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Autore: robsten23    12/04/2011    14 recensioni
Elena è finalmente salva e insieme a lei tutti i suoi amici e la sua città. Klaus è stato sconfitto e adesso tutti possono godersi momenti di serenità e tranquillità, ma siamo sicuri che la pace sia tornata davvero e che Elena non corra più nessun pericolo? E poi ci sono altri problemi da affrontare per lei, problemi di cuore.
Tratto dal prologo:
“Quando hai il cuore diviso tra due persone non sai nemmeno tu chi ami davvero e ti ritrovi ad un bivio.
Acqua o fuoco, terra o cielo, razionalità o irrazionalità, destra o sinistra, finito o infinito?
Stefan o Damon?
Il buono e onesto o il cattivo e ribelle?
Per chi batte davvero il cuore di Elena Gilbert?”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Sedici

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Pov Elena

 

Era passata una settimana, una dannata settimana da quando Damon era rinchiusa nello scantinato insieme a Katherine e purtroppo io e gli altri non avevano fatto passi avanti. Al momento il modo, sempre se c’era uno, per spezzare quel maledetto incantesimo che teneva unite me e la vampira era per tutti un mistero.

Avevo pregato Bonnie e tutti gli altri perché facessero uscire Damon anche se questo avrebbe comportato far uscire anche Katherine, ma nessuno era dalla mia parte, neppure quel testone del mio fidanzato. Era meglio così, dicevano tutti, ma io non ci vedevo niente di buono in tutto quello che stava succedendo.

Una settimana senza poter stare con Damon, senza potermi fare cullare tra le sue braccia, una settimana da quando mi svegliavo la mattina senza averlo accanto e sinceramente quella situazione mi faceva soffrire più del normale.

Ero certa di amare Damon, lo ero già da un bel po’, ma credevo che non l’avrei mai potuto amare più di quanto già non facessi, invece, quei sette giorni lontana da lui mi avevano fatto capire quanto, invece, mi sbagliassi. A volte mi domandavo se il mio fosse un amore malato, non nel senso dispregiativo del termine, ma semplicemente un modo un po’ troppo eccessivo di amare qualcuno.

Avevo già affrontato una situazione del genere. Si, proprio un anno prima quando Stefan, per salvare Jeremy, era entrato nella cripta restando imprigionato con Katherine. Stavolta era diverso, però. Era terribilmente diverso e faceva troppo male, molto di più di quanto avessi dovuto sopportare allora.

E stavolta, a differenza di allora, nessuno mi impediva di scendere giù e restare ore e ore davanti alla porta di quella dannata stanza a guardare l’uomo che amavo, a fargli capire a sguardi che io ero lì e non me ne sarei andata. Damon, né gli altri, volevano che entrassi lì dentro. Dicevano che era pericoloso soprattutto adesso che la verbena in circolo nel mio corpo era stata espulsa. Katherine poteva attaccarmi nonostante fosse debole per via del sangue che noi rifiutavamo di darle e Damon lo stesso, visto che rifiutava tutto ciò che gli davamo dicendo che avrebbe dovuto condividerlo con lei e non ne aveva nessuna intenzione.

E così era trascorsa una settimana, una lunga ed estenuante settimana in cui non avevamo fatto un misero passo avanti. Stefan e gli altri non trovavano una soluzione e io, io ero completamente assente, come rinchiusa in una bolla dalla quale solo Damon avrebbe potuto farmi uscire, ma lui non c’era e seppur sentivo la sua presenza non riuscivo a reagire come avrei dovuto.

Poco mi importava di come il mio comportamento stesse influendo sugli altri, né tanto meno mi importavano le parole di Bonnie che non si spiegava i motivi del mio comportamento e sinceramente non ero neppure in vena di cercare di spiegarglieli anche perché erano rari i momenti in cui stavo con lei o con gli altri. Trascorrevo le mie giornate in camera di Damon, oppure seduta a terra vicino all’entrata dello scantinato.

Erano solo quelle due le mie mete giornaliere e me ne fregavo altamente che tutti fossero preoccupati, che tutti avessero un problema in più visto il mio assurdo e poco responsabile comportamento.

“Elena ti prego sali su e vai a riposare” mi disse Damon debolmente per la centesima volta nel giro di qualche ora.

Non mi ci voleva un genio per capire che non era nel pieno delle forze e mi faceva soffrire molto vederlo in quel modo.

Stava iniziando a diventare grigio come il cemento e sapevo che questo era solo l’inizio. Se non avrebbe bevuto sangue sarebbe solo peggiorato.

“Resto ancora un pò”.

“Sono ore che sei qui” si lamentò.

Lo so che lo faceva per me. Non voleva che lo vedessi in quello stato e non voleva che trascurassi così tanto me stessa.

“Ti do fastidio?” urlai quasi.

Non sopportavo più nulla, ogni minima parola, anche detta da lui, la interpretavo sempre nel modo sbagliato.

“Non sto dicendo questo”.

“Bene”.

Ci fu silenzio per qualche istante, poi lui riprese a parlare.

“Ti prego, sali su a mangiare”.

