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Autore: Julia Weasley    09/04/2011    15 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 22
Una lunga notte al San Mungo
 
« Ah, eccovi! Datevi una mossa, razza di scansafatiche, il tempo delle chiacchiere è finito. Al lavoro! »
Diane guardò perplessa il suo capo che, trafelato, aveva appena raggiunto lei e un gruppo di altri Guaritori che stavano conversando nella sala da tè al quinto piano. Anche gli altri sembrarono confusi: a quell’ora di solito il San Mungo era tranquillo.
« Forse non mi sono spiegato abbastanza bene. Abbiamo un’emergenza! » sbottò quello.
Tutti loro si riscossero, affrettandosi a seguirlo.
« Cos’è successo, Guaritore Llewellyn? » domandò Diane, cercando di stare al passo dell’uomo.
« C’è stato un attacco di lupi mannari » rispose lui, e tutti quanti rabbrividirono. « Abbiamo quattro feriti gravi e altri nove con ferite profonde ma non urgenti. Ho fatto somministrare a tutti una Pozione Rimpolpasangue, ma adesso mi servite voi, non ce la faccio da solo, anche se sono più bravo di tutti voialtri messi insieme » aggiunse, mentre scendevano le scale.
Molti di loro scossero la testa, ignorando quell’affermazione. Ormai conoscevano abbastanza bene Dai Llewellyn da lasciargli dire quel che gli pareva. Il suo carattere era talmente scorbutico e vendicativo che gli era valso il soprannome di “Pernicioso”. In ogni caso, era uno dei migliori Guaritori in circolazione.
Quando raggiunsero il primo piano, Llewellyn si voltò a fronteggiarli, con l’aria di un generale che parla alle sue truppe.
« Bott, Samuels e Richards, occupatevi dei pazienti meno gravi. Non sono stati morsi, quindi potete usare subito il dittamo. Smethwyck e Johnson, voi andrete nel reparto morsi gravi. Ci sono due persone che sono state sicuramente morse e altre due che potrebbero non esserlo state, ma dobbiamo fare accertamenti. Macmillan » intimò poi, e Diane sobbalzò. « Il tuo cognome da sposata è Queen, vero? »
Lei lo fissò con perplessità, non capendo il senso di quella domanda. Lui non ricordava mai il suo cognome acquisito.
« Sì, perché? »
Llewellyn si fece mortalmente serio.
« Vieni con me » disse, senza aggiungere altro.
Uno strano senso di inquietudine si fece largo in Diane, ma lei si sforzò di non cedervi. Non capiva perché il suo capo le avesse fatto quella domanda, ma aveva un orribile presentimento.
Insieme ai Guaritori Smethwyck e Johnson, lo seguì oltre la prima porta a destra. I primi furono spediti da Llewellyn verso i letti a sinistra, che ospitavano due uomini insanguinati e doloranti.
Diane invece fu condotta verso l’ultimo letto, circondato da un separatore verde.
« Cerca di mantenere il controllo » le disse quello. « Poteva andarle peggio ».
Lei lo ignorò, mentre il timore che l’aveva sfiorata fino a quel momento diveniva sempre più una certezza. Con il cuore in gola, spostò la tendina… e si sentì mancare il fiato.
Rachel era distesa a pancia sotto sul lettino, e sembrava profondamente addormentata. La schiena era ricoperta di sangue.
Diane si sentì girare la testa, mentre un fischio assordante le suonava nelle orecchie, e rischiò di perdere l’equilibrio, perché le ginocchia non le reggevano quasi più.
La prima reazione fu un secco rifiuto. Doveva essere solo un incubo. Non poteva essere successo davvero, non a sua figlia…
Ma Llewellyn la scrollò, afferrandola per le spalle.
« Macmillan, stai calma. Non è detto che sia stata morsa, dobbiamo accertarcene. Ci sono ferite sovrapposte, quindi sarà complicato, ma ce la faremo ».
Lei scosse la testa, cercando di tornare lucida, ma le lacrime iniziarono a sgorgarle spontanee.
« Se non te la senti, me ne occupo io » bofonchiò lui.
« No. No, me ne voglio occupare io » fece lei, guardando Rachel con gli occhi lucidi.
« D’accordo… Ehi, tu! Che stai facendo? I visitatori non possono entrare » disse Llewellyn, rivolgendosi all’improvviso a qualcuno alle loro spalle.
Diane si voltò.
« Sirius! » esclamò, raggiungendo in due passi il ragazzo che si era avvicinato. « Che cos’è successo? »
Sirius esitò. Anche lui era ferito, nonostante i suoi fossero solo dei graffi, ma sembrava comunque molto provato.
« Siamo stati attaccati. Un lupo mannaro l’ha aggredita alle spalle, ma siamo riusciti a scacciarlo. Non l’ho visto morderla, anche se non posso essere certo che non l’abbia fatto prima che lo trovassimo. Mi dispiace… »
« Grazie » rispose Diane, cercando di calmarsi. « Puoi farmi un favore? »
« Devo avvertire suo marito e…? » chiese lui.
La donna annuì.
« La stanno aspettando svegli, e non posso dire loro una cosa del genere via gufo o Metropolvere… »
« D’accordo ».
« E mi raccomando, assicurati che chi non deve uscire di casa resti lì » aggiunse, riferendosi a Regulus, mentre Llewellyn aveva già iniziato ad esaminare le ferite di Rachel, ignorandoli.
Sirius annuì un’altra volta, poi uscì in fretta dalla stanza.
 
