere il San Mungo grazie alla Metropolvere.

Così, poco prima di mezzogiorno, eravamo tutti stipati nel corridoio di fronte alla stanza in cui zia Tracie era stata ricoverata.

C'era Mark, che mi stringeva tra le sue rassicuranti braccia e mi massaggiava le spalle, cercando di rilassarmi. C'era Therese, seduta a gambe accavallate sulla punta di una panchina di legno, ansiosa di accendersi una sigaretta. C'era Simon che andava avanti ed indietro con vassoi di caffè e biscotti e che aveva una parola rassicurante per tutti. C'erano Bernie ed Oliver Baston, che confabulavano sottovoce, in piedi vicino alla porta. C'era Helena, con una vistosa fasciatura sul collo, che spingeva avanti e indietro il passeggino di Chris e Chloe e cullava Justin sulla schiena. C'erano JJ e Dan che avevano fatto pace dopo l'ennesimo litigio. C'erano Alice ed Ashley con dei sacchetti pieni di regali per il nascituro. E Jack, che picchiettava nervosamente il tallone sul pavimento, e inseguiva tutti i medici che passavano di là, supplicandoli di poter entrare a vedere come stesse zia Tracie o perlomeno di avere delle notizie, di sapere se il bambino stava bene, se lei stava bene, se le avrebbero indotto il parto o l'avrebbero rimandata a casa.

Quella situazione mi ricordava la mattina di capodanno, e l'immagine della nostra attesa in ospedale la mattina di Capodanno mi ricordava che questa volta Tom non c'era. E che non ci sarebbe più stato.

Magnolia Lawrence, che avevo incontrato ai bagni delle signore del secondo piano, mi aveva detto che avevano portato il suo cadavere in una stanza vicino alla Sala Grande ma non sapeva cosa ne avrebbero fatto. Mi aveva detto anche che lei era là per Dennis Canon, che era stato colpito da una maledizione che l'aveva trasformato in un pettirosso e che non sapevano come dirgli che suo fratello era stato ucciso nel combattimento.

Appoggiai la testa sul petto di Mark. Flash della notte appena trascorsa mi attraversavano la mente senza posa ed io ero stanca e volevo che la smettessero di tormentarmi.

Avevo saputo da Draco, che era al reparto Ustioni Magiche a farsi curare delle ferite procurategli dall'Ardemonio, che Bellatrix era stata uccisa, e così altri tra Mangiamorte, compagni di scuola e conoscenti.

Dopo la notizia della morte di Fred Weasley gli avevo chiesto di piantarla con quel macabro bollettino dei caduti ed ero tornata tra le calde e rassicuranti braccia di Mark, sperando di poter chiudere gli occhi e risvegliarmi nel mio baldacchino di Hogwarts, con la consapevolezza che si era trattato di un brutto sogno.

L'orologio in cima alla parete ticchettava inesorabile ed il corso delle lancette nello spettrale silenzio tipico degli ospedali sembrava amplificato. Dava il ritmo ai miei pensieri più tristi.

Ricacciai indietro le lacrime mentre mi tornava in mente la preoccupazione della zia che non sentiva più il suo bambino muoversi. Pensai che se fosse morto non ne sarei sopravvissuta. Pensai che quel bambino era il mio legame con Tom, la mia possibilità di riscatto.

Non riuscii più a trattenere le lacrime al ricordo delle parole colme d'odio che avevo urlato al mio amico solo poche ore prima, mentre lui progettava di sacrificarsi per noi.

In quel momento la porta della saletta si aprì e ne uscì un medimago anziano, dalla barba riccia.

  • I parenti della signorina Rid...Spellman? - chiese, guardando distrattamente sulla cartelletta che aveva in mano.

  • Siamo noi – rispose Therese indicando il folto gruppo che circondava la porta.

  • Oh, famiglia numerosa – commentò il medico – E sono lieto di annunciarvi che si è appena aggiunto un nuovo membro. È una bambina e sta bene -

Tirammo un sospiro di sollievo. Mark mi strinse più forte. Therese saltò in piedi, sollevata.