“Non ho fame”.

“Non fare la stupida e comunque restare qui non migliorerà la situazione”.

“Non mi importa”.

“Perché devi essere così testarda?” mi domandò sfinito.

“Per lo stesso motivo per cui lo sei tu”.

“Elena…” tentò ancora.

“Damon non mi muoverò di qui fin quando non lo deciderò io, fine del discorso” gli dissi cercando di mostrarmi dolce per quanto potevo vista la situazione e soprattutto alla vista del sorriso beffardo di Katherine.

“Bene” disse lui arrendendosi.

“Bene” ripetei io mentre lui abbassò di nuovo la testa portandola in mezzo alle ginocchia. Era tutto il giorno che era fermo in quella posizione: seduto a terra con la testa tra le gambe.

Mi voltai e guardai Katherine. Lei a differenza di Damon era comodamente seduta sulla sedia e nonostante fosse pallida come un lenzuolo manteneva la sua aria diabolica e il suo sorrisino malizioso.

Restai lì ancora per un bel po’ di tempo, poi mi decisi a salire su. Non dissi nulla, non serviva, tanto sarei tornata tra qualche ora.

Mi alzai e mi diressi verso l’uscita, ma sentii Katherine iniziare a parlare. Allora mi nascosi cercando di non fare rumore per non farmi sentire.

I loro sensi si erano indeboliti leggermente per via della mancanza di sangue, quindi potevo sperare che ciò unito al fatto che stavano per intavolare una discussione li avrebbe fatti distrarre dal capire che ero ancora lì.

“E così adesso state insieme” gli disse lei.

“Scusa?” domandò lui non comprendendo le sue parole.

“L’ho capito sai. Tu ed Elena, voi state insieme. L’ho osservata in questi giorni e ti guarda come se non esistesse nessuno al di fuori di te. Non le ho visto guardare nemmeno Stefan con quell’intensità”.

Damon non disse nulla e lei riprese.

“Ero sicura che ci saresti riuscito. Ti conosco molto bene e so che quando vuoi qualcosa trovi sempre il modo di prendertela”.

“Katherine sta zitta”.

“Mi domando solo fino a che punto sei riuscito a spingerti per ottenerla”.

“Non sono cose che ti riguardano”.

“Invece si, tesoro. Tutto quello che riguarda te e Stefan riguarda anche me”.

Potei leggere una nota di malizia in quella frase, ma non ci badai più di tanto.

“La amate così tanto che sareste disposti a tutto pur di salvarla. Guardati. Damon Salvatore, costretto dentro una stanza solo per aver salvato una donzella dalla grinfie della cattiva” disse con fare teatrale.

“Katherine chiudi quella dannata bocca. Non ho voglia di fare conversazione”.

“Di cosa hai paura Damon?”

Rabbrividì a quelle parole pensando a quello che poteva avere in mente quella stronza psicopatica.

“Io non so nemmeno cosa sia la paura”.

“Oh si, invece. Te ne stai raggomitolato in quell’angolino da giorni, senza dire né fare nulla e sappiamo entrambi perché lo fai”.

“Ah si? E sentiamo perché?”

“Hai paura di me, di quello che potrebbe succedere. Lo sappiamo entrambi che tu non mi hai mai dimenticata, così come non l’ha fatto Stefan. Con lui c’era amore, con te, con te c’era la passione” fece un attimo di pausa, poi mi sembrò sentirla muoversi “ricordi come ci divertivamo io e te?”

Un moto di rabbia mi percorse tutto il corpo. Ero certa che questo momento sarebbe arrivato. Katherine doveva pur trascorrere il suo tempo lì dentro in qualche modo e quale miglior modo per giocare?

“Katherine sta zitta” ripeté nuovamente lui.

“A volte tu e Stefan siete così simili” sbuffò lei, ma poi riprese a parlare “però vi divide una grossa differenza. Stefan è razionale ed è perfettamente in grado di controllarsi, tu, invece sei irrazionale, non sei in grado di gestire i tuoi istinti”.

Damon dovette fare un’espressione strana in volto, perché la vampira continuò.

“Cos’è non ci credi? Posso dimostrartelo”.

Dopo quelle parole sentii un rumore sordo, come di due massi che si scaraventano a terra. Affacciai leggermente la testa per vedere cosa era successo e ciò che vidi mi raggelò all’istante, mentre lacrime mute e silenziose presero a scendere copiose sul mio volto.

Katherine lo aveva buttato a terra e si era messa a cavalcioni su di lui accarezzandogli il petto con fare suadente. Il suo viso si avvicinava sempre di più a quello di lui e la mia gelosia cresceva a vista d’occhio. Non riuscivo a tollerare una scena del genere.

Damon era a terra immobile. Sembrava anche aver smesso di respirare.

“Lo so che mi desideri e so che non puoi resistermi. Tu mi ami ancora anche se non lo ammetterai mai” gli soffiò a qualche centimetro dalle labbra.

Damon non disse, né fece nulla e la mia rabbia ribolliva sempre di più. Io qui a soffrire per lui e loro lì che stavano per dare inizio al divertimento.