 
« Sono un idiota, sono un idiota, sono un idiota… »
Sturgis continuava a ripeterselo da solo, come per fissare bene in mente il significato di quelle parole.
Era seduto nel corridoio del primo piano, ma lontano da tutti gli altri membri dell’Ordine della Fenice. Si sentiva troppo in colpa per considerarsi degno di avvicinarli.
« Sono proprio un imbecille… »
« Hai finito di insultarti? » gli chiese qualcuno in quel momento.
Lui alzò lo sguardo, imbarazzato, e vide Emmeline che, in piedi davanti a lui, gli porgeva una tazza di tè.
« Mi sembravi sconvolto, così ne ho presa una anche per te. Prendi » disse la ragazza. Sturgis accettò, arrossendo per la vergogna.
Emmeline si sedette accanto a lui, bevendo a sua volta dalla propria tazza.
« Perché dicevi quelle cose? » gli domandò, dopo qualche sorso.
« Perché è vero. È colpa mia se Rachel è stata attaccata. Dovevo stare con lei e invece ho voluto fare di testa mia, e l’ho lasciata sola. Malocchio aveva detto di non dividerci, e io non l’ho ascoltato ».
Emmeline gli lanciò un’occhiata dispiaciuta. A Sturgis pizzicavano gli occhi.
« Se è stata morsa e per colpa mia è diventata un… non me lo perdonerò mai » concluse lui, fissando la tazza di tè che aveva in mano, ancora piena.
« Non dirlo neanche per scherzo. Non diventerà un… lupo mannaro » sbottò Emmeline, ma la voce le si incrinò prima che potesse concludere la frase.
Lui la guardò. Era molto spaventata, e non poteva darle torto. Aveva gli occhi arrossati, e fissava la porta della stanza oltre la quale stava la sua amica, guardando con speranza e timore insieme qualunque Guaritore ne uscisse. Ma nessuno diceva nulla.
Sturgis sentì l’improvviso impulso di consolarla, ma prima che potesse prenderle la mano posata sulla panca, lei la spostò senza accorgersene e assunse un’espressione di rabbia.
« Non devi considerarti responsabile, comunque » disse Emmeline, mentre Sturgis si bloccava, contento del fatto che lei non se ne fosse accorta. « Se c’è un colpevole, è sicuramente chi ha rivelato il nostro piano a Greyback. E stavolta gli Auror non ne erano a conoscenza, perciò siamo sicuri almeno di una cosa: il traditore fa parte dell’Ordine della Fenice. Silente si sbagliava ».
Sturgis chinò il capo. Non riusciva neanche a pensarci, ma i fatti parlavano chiaro ed era inutile illudersi. Qualcuno doveva aver parlato, e stavolta gli Auror non c’entravano: era per forza uno di loro.
 
 
Dopo la richiesta di Diane, Sirius era uscito in fretta e furia dal San Mungo e, non appena ebbe trovato una strada deserta, si era Materializzato davanti casa Queen.
Era inquieto e agitato, sia perché non aveva la più pallida idea di come iniziare a raccontare cosa fosse successo senza essere troppo brusco, sia per motivi ben più gravi, cui al momento non voleva neanche pensare.
Rimase due minuti buoni immobile davanti alla porta, prima di decidersi a suonare il campanello. Cercò di distendere la propria espressione. Non voleva allarmarli subito, anche se era ancora scosso per la battaglia feroce che si era conclusa da poco. Non sapeva neanche che ore fossero, ma a giudicare dal colore del cielo, l’alba doveva essere ancora lontana.
Quando Perseus gli aprì, aveva tutto l’aspetto di chi si è appena svegliato da un sonno sulla poltrona.
« Che cos’è successo? » gli domandò l’uomo allarmato, soffermandosi con lo sguardo sul taglio che Sirius aveva sul viso.
« Mi faccia entrare e glielo spiegherò » rispose lui, laconico.
Perseus si spostò per farlo passare e poi richiuse la porta alle proprie spalle.
« Allora? Dov’è mia figlia? » chiese, senza mascherare l’ansia.
Sirius esitò, ma alla fine decise di non girarci troppo intorno.
« Ecco, siamo stati attaccati e… È viva » aggiunse, vedendo l’espressione che Perseus aveva assunto all’improvviso. « Però si trova al San Mungo. È stata sua moglie a mandarmi qui per avvertirvi ».
Sirius si bloccò all’improvviso quando vide Regulus affacciarsi all’ingresso, anche lui assonnato.
« Che ci fai tu qui? » domandò.
« Rachel è stata ferita e si trova al San Mungo » rispose Perseus, con i pugni serrati.
Regulus sbiancò, e in un attimo fu del tutto sveglio.
« Ma guarirà, vero? » chiese. Aveva lo sguardo fisso sul fratello, ma quest’ultimo non lo voleva ricambiare, troppo preoccupato di come avrebbe reagito quando avrebbe saputo tutto.
« Sì… Il fatto è che non sono stati i Mangiamorte ad attaccarci ».
« E allora chi? »
Sirius si ritrovò improvvisamente a chiedersi perché dovesse essere proprio lui a dare una notizia del genere. Di colpo, gli sguardi degli altri due si fermarono sul suo taglio e il sospetto si disegnò sui loro volti. Sirius avrebbe voluto non confermarlo.
« Lupi mannari » sbottò, guardando da tutt’altra parte. Ma fu inutile, perché anche lui percepì il brivido di terrore che scosse gli altri due.
Perseus sembrava sul punto di far esplodere una rabbia incontrollata, mentre Regulus era diventato una statua di marmo.
« Non è detto che sia stata morsa » cercò di tranquillizzarli, rendendosi conto tuttavia di non poterli illudere. « Ma non posso assicurarvelo ».
Perseus non se lo fece ripetere due volte.
« Vado al San Mungo » disse, dirigendosi a passo spedito verso la porta.
Regulus parve ridestarsi da un coma profondo, e fece per seguirlo. Sirius lo sospettava, così lo bloccò.
« Lasciami » disse quello.
« Non puoi uscire ».
Perseus si voltò.
« Dai retta a tuo fratello e non muoverti di qui » disse.
Regulus tuttavia non sembrava avere intenzione di obbedire.
« Voglio andare anche io al San Mungo! »
Ma Perseus non era dell’umore più adatto per accettare discussioni, e infatti fu proprio in quel momento che esplose, prendendosela – tanto per cambiare – con lui.
« Ascoltami bene, signorino » sibilò a denti stretti, afferrandolo per la collottola. « Rachel si è fatta in quattro per farti restare al sicuro finora e non vorrebbe che tu ti facessi vedere in pieno San Mungo proprio adesso. Quanto a me, ho una figlia che rischia di condurre il resto dell’esistenza da maledetta, perciò perdonami se non ho alcuna intenzione di farti da guarda del corpo. Resta qui e non ti azzardare a fare il contrario. Non ho tempo da perdere con te ».
Detto questo, lo lasciò andare e uscì in fretta e furia.
Regulus si scrollò Sirius di dosso, con rabbia. Era sempre più pallido e Sirius temette che fosse sul punto di svenire.
« Vedrai che tornerà per dirti se ci sono novità ».
« Sta’ zitto » sbottò l’altro. Aveva i pugni serrati, che tremavano.
Sirius dovette respirare a fondo più e più volte per non cedere all’istinto di prenderlo a schiaffi. Cercò di trattenersi con tutte le forze, perché era chiaro che Regulus non ce l’avesse con lui ma che non sapesse neanche come sfogarsi.
Regulus si lasciò cadere sul divano, dove rimase immobile, i gomiti sulle ginocchia, le mani intorno alla testa e lo sguardo fisso sul tappeto. Sembra intenzionato a restare così per l’eternità.
Sirius aveva già una vaga idea di quello che gli stava passando per la mente. Non c’era neanche bisogno di conoscerlo bene per intuirlo.
« Che cosa farai adesso? » domandò, senza riuscire a trattenersi.
« In che senso? »
« Lo sai. Nel caso in cui Rachel fosse stata… »
« Non dirlo! Non è possibile ».
Sirius lo guardò, scrollando la testa.
Certe volte il destino è proprio un gran bastardo, si ritrovò a pensare. Regulus era una delle persone meno adatte a sostenere un problema del genere. Lui che era sempre stato fiero di essere Purosangue e aveva sempre disprezzato tutti i cosiddetti ibridi, più degli stessi Babbani, adesso rischiava di ritrovarsi con una fidanzata trasformata in lupo mannaro.
A dire il vero gli faceva pena, ma il pensiero di ciò che avrebbe potuto fare lo tratteneva. Certo, aveva voltato le spalle a Voldemort, ma i suoi pregiudizi di fondo restavano. Ma fino a che punto?
« Non puoi fingere che non possa succedere » gli disse con un tono abbastanza freddo. « Comunque, nel peggiore dei casi, lei resterebbe sempre la stessa persona che hai conosciuto. Solo nelle notti di luna piena dovrebbe… »
« Falla finita, non voglio ascoltare le tue teorie assurde! »
« Non sono teorie. Che cosa vorresti fare, allora? La lascerai? »
Regulus tremò impercettibilmente e gli rifilò un’occhiata glaciale.
« Se sei venuto per sottopormi ad un interrogatorio, ti sei sbagliato. Lasciami in pace ».
« Se non te ne sei accorto, sto solo cercando di aiutarti » replicò Sirius, stizzito. Stava iniziando a perdere la pazienza.
« Se vuoi davvero aiutarmi, trova un modo per farmi andare al San Mungo senza che nessuno se ne accorga ».
Sirius esitò, perplesso.
« E come potrei farlo? »
« Ah, non ne ho idea. Sei tu l’esperto di fughe ».
Il maggiore sospirò, ignorando la frecciata. Era incredibile come certe volte Regulus riuscisse a raggiungere i livelli di acidità di sua madre. Ma cercò di non pensarci.
« E va bene. Ti farò andare al San Mungo. Ma dovrai fare tutto quello che ti dico, senza prendere iniziative per conto tuo. D’accordo? Aspettami qui senza muoverti. Vado a prendere una cosa e torno »,
Regulus annuì, cupo, e Sirius colse la sua espressione: aveva l’aria di chi temeva di perdere tutto.
 
