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Autore: giulina    11/04/2011    8 recensioni
Alice poggia la testa bionda sul cuscino e si mette a fissare il cielo chiaro di maggio fuori dal lucernario sopra la sua testa, l’unico spiraglio di luce in quella stanza buia.
Bè più che una stanza è un garage.
Il garage del padre di Filippo in cui si vanno a rifugiare da quando hanno sei anni.
Era il loro nascondiglio segreto da piccoli, il luogo in cui potevano rimanere quanto volevano e dove nessuno li andava a cercare per sgridare.
In quel garage sono cresciuti, hanno imparato a leggere e a scrivere, sono rimasti a pomeriggi interi sdraiati sul letto ad osservare il soffitto in silenzio o ad ascoltare vecchi dischi in vinile che si inceppavano sempre in alcuni punti. Si sono scambiati il loro primo bacio girando una bottiglia vuota a dodici anni e sono diventati grandi senza accorgersene.
-Cerca di non russare-
-Ci proverò-
-Bene. Ho sonno e ho bisogno di dormire-
-Cos’è che ti toglie il sonno Lip?- Gli chiede con un tono acido.
-Una bionda che a mezzanotte mi chiede di risentirle storia-
-Potevi dirmi di no- Gli dice Alice alzando di poco la testa per specchiarsi nei suoi occhi verdi leggermente socchiusi.
-Non so dirti di no, Alice-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alice odia la matematica.

La odia quasi più del cioccolato.

La odia da quando quel maledetto giorno in seconda elementare la maestra Liliana scrisse alla lavagna “Le operazioni”.

Ebbe da subito dei problemi con le addizioni e le sottrazioni, le divisioni poi, meglio non parlarne. Passava pomeriggi interi a piangere come una disperata nella sua cameretta davanti al suo quaderno con degli esercizi che non sapeva risolvere.

Aveva tentato più volte di bruciare il suo libro rubando l’alcool dall’armadietto dei medicinali e l’accendino di suo padre e fingersi malata il giorno della verifica era un classico.

Alice odia la matematica, punto.

Ora che si trova in quinta liceo con l’esame di maturità alle porte, vede quella materia come un ostacolo, un enorme portone chiuso a doppia mandata con delle chiavi finite chissà dove.

L’unico che tenta di farle capire qualcosa è Filippo.

Lui, l’idiota, in matematica ha nove; come in quasi tutte le materie.

Tanti sono stati i pomeriggi in cui, rinchiusi nel loro garage, hanno passato il loro tempo tra equazioni algebriche e problemi di geometria.

Di più sono state le volte in cui Alice ,infuriata, gli aveva lanciato il libro in faccia imprecando contro tutto e tutti.

La pazienza non è mai stata il suo forte, soprattutto con la matematica.

è un pomeriggio di inizio maggio e lei, seduta sul letto con il libro di trigonometria sulle gambe dal colorito chiaro e la penna mordicchiata in bocca, guarda la porta del garage con il peggiore degli sguardi.

Sono le sette e Filippo non è ancora arrivato.

“Quello stronzo…”, pensa, sdraiandosi sulle lenzuola.

Le aveva promesso che l’avrebbe aiutata a studiare per l’interrogazione del giorno dopo ma non si è fatto vedere.

“Che imbecille..”

Ma tanto Alice lo sa che contrattempo ha avuto. È alta uno e settanta, capelli rossi, sorriso da gatta morta e si chiama Laura. Frequenta la quarta G ed ha chiesto a Filippo di bere un caffè insieme qualche giorno fa a scuola. Alice lo ha saputo da Serena, la sua compagna di banco.

Si guarda le unghie sempre più corte e sbuffa nervosa, indecisa se andarsene o restare.

Resta, da idiota quale è. Ma resta solo per l’interrogazione di domani, sia chiaro.

Alzo lo sguardo verso il lucernario e si mette a fissare le nuvole che passano dietro il vetro.

“Quando viene mi sente quel cretino….”

In verità Alice non è arrabbiata perché non potrà ripassare insieme a lui.

Alice è gelosa, verde dalla gelosia. Una gonna corta e due moine e lui è già perso.

-Vaffanculo!- Si alza rossa in viso per la rabbia e gli occhi gelidi ed esce dal garage sbattendo la porta con la borsa a tracolla sulla spalla.

Cammina a passo svelto per il cortile interno al palazzo dove alcuni bambini giocano insieme alle loro mamme sulle altalene e mentre sta per salire le scale di casa vede una Opel nera sgangherata e dai vetri sporchi parcheggiare vicino a lei.

Filippo scende dalla macchina con solo una maglietta a maniche corte a coprirlo e lo zaino colmo di libri su una spalla.

Le sorride alzando una mano per salutarla ma non appena vede il cipiglio arrabbiato sulla fronte della bionda, capisce che c’è aria di tempesta.

“Ahia…”, pensa, avvicinandosi di un passo ad Alice che, ferma accanto al portone di casa, lo guarda seria con le braccia incrociate sul petto.

-Ciao- la saluta educatamente, specchiandosi nei suoi occhi neri.

Lei lo guarda in silenzio, senza muovere un passo. Come una bomba prima di esplodere…e infatti…

-Ciao un corno, stronzo!- e via la prima manata sul petto.

-Hei ma che fai? Apetta… aspetta, cavolo! Cosa ho fatto?- le chiede il ragazzo, camminando all’indietro per schivare i suoi colpi.

-Oh ma sta’ zitto idiota!- gli risponde colpendolo con un pugno sul braccio nudo.