“Avanti Damon, possiamo trascorrere il nostro tempo qui in modo decisamente più utile”.

Dopo aver pronunciato quelle parole avvicinò le sua labbra a quelle di Damon, ma lui in quel momento sembrò come risvegliarsi dalla trans in cui era caduto.

In una frazione di secondo invertì le posizione e adesso era lui a trovarsi sopra di lei e ad avvicinare pericolosamente le sue labbra a quelle di lei.

Dio non ci potevo credere, non ci volevo credere.

“C’è una donna che desidero ed è la stessa donna che amo. E sai una cosa? Ti somiglia molto nell’aspetto, decisamente troppo, ma spiacente per il resto è totalmente opposta a te e vuoi o non vuoi tu non sei lei, quindi rimettiti a sedere e chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca” gli disse glaciale prima di prenderla per il braccio e scaraventarla al muro.

Una gioia inumana, inspiegabile, qualcosa che non avevo mai provato si impossessò di me. Lui amava me, solo me. Katherine era solo un lontano ricordo, ormai.

Avrei voluto correre da lui e abbracciarlo, baciarlo, farci l’amore, ma non potevo e mi sentivo perfino in colpa per non essermi fidata di lui, per aver pensato anche solo per un istante che lui avrebbe ceduto.

Katherine assunse un’espressione furiosa. Non credeva che Damon l’avrebbe rifiutata.

“Che diavolo vi ha fatto quella spocchiosa umana?” urlò furente.

Damon scattò verso di lei e la bloccò al muro.

“Chiamala di nuovo così e ti farò passare qui dentro le peggiori giornate della tua vita”.

“La ami così tanto da rinnegare l’amore che provi per me?” continuò lei imperterrita.

“È qui che ti sbagli. Non rinnego l’amore che ho provato per te” sottolineò la parola provato per farle capire meglio il fatto che adesso non era più così “rinnego solo la parte di me stesso che lo ha fatto, la parte che avrebbe fatto di tutto pur di riportarti alla vita”.

La lasciò andare e lei rimase a terra immobile prendendo però a ridere sguaiatamente.

“Mi fa piacere che lo trovi divertente”.

“Trovo divertente il fatto che tu credi che lei razionalmente ricambi i tuoi sentimenti. L’ho vista. In questi giorni l’ho osservata, ho sentito tutti i discorsi che fa su con gli altri e l’ho capito che state insieme, ho capito che anche Stefan ha accettato la cosa, ma ciò che con capisci è che il suo amore non può essere duraturo. Non potrà mai amarti per sempre. Lei ama questa umanità che ti ha fatto uscire fuori, ma lo sappiamo entrambi che è falsa. Tu sei crudele e spietato come me e quando lei se ne renderà conto, quando lei capirà che questa di adesso è solo una maschera ti lascerà solo e ti ritroverai di nuovo il cuore a pezzi” gli urlò contro.

Avrei voluto correre da lei e dirgli che erano tutte bugie. Io amavo Damon in tutto, anche nella sua parte crudele e sapevo che quella parte non sarebbe più uscita fuori. Lui non era il cattivo che tutti e perfino lui stesso avevano dipinto, era quella la maschera, non quello che era adesso.

“Correrò il rischio” furono le uniche parole di lui.

“Non impari mai, non è vero?” chiese lei sprezzante.

“Se hai ragione tu avrò tutta l’eternità per ricucire queste ferite. Adesso chiudi il becco e fai silenzio. Non ho più voglia di ascoltarti” gli urlò contro riuscendo a zittirla stavolta.

Katherine non aveva capito nulla e ringraziai con tutta me stessa Damon per non essersi fatto abbindolare da quelle parole. Ero orgogliosa di lui, di quello che era e di come aveva affrontato la situazione.

I due tornarono a fare silenzio e così mi decisi a salire in camera, ma incontrai Caroline che vedendomi in uno stato pietoso mi portò nella sua camera. Poco dopo sentimmo bussare piano alla porta e non ci volle molto per capire che fosse Bonnie.

Quando entrò vidi che aveva con sé un vassoio con del cibo.

Lo posò sul comodino, poi si sedette sul letto e mi abbracciò forte. A noi si unii anche Caroline e ci stringemmo in uno dei nostri abbracci collettivi, quelli che ci facevamo per darci forza l’una con l’altra, per dimostrarci che ognuna di noi c’era per l’altra indipendentemente da tutto e tutti.

Mi sentii un po’ in colpa per come le avevo trattate in quei giorni, ma se pensavo a Damon non potevo non fare così. In fondo era anche colpa loro se lui restava chiuso lì dentro, visto che nessuno era intenzionato a spezzare via l’incantesimo.

Poco dopo ci staccammo e tutte e tre ci mettemmo con le gambe incrociate sul grande letto che da più di un mese era diventato il rifugio di Caroline in quella grande casa.