 
Rachel non sapeva nemmeno da quanto tempo stava fissando il vuoto. Era seduta sul letto di una stanza singola, nella quale era stata trasferita mentre dormiva, le braccia strette intorno alle ginocchia flesse.
Sua madre intanto le stava preparando una pozione che la facesse addormentare, e trafficava con ingredienti e alambicchi proprio accanto a lei, mantenendo un cupo silenzio.
Rachel si era svegliata da poco, quando le ferite sulla schiena le erano state fatte rimarginare completamente, ma avrebbe voluto poter dormire ancora. Diane le aveva detto di non essere riuscita a capire se fosse stata morsa oppure no. Le ferite erano tutte molto profonde, ma gli artigli di quel lupo mannaro erano lunghi quanto le zanne, e questo impediva di distinguere quelle provocate dagli uni e dalle altre.
Così avrebbe dovuto attendere che le facessero ulteriori accertamenti. Le avevano prelevato un campione di pelle per osservarne le reazioni alla luce lunare. Era ancora notte, ma quella stanza era completamente senza finestre e adattata in modo che non vi entrasse la luce della luna piena.
Rachel aspettava l’esito degli esami con angoscia. Aveva paura di quello che le avrebbero detto.
Gli eventi di quella notte le scorrevano davanti agli occhi come immagini fissate nella sua mente, e non riusciva a pensare ad altro.
Non faceva che chiedersi che cosa sarebbe stato di lei nel caso in cui quel lupo mannaro la avesse morsa davvero. La sua vita sarebbe cambiata completamente.
Ora capiva sul serio cosa doveva provare Remus Lupin fin da bambino, la paura che lo aveva sempre tormentato e che non gli concedeva mai di essere sereno. Anche lei ora provava il medesimo timore di fare del male a se stessa e, soprattutto, alle persone cui teneva. Forse soltanto adesso comprendeva veramente le ragioni che lo avevano indotto a concedersi la libertà di uscire dalla Stamberga Strillante. Non poteva biasimarlo. Lei stessa avrebbe fatto qualsiasi cosa per non provare il dolore bruciante che gli aveva causato il lupo mannaro quella notte.
Se fosse diventata anche lei un…
Non riuscì a concludere quel pensiero. Non voleva essere un lupo mannaro. Non era giusto. Era frustrante pensare che, se fosse rimasta a casa, tutto quello non sarebbe successo. In quel momento non riusciva proprio a pensare ai Babbani che sarebbero stati morsi al posto suo. Era difficile essere generosi e disinteressati in un momento simile, perché ad andarci di mezzo erano stati lei e tutti gli altri che avevano combattuto quella notte.
« La pozione è pronta » le annunciò Diane. Rachel non ebbe alcuna reazione.
« Non la voglio » sbottò, depressa.
Sua madre si sedette sul letto, guardandola con un’espressione decisa.
« Prendila, almeno potrai ingannare l’attesa dormendo. Ci vorrà un po’ prima che ci diano risultati certi ».
Rachel stava cercando disperatamente di lottare contro le lacrime che le pungevano gli occhi, e riuscì a trattenerle. Le sembrava di vivere in un incubo. Forse sua madre aveva ragione: restare sveglia ad aspettare sarebbe stato terribile e inutile.
Così prese il calice di pozione che Diane le offriva, e lo svuotò in un solo sorso. Subito iniziò a sentire una gran sonnolenza, e si sdraiò sul letto, poggiata su un fianco.
« Stai tranquilla » la rassicurò Diane, parlando con un tono fermo. « Comunque vada a finire, farò di tutto per farti vivere un’esistenza il più possibile serena e normale. Tu sei forte, so che potresti affrontare qualsiasi cosa ».
Rachel annuì con poca convinzione. Sua madre era sempre riuscita ad incoraggiarla e a farle trovare fiducia in se stessa, ma stavolta non le bastava. C’era un solo pensiero capace di farla tremare come una foglia, ed era quello che temeva più di tutti.
Quale sarebbe stata la reazione di Regulus?
Non riusciva nemmeno lei a credere che lui avrebbe di colpo abbandonato tutti i propri pregiudizi; era una prospettiva troppo felice e irrealistica. E nei confronti dei lupi mannari i suoi erano più che semplici pregiudizi. Li disprezzava ancora più dei Babbani, che almeno per lui erano umani...
Mentre il sonno cominciava ad appesantirle le palpebre, le tornò in mente un episodio di alcuni anni prima, quando Regulus, sfogliando il suo libro di Difesa contro le Arti Oscure, aveva trovato divertente commentare il capitolo sui lupi mannari scrivendoci sopra “ibridi schifosi”, suscitando l’ilarità e il consenso di molti compagni di Serpeverde.
Ma adesso quel commento, nato da un estremismo adolescenziale, la tormentava più di qualsiasi altra cosa, perché forse anche lei era diventata uno schifoso ibrido.
Il timore di perderlo le provocava un dolore straziante, superiore a qualsiasi altra sofferenza fisica.
Fino a quel momento si era trattenuta, ma il torpore provocato dalla pozione le impedì di continuare a mostrare una forza che non aveva.
E si addormentò con le guance rigate di lacrime.
 