  • Abbiamo dovuto procurare il parto perchè il trauma di questa notte avrebbe di sicuro avuto una pessima influenza sulla gravidanza ma sia la bambina che la mamma stanno bene. Tra poco potrete entrare a salutarle. - soggiunse il medico.

Ma non lo stavo più ascoltando. Ora che sapevo che zia Tracie stava bene e che stava bene anche il bambino, o meglio, la bambina, mi sentivo di gran lunga meglio. Il peso che avevo a metà tra il cuore e lo stomaco si era alleviato e potevo finalmente respirare senza provare dolore.

  • Dite che dovrei andare in cerca di champagne? - domandò Simon.

  • Oh, sarebbe carino da parte tua, Simon – sorrise JJ melensa – Questa mattina mi sono proprio svegliata pensando al Krug. -

Simon la guardò perplesso. Poi sorrise e si allontanò lungo il corridoio, probabilmente diretto al discount più vicino dove avrebbe comprato lo spumante più scadente.

Jack si accese una sigaretta ed aspirò a fondo.

  • Credo che non si possa fumare – osservai.

  • Non c'è nessun cartello che lo vieta – obbiettò lui.

  • Io mi sto trattenendo da tre ore, e non lo faccio per mettere alla prova il mio sistema nervoso – decretò Therese, stizzita.

  • Ho un'idea! Perchè non usciamo a fumare? - proposi loro, per sedare la nascente lite – A me farebbe piacere prendere un po' d'aria -

Therese accettò e si infilò in bocca la sigaretta che aveva torturato per tutto quel tempo, ansiosa. Jack ci seguì riluttante. Uscimmo su un terrazzino spoglio che si affacciava su un brutto vicolo di Londra dal quale probabilmente nessuno avrebbe potuto vedere l'ospedale, ricavato nei locali abbandonati di un vecchio magazzino.

  • Non abbiamo pensato al nome – esclamò Therese, come colta da un'improvvisa illuminazione.

  • Già – mormorai, stupita – Gli avvenimenti di questi ultimi mesi ci hanno talmente assorbiti che ce ne siamo dimenticati. -

Ci voltammo verso Jack, chiedendoci se loro, almeno, ne avessero parlato.

  • Sarà una sorpresa per tutti – sollevò le spalle.

  • Vuoi dire che neanche tu ne sai niente? - chiese Therese, indispettita.

Lui annuì, come se fosse una cosa normale e poi gettò la sua sigaretta giù dal balcone.

  • Vado a vedere se mi fanno entrare – decise e tornò dentro.

Therese lo seguì con lo sguardo ed arricciò le labbra.

  • Lo odio – sbottò.

  • Tu odi tutti i ragazzi della zia, non sei credibile – le ricordai – Odiavi Barry Newman, Rhett Cullen, Lupin, Tom... -

  • E non ho avuto ragione? L'hanno fatta soffrire tutti. - disse con decisione, soffiando fuori il fumo.

  • Beh, Tom le ha salvato la vita. - le feci notare.

  • Sentimentalmente, dico. Sentimentalmente l'hanno fatta soffrire tutti – ripetè.

  • Tranne Jack – la punzecchiai.

  • Per ora. - mi corresse lei.

Soffiai via la polvere dalla balaustra di pietra e mi ci appoggiai, lasciando che il vento quasi estivo mi scostasse i capelli dal volto.

  • Dovrebbe essere un giorno di gioia – mormorò Therese – Dovremmo festeggiare. Ed invece mi sembra di non poter essere mai più felice per tutta la mia vita. -

  • Sensazione perfettamente condivisibile – commentai piatta.

  • La guerra ti si attacca addosso come il petrolio sulla pelle di quegli uccelli di cui parla sempre Bernie. Penetra talmente a fondo che sembra impossibile riuscire a liberarsene. - sospirò mia sorella.

Appoggiò i gomiti sulla balaustra accanto a me e chiuse gli occhi, aspettando che il sole le scaldasse le guance.

Therese aveva ragione: era il maggio più bello e caldo che si fosse visto in Inghilterra, eravamo lì insieme, vicine come non mai, e nostra zia aveva appena partorito una bambina e stavano entrambe bene. Tecnicamente, c'erano un sacco di buoni motivi per essere felici.