-Alice, ti stai ferma!- cerca di parlare mentre le blocca la mano destra con cui cercava di dargli un pugno allo stomaco.

È un tipo violento, Alice: ha fatto anche autodifesa per due anni quando era alle medie. Meglio non farla arrabbiare.

-Sei un’idiota. Io domani ho l’interrogazione di mate, mi spieghi come diavolo faccio?Gli racconto come ho passato il pomeriggio aspettando un imbecille che se la stava spassando eh?!-

Gli occhi verdi di Filippo si allargano dallo stupore. Aveva completamente dimenticato che dovevano studiare insieme.

Tutta colpa di Laura, pensa il ragazzo, è colpa sua. Ma hanno bevuto solo un caffè insieme mentre cercava di spiegarle l’ultimo argomento di scienze. Che colpa ne ha lui se quella non lo mollava più?

-Scusami. Me ne sono dimenticato-

Alice con uno strattone si libera dalla stretta di Filippo e con un ultimo “vaffanculo” a mezza voce sale le scale lasciandolo da solo.

-”Me ne sono dimenticato”- gli fa il verso imitando una voce maschile quando arriva davanti alla porta di casa.

È sempre arrabbiata, Alice, ma i pugni che gli ha dato l’hanno fatta sbollire un po’.

Posa la borsa sul mobile all’ingresso e si leva le scarpe sporche di terra vicino al tappetino.

Cammina fino in cucina dove trova suo padre con i capelli brizzolati e i suoi stessi occhi neri, che apparecchia la tavola per due persone. Come sempre.

Quando sente dei rumori alle sue spalle Stefano si gira e vede la figlia che cerca qualcosa nel frigorifero.

-Ciao tesoro- la saluta sorridendole mentre sistema una forchetta vicino al piatto.

-Ciao- mormora a bassa voce per poi uscire dalla cucina con una bottiglia d’acqua tra le mani.

E Stefano quel ciao se lo fa bastare. È già tanto che gli abbia risposto.

Alice va in camera sua e si butta sul letto con un tonfo secco. È stanca, tanto stanca e preoccupata per l’interrogazione del giorno dopo.

Chiedere aiuto a suo padre è fuori discussione. Anche lui non ci capisce poi molto avendo fatto un liceo classico e poi non ce la farebbe a starci accanto per più di qualche minuto.

Non hanno un buon rapporto, lei e suo padre. Non lo hanno mai avuto ma da quando sua madre dopo la separazione se ne è andata in Lombardia insieme al suo nuovo compagno tollera sempre di meno la sua presenza.

Stefano cerca di intrattenere la figlia in qualche conversazione, cerca di tornare sempre per pranzo e cena e la domenica ordina sempre da mangiare nella rosticceria sotto casa prendendo tutto quello che piace di più ad Alice.

Cerca di essere un padre presente volendo rimediare per tutti gli anni in cui la sua figura era sfuggente in quella casa.

Vorrebbe riuscire a parlare con sua figlia e magari fare qualcosa insieme a lei, andare a qualche sua mostra insieme.

Alice però non ne vuole sapere di avere un rapporto con lui e a monosillabi gli risponde quando le viene posta una domanda. Non le piacciono un granché le persone, suo padre compreso.

La bionda si è seduta a gambe incrociate sul letto con il libro davanti e con tutta la sua buona volontà sta cercando di capirci qualcosa e di tradurre quegli strani simboli uniti a dei numeri.

-Allora se aggiungo questo..si….e poi lo divido moltiplicandolo per due…ecco qui ho capito…poi…poi devo fare…cosa diavolo devo fare?-

I capelli stretti in una scomposta coda chiedono pietà per quante volte sono stati tormentati dalle sue mani nervose.

È fissa da mezz’ora sullo stesso passaggio e non riesce ad andare avanti.

Quando sta per buttare la spugna e il libro dalla finestra aperta, il suo cellulare vibra sopra alla scrivania.

Le arrivato un messaggio:

“Scusami. Sono un idiota e uno stronzo, lo so. Però ora vieni in garage. Ti sto aspettando..”

Un mezzo sorriso stende le sue labbra rosee. Con il libro sottobraccio esce veloce dalla stanza scordandosi anche la giacca.

È innamorata, in fondo... la possiamo biasimare?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco qui.

Il secondo capitolo di quella che è diventata a tutti gli effetti una long-fiction.

Il capitolo non era premeditato ma è da un paio di giorni che ho in mente questi personaggi ed oggi finalmente mi sono messa a scrivere.

Non so quando potrò aggiornare anche perché avevo intenzione di finire prima l’altra mia storia per poi dedicare interamente a questa, ma spero che la seguirete anche se non aggiornerò con regolarità.

A proposito di “Cenerentola e il marchese”, ancora non ho scritto niente del prossimo capitolo, sia per mancanza di tempo che di idee. In questi giorni mi metterò sotto e cercherò di aggiornare in settimana. Mi sa che il prossimo capitolo vi piacerà e mi dispiace che l’ultimo non abbia riscosso molto successo!

Risponderò quanto prima a tutte le recensioni e per questo vi volevo ringraziare per le bellissime parole che mi avete scritto.

Siete i miei cioccolatini al latte! (a me, a differenza di Alice, piace il cioccolato)

Spero che non consideriate questa storia come il solito clichè tra i due migliori amici perché vi assicuro che non è così, assolutamente e più avanti molto probabilmente lo scoprirete.

Un bacio grande,

Giulia :D

   
 
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