 
Regulus non sapeva neanche quale forza gli permettesse di continuare a camminare. Si sentiva le gambe pesanti come il piombo, e si appesantivano sempre di più via via che saliva le scale del San Mungo.
Accanto a lui, Sirius lo teneva d’occhio, anche se con difficoltà, perché Regulus era invisibile.
« Non fare passi così lunghi, altrimenti ti si vedono le scarpe » sussurrò, ma il fratello minore non gli diede retta. Aveva fretta di sapere la verità, anche se sapeva che potesse essere terribile. Ma rimanere eternamente nel dubbio era ancora peggio.
Era talmente angosciato che avrebbe fatto anche a meno del mantello dell’invisibilità che Sirius lo aveva costretto a indossare. Non gli importava di essere visto e scoperto, non gli sarebbe importato nulla nemmeno se si fosse ritrovato davanti Lord Voldemort in persona. Voleva solo assicurarsi con i propri occhi che Rachel stesse bene e che la sua aggressione non avesse avuto conseguenze.
I corridoi semibui e silenziosi contribuivano ad aumentare la sensazione di soffocamento che provava. Credeva di essere sul punto di impazzire. Voleva correre e raggiungere Rachel. Non capiva proprio perché Sirius insistesse per non fare rumore. Che cosa importava?
Finalmente varcarono una porta e, appena furono sul corridoio, qualcuno chiamò Sirius.
Era Potter, che aveva tutta l’aria di averlo aspettato fino a quel momento.
« Sirius, le hanno cambiato stanza. È nel corridoio subito a destra, la penultima porta » sussurrò con aria circospetta. Poi si voltò a fissare qualcosa di indefinito sul muro alla destra dell’amico, e parlò di nuovo. « Ciao Regulus, sono contento di ehm… vederti vivo ».
« Sta dall’altra parte » gli suggerì Sirius, indicando la propria sinistra.
« Ah… comunque lo sapevo » mentì quello, nel tentativo di rimediare.
Regulus sbuffò, impaziente.
« Perché lui sa che sono qui? » sibilò a denti stretti.
« Perché il mantello che hai addosso è suo. Dovresti ringraziarlo, sai? » rispose Sirius.
Regulus bofonchiò qualcosa di indefinito, ma poi tagliò corto.
« Adesso vogliamo andare? Non ho tempo da perdere ».
« Vi porto io » disse Potter con un’alzata di spalle, guidandoli attraverso il corridoio.
Mentre quest’ultimo raccontava a Sirius le ultime novità, per esempio di come Malocchio e alcuni membri dell’Ordine della Fenice fossero tornati nel luogo della battaglia per assicurarsi che i lupi mannari non attaccassero più, Regulus li seguiva senza ascoltare minimamente i loro discorsi.
Aveva il cuore che gli martellava nel petto così forte che avrebbe potuto svegliare l’intero ospedale col suo ritmo veloce e ossessivo.
Seguì gli altri due lungo il corridoio a destra e si fermò a pochi metri di distanza dalla camera in cui si trovava Rachel.
Di fronte alla porta erano rimasti in pochi: Perseus, Emmeline e qualche altra persona che Regulus non conosceva. Ma non gli interessava, e fece un passo avanti, ma Sirius lo fermò.
« Non puoi aprire la porta così, sei invisibile » gli ricordò.
« Però possiamo distrarre i presenti » lo informò Potter, fingendo di parlare sottovoce con Sirius. « Così potrai approfittare della porta aperta per infilarti nella stanza ».
Regulus annuì, anche se nessuno se ne accorse. Aveva i sudori freddi e l’attesa gli sembrava insostenibile. Si sentiva come se qualcuno gli avesse strappato via un braccio, o qualsiasi altra parte del corpo. Un gelo immenso si era impadronito di lui e sembrava averlo privato della capacità di formulare qualsiasi tipo di pensiero.
« Regulus… » lo chiamò Sirius, allarmato. Dal tono era evidente che sospettasse una ritirata da parte sua.
« Che vuoi? » sussurrò, senza staccare gli occhi dalla porta.
Sirius tacque per alcuni istanti, ma alla fine parlò.
« Mi auguro che tu non faccia l’idiota ».
Lui non rispose, anche se sapeva bene che cosa intendesse Sirius. Quest’ultimo e Potter raggiunsero le altre persone che aspettavano, attirando la loro attenzione e coprendo la visuale che dava sulla porta della stanza.
Regulus afferrò la maniglia e, assicurandosi di non essere notato, entrò, chiudendo con attenzione la porta alle proprie spalle.
Ancora nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, rimase in perfetto silenzio, inchiodato sul pavimento come un albero dalle grosse radici. Non sapeva cosa fare.
La stanza era al buio, contrastato solo dalla debole luce di una bolla fluttuante sopra la sua testa. Rachel era immersa in un sonno profondo.
Regulus le si avvicinò, esitando. Aveva paura di guardarla, come se temesse di vederla diversa, cambiata, meno umana di prima…
Il solo pensiero gli fece quasi più male di una Cruciatus, e Regulus all’improvviso desiderò ardentemente di credere alle parole di Sirius, al fatto che sarebbe stata sempre la stessa. Si vergognava di tutte quelle sue esitazioni, ma aveva il concreto timore che, se fosse stata davvero un lupo mannaro, il loro rapporto sarebbe cambiato, indipendentemente dalle loro intenzioni.
Cercando di non fare rumore, prese una sedia e si sedette accanto al letto, fissando la ragazza con ansia. La tenue luce nella stanza gli permise di notare i segni delle lacrime che le avevano solcato le guance, e Regulus si sentì stringere il cuore vedendola così insolitamente fragile.
Ma forse, pensò, si stava preoccupando per niente. Forse non era stata morsa. Lo sperava con tutto se stesso, ma non poteva illudersi.
La lascerai?
La domanda di Sirius, sorta all’improvviso dalla sua memoria, gli provocò un brivido di terrore. Lasciarla: una sola parola che comprendeva un miliardo di significati e conseguenze. Non vederla mai più, non poterla più toccare, restare privo della persona che lo stava aiutando a convivere col proprio passato.
