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Autore: Lushia    15/04/2011    1 recensioni
==Riscritta e migliorata==
Tre ragazze, tre creature diverse, con passati differenti, amici differenti e caratteri differenti.
Sceglieranno la loro strada, affronteranno la loro vita alla ricerca di un luogo dove potranno essere tranquille e dove potranno vivere senza preoccupazioni.
Ma saranno davvero loro a poter decidere il loro destino?
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ascolta la Opening (Happiness Carnival, by Stardust Reverie)
Ascolta la Ending (Diamond Whispers, by Black Dia)

Stage 1 - La ragazza e il suo destino

 

Non poteva arrendersi.
Strinse con forza il manico della scopa, sentendo sotto il palmo della sua mano il legno ruvido e sudaticcio.
Una stella le sfiorò l'orecchio sinistro e si gettò senza pensarci alla destra, evitando l'ondata di stelline che avanzava pericolosamente verso di lei.
La maga nera, che si trovava a pochi metri di distanza, aveva riempito l'ambiente di stelle colorate che girovagavano, confuse, per il posto, cercando di colpire un obbiettivo invisibile.
Ma l'obbiettivo c'era ed era proprio lei che, insicura, tremava nell'evitare alcuni fasci di stelle che avanzavano perpendicolarmente. Era difficile schivarle quando si gettavano sicure verso di lei, figuriamoci quando cadevano con imprecisione.
Evitare i proiettili e volteggiare qua e là come fosse stata ubriaca non era l'unica cosa che avrebbe dovuto fare, eppure non stava facendo altro da ore.
La maga nera pareva divertirsi lanciando stelle a più non posso, mentre la sua sfidante effettuava le acrobazie più spericolate pur di evitarle, anche se, il più delle volte, si ritrovava a venir ferita in continuazione.
Nonostante i graffi sul corpo e il vestito stracciato continuò senza indugi e, quasi all'improvviso, si ricordò che avrebbe dovuto spararle anche lei se voleva avere almeno una chance di vittoria.
Purtroppo non si era ancora abituata a sparare e schivare contemporaneamente e, pur tentando di prendere la mira, finiva spesso con lo sparare a casaccio.
E la maga si divertiva, eccome se si divertiva. La stava prendendo in giro.
Avrebbe perso, era sicuro. Non poteva sperare di battere Marisa Kirisame. Come ci era finita in una situazione tanto paradossale?
La ragazzina scosse il capo velocemente come per rimuovere quei pensieri inutili. In quel momento doveva solo resistere il più possibile, schivare, riuscire a stare in groppa alla sua scopa e sparare le sue adorate carte da gioco, nell'eventuale caso che, per miracolo, fosse riuscita a colpirla.
Se solo avesse posseduto una spellcard avrebbe potuto scagliarsi contro di lei a piena potenza, eppure non aveva ancora imparato a farne una.
Quanto si riteneva idiota?
Ma l'importante, adesso, era superare ciò che le aspettava.
La maga nera si leccò le labbra, pregustando il momento di disarcionarla e la vittoria che ne sarebbe derivata. Estrasse una carta, una delle sue famosissime spellcard, una di quelle che usava quando doveva mettere a posto gli youkai che creavano confusione a Gensokyo.
Le bastava solo dichiararla e il gioco era fatto.
La ragazzina sapeva bene a cosa andava incontro ma sperò vivamente che non fosse "quella". Non poteva essere così crudele da usarla contro la sua apprendista, pensò, pregando in cuor suo che non volesse realmente buttarla giù dalla scopa.
La fortuna le era amica e lo capì nel momento in cui Marisa la dichiarò.
-Love Sign "Non-Directional Laser"!-
Non era la più temuta ma era ugualmente potente e lo capì subito.
Cinque fasci di laser colorati si formarono attorno alla maga, puntando verso l'esterno e con Marisa chiusa al loro interno. Costrinsero la ragazza tra due di questi, impossibilitandola ad uscirne. Si spostarono in senso orario, costringendo la ragazza a tenersi verso sinistra per non venir presa in pieno da quello di destra e viceversa, ripetendo questo via vai ritmicamente.
Se fosse stato solo quello sarebbe stato alquanto facile. Eppure venne assalita dall'ondata di stelline luccicanti che la costrinse a schivarle una dopo l'altra, in maniera alquanto goffa e poco risoluta.
Era nel panico più totale.
I laser si avvicinavano e le stelle più grandi si lanciavano contro di lei formando in gruppo le punte di una stella che si ingrandiva e rimpiccioliva in un gioco di illusioni. Tra queste vi erano delle stelline che si sparpagliavano in giro casualmente rendendo ancora più difficile la concentrazione.
Come poteva evitare tutto ciò in poco tempo? Come poteva controllare ogni pericolo e restare attenta, calcolando il punto di impatto abbastanza in fretta da spostarsi?