Ma Cissie non avrebbe suonato al piano la buonanotte alla nuova arrivata come aveva fatto con Chris e Chloe e con Justin. E Tom non l'avrebbe cullata goffamente. E Bellatrix non avrebbe giocato con le sue piccole dita rosee rimproverando Rodolphus di non aver assecondato il suo bisogno di maternità, a suo tempo.

  • Quanto ci vorrà per tornare ad essere felici? - le domandai.

Avevo bisogno di rassicurazioni. Avevo voglia di una delle risposte secche e perentorie di mia sorella, quasi scientifiche, delle asserzioni incontestabili.

  • Chi può dirlo? - rispose, invece, lei – Forse tra una settimana staremo già quasi bene, forse ci vorrà un mese, forse non torneremo mai più felici come una volta. -

Disse quell'ultima frase a mezza voce, come se pronunciandola a voce alta potesse conferirle maggiore realtà.

  • Tom vorrebbe che fossimo felici – soggiunse – è morto per permettercelo. -

  • Si dev'essere sbagliato – mormorai.

Mi chiesi se mi sarei sentita altrettanto male se il mio ultimo colloquio con Tom non si fosse concluso con me che lo ricoprivo di insulti, ma allontanai subito quello scomodo pensiero: certo che sì, mia sorella era triste quanto me e non aveva insultato Tom.

Eppure quell'insistente e fastidiosa vocina nella mia testa continuava a tormentarmi, a ripetermi che più della tristezza poteva il senso di colpa, che quel groppo in gola che sentivo non era causato dalla tragica morte di Tom ma dal mio comportamento ingrato, dal disagio che provavo nel pensare al suo sacrificio.

Forse se avessi raccontato a mia sorella cos'era successo davvero, dopo mi sarei sentita meglio. Forse lei mi avrebbe rassicurata e consolata, mi avrebbe detto che un insulto detto nel bel mezzo di una battaglia, con i nervi a fior di pelle e la paura di morire da un momento all'altro non vale e che sicuramente Tom non gli aveva dato peso. O forse mi avrebbe dato dell'ingrata, accordandosi alla vocina nella mia testa – che, per altro, aveva il suo tono da maestrina – ed a quel punto sarei stata di sicuro additata come l'Ingrata per eccellenza da tutta la famiglia.

Decisi per il silenzio e chiusi la bocca che avevo aperto poco prima, sperando di confessare tutto e sollevarmi la coscienza da quel peso.

  • Forse dovremmo rientrare – osservò Therese – Forse ora ci lasceranno vedere la zia -

  • Odio stare là dentro – confessai – Non si respira -

Mia sorella non mi diede ascolto. Rientrò nel soffocante corridoio dell'ospedale chiudendosi la vecchia finestra dalla vernice scrostata alle spalle.

Jack usciva in quel momento dalla stanza della zia.

  • Potete entrare voi due, se vi va – propose.

  • Certo che ci va – sbottò Therese, acida come sempre e mi trascinò dietro di sè, nello stanzino di zia Tracie.


Zia Tracie giaceva al centro di un letto candido pieno di cuscini e tra le braccia stringeva una microscopica bambina dalla pelle insolitamente liscia per essere una neonata e con la testa ricoperta di folti capelli corvini.

La zia ci sorrise, facendo cenno di fare piano. La bambina dormiva, con la testa piegata sul seno della mamma.

  • Oh, ma è piccolissima! - cinguettai, sentendomi pervadere da una gran tenerezza per quell'esserino indifeso che aveva corso tanti rischi prima di nascere ma ora era lì, e stava bene.

  • Già, è uno scriccioletto – confermò zia Tracie – Poverina, non avrebbe voluto andarsene così presto dalla mia comoda pancia. Ma i medici dicono che è una bambina molto forte. Il coraggio deve averlo ereditato da suo padre. -

  • Ma la pelle decisamente da sua madre – osservò Therese, strabiliata – Nata da poche ore ed ha già la tua invidiabile pelle di porcellana. Ci ruberà tutti i ragazzi. -

  • Quando avrà l'età per rubarti i ragazzi, Therese, tu sarai praticamente già in menopausa – le ricordai.