La lascerai?
Quella domanda ebbe il potere di schiarirgli le idee, perché la risposta più sincera e spontanea, priva di ogni riflessione, era una sola.
Mai.
Non avrebbe mai potuto, né voluto, farlo. Non poteva tradirla.
Lei era sempre stata al suo fianco, lo aveva salvato e continuava a sostenerlo.
Lei lo amava come nessun altro aveva mai fatto.
Quella fu la prima volta in cui Regulus lo capì davvero, con un moto di meraviglia, emozione e vertigine: Rachel era l’unica che avrebbe voluto al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni.
Se ne era reso davvero conto solo ora che rischiava di perderla. Dentro di sé lo aveva sempre saputo, ma fino a quel momento lo aveva dato per scontato. Ma non lo era affatto.
Un tempo la sua strada era già stabilita. Era diventato un Mangiamorte, avrebbe trovato un lavoro importante e infine avrebbe sposato Rachel, facendo nascere uno o più eredi maschi e permettendo così che la famiglia continuasse.
Ora invece non aveva la più pallida idea di che cosa sarebbe successo di lì a ventiquattr’ore. La sua strada non era più tracciata, ma continuamente incerta. Tuttavia, in un certo senso si sentiva più libero: poteva essere lui a decidere cosa fare della propria esistenza.
E sul fatto che Rachel fosse la donna della sua vita non aveva alcun dubbio.
Invece il loro futuro rischiava di essere distrutto per colpa di un mostro, che la aveva aggredita per il solo gusto di fare del male e di rovinare quante più vite possibili…
Una furia cieca lo invase. In quel momento sarebbe voluto uscire per trovare quel lupo mannaro e ucciderlo a mani nude. Era talmente pieno di collera che non controllò i propri movimenti, facendo cadere per terra il boccale vuoto della pozione. Esso si frantumò in mille pezzi, con un frastuono che, nel silenzio della notte, sembrò amplificato.
Con il cuore il gola, Regulus tacque, tendendo l’orecchio in direzione della porta, nel timore che qualcuno potesse aver sentito. Nessuno entrò, e Regulus tirò un respiro di sollievo.
Ma Rachel si era svegliata.
« Chi c’è? » chiese con un tono allarmato, la mano che corse subito ad afferrare la bacchetta sul comodino.
« Sono io » rispose lui, accorgendosi di come la sua voce fosse spiacevolmente incrinata. « Scusa, non volevo svegliarti » le disse.
Sul volto di lei si dipinse un miscuglio di emozioni, e sul momento non riuscì a dire nulla.
« Non saresti dovuto venire. È pericoloso. Qualcuno potrebbe vederti » disse alla fine, con una certa freddezza. Ora il suo volto cercava di sembrare impassibile, ma gli occhi rossi smentivano quel suo comportamento.
« Al momento non mi importa » rispose Regulus.
Rachel non rispose, ancora intenta a nascondere la paura che provava. Lui si alzò per andare a sigillare la porta, e poi tornò a sedersi accanto a lei, sfilandosi il mantello. Per alcuni eterni istanti nessuno dei due parlò.
Regulus si rese conto della paura che lei provava, e la prese per mano. La ragazza parve quasi sorpresa, ma gliela strinse a sua volta.
« Lo sai che potrei essere un lupo mannaro? » gli fece notare. Aveva un tono apparentemente tranquillo, ma il suo sguardo tradiva angoscia e preoccupazione.
« Non è detto » replicò lui.
« Ma potrei esserlo ».
« Perché insisti? »
Lei voltò la testa. Un silenzio inquieto calò su di loro.
« Senti, Regulus » disse alla fine. « Ci ho pensato molto, e sono arrivata alla conclusione che, nel caso in cui fossi stata morsa davvero, non dovrai sentirti costretto a restare con me per compassione… »
« Smettila » la interruppe lui, mentre sentiva una morsa serrargli le viscere. « Pensi che sia qui solo perché mi fai pena? »
« No, certo… Però tu potresti mai stare insieme ad un lupo mannaro? »
Regulus deglutì, ma si accorse di avere la bocca completamente asciutta.
Doveva aspettarselo, pensò, ma non aveva la minima idea di cosa rispondere. Se le avesse detto che non gli importava nulla, non sarebbe stato sincero. Ma non voleva neanche abbandonarla in un momento simile.
« Non lo so » rispose, incapace di mentire.
Non riusciva a pensarci davvero né ad abbandonare la speranza che non le fosse successo nulla. Non aveva idea di come avrebbe reagito se fosse andata male. Non era sicuro di essere capace di restarle accanto e sostenerla, anche perché – ne era certo – Rachel sarebbe stata più forte di lui nell’affrontare la situazione.
« Ma ti assicuro che sarei disposto a tutto, anche ad usare qualsiasi tipo di Arte Oscura, per trovare una cura che ti liberi dalla licantropia… »
« Non dirlo neanche per scherzo ».
« Per te lo farei ».
Regulus era consapevole dei suoi limiti: non avrebbe mai potuto iniziare a pensarla come Sirius sui lupi mannari, ma era altrettanto sicuro che non avrebbe mai abbandonato Rachel al suo destino. A parole non sapeva come farle capire quanto fosse importante per lui, e sperava che lei lo deducesse dai fatti.
E Rachel lo capì. Come facesse a intuire sempre i suoi pensieri, Regulus non riusciva proprio a spiegarselo.
« Scusami se ho dubitato di te ».
« Non scusarti. È brutto da dire, ma avevi tutte le ragioni per dubitare » ammise lui, pieno di rammarico. « Non avrei dovuto esitare neanche un istante, e invece… »
Rachel non sembrava delusa, anzi, dava l’impressione di capire i suoi timori. Tornò a sdraiarsi, posando la testa sul cuscino e continuando a stringergli la mano.
« Resterai con me finché non arriveranno i risultati delle analisi? »
Lo aveva chiesto come se non potesse fare a meno della sua presenza; e Regulus da parte sua non poteva fare a meno di rimanere insieme a lei.
« Sì » rispose, scostandole i capelli di lato mentre le accarezzava il viso.
 