Non dicemmo nulla. Restammo in silenzio per un tempo sconsiderevole. Spiegarmi il motivo era facile. Succedeva sempre così quando qualcuno di noi stava male e le altre non volevamo essere pesanti nei discorsi e nelle prediche, quindi ci limitavamo al silenzio consapevoli che era un modo per far sentire la propria presenza a chi tra noi stava male.

Quel silenzio, però, in quel momento non mi faceva affatto bene perché mi permetteva di ripensare a tutto quello che stava succedendo, a tutto quello che pian piano si stava sgretolando sotto le mie mani, a tutto quello che mi stavo perdendo con Damon spaventata più che mai che sarebbe rimasto lontano da me chissà ancora per quanto tempo.

“Elena, perchè non mangi qualcosa?” chiese poi Caroline all’improvviso indicando il vassoio che aveva portato Bonnie.

Scossi la testa, senza dire nulla.

“Non hai toccato niente oggi” mi informò l’altra.

“Non ho fame”.

“Non magiare non ci aiuterà a sistemare questa assurda situazione”.

“Non ho fame” ripetei insistente.

“Io non capisco perché stai reagendo così male alla cosa. In fondo sta bene lì sotto, più o meno” mi disse pacatamente Bonnie.

Alzai lo sguardo fino ad allora posato sulla coperta del letto e la guardai negli occhi notando davvero le sue perplessità. Fu a quel punto che non riuscii più a trattenere le lacrime, le ennesime lacrime di quella settimana.

“Tu non capisci mai nulla” sbottai e mi alzai dal letto correndo verso il mio unico rifugio: la camera di Damon.

Possibile che davvero fosse tanto ottusa su ciò che riguardava Damon da non capire davvero come stavano le cose?

Prima di arrivare a destinazione mi sentii bloccare per un polso. Era Stefan, avrei riconosciuto la sua stretta tra tante.

Mi voltai e incontrai il verde dei suoi occhi. Mi bastò leggergli dentro per capire che in fondo tra tutti lui era quello che mi capiva di più. La mia sofferenza era la sua sofferenza. Sapeva di non poter fare nulla per suo fratello, sapeva di non poter fare nulla per me. La stessa situazione in cui si era trovato Damon tempo prima, solo che lui e suo fratello era diversi e certo Stefan era quello meno combattivo tra i due.

In una frazione di secondo si avvicinò a me e senza dire nulla mi abbracciò più forte che poté.

Restai un attimo basita non aspettandomi quella reazione da parte sua, ma alla fine ricambiai l’abbraccio stringendomi a lui fortissimo, come se quelle braccia fossero la mia unica ancora di salvezza e, forse, forse lo erano.

Stefan in quella settimana c’era sempre stato, con uno sguardo, una parola, un abbraccio. Lo sentivo costantemente. Era lui che ogni notte entrava in camera di Damon per consolare le mie lacrime, era lui che mi teneva stretta a sé cercando per quanto gli era possibile di farmi stare meglio, era lui che usava il suo potere per incantare i miei sogni nonostante le immagini che metteva nella mia mente fossero per lui dannose.

E io ero un’egoista, ero egoista perché non lo scacciavo via, perché mi stringevo a lui come in quel momento e mi lasciavo cullare senza curarmi di quanto male lui dovesse sentirsi nel vedermi soffrire per qualcuno che non era lui. Sapevo bene tutte quelle cose, ma non riuscivo a mandarlo via. Io avevo bisogno di lui, avevo bisogno che mi sussurrasse piano che andava tutto bene, che si sarebbe risolto tutto, che Damon sarebbe uscito da lì dentro tornando a fare lo sbruffone di sempre.

“Lo farò uscire da lì, te lo prometto” furono le sue uniche parole mentre io lo strinsi più forte.

Poco dopo senza nemmeno che me ne accorgessi mi ritrovai sdraiata in camera di Damon con Stefan che mi stringeva a lui infondendomi quel coraggio che sembravo avere perso e mentre ancora le lacrime rigavano i miei occhi mi addormentai sperando che quando i miei occhi si fossero riaperti tutto sarebbe cambiato.

E invece, invece, non cambiò nulla. Qualche ora dopo mi svegliai accorgendomi che era notte fonda. Stefan era andato via e in quella grande stanza c’eravamo solo io, il mio dolore e le mie lacrime, quelle lacrime che continuavano a scendere copiose sul mio volto ogni misero secondo che pensavo a quegli occhi ghiaccio che mi avevano stregato.

Vidi una sua camicia appoggiata ai piedi del letto. Mi avvicinai e la presi annusandone il profumo. Sapeva ancora maledettamente di lui. C’era impresso sopra l’odore del profumo che usava, ma soprattutto l’odore naturale della sua pelle, quell’odore che accompagnava tutte le mie notti da un po’ di tempo a questa parte.

Mi domandavo cosa avessi fatto per meritarmi tutto quello che mi era successo nella mia vita. Possibile che meritassi tutte quelle sofferenze? Possibile che non potessi godermi un po’ di meritata felicità?