  • Attente a quello che dite, giovincelle! - ci rimbeccò zia Tracie – La vostra zia quasi quarantenne ha ancora un sacco di risorse. -

Scoppiammo a ridere. Era come ai vecchi tempi, come quando la minaccia della guerra imminente, e poi la guerra stessa, non avevano ancora logorato i nostri rapporti, divorato i nostri sorrisi. Zia Tracie sembrava tornata la stessa di qualche anno prima. In una notte soltanto, sembrava si fosse lasciata alle spalle gli orrori degli ultimi anni. La invidiai terribilmente.

  • Helena mi ha portato questa – allungò una mano sul comodino e ci mostrò un foglio di pergamena piegato in quattro.

  • Cos'è? - domandai, incuriosita.

  • Una lettera. Una lettera di Tom – precisò la zia – Era sul tavolo della cucina, Helena l'ha trovata quando è andata a cercare la pistola nella scatola degli shortbreads. -

  • Cosa...cosa dice? - chiese Therese, titubante.

  • Che mi augura di trovare la serenità che cerco – sussurrò lei – Che mi lascia la casa e che, dato che sono sua moglie, posso accedere alla sua camera blindata alla Gringott. Mi dice di badare a voi, di assicurarmi che non vi manchi mai nulla, che la credenza dei liquori è piena ma di non svuotarla subito – rise scuotendo la testa – e di stare tranquilla, che gli Aurors non mi daranno più la caccia. -

Strinse la lettera tra le dita della mano e sorrise.

  • Su questo aveva ragione – commentò – Shacklebolt è venuto a chiedermi scusa per quello che ha chiamato un "drammatico errore" -

  • Vorrei ben vedere – sibilò Therese – Dopo quello che ti ha fatto. -

  • Ha detto che ha solo eseguito degli ordini e che i suoi superiori si sono sbagliati. Errare è umano – zia Tracie sollevò le spalle, addolcita dalla recentissima maternità.

  • Shacklebolt è diventato Ministro della Magia – soggiunse Therese – Ora non dovrà più prendere ordini da nessun suo superiore. -

  • Sempre che avesse dei superiori da cui prendere ordini quando era a capo dell'Ordine della Fenice – osservai ironica.

  • So che siete arrabbiate, ragazze, ma questo è il momento di perdonare. - sospirò zia Tracie – Non dobbiamo serbare rancori se vogliamo chiudere questo triste capitolo della nostra vita per sempre. -

Allungai un dito verso la manina della bambina e mi si allargò il cuore quando lei me lo strinse, nel sonno. Dormiva con i pugnetti chiusi e l'aria un poco imbronciata, forse infastidita da tutte quelle chiacchiere.

  • Tom vorrebbe che fossimo felici – aggiunse la zia, ripetendo le stesse identiche parole che Therese aveva detto poco prima, sul terrazzino polveroso.

  • E per essere felici è necessario perdonare lo stronzo che ti ha quasi uccisa, dici? - le domandai, perplessa.

Lei annuì, convinta.

  • Vorrei avere il tuo spirito cristiano – sussurrai.

  • E quindi, come si chiama la bambina? - cambiò bruscamente argomento Therese – Voglio dire, non abbiamo ancora parlato del nome. -

  • Lo so. È buffo, vero? Tutti questi mesi e non abbiamo mai pensato a come chiamarla. - le sfiorò il minuscolo visino con la mano e sorrise – Pensavo che potremmo chiamarla Cassandra. -

Lacrime nuove mi pizzicarono agli angoli degli occhi.

  • Credo sia una bellissima idea – approvò Therese – Cissie ne sarebbe lusingata. Tu che ne dici, Maggie? -

  • La vera Cissie non ha mai saputo che aspettavi un bambino – bisbigliai – Ma di sicuro sarebbe contenta di sapere che le hai dato il suo nome. -

Guardai la piccola Cassandra sbattere le palpebre sui suoi occhi grandi ed ancora di un colore indefinito e sorrisi, immaginandomela già grande, seduta composta al piano, a suonare Per Elisa ad occhi chiusi, come la bambina che le aveva regalato il suo nome.