Era talmente impaurita e confusa che si era nuovamente dimenticata di sparare ma non riusciva nemmeno a vedere la maga, nascosta dalle stelle e dai laser. E, distratta da questo pensiero, venne colpita in pieno.
Le stelle colpevoli l'avevano colpita al petto e sbalzata all'indietro fino a scivolare giù. Per fortuna si era aggrappata al manico di scopa e non sembrava volerlo mollare.
Ma, anche schivando faticosamente le stelle più piccole, non riuscì ad evitare un laser che beccò in pieno lei e la scopa la quale venne distrutta e l'albina venne scaraventata a terra.
Per fortuna non volavano in alto, Marisa lo aveva previsto.
In realtà, Marisa, aveva previsto tutto. Non c'era molto da stupirsi, da quando abitava con lei aveva imparato a conoscere la genialità di quella donna, che eseguiva calcoli difficili in pochissimo tempo.
E' per questo che un'umana come lei era diventata una maga così potente, seconda solo alla sacerdotessa Hakurei.
Ed era per questo che lei, una normale e stupida umana, sperava di poter diventare una bravissima maga. Se Marisa si era rimboccata le maniche e ci era riuscita, allora potevano esserci speranze anche per lei.
Si tirò su con fatica, mentre la maga nera atterrava e le si avvicinava con un sorrisetto.
-Non sei andata poi così male, sei resistita quasi tre ore da zé.- disse all'albina, porgendole la mano e aiutandola ad alzarsi. -Complimenti, Mitsuki!-
-Grazie, Marisa-sensei.- rispose la ragazzina, battendo le mani sul vestito e cercando di pulirsi, anche se ormai era tutto stracciato e sporco di sangue.
-Ti ho detto di chiamarmi normalmente, bakatsuki!- le disse, portandole una mano sul suo capo e arruffandole i capelli albini.
-Ehi, calma! Guarda che sto già messa male così!- sbottò lamentosa.
-Toh, visto che sai parlare normalmente, se vuoi?-
Marisa osservò prima i vestiti sporchi e stracciati della ragazzina e poi la scopa di riserva che le aveva prestato, spezzata a metà e mezza distrutta. L'aveva conciata proprio bene.
-Mi dispiace per il vestito che ti ha regalato Alice, dovrai fartelo ricucire.-
-A me dispiace per la scopa, te l'ho distrutta...-
-Se mai l'ho distrutta io!- esclamò, ridacchiando.
Passeggiarono per un paio di minuti nel sentiero della Forest of Magic prima di arrivare alla casetta dove abitavano. Dall'esterno sembrava una normale casetta in pietra, e lo era se non fosse stato per le due abitanti: la prima, Marisa Kirisame, un'umana diventata una potente maga bianca e nera che si definiva "ordinaria" ma in realtà era molto forte e conosciuta per tutta Gensokyo; la seconda, Mitsuki Shiroyume, una normalissima umana con un passato da cameriera nel ristorante di famiglia e un futuro da maga. Sempre che fosse riuscita a diventare una maga, per questo stava apprendendo la magia dalla stessa Marisa.
Difatti l'interno della casa era pieno di librerie che contenevano libri magici ed esoterici, mentre gli scaffali e le mensole erano stracolmi di reliquie, oggetti antichi e oggetti inutili. Questo perchè dovevano essere venduti. Quella casa infatti era di per sè un negozio, il Kirisame Magic Shop, ma Marisa non aveva mai avuto un cliente.
Solo di recente la maga nera poteva vantarsi di quell'ordine e di quel profumo di pulito. Dopo aver preso l'albina come allieva, per "pagarsi" le lezioni di magia e di danmaku doveva lavorare come casalinga e, finalmente, dopo anni di disordine e sporcizia in giro per la casa, l'albina aveva ridato al luogo la sua forma originale.
-Ho fame da zé- disse la maga, con il suo modo di parlare abbastanza strambo. Non fece però in tempo a reclamare il suo cibo che qualcuno bussò alla porta.
L'albina si avviò all'ingresso controvoglia, dopo che si era appena cambiata, anche se con i capelli ancora in disordine e i tagli ancora freschi che le procuravano dolore e fastidio. Spalancò la porta per trovarsi di fronte una donna dai capelli biondi corti che aveva accanto una bambolina svolazzante.
Sospirò.
-Alice, ciao!- Marisa le andò incontro, invitandola ad entrare e a restare per il pranzo.
"Di bene in meglio", pensò l'albina.
