questo capitolo lo dedico a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black ed alla loro pazienza!
CAPITOLO
17
LIETO FINE, O QUASI
La mattina
successiva a quella che era stata definita la grande partita erano
tutti
stanchi, confusi ma soprattutto irritati. Molti a causa dei
festeggiamenti e di
tremendi postumi da Whisky Incendiario, altri a causa del capitano
della
squadra di Grifondoro. Il particolare più assurdo di tutta
quella storia era
che proprio la squadra non aveva partecipato ai festeggiamenti. Erano
stati
solidali nel prendere la decisione: senza il capitano non avrebbe avuto
senso
brindare. Era stato James a convincerli ad imbarcarsi in
quell’impresa che
all’inizio sembrava assurda, che li aveva convinti che
potevano farcela ed alla
fine li aveva guidati alla vittoria. Morale: niente James, niente festa
e tutti
a letto presto. L’unico che era riuscito a dormire bene, o
comunque meglio
degli altri, era stato Seba. Di tanto in tanto il ragazzo si svegliava,
controllava che James fosse ancora lì e poi tornava a
dormire. Credeva che da
quel momento in poi tutto sarebbe stato in discesa con
l’amico, ma non sapeva
quanto si stava sbagliando. Iniziare una conversazione la mattina
successiva infatti
si rivelò molto più difficile di quello che era
stato la sera precedente. Era
una giornata serena, perfetta per stare all’aperto. Quel
lunedì le lezioni
erano anche state sospese per permettere a tutti di riprendersi dalle
emozioni
del giorno prima. In particolare, i festeggiamenti di Grifondoro si
erano
prolungati tutta la notte. Fino a che la McGranitt aveva messo fine
alla loro
gioia dichiarando che prima di poter alzare la coppa Grifondoro avrebbe
dovuto
giocare un’ulteriore partita. Sapevano che la decisione non
era venuta da lei visto
che la donna era stata la prima ad esultare ed a gridare al miracolo,
ma lo stesso
tutti avevano protestato nonostante la maggior parte fosse troppo
sbronza per
riuscire a fare discorsi di senso compiuto.
“James, senti..” borbottò Seba, impacciato, fissando l’amico.
I due
ragazzi si erano svegliati
da poco. Il riccio era ancora a letto mentre l’altro era
scattato in piedi non
appena aveva aperto gli occhi e aveva realizzato dove si trovava.
“Sta zitto.” Sbottò James, chiudendo la conversazione senza guardare in faccia l’amico.
Sembrava
furente, quasi stesse compensando con la calma irreale e
quell’espressione
abbattuta della sera prima.
“Dove vai?” chiese il ragazzo più grande, preoccupato per quel cambio di umore apparentemente senza motivo.
Era
stato James ad andare da lui, non era stato certo Seba a
cercarlo. Lo aveva ascoltato, lasciato parlare ed alla fine gli aveva
offerto
un letto. Non aveva nulla di cui rimproverarsi o che giustificasse
quell’improvvisa rabbia.
“In giro..” rispose il capitano della squadra, alzando le spalle.
Sembrava
quasi seccato, scocciato
dall’essere costretto a rendere conto a Seba.
Cercò di dileguarsi in fretta,
per evitare altre domande, ma un capogiro lo tradì
costringendolo ad
aggrapparsi ad una sedia. Sebastian, preoccupato, si
precipitò subito al suo
fianco. Finire in infermeria per l’ennesima volta non era
decisamente il modo
migliore per iniziare la giornata, né per riprendere a
parlare con gli altri
ragazzi.
“Da quanto tempo non mangi?” chiese, preoccupato, offrendogli una mano al compagno per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Non
aveva detto nulla circa dove avesse passato le ore
immediatamente successive alla partita, quando tutti loro lo cercavano
affannosamente, e Seba non aveva fatto domande. Era stato discreto, per
non
peggiorare le cose. Gli era sembrato che potesse essere troppo per lui.
“Non so, forse ieri a colazione prima della partita.” Rispose James, sforzandosi di rispondere e di rimettersi in piedi senza bisogno dell’amico.
Doveva
andarsene da quella stanza
e da quello sguardo colpevole o sarebbe esploso.
“Dovresti
mettere
qualcosa sotto i denti. Che ne pensi di fare un salto nelle
cucine?” propose
Seba, costringendo l’amico a sedersi per un momento.
“Perché dovrei saltare la colazione in Sala Grande?” chiese James, stizzito, lanciando un’occhiataccia a Seba.
Sapeva
che l’amico lo aveva detto per cercare di
venirgli in aiuto, ma la sua frase lo aveva infastidito. Sembrava quasi
che
quello che doveva vergognarsi per tutte le bugie raccontate e le cose
non dette
fosse lui, non tutti gli altri.
“Non so, pensavo non volessi vedere Sirius e gli altri..” mormorò l’altro, confuso.
Era
stato
proprio James a dire di non volerli vedere, solo qualche ora prima.
“Sono
loro che
dovrebbero vergognarsi a farsi vedere in giro, non io.”
Sibilò James, maligno.