  • Champagne per tutti! - annunciò la voce di Simon in corridoio.

  • Oh, anche per me, spero! - sorrise zia Tracie.

Colmammo lo strano silenzio che era caduto tra noi con una risata ed uscii a prendere un po' di champagne – Simon mi aveva stupita: non era il Krug tanto ambito da JJ, ma uno spumante di discreta qualità, comprato in una buona enoteca – per la zia.

Poi feci riempire un flute anche per me ed uno per Draco.

Dissi che sarei andata a cercarlo per dirgli di Cassandra, ma in realtà non era che una scusa per allontanarmi un po' da lì. Jack aveva indetto un brindisi e JJ stava squittendo allegramente qualcosa ma io non avevo voglia di divertirmi.

Non allora, non così in fretta.


Al primo piano, reparto ustioni magiche, punture, morsi e una serie di altre orribili cose, c'era ancora più folla che al quarto, dove era ricoverata mia zia, ed in parte probabilmente era dovuto alla presenza di Harry Potter e dei suoi amici, ancora con indosso i vestiti della battaglia, ridotti a brandelli, e l'aria grave di chi ha visto la morte in faccia troppe volte in una notte sola.

  • Maggie! - mi salutò Harry, venendomi incontro con inusitata gentilezza – Ho saputo di tua zia. Percy Weasley mi ha raccontato dell'inganno in cui sono caduti quelli dell'Ordine, e gli Auror e tutti quanti. Spero stia meglio, ora, e che il suo bambino stia bene. Mi sono sentito una merda quando l'ho saputo. Ieri ho trattato malissimo tua sorella, ma non avevo idea che foste rimaste vittime di una cosa così orribile... -

Annuii distrattamente. Le scuse di Potter, per quanto potessero essere edificanti, erano noiose.

  • Credo che Therese possa capire e perdonare – tagliai corto.

Harry sorrise ed io gli sorrisi di rimando.

  • Avevo portato questo per Draco – dissi, indicando il bicchiere – Ma credo che potrò portargliene dell'altro – gli allungai il flute e sollevai il mio – Al salvatore del Mondo Magico, direi. -

  • Al bambino di tua zia – rispose Harry, ed i nostri bicchieri si toccarono con un tintinnio.

Trovai quel brindisi surreale ed ipocrita: io che brindavo alla salute dell'assassino del mio migliore amico, lui a quella della figlia del suo peggior nemico.

Eppure, eravamo là. Uno di fronte all'altra, stanchi e con i capelli spettinati, graffi sul volto e sui vestiti, ma con due bicchieri di champagne in mano ed un brindisi che aveva tutta l'aria d'essere una promessa per il futuro.

C'era stata indifferenza tra noi, all'inizio. Una civile e reciproca indifferenza ai tempi del mio odio per Hogwarts e per tutto ciò che piaceva a mia sorella. Poi ci eravamo presi in giro, a volte in modo scherzoso, a volte con cattiveria, ai tempi della mia storia con Draco. C'era stato il nostro patto, un'amicizia sancita a tavolino ma a suo modo fruttuosa. Poi lui ci aveva provato, senza successo. E poi mi aveva disprezzata per le mie scelte, per la Squadra d'Inquisizione, i Mangiamorte, l'amicizia con Draco e con Pansy, Gossipschool, la sufficienza con la quale guardavo al Quidditch.

Ci eravamo allontanati ed avvicinati come in un ballo ritmato che non ti dà il tempo di accorgerti se hai mancato un passo o sbagliato una presa.

  • Come mai da queste parti, comunque? - gli domandai, incuriosita.

Forse era lì solo per farsi fotografare dai giornalisti, per indugiare ancora nel ruolo da vittima che gli era tanto caro.

  • Fastidiose bolle da ustione – rispose, mostrandomi le mani deturpate da orribili pustole.

  • Anche tu hai avuto un incontro ravvicinato con l'Ardemonio? - mi informai, alludendo a Draco.