Tolsi la mia maglietta e infilai la sua camicia, ne avevo maledettamente bisogno, poi tornai a letto e mi rannicchiai in posizione fetale continuando a piangere cercando di non farmi sentire. Ero certa che ogni minimo rumore, anche il meno impercettibile fosse saltato all’orecchio di Stefan e Caroline, ma anche di Damon nonostante fosse notte fonda e di certo erano tutti addormentanti. Avrai tanto voluto non piangere, eppure non

riuscivo a trattenerle quelle lacrime. Ero disperata, una disperazione che non ero certa se ne sarebbe andata facilmente, non senza di lui di nuovo al mio fianco.

Restai tra quelle lenzuola bagnate di lacrime ancora per un po’, ferma immobile cercando di scacciare le lacrime, di mandarle lontane, ma mi veniva difficile, troppo.

Dopo non so quanto tempo mi alzai dal letto e uscii da quella camera, quella camera che mi ricordava i momenti più belli di tutta la mia vita, tutti quei preziosi momenti con lui.

Silenziosamente mi diressi verso la cucina e mi versai un po’ d’acqua, poi andai in salone, quel salone che in quei giorni era gremito di gente e che adesso era vuoto. Vicino al camino ormai quasi spento vidi un paio di libri aperti e dei fogli qua e là e non mi fu difficile capire che servivano per fare ricerche in merito a quel dannato incantesimo che mi teneva unita a Katherine, o almeno così credevo.

Provai a sfogliare qualche foglio, ma mi resi conto che era scritto tutto in perfetto latino e per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capirci nulla. I fogli sparsi per terra erano invece pezzi di traduzione dei libri e sembravano vecchie maledizioni o informazioni varie su alcuni incantesimi.

Sistemai di nuovo tutto come lo avevo trovato e mi diressi nel corridoio pronta a salire in camera, ma qualcosa mi bloccò. Era come una spinta che mi diceva che non era quello il mio posto e io sapevo bene, invece, qual’era quello giusto, per questo cercando di non far rumore scesi le scale che conducevano al seminterrato.

Quando arrivai a destinazione mi avvicinai alla stanza e mi resi conto che sia Katherine che Damon dormivano.

Lei era sdraiata nella parete di fronte alla porta, mentre Damon era molto più vicino all’uscio, ma era seduto con le spalle al muro, le ginocchia quasi al petto, le braccia sulla pancia e la testa leggermente inclinata di lato. Doveva stare scomodissimo.

La sua espressione era comunque angelica, ma era stanco e sfinito. Il suo volto

sembrava essere diventato un pezzo di cemento.

Senza pensarci due volte varcai quella soglia che durante tutta la settimana mi era stata vietato da chiunque di oltrepassare e a passo felpato mi avvicinai al mio ragazzo. Mi sedetti poco vicino a lui e gli baciai una guancia prima di prendere la sua mano e portarla nella mia rendendomi conto che era fredda come il ghiaccio.

Dio da quanto desideravo un contatto con lui.

Non feci in tempo a stringermi al petto quella mano che vidi i suoi occhi aprirsi e due iridi zaffiro fissarmi intensamente, ma allo stesso tempo con sorpresa.

“Cosa ci fai qui dentro?” mi mimò con le labbra.

Non poteva parlare, farlo avrebbe fatto svegliare i sensi acuti della vampira a qualche metro da noi.

Non risposi alla sua domanda, ma feci quello che avrei voluto fare da tanto tempo. Gli buttai le braccia al collo e lo stritolai in un abbraccio.

Lui rimase fermo, non aveva nemmeno più la forza di parlare e non potevo fargliene una colpa. Era abituato a nutrirsi regolarmente e una settimana senza sangue era inconcepibile anche solo da pensare.

Lo strinsi a me più forte che potei, ma senti subito che c’era qualcosa di diverso. In quell’abbraccio per quanto mi sentissi a casa mancava qualcosa, mancava quel calore che solo lui riusciva a darmi.

Avrei tanto voluto correre a prendergli del sangue, ma sapevo che non me l’avrebbe permesso. Avrebbe dovuto condividerlo con Katherine e al momento ciò che più ci serviva era una Katherine sfinita, stanca e attaccabile.

Fu questione di pochi secondi prima che mi venne un’idea.

Mi staccai dall’abbraccio e lo guardai dritto negli occhi.

“Ti amo” gli mimai e lui mi sorrise debolmente.

“Non dovresti essere qui” mi disse a fatica.

Non gli risposi, ma mi avvicinai a lui e posai le mie labbra sulle sue. Un bacio stampo molto casto, forse il più casto che ci eravamo mai dati.

Mi era mancato da morire quel contatto.

Quando ci staccammo avvicinai il mio polso alle sue labbra sorridendogli fiduciosa, ma lui allontanò il suo viso voltandolo dall’altro lato.

Appoggiai la mia mano alla sua faccia costringendolo a voltarsi. Lui fece resistenza, ma alla fine mi guardò.

“Ne hai bisogno”.

“Ma anche no”.

“Perché sei così testardo?”

Lui sorrise e non mi rispose, ma ciò che fece mi mandò in tilt.