 
Mentre Sirius e gli altri se ne stavano seduti sui sedili a muro del corridoio, scambiandosi ogni tanto qualche rara parola, Perseus se ne stava in disparte, affacciato alla finestra con le braccia conserte e la solita espressione arcigna.
L’attesa era così tremenda che aveva la sensazione di trovarsi in apnea da ore. Continuava a lanciare occhiate verso l’inizio del corridoio, nella speranza che sua moglie portasse buone notizie.
Il terrore che provava in quel momento gli impediva anche di infuriarsi, anche se di motivi per farlo ne aveva a volontà. Rachel gli aveva mentito, ma Perseus sentiva che la colpa fosse soltanto sua, da quando era stato così stupido e incosciente da permetterle di entrare a far parte di quel dannato Ordine della Fenice. Ma non ci sarebbe più ricaduto, era una promessa.
Mai più.
Si ritrovò a serrare la dita intorno al davanzale, e le nocche sbiancarono. Se pensava che la sua unica figlia rischiava di diventare un lupo mannaro credeva di impazzire.
Non gli interessava sapere quanti Babbani lei stessa avesse contribuito a risparmiare. Per lui la vita di Rachel valeva più di quella di mille altre persone, e non poteva farci nulla. L’unica immagine che aveva davanti agli occhi, e di cui non riusciva a liberarsi, era sua figlia che cadeva sotto i colpi letali di una creatura mimetizzata nella notte, mentre solo le fameliche zanne e gli artigli assassini brillavano nel buio.
Perché proprio lei?
L’angoscia lo rendeva talmente cieco che non riusciva neanche a pensare a chi in quello scontro aveva perso la vita.
La più grande paura che provava era quella di veder sparire il sorriso dal volto di sua figlia, colei che era stata capace di donargli quel senso di pace e serenità che non aveva mai provato prima, fin da quando, nella culla, aveva emesso il suo primo vagito.
Ricordava perfettamente quella neonata che lo fissava con curiosità quando lui la prendeva in braccio e che, con un trillo divertito e un lampo pestifero negli occhi scuri, iniziava a tirargli i capelli fino a quando non le restava qualche ciocca stretta nel pugnetto, e lei tornava a guardarlo con aria preoccupata e colpevole.
Non poteva credere come quella che era stata tanto piccola e buffa potesse diventare una creatura famelica ogni mese. Perseus non sapeva neanche quali sarebbero state tutte le conseguenze. Forse la licantropia la avrebbe cambiata, rendendola completamente diversa. O forse no. Non si era mai informato e non ne aveva idea.
Sembrava che la testa gli stesse per scoppiare. La prese tra le mani, appoggiando i gomiti sul davanzale e fissando con profondo timore la luna piena che iniziava a impallidire, man mano che si avvicinava l’alba…
« Perseus! »
La voce di Diane risuonò chiara e squillante nel corridoio silenzioso.
Perseus la guardò correre verso di lui, impietrito dalla paura.
« È salva! Non è stata morsa! » annunciò la donna, fermandosi accanto a lui, ma rivolgendosi anche agli altri, raggiante.
Perseus fu assalito da un sollievo così intenso che le ginocchia gli cedettero, e fu costretto ad aggrapparsi di nuovo al davanzale per non cadere per terra. Era sfinito come se avesse appena terminato di scalare una montagna.
« Sei sicura? » domandò, ancora troppo scosso per credere alle proprie orecchie.
« Sì » rispose lei.
Lui ci mise un po’ per riacquistare la lucidità, e lo fece solo quando sua moglie si diresse verso la porta, con la chiara intenzione di avvisare la figlia.
« Ehm… non sarebbe meglio lasciarla riposare? » intervenne Sirius, frapponendosi tra Diane e la porta, con un sorriso nervoso.
« No, voglio darle la buona notizia » rispose Diane.
« Davvero… sarà stanca dopo tutto quello che ha passato… » insisté lui, a voce fin troppo alta.
Perseus gli posò una mano sulla spalla, fissandolo con gli occhi socchiusi. Sapeva che con quello sguardo faceva sempre più paura del solito e trovava divertente osservare le reazioni imbarazzate delle persone.
« È lì dentro, vero? » sussurrò, in modo che solo Sirius e Diane potessero sentire.
« Non so di chi stia parlando » rispose prontamente Sirius, esibendo il meglio delle sue facce toste.
« Bene, allora entro » concluse Perseus, che tanto aveva già capito tutto. La porta era sigillata, così dovette usare un Alohomora per aprirla, nonostante gli ultimi deboli tentativi di Sirius.
Quando entrò, Rachel era sveglia. Regulus invece non si vedeva da nessuna parte e per un solo attimo Perseus pensò di essersi sbagliato.
La ragazza guardò sua madre con ansia, ma la donna le sorrise.
« Va tutto bene, non hai nessun morso! » le disse, raggiante.
Rachel tutt’a un tratto riacquistò tutto il colore che aveva perduto. Si lasciò abbracciare dalla madre, ancora incredula, lanciando poi un’occhiata incerta al padre. Evidentemente pensava che lui fosse infuriato, ma Perseus la rassicurò. Quello non era il momento per chiarire certe cose, e poi era talmente sollevato che non si sentiva neanche in vena di rimproveri.
« Purtroppo ti rimarranno alcune cicatrici che non abbiamo fatto in tempo a rimarginare del tutto » continuava Diane. « Mi dispiace… »
Rachel alzò le spalle.
« Poteva andarmi peggio. E almeno sono sulla schiena ».
Perseus le si accostò, posandole una mano sulla spalla.
« Dove si è cacciato? » chiese poi, mentre Diane somministrava alla figlia un’altra dose di Pozione Rimpolpasangue.
« Chi? » fece Rachel, con la voce acuta e lo sguardo nervoso rivolto a Sirius. Quest’ultimo si era chiuso la porta alle spalle, per essere certo che non entrasse nessun altro.
« Quello che dovrebbe essere il fratello obbediente. A quanto pare però lo è solo con i suoi » rispose lui, sarcastico.
Rachel arrossì.
« Ormai è inutile nasconderti, ti hanno scoperto » disse, rivolta ad un punto indefinito accanto a sé.
Improvvisamente, un Regulus piuttosto imbarazzato apparve in un angolo, sfilandosi un mantello dell’invisibilità. Lanciò un’occhiataccia a Sirius che rideva e uno sguardo inquieto a Perseus.
« Oh no, Regulus, devi tornare subito a casa! » disse Diane, preoccupata. « Qualcuno potrebbe vederti! È stato un bel gesto da parte tua venire a trovare Rachel, ma è stato pericoloso. Mi meraviglio di te, Perseus » sbottò poi, rivolgendosi al marito. « Come hai potuto permettergli di uscire? »
Perseus spalancò la bocca, mentre una vena iniziava a pulsare pericolosamente nella sua tempia. Sirius era scosso da un attacco di risate incontrollabili, e Rachel non era da meno.
« Io? Io gli avevo detto di restare a casa, fino a prova contraria! »
« È vero » confermò Regulus, cauto.
Diane non si scompose.
« Oh, d’accordo… »
Perseus sbuffò. Sua moglie con Regulus era sempre troppo conciliante.
« Mamma, come stanno gli altri? » chiese Rachel, cercando di deviare la conversazione.
Diane sospirò.
« Stanno bene, a parte quel povero Auror… Non è stato fortunato come te e non abbiamo potuto evitare che diventasse un lupo mannaro ».
« Edgar è tornato a casa » aggiunse Sirius. « Era distrutto per suo cugino ».
Lei si incupì.
Diane mise via la pozione e si rivolse a Regulus.
« Dovresti rimetterti quel mantello e tornartene a casa, adesso » gli suggerì. « Tra un po’ il Guaritore Llewellyn verrà a controllare i pazienti ».
Regulus annuì, anche se era evidente che avrebbe preferito rimanere ancora con Rachel.
« Lo porto io » si offrì Perseus, notando con immensa soddisfazione la reazione preoccupata del ragazzo.
« Forza, seguimi ».
Regulus stavolta non osò protestare. Salutò la ragazza in modo composto e apparentemente freddo, ma lo sguardo che entrambi si scambiarono era così intenso che Perseus sentì l’urgente bisogno di osservare i granelli di polvere sulla punta delle proprie scarpe, mentre un fastidio bruciante lo assaliva.
« Senta… Non volevo creare problemi ma… » mormorò Regulus mentre indossava il mantello, ma Perseus non gli permise di continuare.
« Taci » rispose a denti stretti, aprendo la porta e uscendo nel corridoio. « Facciamo che tu non dici nulla e io non farò commenti ».
« Va bene ».
Perseus tacque. In realtà non aveva nessun motivo di prendersela con lui, tutt’altro. Il comportamento di Regulus lo aveva sorpreso. Come minimo aveva pensato che Black volesse essere sicuro che Rachel non fosse stata morsa prima di andarla a trovare; e adesso si sentiva quasi in colpa per averlo pensato.
Forse, si disse, ho esagerato con lui.
Aveva trascorso tutta la nottata al fianco di Rachel, senza sapere se fosse davvero diventata un lupo mannaro oppure no. Regulus teneva davvero a sua figlia e Perseus non riusciva più ad ignorare questa consapevolezza. Aveva iniziato già da tempo a vederlo sotto un’altra luce, e quella notte ne aveva avuto la conferma…
Ma questo non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.
Eppure c’era qualcosa che continuava a infastidirlo e, ora che si era liberato della paura di quella notte, riusciva finalmente a capire di cosa si trattasse.
Quello sguardo che Regulus e Rachel si erano scambiati pochi istanti prima era lo sguardo di due persone che sapevano già di non poter fare a meno l’uno dell’altra.
E Perseus si era sentito improvvisamente ferito nel capirlo, perché il suo vizio di guardare sempre al passato gli aveva impedito di accorgersi che la bambina che anni prima si divertiva a tirargli i capelli non esisteva più da tempo. Al suo posto c’era una ragazza che, per quanto lui cercasse di trattenerla, gli stava lentamente, ma inesorabilmente, scivolando via tra le dita.
 