  • Non solo. Sono anche incappato in una brutta maledizione su un oggetto che ho rubato alla Gringott – ammise ed io sorrisi tra me e me, in uno strano mix di soddisfazione, frustrazione e dispiacere, al pensiero delle maledizioni imposte da Therese sul tesoro dei Lestrange – A proposito di Ardemonio, hai saputo quel ch'è successo al Ministero? -

  • Al Ministero? - ripetei, dubbiosa.

  • Percy Weasley mi ha detto che due interi archivi della sezione 'Auror sotto copertura' sono stati irreparabilmente distrutti dall'Ardemonio – raccontò, con l'espressione stupita ed incredula di chi riferisce una notizia alla quale non crede fino in fondo – Prove inconfutabili sui Mangiamorte, rapporti raccolti dagli Auror per decenni, in fumo in poco più di un'ora. E pensare che il fuoco, il fuoco comune, intendo, non li avrebbe distrutti! L'Ardemonio è uno dei pochissimi modi per distruggere gli archivi magici – soggiunse, con un tono quasi da documentario.

  • È un po' come i fascicoli degli alunni di Hogwarts che si duplicano quando qualcuno li sottrae all'archivio – osservai, rivolta più a me stessa che a lui.

  • Qualcosa del genere, immagino. - annuì lui – Ed ora è andato tutto perduto. Per sempre. -

  • Ma c'era qualcuno nell'archivio? - chiesi.

  • Una donna, pare, tale Miller. In realtà del corpo non è rimasto quasi nulla, ma un dipendente del Ministero l'ha riconosciuta dai gioielli. - puntualizzò Harry.

Non mi stupì sapere che Daisy Miller aveva preferito la morte, una morte orribile per altro, alla vita dopo la guerra, che doveva esserle sembrata insopportabile, morti i suoi amici e complici e l'uomo che amava, per colpa di un piano che lei aveva fortemente voluto per poi restarne vittima in prima persona.

Quasi mi fece compassione, come nella Stamberga Strillante, e provai pietà per lei, che avevo tanto odiato e tanto temuto.

  • Sarà stata una custode – soggiunse Harry, notando il mio sbigottimento.

  • Una custode, già – ripetei, ancora un po' confusa.

  • Beh, allora io torno dagli altri. Si saranno chiesti che fine abbia fatto – sorrise lui – Può essere che ci vedremo quest'estate. Percy Weasley mi ha detto che farai uno stage al Ministero. -

Cominciavo ad averne abbastanza della bocca larga di quello scemo.

  • Sì, probabilmente sì, per qualche settimana. Dopo i MAGO – risposi

  • Io credo che mi iscriverò alla scuola per Aurors. È il mio sogno dal terzo anno. - decretò Harry – E tu, cosa pensi di fare dopo? -

  • In realtà sono piuttosto confusa sul 'dopo'. In questi mesi sono stata troppo occupata a pensare al presente per preoccuparmi del futuro. - ammisi.

  • Ti capisco – annuì Harry – Beh, quando le acque si saranno calmate e avremo tempo di respirare potremmo uscire a prendere un the insieme. Così, per raccontarci cos'è successo in quest'ultimo anno. -

  • Buona idea – sorrisi.

E, contro le mie stesse aspettative, realizzai di pensarlo davvero. Ero convinta che fosse una buona idea. Volevo credere a zia Tracie e mettere finalmente da parte i rancori del passato.

Non avevo più lo champagne da portare a Draco, quindi tornai al quarto piano per un rabbocco. Fui bloccata a qualche metro dalla porta della camera di mia zia, però, da un'esaltatissima Rita Skeeter.

Conformemente alle oscenità che si infilava addosso ai tempi del Tremaghi, indossava un orribile tailleur che sembrava ricavato dalla carta plastificata di un uovo di Pasqua ed una serie di pacchiane patacche che avevano la pretesa di assomigliare a gioielli le penzolavano dal collo e dalle orecchie.

  • Carissima! - mi artigliò con le sue lunghe unghie laccate di rosso e scoprì una dentatura da piranha – Sono qui per intervistare tua zia. -

  • Oh – feci, leggermente stupita.