“Scusa..” mormorò Seba, imbarazzato, guardando per terra.
Si
rendeva conto che aveva ragione, ma
era lo stesso difficile capire come comportarsi con lui. Ogni cosa che
diceva
sembrava alla fine rivelarsi quella sbagliata.
In quel
momento
James si rese conto che l’amico era veramente distrutto e che
lui si era
comportato da vero stronzo a partire dal momento in cui era entrato in
quella
stanza, la sera prima. Seba gli aveva offerto un letto e la sua spalla
per
sfogarsi, lui era rimasto lì e lo aveva trattato a pesci in
faccia. Era stato semplicemente
pessimo, senza giustificazioni.
“No,
scusami tu.
Sono nervoso ed irritabile. Credo che starò un po’
a mollo..” sussurrò James, sforzandosi
di sorridere.
“Bagno dei prefetti?” chiese Seba perplesso, alzando lo sguardo sull’amico.
James
annuì.
“Ci
vediamo dopo.”
Mormorò il ragazzo mentre lasciava la sala.
Seba lo
guardò
allontanarsi, chiedendosi cosa sarebbe successo nelle ore successive.
Era solo
questione di tempo e poi tutti avrebbero saputo che alla fine James era
tornato
e che stava bene. La notizia sarebbe stata un sollievo per tutti, ma
voleva
anche dire che poi sarebbero iniziare le discussioni. In primis, Frank
se la
sarebbe presa a morte. Sicuramente sarebbe esploso, ma lui non poteva
certo
interrompere il suo momento di intimità con Alice. Non dopo
tutti i problemi
che quei due avevano passato. In quel caso forse se la sarebbe presa
ancora di
più. Ad ogni modo, Frank a parte, anche qualcuno degli altri
avrebbe perso la
calma, altri avrebbero pianto e come al solito ci sarebbero state scene
teatrali. Insomma, quella che si prospettava era una giornata tutto
tranne che
semplice e conveniva cercare di posticipare al massimo le spiegazioni.
Nonostante
non
sapesse ancora che James fosse ricomparso, più o meno lo
stesso pensava Remus, entrando
nel bagno dei prefetti ancora mezzo addormentato per via della notte
passata a
cercare il suo migliore amico, senza nessun esito. La sua mente non
aveva
ancora ripreso del tutto a carburare, non del tutto almeno. Proprio per
questo
la scena che gli si parò davanti lo sconvolse. Nella grande
vasca colma di
acqua c’era James, mollemente abbandonato sotto il pelo
dell’acqua. Remus rimase
per un po’ ad osservarlo, immobile, aspettandosi di vederlo
riemergere con la
sua peggior faccia da idiota da un momento all’altro senza
che però questo
accadesse. Ogni minuto che passava James gli sembrava sempre meno
cosciente e
sempre più sul punto di cominciare a stare male davvero.
Quando tutto fu
semplicemente troppo, Rumus capì che era ora di fare
qualcosa. Ad un certo
punto il ragazzo decise che era passato troppo tempo. Si
tuffò nella vasca e
trascinò l’amico in superficie senza troppi
sforzi. Una volta fatto ciò si
trovò di fronte un indignatissimo James Potter. Nel vederlo
arrabbiato, ma
tutto sommato vivo, il licantropo tirò un sospiro di
sollievo. L’amico,
tuttavia, non sembrava essere della stessa idea.
“Oh, cazzo.” Sbottò il licantropo una volta toccato il bordo della grande vasca, perdendo il suo solito autocontrollo.
Per
qualche istante aveva davvero temuto di vederlo
annegare senza riuscire a fare nulla per salvargli la vita.
“Ciao Remus.” Disse James, glaciale.
Il
respiro era un po’ affannoso ed il volto arrossato per il
lungo
periodo sott’acqua ma tutto sommato sembrava stare bene.
“Sei
impazzito? Che
stavi facendo?” chiese Remus, ansimando non per lo sforzo
quanto per la paura
che lo aveva assalito vedendo il suo amico un quella assurda situazione.
“Quello che di solito fanno le persone in una vasca da bagno, si lavano.” Rispose James, senza dare troppe spiegazioni.
Più
che arrabbiato era seccato per il brusco incontro
e per essere stato distolto con tanta forza dai suoi pensieri. A mollo
nella
vasca da bagno il ragazzo stava riflettendo su quello che lo aspettava
nelle
ore seguenti e come affrontare gli amici. L’improvvisa
intromissione di Remus
lo aveva convinto a starsene ancora un po’ da solo, lontano
dai problemi e
dagli impiccioni.
“Diamine James, avevi la testa sotto da un pezzo. Credevo che tu stessi..” continuò Remus, fuori di sé.
James
si voltò, guardando l’amico con aria offesa.
Quella frase lo
aveva ferito.
“Cercando di ammazzarmi?” completò James per il licantropo, gettandogli un’occhiata che voleva dire molte cose.
Nello
sguardo dell’amico non c’era la solita aria
spensierata ma tanta tristezza, tanto dolore e tanta rabbia.
“Beh,
io..” mormorò
Remus, imbarazzato.