Si avvicinò nuovamente a me e mi fece appoggiare la mia testa nell’incavo tra il suo collo e il suo petto, poi appoggiò una mano sulla mia testa e mi strinse forte lasciandomi un delicato bacio sulla testa.

In quel momento il mondo si sarebbe anche potuto fermare, non mi interessava nulla. Avevo tutto ciò di cui avevo bisogno.

E strano come a volte stai accanto ad una persona per tanto tempo e magari non ci fai neppure caso, poi un giorno sembra come se per magia i tuoi occhi si fossero aperti e ti rendi conto che quella persona che hai avuto accanto è l’unica della quale non puoi più fare a meno.

“Ti prego, fallo” sussurrai appena.

Ero certa che capisse a cosa mi stavo riferendo.

“No”.

“Amore, ti prego. Ne hai dannatamente bisogno”.

“Forse o forse no”.

Mi scansai leggermente per poterlo guardare negli occhi e alzai un sopracciglio come a fargli capire che sapevamo tutti e due come stavano le cose.

“Ok, ne ho bisogno, ma non lo farò”.

“Te lo sto chiedendo io”.

“Elena potrei…” provò a dire, ma lo interruppi.

“Non dire che potresti farmi male, non lo farai”.

“Ne sembri certa”.

“Lo sono infatti. Io mi fido di te”.

“Non so se questo sia un bene o un male”.

“La smetti di parlare? Mi fido di te più di chiunque altro. Stop. Io mi fido, io credo in te”.

Gli feci una leggera carezza, poi avvicinai di nuovo il mio braccio alle sue labbra.

“Ti prego” lo esortai ancora.

Lui non si mosse, ma mi guardò negli occhi forse cercando di capire cosa davvero pensavo. Non so cosa ci vide, ma mi sorrise debolmente.

“Non ti farò del male, te lo prometto”.

“Non serve che tu lo prometta, io lo so già”.

Gli sorrisi cercando di infondere in quel movimento di labbra tutto il mio amore, poi sentii qualcosa di appuntito perforarmi la carne del polso. Credevo che sarebbe stato doloroso, eppure non sentii nulla, forse perché in quel momento il dolore fisico non aveva importanza in paragone a quello che stavo facendo per Damon.

Sentii il mio sangue scorrere via e in quel momento mi sembrò come se il rapporto con Damon stesse diventando più profondo. Donargli spontaneamente il mio sangue era un gesto forte, me lo aveva detto Stefan una volta, diceva che per gli esseri come loro ricevere sangue volontariamente era qualcosa di intimo, qualcosa che creava un rapporto intenso con una persona.

Quando Damon si staccò vidi finalmente l’uomo di cui mi ero innamorata. I suoi occhi erano tornati a brillare, la sua pelle aveva ripreso bene o male il solito colorito e il suo sorriso e la sua espressione era tornata ad essere quella spavalda di sempre.

Mi guardò e poi si avvicinò baciando le mie labbra in un bacio che di casto non aveva nulla e ad essere sincera non aspettavo altro. Era una settimana intera che bramavo quelle labbra.

“Prendine ancora un po’” gli dissi quando poi ci staccammo.

“Questo basta”.

“Damon…” lo rimproverai.

“Mi sento molto meglio. Giuro che questo mi basta”.

“Sicuro?”

“Ti amo Elena” mi disse all’improvviso ignorando bellamente quanto gli avevo appena detto.

Sorrisi a quelle parole. Sapevo che mi amava, ma era sempre bello sentirselo dire, soprattutto da lui che difficilmente riusciva ad esternare a parole i suoi sentimenti.

“Mi sei mancato” riuscii a dire io appoggiando di nuovo il mio volto al suo petto.

“Ah si?” mi sussurrò malizioso al mio orecchio prima di baciarlo.

Sembrava come se lì dentro adesso ci fossimo solo noi. Ci eravamo completamente dimenticati di Katherine che per fortuna era troppo debole per riuscire a sentire i nostri sussurri visto che dormiva.

Mi avvicinai e lo baciai una volta, due, tre e poi ancora e ancora. Non desideravo altro.

“Mi sei mancata anche tu” mi disse poi.

“E dovrei crederci? Direi che sei stato in ottima compagnia” lo provocai lanciando uno sguardo veloce a Katherine.

“Sei gelosa della stronza?” mi domandò sorridendo.

“Dovrei esserlo?”

“In effetti diciamo che ci siamo divertiti in questi giorni” mi provocò.

“Stronzo” gli risposi dandogli uno sberla sul petto, ma senza staccarmi dalle sue braccia.

“Me lo dicono in tanti in effetti” mi disse sorridendo soddisfatto per poi baciarmi la fronte.

“Non mi fa ridere”.

“Per me esisti solo tu e nessun’altra” mi sussurrò appena.

A quel punto lo guardai e sorrisi sincera prima di tuffarmi nelle sue labbra morbide, invitanti e tremendamente sexy.

In quel momento sentii un mugolio e mi voltai a guardare Katherine. Si era spostata mugugnando qualcosa di incomprensibile. Damon che, ormai, grazie al mio sangue aveva i sensi di nuovo più o meno acuti assunse un’espressione strana.