  • Ho deciso che scriverò un libro su di lei – soggiunse la Skeeter – Si intitolerà "La bella principessa prigioniera dell'orco cattivo" -

  • Shrek e Fiona – commentai senza curarmi di nascondere il mio sarcasmo.

  • E naturalmente dedicherò un capitolo a te e tua sorella. - disse, battendo le mani, come se l'idea le fosse venuta in quel momento e non riuscisse a contenere l'entusiasmo – Le eroine che si sono coraggiosamente arruolate tra le fila dei Mangiamorte per proteggere la loro adorata zia. È commovente – estrasse la sua famosa piuma dalla borsa e sorrise, con lo sguardo illuminato – Questo potrebbe essere il titolo del capitolo! -

  • 'Commovente'? - ripetei, perplessa.

  • No! - esclamò lei – "Le eroine che si sono coraggiosamente arruolate tra le fila dei Mangiamorte per proteggere la loro adorata zia" -

  • Ma se questo fosse il titolo non le rimarrebbe più niente da scrivere nel capitolo – le feci notare, intelligentemente.

  • E, dimmi, cara, quando hai deciso di mettere a repentaglio la tua vita per salvare quella di tua zia nessuno ha provato a fermarti? - la Skeeter mi guardava impaziente e la sua piuma d'oca tamburellava, impaziente anch'essa, su un taccuino fluttuante.

  • Molti – risposi – Direi quasi tutti – esagerai – Ma io sono andata avanti per la mia strada perchè sapevo che quello che stavo facendo era giusto e non mi importava niente del giudizio degli altri -

Il che era vero, peccato che fosse riferito alla mia decisione di farmi marchiare, al mio impegno al fianco di Tom, alla mia fedeltà ad una Causa nella quale non credevo semplicemente per fedeltà al mio amico.

  • Sensazionale – commentò Rita Skeeter – Chi è stato il tuo più grande avversario in questa missione? -

  • Senta, forse non è il momento adatto per quest'intervista, forse potremmo fissare un appuntamento e... - proposi.

  • Hai ragione, ma con questi spunti potrei cominciare a scrivere qualche paginetta. - sorrise lei sbattendo le ciglia finte e ricoperte di mascara che sembrava catrame – Allora, chi è stato il tuo più grande avversario? -

  • La paura – risposi senza esitazione.

  • La paura di fallire? - incalzò lei.

  • No, la paura di perdere di vista l'obbiettivo e lasciarmi trasportare dalle situazioni senza più avere alcun controllo su di me. Quindi, a volte la paura ha fatto sì che io stessa diventassi il mio più grande avversario – conclusi.

La Skeeter mi guardò sospettosa.

  • Forse è meglio rimandare, in effetti – disse infine, riponendo il taccuino nella borsa – Sarai ancora molto scossa da quello che è successo questa notte. Aspetteremo che sia passato qualche giorno e che tu e tua sorella vi siate schiarite un po' le idee -

Sorrisi della sua stupidità, dell'allarmante superficialità con cui intendeva scrivere un libro su mia zia e sollevai le spalle. Io, di certo, non avrei potuto impedirglielo e sospettavo che zia Tracie ne sarebbe persino stata contenta.


Non dovetti sforzarmi di farmi di nuovo tre piani di scale per raggiungere Draco perchè il nostro amico era già lì, bicchiere in mano, a scherzare con Dan e JJ come se fossero gran compagni di bevute.

  • Abbiamo litigato perchè ha detto che non gli piace come mi sta l'arancione Hermès. - stava dicendo JJ, ad un tono di voce di gran lunga superiore a quello che si consiglia di tenere nei corridoi d'ospedale – Io dico: come può ad una persona sana di mente non piacere l'arancione Hermès? Voglio dire, è contro natura. L'arancione Hermès è un'istituzione. È come dire che ad un francese non piacciono i macarons. -

  • Un gradino sotto il sacrilegio, quindi – osservò Therese, ironica.

  • Ehi, Draco, come stanno le tue ferite? - gli domandai, posando lo sguardo sulle sue mani fasciate.