“Proprio tu, uno dei miei migliori amici credi che farei davvero una cosa tanto stupida? Di la verità, lo hai sempre creduto in questi mesi, vero?” esclamò James, alzando la voce.
Non
poteva credere come tutti condividessero quell’idea. Diamine,
dovevano essere impazziti tutti quanti per credere che lui si fosse volontariamente lanciato da una finestra.
“Scusa.”
Disse
Remus in un sussurro, abbassando la testa.
“Sparisci.” Ordinò James, indicando la porta. Il licantropo restò per un minuto immobile, poi decise di obbedire.
Aveva
fatto abbastanza danni per quella mattina.
Tornò
alla sala
comune con la coda tra le gambe e decise di lasciarsi cadere su una
poltrona
fino a che qualcuno non si fosse deciso a farsi vivo. Fu Seba il primo
a
comparire, con un’espressione indecifrabile e poca voglia di
parlare. Remus non
disse nulla, ma decise di unirsi a lui per fare colazione. Sulla strada
verso la
Sala Grande si ritrovò a raccontargli di quella mattina,
cercando conforto
nelle parole dell’amico. Seba non disse nulla, limitandosi a
sospirare. Remus
non fece altre domande, maledicendo quella strana giornata.
I due
si sedettero
vicino a Charleen, assorta nella contemplazione della sua tazza di
latte.
Nonostante l’aria assonnata e le borse sotto gli occhi era
sempre bellissima,
perfetta. Delle sue amiche, nessuna traccia. Dopo un po’ Seba
vide comparire
James e si precipitò da lui, cercando di apparire
tranquillo. Remus e Charleen
si scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a mangiare.
Nessuno dei
due voleva affrontare James, ne chiedersi che diamine fosse preso a
Seba, non a
stomaco vuoto almeno.
“Buon
giorno, hai
mantenuto la parola allora!” esclamò il ragazzo
più grande, sorridendo.
“Che vuoi?” chiese James, esasperato.
Sembrava
che tutti di colpo avessero iniziato a pedinarlo e
a preoccuparsi in modo ossessivo di lui. La cosa lo infastidiva. Il
ragazzo non
riusciva a smettere di pensare che se erano così preoccupati
avrebbero dovuto
raccontargli la verità prima che lui la ricordasse da solo.
Le urla di Lily e
quelle di Sirius gli avevano tenuto compagnia tutta la notte,
accompagnate
dalle espressioni indifferenti di Remus ed Alice. Loro sapevano, ma non
avevano
parlato. Era stato tremendo. Più si sforzava di dimenticare
e di superare la
cosa e più quei ricordi tornavano più vivi che
mai, accompagnati dal dolore
tremendo per la morte di suo padre. Le uniche con cui non era veramente
arrabbiato erano Cristal e Charleen. Loro due non erano sue amiche
allora, non
erano tenute a dirgli tutto. Gli altri si. Loro non avevano nessuna
scusa, in
particolare Alice. Sentirsi tradito da quella che aveva sempre
considerato una
cugina lo faceva stare uno straccio. La cosa peggiore, tuttavia,
restava che
lei sembrava così convinta di essere nel giusto. Quel suo
modo di fare
cominciava a farlo dubitare delle sue azioni, quasi che quello ad avere
sbagliato in realtà fosse lui solo per il fatto di essersi
ripreso in mano la
sua vita invece che restare a guardare.
“Sapere come stai.” Rispose Seba, sicuro, scrutando con attenzione il viso del capitano.
Il suo
sguardo era stanco, quasi i troppi pensieri lo avessero affaticato.
Sembrava
persino più stanco delle settimane prima della partita,
quando era incastrato
tra allenamenti, lezioni e compiti per recuperare i mesi di scuola
persi. Allora
il futuro era un’incognita ma almeno sapeva di avere la
squadra dalla sua. Dopo
quello che era successo il giorno prima James doveva avere perso ogni
certezza.
“Alla grande, ora vattene.” Sbottò James, acido.
Seba
sospirò, deciso a non mollare.
“Perché
ti comporti
così? Ieri sera sei tornato nella torre di tua spontanea
volontà. L’ho visto
che eri a pezzi. Stamattina sparisci, non dici niente a nessuno e
tratti da
schifo Remus.” Esclamò il ragazzo, senza dare
all’altro il tempo per
dileguarsi.
“Credeva
che mi
stessi cercando di ammazzare.” Si giustificò
James, sbuffando.
“Beh, eri a mollo da un sacco.” Fece notare Seba, testardo.
Comprendeva
le ragioni dell’amico, ma
anche lui doveva iniziare a comprendere quelle degli altri. Si erano
comportati
male con lui, ma continuando di questo passo si sarebbero fatti i
dispetti fino
alla fine dei loro giorni.
“Mi
stavo solo
lavando i capelli!” ribatté James, esasperato.
“Non
ci capisco
nulla, mi arrendo.” Esclamò Seba, allontanandosi.
“Ecco, bravo.” Sospirò James, guardandosi intorno alla ricerca di una persona.
Una
volta
trovata, decise di andare subito da lei.