La donna entrò senza indugi, seccata, seguendo con lo sguardo la maga nera che si allontanava per cambiarsi anche lei. Infine posò il suo sguardo sull'albina. La vide alquanto trasandata, piena di graffi e indossava, dopo molto tempo, il kimono del villaggio umano. Era palese intuire cos'era capitato ma non era tanto entusiasta del fatto che avrebbe dovuto ricucire, per l'ennesima volta, quel maledetto vestito. Quasi non sembrava pentita di averglielo regalato.
D'altro canto, l'albina non glielo avrebbe chiesto poichè non aveva coraggio. Erano troppe le volte che lo aveva già fatto e, dopo un pò, tutti si sarebbero scocciati.
-Bu...buon giorno, Alice-sama.- la salutò con cortesia. Per fortuna era riuscita a non balbettare, cosa che faceva spesso quando era così emozionata.
La figura di Alice scrutò l'albina con sguardo freddo e impassibile come era solita fare. Non che si comportasse diversamente con altre persone, tuttavia, con Mitsuki, sembrava avere un odio speciale.
-Piantala di fissarla e vai a preparare il pranzo!- le urlò una voce dall'altra parte della casa. L'albina si inchinò lievemente alla donna e corse in cucina senza indugi, raggiungendo la credenza e riprendendo fiato.
-Non ci posso credere!- si disse, sbattendo la testa ripetutamente contro un'anta del mobile, come se le ferite che gia aveva non fossero troppe. Nonostante Alice faceva spesso visita alla sua vicina, Mitsuki era sempre nervosa quando se la ritrovava in giro per casa. Almeno nell'ultimo mese, da quando aveva capito di essersi presa una bella cotta per lei.
Prese l'insalata e iniziò a tagliuzzarla, mentre ascoltava le due voci discutere nel salotto. Riuscì a cogliere alcune informazioni legate ad un luogo chiamato Voile Library, che sapeva essere un'enorme biblioteca situata all'interno della dimora di un potente vampiro. Stavano discutendo di un misterioso potere che la maga bibliotecaria custodiva con enorme gelosia, tenendo lontani gli estranei.
A quanto pareva, Marisa voleva impossessarsi del potere e aveva chiesto ad Alice di aiutarla nel creare un diversivo perchè sembrava che la maga bibliotecaria aveva eretto potenti barriere protettive. Doveva trattarsi di qualcosa di abbastanza pericoloso, ma l'albina non voleva entrare nei dettagli e continuò a tagliare le verdure senza dar peso alle discussioni. Sapeva che Alice non avrebbe mai accettato di farlo ma, se si trattava di Marisa, alla fine cedeva sempre, in un modo o nell'altro. Tutti avevano capito che le andava dietro ma la maga nera non sembrava per nulla interessata e in cuor suo, l'albina, sperava che Alice si stancasse e che accettasse il suo amore. Ma era una cosa impossibile e anche lei, dopo settimane intere spese a starle dietro, lo aveva capito.
-Mh che profumino, sto morendo di fame da zé!- esclamò la maga nera quando vide apparire l'albina con il pranzo, per cui afferrò il suo piatto con rapidità e maleducazione.
-Ehi, calma!- l'albina, abbastanza sconcertata per i modi rozzi della maga - anche se ormai ne era abituata - porse infine il piatto anche all'ospite, che si limitò a fare un cenno con il capo.
-Ma tu non mangi?- chiese Marisa, fissando Mitsuki perplessa.
-Non ho fame, preferisco rimettermi a studiare quella pozione di ieri...- spiegò. Lo sguardo della maga nera lasciava trasparire la sua disapprovazione ma l'albina non poteva fare altrimenti, doveva lasciare quel luogo e allontanarsi da quella burattinaia.
Entrò a passo svelto nel laboratorio sul retro della casetta, dove la maga teneva gli strumenti magici, le reliquie, i libri e le pozioni. Si guardò allo specchio e si diede un'aggiustata ai capelli in disordine, spazzolandosi in modo da sembrare meno trasandata possibile, anche se non si stava dirigedo ad un appuntamento. Fissò con estremo disprezzo i suoi occhi eterocromatici: il destro era azzurro come quelli di Alice e il sinistro era ambrato, come quelli di Marisa. Ora che ci aveva fatto caso, sembrava un'assurda coincidenza. Tuttavia odiava avere gli occhi diversi, sapeva che poteva succedere di nascere con un simile difetto genetico ma l'eterocromia, unita al fatto che era albina e sia i capelli che la pelle erano pallidissimi, la facevano sembrare una creatura strana, misteriosa e pericolosa, come le voci su di lei che giravano al villaggio sin tempi della sua infanzia. Non capiva come era potuto accadere di nascere con caratteristiche così particolari, non tanto per il colore degli occhi che aveva preso sia dal padre che dalla madre ma più che altro dal suo essere albina: anche i suoi genitori erano perplessi così come chi la osservava. Scrollò le spalle, non poteva farci nulla e l'unica cosa davvero importante, adesso, erano le sue lezioni di magia.