“Si sta per svegliare”.

Mi strinsi di più a lui perché sapevo il significato di quelle parole. Dovevo andare.

“Non mandarmi via” lo pregai.

“Non saresti nemmeno dovuta entrare. È pericoloso” mi rispose prima di buttare gli occhi di nuovo sulla vampira “fra due minuti esatti si sveglierà” concluse poi forse notando che il respiro della psicopatica stava tornando regolare.

“Non mandarmi via” ripetei di nuovo.

“Vorrei non doverlo fare”.

“Non farlo allora”.

“Devo”.

“Solo fino a domattina, ti prego. Sei più forte di lei adesso e non mi potrà fare nulla”.

“Elena…” provò a dire.

“Ti prego” lo supplicai scansandomi da lui e guardandolo negli occhi.

“Non posso correre questo rischio. È di Katherine che stiamo parlando e sai quanto può essere imprevedibile”.

“Ho bisogno di te, lo capisci? Senza di te non riesco a sostenerla più questa situazione”.
“Elena…” tentò di nuovo lui.

“Damon hai idea di cosa significhi trascorrere una settimana lontano dalla persona che ami più di ogni altra cosa? Vederla, ma non poterla toccare, sentirla, ma non poterla baciare? Non c’è la faccio più. Se correre pericoli, se rischiare di finire cibo per vampiro è il prezzo da pagare per doverti stare accanto allora sono pronta a pagarlo” gli sussurrai a qualche centimetro dalle sue labbra.

“Lo so cosa significa, lo so benissimo” mi disse interrompendosi con sguardo sofferente e non potei fare a meno di capire che lui lo sapeva meglio di me cosa significasse.

Lui stava vivendo la mia stessa situazione, ma soprattutto lui l’aveva già vissuta in passato quando mi era stato accanto per tanto tempo restando nell’ombra e solo adesso riuscivo a capire davvero cosa questo significasse.

Senza nemmeno volerlo davvero ero stata un’egoista, mi ero comportata male ferendo i suoi sentimenti molto più di quanto avessi mai potuto credere.

Poi riprese a parlare.

“Ti prometto che troveremo una soluzione, che uscirò da qui, ma adesso devi andartene”.

“Damon…” tentai ancora.

“È difficile per te tanto quanto lo è per me. Cosa credi che non vorrei che restassi qui? Che non ti vorrei accanto?”

Katherine mugugnò nuovamente e al quel punto Damon si alzò in piedi facendo alzare anche me.

“Ti amo Elena, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e se anche tu mi ami ti prego vai via adesso” mi disse guardandomi serio e disperato prendendo il mio volto tra le mani.

Puntò proprio sull’unica cosa che sapeva mi avrebbe fatto cedere.

“Quando finirà tutto questo?” domandai mentre le lacrime iniziarono di nuovo a bagnarmi il viso.

“Presto, finirà presto, è una promessa”.

“Una di quelle che non sei certo di poter mantenere”.

“Non faccio mai una promessa che so di non poter mantenere, dovresti saperlo”.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra in quello che sembrò essere un bacio di disperazione, ma allo stesso tempo di amore, tanto amore.

“Staremo insieme per sempre, promettimelo?”

Damon stava per aprire la bocca, ma vidi la sua espressione cambiare radicalmente e prima ancora che una risata malefica si diffuse nell’aria mi ritrovai schiacciata al muro dal suo corpo.

Non ci volle molto per capire che Katherine si era svegliata e mi aveva sentito, per questo adesso rideva, mentre Damon si era parato di fronte a me per farmi da scudo.

Il mio sangue non aveva più verbena. Se solo Katherine si fosse avvicinata si sarebbe potuta cibare di me, in men che non si dica.

“Sciocca, non te l’hanno mai insegnato che per quelli come te è vietato dire per sempre? Il per sempre per voi umani è un’illusione. Voi siete per l’adesso” disse alzandosi da terra e avvicinandosi.

Non riuscii a dire nulla. Ero troppo spaventata, ma sapevo che c’erano Damon. Lui aveva bevuto il mio sangue ed era certamente più forte di lei.

In una frazione le fu accanto e la scaraventò al muro parandosi davanti per non farla muovere.

“Elena esci” mi disse Damon.

Io ero come impietrita. Le parole di Katherine risuonavano ancora nella mia testa e mi impedivano di essere lucida.

“Adesso” urlò lui di nuovo e solo in quel momento sembrai tornare in me.

Corsi fuori e quando superai l’uscio Damon era già tornato dove era prima lasciando Katherine a terra più debole che mai. Il suo volto però, nonostante tutto, mostrava lo stesso un’espressione diabolica.

“Stupida umana” si lamentò riuscendo a fatica a parlare.

A quel punto non c’è la feci più e scoppiai. Ero stanca di restare in silenzio nel vedere quella situazione, ero stanca di dover restare ferma ad aspettare che qualcosa cambiasse, ma soprattutto ero stanca di dover rinunciare alla mia felicità per colpa di quella sua stupida vendetta.