“Ehi, Charleen.” Chiamò il cercatore, affiancandosi alla ragazza.
Charleen
era ancora intenta a
fare colazione e decisamente non si aspettava una visita
dell’amico. Sentendo
la voce di James quasi si strozzò con i cereali.
“James?”
chiese la
ragazza, voltandosi in preda ad un forte attacco di tosse.
“Si,
sono vivo..
Senti, ho un favore da chiederti..” Sbuffò James,
anticipando la ragazza perché
non facesse domande idiote come quelle di Seba e di Remus.
“Certo, se posso.” Rispose Charleen, guardando il ragazzo con uno sguardo curioso.
Remus,
poco
distante, non perdeva nemmeno una parola. Infastidito da quella
vicinanza James
prese la ragazza per un braccio e le fece cenno di allontanarsi con lui.
“Puoi. Si tratta di alcune lettere che Alice non mi ha mai consegnato, ne sai nulla?” chiese James, guardando la ragazza dritta negli occhi.
Era
certo che lei sapeva tutto, non
poteva essere diversamente. Subito Charleen arrossì,
tormentata dal dubbio.
“Credo di si.. Vedi, è una storia complicata..” iniziò Charleen, in difficoltà.
Non
sapeva
cosa fare. Da una parte c’era James che aveva tutto il
diritto di avere le sue
lettere, dall’altro c’era Alice che gliele aveva
nascoste per il suo bene, che
era palesemente in torto ma che restava comunque una sua amica.
“Non mi interessa, le voglio.” Ribatté James, deciso.
Il suo
sguardo era duro, non ammetteva una
risposta negativa. Le voleva e basta.
“Io,
non so..
Dovrei chiedere ad Alice.” Mormorò la ragazza,
sempre più insicura.
“No, sono mie. Ora vai di sopra, le prendi e me le porti.” Ordinò James, senza alzare la voce.
L’ultima
cosa che voleva era spaventare Charleen. Tutto quello che desiderava
era essere lasciato in pace a leggersi quelle dannate lettere. Voleva
capire
prima di parlare ancora con gli altri, niente di più.
“Credi che ti farebbe stare meglio?” chiese Charleen, fissandolo con insistenza.
La cosa
più
importante non era fargli chiarire le cose con Alice o con Sirius, ma
far si
che lui stesse bene. Ne aveva passate troppe per soffrire ancora.
“Non lo so, ma forse mi chiarirebbero un po’ le idee.” Mormorò James, sorpreso da quella domanda.
Si
aspettava delle proteste, una ferma opposizione e forse anche un
rifiuto, ma non una domanda del genere. Charleen era preoccupata per
lui,
niente di più.
“Aspettami, torno subito.” Disse la ragazza, correndo via.
Seba e
Remus rimasero immobili a
guardare la scena. Quando James rimase solo i due non staccarono lo
sguardo. Speravano
che il ragazzo venisse da loro, facesse colazione e spiccicasse qualche
parola.
Il capitano, tuttavia, non gli diede questa soddisfazione.
Aspettò Charleen,
prese le sue lettere e si andò a sedere su un tavolino in
disparte. Seba e
Remus si guardarono, sospirando: sarebbe stata una lunghissima giornata.
***
Svegliarsi
tra le
braccia di Frank fu per Alice insieme una sorpresa ed una scoperta. Il
giorno
precedente, quando lui se n’era andato sbattendo la porta,
per qualche istante
aveva davvero creduto di averlo perso per colpa dei suoi guai.
Così lo aveva
seguito, in lacrime, lo aveva costretto a fermarsi e poi avevano
litigato
furiosamente nel bel mezzo del corridoio, circondati da studenti mezzi
ubriachi
che festeggiavano l’incredibile successo della loro casa.
Ogni tanto qualcuno
cantava qualche frase sconnessa verso per Frank, gli offriva da bere e
lo
implorava di unirsi a loro, senza ottenere nulla. Lui, imperterrito,
continuava
a fronteggiare Alice. La guardava in modo severo, come non aveva mai
fatto, e
lei si sentiva sempre più piccola e stupida. Nello sguardo
deluso di Frank
poteva leggere chiaramente tutti gli errori che aveva fatto negli
ultimi mesi,
specialmente con James.
Al
ricordo di quei
terribili attimi Alice si strinse al corpo caldo di Frank, ancora
addormentato.
Il solo ripensare a quello sguardo gelido la faceva rabbrividire.
“Sei
fiera del tuo
comportamento?” aveva chiesto lui, severo, senza alzare la
voce.
Alice
aveva
abbassato la testa, cercando di nascondere i suoi occhi pieni di
lacrime a
Frank. Lentamente si era limitata a scuotere la testa, incapace di
parlare.
“Ti
prego, non te
ne andare. Ho fatto un casino enorme e da sola non ne so uscire. Ho
bisogno di
te. Sei tutto, la mia vita, la mia aria..” era riuscita a
dire lei, mettendo da
parte l’orgoglio e parlando a Frank come non aveva mai fatto.