  • A parte il fatto che mi hanno messo una crema terribilmente puzzolente, direi non male – sorrise lui.

Draco era felice e rilassato come non mai. E del resto lo capivo.

La sua famiglia aveva riavuto pieno possesso di Malfoy Manor, ora che i Mangiamorte non vi si sarebbero più riuniti, e durante le confuse ore del mattino, al San Mungo, Draco aveva presentato Astoria ai suoi genitori e loro avevano dato la loro ufficiale approvazione, appuratone lo status di sangue ed il conto in banca.

Senza contare che era uscito indenne dalla battaglia, scottature a parte, ed era persino riuscito ad aiutare Potter a distruggere un Horcrux.

Solo la morte di sua zia Bellatrix, forse, impediva che quello fosse il giorno più bello della sua vita.

  • Oh, sei ricomparsa! - esclamò Therese – è andata via più o meno un'ora fa per venire a portarti dello champagne -

  • Se lo sarà scolato tutto da sola nei bagni delle signore – ridacchiò Simon – Ammettilo, ubriacona! -

  • Ho incontrato Potter – dissi, a mo' di giustificazione.

  • E ti sei sentita in dovere di tributargli gli onori quasi divini di cui è diventato oggetto di culto, immagino. - concluse mia sorella.

  • No, gli ho offerto una specie di brindisi di pace – ammisi.

  • Lodevole – Therese si distaccò dal resto del gruppo e venne verso di me – E la Skeeter, cosa voleva da te? -

  • Che le rilasciassi un'intervista – risposi.

Therese aggrottò le sopracciglia.

  • Tu? E perchè? - fece, stupita.

  • Perchè vuole scrivere un libro su zia Tracie – sospirai – "La principessa ed il mostro cattivo", o qualcosa del genere -

  • Dobbiamo impedirglielo – decretò Therese, con decisione.

  • E perchè mai? - sorrisi, quasi zen – Non potrà farle del male. -

Zia Tracie aveva tutto quello che desiderava, ora. Il fidanzato che aveva agognato per tutta la vita e dal quale ora non c'erano più l'oceano o un marito, per quanto farsesco, a dividerla, una bella casa, un lavoro che le dava soddisfazioni, dei figli ed una tata che la aiutasse a crescerli. Uno sciocco libro scandalistico scritto da una sciocca cronista di bassa lega non l'avrebbe certo rovinata.

  • Rita Skeeter è una sgualdrina in cerca di fama – sibilò Therese.

  • Rita Skeeter è una povera donna di mezza età depressa alla ricerca di un briciolo di popolarità che aumenti un po' la sua autostima – la corressi.

  • Come sei profonda oggi – osservò mia sorella – Discorsi sulla felicità, brindisi di pace con Potter, tanta bontà nei confronti della Skeeter...hai avuto la vocazione? Ti ritroveremo in un convento di clausura con in testa un velo e i piedi scalzi? -

  • No – risi – Sono solo molto stanca. Troppo stanca per prendermela con la gente, troppo stanca anche solo per godermi il mio meritato riposo. -



  • Andiamocene – mi propose Mark.

  • Dove? - chiesi, di getto, poi raddrizzai il tiro – Non posso andarmene: mia zia ha appena partorito e... -


*


  • Ma non posso lasciarlo andare – protestai – Non posso chiudere la porta ai ricordi. Mi sembrerebbe di tradirlo. -

Di nuovo.


*


  • Tom sapeva che gli volevi bene – decretò Mark, posandomi una mano sulla spalla – Lo sapeva perfettamente. Perchè avrebbe dovuto mandare a puttane tutto quello per cui aveva lavorato e farsi uccidere, altrimenti? L'ha fatto perchè ti voleva bene ed era sicuro del tuo affetto. -


*


Andrà tutto bene.



Oggi, nel penultimo appuntamento con i personaggi di Una Strega Troppo Babbana, vi presento Pansy e Magnolia.


Katy Perry as Pansy Parkinson


Image and video hosting by TinyPic


Ellen Page as Magnolia Lawrence

Image and video hosting by TinyPic

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: JiuJiu91