 
Erano tutti entrati nella stanza di Rachel, escluso James, che venne subito raggiunto da Sirius. Esclusi loro, Regulus e Perseus, il corridoio era completamente deserto.
Poco prima di andarsene, Regulus si bloccò, lanciando a suo fratello un’occhiata esitante.
« Sirius? » lo chiamò dal momento che, trovandosi sotto il mantello, per lui era impossibile vederlo.
« Che c’è? »
Silenzio.
Regulus si ritenne fortunato di essere invisibile, perché l’imbarazzo che stava provando era senza precedenti. Rimase muto per parecchi istanti, perché proprio non riusciva a dirlo: era più forte di lui.
Sirius tuttavia non ebbe bisogno di parole per capire cosa Regulus gli stesso cercando di dire.
« Non c’è di che » rispose, senza risparmiarsi un ghigno d’immensa soddisfazione.
Regulus ricominciò a camminare alle spalle di Perseus, senza aggiungere altro a quella conversazione imbarazzante, ma Sirius lo richiamò con un colpo di tosse.
« Che c’è? »
« Una volta tanto, sei stato meno idiota del solito ».
Regulus non disse nulla né si offese, ma si allontanò lungo il corridoio come se nulla fosse. A chiunque altro quell’affermazione di Sirius sarebbe apparsa come una delle sue solite battute irritanti, ma per Regulus il significato era molto diverso, perché valeva quanto un “sono fiero di te”.
« Prego! » aggiunse James, anche se non era molto sicuro che quel ringraziamento sottinteso fosse rivolto anche a lui... sempre se era un ringraziamento. Dalla risposta di Sirius doveva esserlo, ma non ne aveva la certezza. « Bè, fatemi riavere il mio mantello » aggiunse.
« Tranquillo, tra un po’ vado a riprendertelo » lo rassicurò Sirius.
« D’accordo. Ah, Felpato… La prossima volta che tu e lui intavolerete una conversazione così laconica e piena di sottintesi, vi saremmo tutti molto grati se metteste i sottotitoli ».