Lui si
era fermato,
aveva abbozzato un sorriso e l’aveva abbracciata. Era
arrabbiato, ma sapeva
bene di non poter fare a meno di lei. La amava troppo.
Frank
si mosse
piano tra le coperte, fino a quando non incontro il corpo di lei.
Sorrise,
tenendo gli occhi ancora ben chiusi, e ricordo in un momento tutto
quanto.
“Buongiorno,
principessa!” mormorò Frank, sorridendo.
La sua
voce era
ancora impastata dal sonno. Lei sorrise, poi lo baciò.
La sera
prima erano
rimasti a parlare fino a tardi prima di fare l’amore. Si
erano raccontati
tutto, dubbi, speranze e paure come non facevano da troppo tempo. Alice
aveva
capito quanto era stata stupida a non stargli vicino, a non parlare
prima di
quello che la tormentava.
“Sai, ora credo di sapere come si deve essere sentito lui..” mormorò la ragazza, riferendosi al cugino.
Con il
bel portiere era stato semplice chiarire, ma sapeva che James
questa volta non l’avrebbe scusata con un sorriso come aveva
sempre fatto. Si
era sentito solo, tradito e messo da parte e lei aveva il terrore di
averlo
perso.
“Tradito, credo.” Disse Frank, accarezzando piano il viso di Alice.
Era
bellissima anche
assonnata e con il volto corrucciato. Quello scriciolo che riposava tra
le sue
braccia era la sola donna che avrebbe voluto al suo fianco per tutto il
resto
della sua vita.
“No, dico a giugno. Aveva perso in un colpo solo il suo migliore amico, i suoi amici e l’amore della sua vita. Un po’ come me ieri sera..” spiegò Alice, ripensando a quei terribili momenti che aveva passato la sera prima.
Anche
lui a Giugno doveva
essersi sentito così: suo padre era morto, la ragazza che
amava aveva
dichiarato di disprezzarlo e i suoi amici gli avevano voltato le
spalle.
“Come
ci si sente?”
chiese Frank, sollevato che la ragazza avesse finalmente ripreso a
ragionare.
“È uno schifo!” sbottò Alice, accomodandosi meglio tra le braccia di Frank.
Il
ragazzo la
strinse più forte, senza farle male, e la baciò.
“Beh,
tu non hai
fatto pazzie.. Non tante, almeno.” la rassicurò
lui, sorridendo.
“Non so davvero come possiamo aiutarlo.” Sospirò Alice, preoccupata.
Per la
prima volta nella
sua vita non sapeva come comportarsi con James. Proprio lei, che lo
aveva
sempre considerato un fratello.
“Diamogli tempo. Vedrai che si calmerà e tornerà da noi.” Mormorò dolcemente Frank.
Alice
annuì,
poi lo baciò. I due rimasero abbracciati ancora un
po’, fino a che i morsi
della fame iniziarono a farsi sentire.
“Non vorrei essere insensibile, ma che ne pensi dell’idea di fare colazione?” propose Frank, sorridendo.
La
ragazza parve pensarci un po’ sopra, poi annuì.
“Forza,
raggiungiamo gli altri in Sala Grande!” esclamò
Alice, affamata quanto il compagno.
Una
volta scesi per
colazione i ragazzi incontrarono Robert. Alice si precipitò
dalle amiche mentre
Frank si fermò a parlare con il compagno di stanza, perdendo
quasi subito la
calma.
“Seba, brutto idiota! Dove diavolo sei?” cominciò ad urlare, pieno di rabbia, mentre il ragazzo in questione si faceva sempre più piccolo sulla sedia.
Sapeva
che il
suo amico aveva ragione. Alla fine non aveva ancora detto a nessuno,
fatta
eccezione per Remus, che James aveva passato la notte nel letto di
Frank.
Probabilmente lo aveva fatto perché il comportamento del
Cercatore era
decisamente troppo strano per essere spiegato in modo razionale.
Attirate dalle
urla, anche le altre ragazze raggiunsero il gruppo.
“Mio
Dio, ragazzi..
Avete certe facce!” esclamò Alice, passando in
rassegna i volti dei suoi amici
e fermandosi in particolare a guardare quello di Sirius.
Ancora
una volta il
ragazzo aveva passato la notte insonne, troppo agitato sia per smettere
di
darsi la colpa di quanto accaduto che per dormire. I segni della notte
appena
trascorsa erano chiaramente evidenti sul suo bel viso, segnato da
profonde
occhiaie nere.
“Non è tornato?” chiese Lily, preoccupata.
Non ci
fu bisogno della conferma dei ragazzi, i loro
visi bastavano come risposta.
“Io ti ammazzo!” esclamò Frank, deciso a fare seriamente del male a Seba.
Nel
vedere i due amici
litigare in quel modo gli altri ragazzi sobbalzarono sulle sedie.
Quella
situazione era già fin troppo strana e complicata senza che
anche loro si
mettessero a fare i cretini.
“Frank? Sicuro di sentirti bene?” chiese Cristal, preoccupata.