Si esaminò attorno, cercando il materiale che le serviva. Afferrò tre barre di legno della lunghezza di dieci centimetri ciascuno, dei fili di ferro e un pentolino. Prese alcune fiale ripiene di uno strano liquido da lei in precedenza preparato, delle polverine inserite in diverse scatole e una fiala di vetro vuota, infilando il tutto in una borsa. Afferrò anche il libro di pozioni che stava studiando e lo aggiunse agli altri ingredienti, infine spalancò la porta e si avviò lungo il sentiero, nel bel mezzo della Forest of Magic.
Trovò lo spiazzale di rocce accanto ad un ruscello dov'era solita recarsi quando preparava le pozioni. Sapeva di non poterlo fare in casa o nelle vicinanze poichè correva il rischio di far saltare in aria l'abitazione. Alcune pozioni potevano essere davvero dannose.
Si lavò il viso e le mani con l'acqua fresca, passandosela un pò sulle ferite ancora aperte. Non sarebbe dovuta uscire in quelle condizioni ma non voleva restare in quella casa se c'era anche Alice. Sapeva che ormai doveva dimenticarla perchè era un amore a senso unico, l'unico modo per farlo era starle lontana e concentrarsi nei suoi studi.
-Forza, mettiamocela tutta!- esclamò.
Si dedicò completamente al suo nuovo esperimento, siedendosi sotto un enorme albero, il quale sembrava aver ancora conservato buona parte delle sue foglie nonostante l'incombente inverno.
Costruì, con le barre di legno, un rudimentale fornellino e vi appese la pentola, dove iniziò a rovesciarci dentro alcune delle fiale che si era portata dietro, seguendo le istruzioni del libro.
Fece scorrere il dito sulla lista degli ingredienti, appuntandosi mentalmente i passaggi più importanti. Portò il palmo della mano sotto il pentolino e bisbigliò delle parole in una lingua non conosciuta. Dalle foglie secche, che aveva precedentemente posizionato sotto il fornellino, vi uscì un leggero fumo che si tramutò ben presto in una fiamma.
Lentamente l'albina selezionava le foglie da mettere nella pentola e mescolava dapprima in un senso, poi nell'altro.
Quando il liquido assunse un colore violaceo, spense il fuoco e riversò il contenuto del pentolino nella fiala di vetro.
-Bene, mi è riuscita!- disse, confrontando il colore della sua pozione con quella raffigurata nel libro. Smontò infine il fornellino primitivo e posò tutto nella borsa, ma quando si issò si ritrovò davanti una ragazza che la stava fissando.
Sbiancò.
La figura di una ragazza dai capelli castani corti, che indossava il tipico kimono del villaggio come quello di Mitsuki, la fissava con aria incuriosita a pochi metri di distanza. Sembrava perplessa ma allo stesso tempo curiosa per la situazione che aveva appena visto. Di sicuro aveva osservato l'albina preparare la pozione e spegnere magicamente il fuoco, inoltre aveva sicuramente capito che veniva dal villaggio.
L'albina scosse il capo e l'espressione della ragazzina parve mutare in paura. Aveva inuito che sarebbe successo qualcosa, che aveva visto troppo, forse doveva correre ad avvisare qualcuno, forse avrebbe avvisato gli stessi genitori dell'albina che non sapevano nulla di quella situazione ed erano ignari dell'attuale vita della loro figlia. Non aveva mai detto loro che voleva diventare una maga poichè sapeva che l'avrebbero derisa, conoscendo la sua timidezza e la sua debolezza.
Mitsuki non poteva assolutamente permettere che nessuno lo sapesse, non ancora.
La ragazza si voltò e fuggì, spaventata. L'albina scattò e la inseguì anche lei, percorrendo il sentiero con più velocità possibile e cercando di starle dietro.
Le ferite bruciavano, sentiva le gambe cedere sotto il peso di quel dolore, eppure non poteva demordere.
La scopa, dov'era la scopa? Si era spezzata durante l'allenamento, ormai non era più utilizzabile e doveva buttarla. Quanto le sarebbe stata utile in quella situazione.
E' tutto ciò che poteva pensare, mentre il dolore dei tagli quasi non le annebbiavano la vista.
Se veniva sconfitta da quei piccoli tagli voleva dire che era ancora molto debole, eppure ce la stava mettendo tutta. Le stava dietro, dopotutto.
"Sembra umana" pensò, "no, è umana" si convinse. "Non conoscerà bene la foresta, io ci vivo da tre mesi" si disse infine, incoraggiandosi. Doveva fermarla, prima che la situazione le fosse sfuggita di mano, prima che avesse mandato all'aria tre mesi di duro lavoro e di menzogne per la sua stupida disattenzione.

   
 
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