“Sai che c’è Katherine? C’è che puoi continuare a fare la stronza quanto vuoi, c’è che puoi continuare ad elaborare tutti i piani di vendetta che più desideri, ma non riuscirai mai a togliermi quello che mi appartiene. Io non ti ho rubato nulla, non è colpa mia se Damon e Stefan non ti amano più, è solo colpa tua e dei tuoi giochetti. Hai fatto la burattinaia fin quando hai voluto e adesso i burattini sono stanchi di correre dietro ai tuoi capricci. Continua pure a credere di avere la vittoria in pugno, continua a credere di potermi rendere infelice come stai facendo, ma sappi che prima o poi le cose cambieranno. Riavrò indietro la mia vita, riavrò indietro Damon. Non può piovere per sempre” dissi alzando leggermente il tono di voce.

Il mio ragazzo era stupito da quella mia reazione, ma mi regalò un sorriso beffardo da ritenersi illegale, un sorriso che sembrò dirmi “sono fiero di te”, mentre la psicopatica mi guardò sconvolta da quelle mie parole, come se non se le aspettasse, ma fu solo un attimo perché poi riprese a ridere malefica.

“L’importante è crederci” mi disse solamente.

Non risposi, non avevo nient’altro che aggiungere. Avremmo vinto noi, non sapevo come né quando, ma sapevo che sarebbe successo.

“Buonanotte amore” dissi poi rivolgendomi a Damon.

Lui mi sorrise e mi mimò qualcosa con le labbra. Non mi fu difficile capire cosa mi stessi dicendo.

“Te lo prometto”.

Sapevo che era la risposta alla richiesta che gli avevo fatto poco prima.

Saremmo stati insieme per sempre e se lo aveva promesso significava che era la verità.

Se c’era una cosa in cui potevi fidarti in modo assoluto era della parola di Damon.

A malincuore mi allontanai per salire in camera.

“Elena” mi sentii chiamare da Damon e mi voltai di nuovo per capire cosa volesse.

“Si?”

“Bella questa camicia” mi disse indicando ciò che avevo addosso.

Solo allora mi ricordai che sopra i jeans indossavo la sua camicia.

Sorrisi alle sue parole, poi ne presi un lembo e ne annusai il profumo, il suo profumo.

“Concordo mister modestia” scherzai io.

Anche lui mi sorrise, poi mi fece cenno con la testa di tornare su e non me lo feci più ripetere.

Girai i tacchi e salii in camera sua, mentre sentii la vampira lamentarsi, ma non riuscii a capire cosa diceva. Parlava troppo piano.

Arrivai in camera di lui con una consapevolezza nuova. Qualunque cosa fosse successa Damon sarebbe stato al mio fianco e avrebbe continuato ad amarmi, ma soprattutto sarebbe uscito da lì presto, me lo aveva promesso e lui manteneva sempre fede alla promesse fatte.

Era fatto così, sarebbe morto pur di mantenere una promessa.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con un nuovo capitolo.

Ho notato dalle recensioni che tutti eravate molto preoccupate da come si sarebbe comportato Damon e, invece, come avete notato è stato perfetto.

Ha dato il ben servito a Katherine e questo credo sia stata una grande dimostrazione nei confronti di Elena, anche se lui non aveva idea che lei stesse assistendo a tutta la scena.

Damon ha promesso a Elena che uscirà e lui mantiene sempre le promesse fatte. Ci riuscirà anche stavolta? Anche Stefan ha promesso la stessa cosa. Ci riuscirà anche lui a mantenere fede alla parola data?

Non possiamo che sperarlo.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“Vuoi la verità? La vuoi davvero? Bene, ti accontento. Non è stato Stefan a dare del sangue a Damon” dissi quasi in un sussurro.

“Scusa?”

Era stupita, non riusciva a capire.

[…]

 “Sono stata io” riuscii a sussurrare sperando che mi sentisse.

Il suo sguardo divenne una maschera di terrore. Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi guardò furiosa mentre io misi di nuovo il polsino per nascondere la ferita.

“Che diavolo ti salta in mente si può sapere? E se non si fosse controllato? Dio Elena, ti avrebbe potuta uccidere. Tu sei completamente fuori di testa” mi urlò contro.

“Io mi fido di lui e faresti bene a farlo anche tu”.

“Ti fidi? Tu sei pazza. Era a digiuno da una settimana, avrebbe potuto non sapersi fermare. Ti rendi conto che grande rischio hai corso? Damon non ha l’autocontrollo di Stefan”.

“Damon e Stefan sono due persone distinte, sono diversi in tutto, non serve che li metti sempre a paragone”.

“Ecco appunto, sono due opposti”.

“Uno è buono e l’altro è cattivo, non è vero? Non è forse questo quello che pensi? Se al posto di Damon ci fosse stato Stefan non ci sarebbero stati problemi se gli avessi dato il mio sangue per farlo stare meglio, non è forse così?”

“Stefan non ti avrebbe mai fatto del male”.

“E invece Damon si?” gli urlai più arrabbiata che mai.

Era ottusa, ecco cos’era.

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 19 Aprile

 

 

  
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