Il
portiere sbuffò, lasciando
andare Seba che ricadde sulla sedia. Subito si spostò di
qualche metro, deciso
a sfuggire alla rabbia del suo migliore amico. Sapeva che Frank aveva
ragione ma
non voleva lo stesso uscirne pieno di lividi. Gli era bastata la
silenziosa
furia del capitano.
“Mai stato meglio. Ora dimmi, traditore, stiamo tutti da schifo per James, lui torna e tu non dici nulla? Che diamine hai nella testa, segatura?” urlò il bel portiere, fuori di sé.
A
quelle parole, Alice sussultò. Lo stesso fecero gli altri.
Sirius rivolse
i begli occhi cerchiati di nero verso Seba, pieno di rabbia. Se avesse
avuto la
forza lo avrebbe volentieri preso a pugni anche lui, ma decise di
accantonare
l’idea almeno per il momento. Anche Lily si riscosse, alzando
la testa verso il
riccio che aveva preso a fissare il tavolo con sguardo colpevole.
“Me lo ha chiesto lui, era a pezzi.” Cercò di giustificarsi lui, fulminato dalle occhiate dei compagni.
Gli
unici apparentemente indifferenti erano Remus e Charleen. I due
sapevano tutto. Dopo il ritorno di Charleen Seba si era deciso a
raccontare
della notte precedente.
“Ora dove si trova?” chiese Sirius con un filo di voce, speranzoso.
Se
James era tornato nel
dormitorio la notte precedente poteva voler dire che si era finalmente
deciso a
chiarire con loro. Forse più tardi poteva raggiungerlo,
andare da lui e
lasciare che si sfogasse. Era disposto a farsi prendere a pugni ed a
male
parole, ma non voleva perderlo. James era tutto. Un fratello, un amico
ed una
famiglia. La vita senza di lui non aveva senso. Lo aveva capito quando
lo aveva
visto disteso immobile in quel lettino d’ospedale.
“Dall’altra parte della stanza.” Rispose Seba, indicando un punto di fronte a sé.
James
era
seduto al tavolo, solo, tenendosi in disparte da tutto e da tutti.
Tutti si
voltarono, cercando l’amico tra la folla indignata per la
notizia
dell’annullamento della vittoria di Grifondoro.
“Vado da lui.” Esclamò Alice, sicura, alzandosi in piedi.
Remus
la bloccò, trattenendola per
un braccio senza farle male.
“Vuole
stare solo.”
Spiegò il licantropo, sospirando e raccontando agli amici
della breve
conversazione di quella mattina.
“Non
mi interessa
quello che dici, devo spiegargli.” Disse Alice, ansiosa,
cercando di liberarsi
dalla stretta dell’amico.
“Sa
già tutto.”
Disse Charleen, calma, sorseggiando il suo caffè ormai
freddo.
“Cosa?” chiese Frank, stupito, voltandosi prima verso la ragazza e poi verso l’amico.
Quella
situazione
si stava andando a complicare ogni minuto che passava.
“Seba gli ha accennato qualcosa sta notte, giusto?” chiese Alice, passando lo sguardo dalla compagna a Seba, cercando una conferma.
La
ragazza scosse appena la testa,
sospirando.
“Si, ma non mi ha lasciato il tempo di dire nulla.” Spiegò Seba, sbuffando.
Raccontare
tutto
quanto era complicato, ma sentiva di doverlo fare. I ragazzi rimasero
ad
ascoltarlo attenti, pendendo dalle sue labbra.
“Non
vuole sapere
di più, credo voglia stare solo e leggere le lettere che gli
avevi nascosto.”
Continuò Remus, versandosi altro caffè.
“Come ha fatto a prenderle?” chiese Alice, incredula e spaventata.
James
era già furioso per via
dei segreti che non gli avevano rivelato, sapere che lei gli aveva
anche
nascosto delle lettere così importanti doveva averlo fatto
infuriare ancora di
più.
“Gliele ho portate io.” Rispose Charleen, cercando di apparire calma e di nascondere l’agitazione che provava.
Sapeva
di non essersi comportata da brava amica, ma James stava
soffrendo. In quei mesi avevano fatto dei grossi sbagli con lui,
sostenendo di
agire a fin di bene. Doveva rimediare in qualche modo.
“Perché?”
chiese
ancora Alice, sentendosi tradita dalla sua amica.
“Perché è giusto così, Alice. Devi smetterla di comandarlo a bacchetta.” Sbuffò Charleen, voltandosi verso Cristal.
Alice
aprì la bocca per replicare, ma Frank la
raggiunse e le fece cenno di tacere. Il tempo delle bugie era finito,
alla
fine. Adesso si trattava solo di aspettare i tempi di James, di
lasciare che
lui capisse. Non potevano fare altro. Alice prese a singhiozzare,
nascondendo
il viso tra le braccia del compagno, ma tornò a sedersi.
Doveva rispettare i
tempi e le decisioni del cugino.
Per il
resto della
colazione andarono avanti a parlare di James, senza mai perderlo di
vista.