 
 
*Angolo autrice*
Se siete arrivati fin qui ancora vivi, dovreste aver notato che questo capitolo è un po' più lungo del solito. XD Mi sono lasciata trascinare dall'ispirazione (che è cosa buona e giusta, ma non abituatevi troppo a capitoli così lunghi, se no rischio di aggiornare una volta al mese).
Vado con ordine se no mi confondo da sola!

- Partiamo dai Guaritori del San Mungo, Ecco, io vi giuro che ho fatto di tutto per non far somigliare Llewellyn al dottor Cox di Scrubs, ci sono stata settimane, ma niente, proprio non ce l'ho fatta. Dovete capire che, dopo pochi giorni in cui ho visto
tutte le 8 serie di quel telefilm, la mia mente ha subito qualche danno irreversibile, e ho iniziato a immaginare il San Mungo come se fosse popolato dai personaggi di Scrubs. Ho fatto del mio meglio per limitare questa mia pazzia, e infatti l'ho modificato con qualche carattere diverso, ma non credo di esserci riuscita del tutto... O.o
Ps: comunque Dai Llewellyn è quello che dà il nome al reparto in cui sarà ricoverato Arthur Weasley quando sarà morso da Nagini.

- Per il cognome di Diane ho scelto Macmillan perché, visto che le famiglie Purosangue sono tutte imparentate, volevo collegare anche i Queen con le altre.

- Regulus mi ha creato non pochi problemi e  sono stata parecchio a pensare come avrebbe reagito. Insomma, non poteva saltare fuori esclamando "Non mi importa se diventi un lupo mannaro, resterò con te lo stesso. E già che ci siamo adottiamo qualche Babbano, evviva!"... Uhm, no, non è così che funziona la sua testa! xD La licantropia per lui resta una cosa disgustosa. Il fatto che Rachel, o qualcunque altra persona a lui vicina potrebbe esserne stata colpita, per lui è un incubo, e ho pensato che avrebbe cercato fino all'ultimo di convincersi che non fosse successo, per poi andare a inseguire qualcosa di impossibile come un modo per far tornare tutto come prima (anche se la pozione Antilupo sarà inventata dopo anni, ma neanche quella sarà una cura definitiva). Comunque, non la avrebbe abbandonata, ma questo spero che sia chiaro: ho paura che per rendere il più possibile IC il suo lato Black, abbia un po' tralasciato quello che prova per lei. Spero di no. ç__ç

- Ho paura che ci sia qualche stonatura nel fatto che Perseus, una volta rassicurato sulla salute di sua figlia, abbia il tempo di essere geloso, visto che oggettivamente è una cosa di poco conto rispetto al rischio che Rachel ha corso. Perseus ha molti sbalzi d'umore e non sa controllare molto i propri pensieri. Tra l'altro il suo caso è particolare: si è sposato abbastanza tardi rispetto alla media dei maghi (quindi per noi sarebbe l'unico normale! xD), e ha un'unica figlia cui è attaccatissimo, quindi rendersi conto che lei potrebbe lasciarlo presto è una prospettiva terribile (anche se in realtà non accadrà presto come teme). Comunque... non è pucciosissima Rachel da neonata? *-* Ok, non dovrei commentarmi da sola quello che scrivo, ma mi sono intenerita mentre scrivevo! xD

- Le conversazioni semi-mute tra Regulus e Sirius si commentano da sole. Non so se si rendono davvero conto di essere comici, ma vabè! xD

Direi che ho finito. Perdonate se anche queste note finali sono state più lunghe del solito!
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 23 aprile!
Ciao! ^^
  
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