Nessuno sapeva come comportarsi ma erano tutti concordi che era meglio
non
cercarlo, non subito almeno. Sirius era quello più in crisi,
per la prima volta
nella sua vita aveva veramente paura di perdere il suo amico. Era
lì, a pochi
passi da lui, eppure era anche infinitamente distante. Il ragazzo
rimaneva
immobile, a distanza. Sentiva gli sguardi degli amici, sapeva quanto
stessero
male eppure non riusciva ad andare da loro. Aveva paura che gli
avrebbero
mentito ancora, nascondendogli qualcosa che prima o poi lo avrebbe
fatto
soffrire.
Dopo
quasi mezzora
James decise che era arrivato il momento di alzarsi da tavola, sparendo
dalla
sala e dalla vista degli amici. Il pomeriggio il gruppo lo
passò nella sala comune,
aspettando il suo ritorno, fiduciosi. Ogni tanto qualcuno tentava di
iniziare
una conversazione ma nessun tentativo sembrava funzionare. Ogni volta
che il
ritratto si apriva tutti si voltavano, speranzosi, rimanendo
puntualmente
delusi. La situazione era paradossale: intorno a loro tutti esultavano
per la
partita, meritatamente stravinta e si lamentavano per la decisione di
sospendere la consegna della coppa, e loro se ne stavano immobili e
truci a
fissare il camino. Verso sera Lily, esasperata dalla noia, decise di
andare a
fare un giro, per controllare che nessuno stesse infrangendo le regole.
Non si
trattava di una vera e propria ronda, ma solo di un modo per scaricare
i nervi.
Tutto sembrava in ordine, quasi la festa della sera prima avesse tolto
a tutti
l’energia e la voglia di infrangere le regole. Gli sparuti
gruppi di Grifondoro
stazionavano per lo più intorno alle panche, troppo stanchi
per fare qualsiasi
altra cosa. Verso la fine del suo giro, quando ormai era decisa a
tornare nella
torre di Grifondoro, si imbatté in un gruppo particolarmente
ostico di
Serpeverde. A differenza degli altri studenti sembravano
particolarmente pieni
di vita e parecchio inclini a turbare la quiete. Una volta avvistata la
rossa,
nonostante avessero qualche anno meno di lei, subito la presero di mira
con le
loro maledizioni. Nonostante fossero piccoli e non particolarmente
pericolosi il
loro numero cominciava a diventare un problema. Stavano quasi per avere
la
meglio su di lei, quando un incantesimo li colpì e questi si
dileguarono in
fretta, borbottando qualche imprecazione sulla sfortuna nera che
continuava a
perseguitarli. Stupita, la ragazza si sporse per vedere chi era il suo
salvatore e rimase di sasso quando riconobbe James, accasciato a terra
con le
spalle appoggiate alla parete. Sembrava lo stesso di sempre, tranne per
l’espressione gelida e quegli occhi così spenti.
Poco distante da lui la sua
borsa aperta lasciava intravedere al posto dei soliti libri di testo
una marea
di lettere. La prima del mucchio sembrava diversa dalle altre, forse
arrivata
da poco. La carta da lettere blu scuro era rovinata in alcuni punti,
quasi il
mittente avesse pianto molto mentre la scriveva.
“Gra..
Grazie per
avermi aiutato con quei ragazzini.” Mormorò Lily,
ancora spaventata,
controllando che il ragazzo non fosse ferito.
“Figurati, per così poco.” Mormorò James, alzando le spalle.
Il suo
tono sembrava distaccato, ma i
suoi occhi tradivano i suoi veri sentimenti. Era a pezzi ed era anche
stanco di
scappare. Voleva solo essere capito, ma non sapeva come comunicare
questa sua
necessità agli amici senza iniziare l’ennesima
discussione. Ne aveva abbastanza
di gente che urlava, voleva solo essere lasciato in pace. Le parole di
Seba,
l’espressione spaventata di Remus quella mattina e il
pensiero che tutti lo
credevano un aspirante suicida l’avevano ferito ed insieme
sconvolto. Le parole
che gli amici gli avevano scritto gli avevano dato il colpo di grazia,
ma era
stata quell’ultima lettera a confonderlo. Era arrivata
qualche ora prima, con
un gufo che non aveva mai visto prima. Non conosceva la ragazza che
scriveva e
che chiedeva di incontrarlo, eppure le sue parole l’avevano
reso
incredibilmente triste.
Caro
James,
sono la sorella di Robert, un ragazzo ricoverato a San Mungo insieme a te qualche mese fa. Non puoi ricordarti di me, eppure io ricordo bene il dolore di tua cugina, di tua madre e di tua zia. Lo stesso dolore che provavo io.
Mio
fratello era in coma da quasi un anno quando
sei arrivato tu. Quando ti sei
svegliato ed ho visto la gioia di tua madre ho sperato che di poter
vivere
anche io un momento simile, ma così non è stato.
Mio fratello è morto una settimana
fa, insieme ai suoi sogni.
Era
appena maggiorenne, non aveva ancora trovato una fidanzata
né fatto
una vacanza da solo con gli amici.
Perché
tu si e lui no?
Perché
tu vivi e lui muore?
Perché
tua cugina ride ed io piango?
So
bene che tu non centri, che queste non sono cose da dire e che il
mio comportamento è inaccettabile, ma il dolore rende ciechi
e fa fare e dire
cose insensate.
Vorrei
poterti incontrare, chiederti scusa per questo attimo di pazzia,
parlarti di Robert e chiederti di goderti la vita anche per lui.
Per
favore, non sprecare nemmeno un attimo..
Rose
Da
quando aveva
letto quelle parole il mondo aveva preso a girare, senza lasciargli
nemmeno il
tempo di riflettere. Un ragazzo era morto, lui era vivo eppure non
riusciva a
tornare il ragazzo spensierato che era. Era stato molto fortunato,
eppure
sprecava tempo in inutili discussioni quando sarebbe bastata una sua
parola per
avere spiegazioni e scuse.
“Sei rimasto solo tutto il giorno.. Come stai?” chiese la rossa, impacciata, avvicinandosi di qualche passo.
Il suo
istinto le diceva di lasciarsi cadere di fianco a lui e
di abbracciarlo ma la sua testa l’aveva diffidata dal farlo.
James era ancora
sulla difensiva, non poteva rischiare che vedesse quel gesto come una
minaccia
e che si allontanasse di nuovo. Le parole della ragazza lo riscossero,
allontanando per un momento quell’alone di tristezza.
“Non lo so.” Rispose James, fissando il vuoto.
La
rabbia, la delusione e i tormenti che lo
avevano tormentato tutto il giorno sembravano aver lasciato il posto
alla
confusione. Aveva passato ore a chiedersi cosa lo avesse spinto a
tornare nella
Sala comune e a dormire nella stanza di Seba, senza trovare risposta.
Forse le
parole dello zio, o magari quelle di Regulus e del professore. Una
volta
svegliato, tuttavia, aveva di nuovo ripreso a sentirsi solo, incompreso
ed
arrabbiato, ed era fuggito. Era tornato ad essere il vecchio James,
quello che
aveva appena perso il padre e che ce l’aveva con il mondo
intero. Solo adesso,
al fianco della bella rossa, se ne rendeva conto. Una voce dentro di
lui gli
urlava di cacciarla, di trattarla male come aveva fatto lei mesi prima,
mentre
una seconda gli diceva di smettere di comportarsi come un bambino
egoista. Lei
aveva fatto tanto per lui, per rimediare a quell’errore. Non
poteva buttare
tutto all’aria così, non dopo che si era reso
conto che forse anche Lily
ricambiava i suoi sentimenti.
“Guarda,
c’è il
sole. È un peccato isolarsi con una giornata
così.” Continuò Lily, cercando di
attirare l’attenzione dell’altro ed allo stesso
tempo di distrarlo dai suoi
pensieri. James alzò appena la testa, fissò il
sole e poi sospirò.
“Sono
un cretino,
va bene?” sbottò improvvisamente prendendo la
ragazza, e forse anche se stesso,
di sorpresa.
“James..” sussurrò Lily, confusa.
Aveva
paura di sbagliare tutto, ancora una volta. Bastava una
parola di troppo e lui se ne sarebbe andato definitivamente. Non poteva
sopportarlo, non riusciva ad accettare l’idea di poterlo
perdere.
“Lascia parlare me.” Urlò James, lasciando trasparire tutta la sua frustrazione.
Lily
annuì,
invitandolo a proseguire.
“Mio padre era appena morto ed io ho perso la ragione. Tutto il mio mondo era crollato e ho cominciato a comportarmi da coglione, convinto che tutti mi dovessero perdonare tutto. Ho litigato con te, con Sirius. Con tutti. Vi ho persi. Anzi, mi avete mandato al diavolo e avevate anche tutte le ragioni.” Continuò James, senza prestare attenzione alle mani di Lily che si erano posate sul suo viso o al corpo della ragazza che improvvisamente era vicino al suo.
Qualche
mese prima
avrebbe fatto i salti di gioia per una cosa del genere, ora non se ne
accorgeva
quasi. Gli occhi del ragazzo si erano riempiti di lacrime mentre il suo
cuore
dava finalmente sfogo a tutta la sua frustrazione e a tutti i suoi
tormenti.
Aveva urlato il suo dolore tra le braccia della ragazza che amava e
adesso
poteva davvero riprendersi la sua vita.
“Invece no, tu stavi male e noi non eravamo lì con te.” Sussurrò la ragazza, cercando di fermare le lacrime che le stavano bagnando il bel viso.
Lui si
stava dando le
colpe, ma erano loro quelli che avevano sbagliato tutto quanto.
“Stavo da schifo, ma la cosa peggiore è che sto ancora così. È come se non fosse passato nemmeno un giorno, la mia mente è ferma a quei momenti.” Confessò James, lasciando che i demoni che lo tormentavano uscissero, permettendogli così di sfogarsi.
La
morte del padre, i litigi con Lily e Sirius a lui sembravano vicini,
quasi
fossero accaduti solamente da qualche mese. Ricordarlo così
bruscamente aveva
riaperto quelle ferire e peggiorato le cose.
“Fa male, vero?” chiese Lily, scivolando al suo fianco.
James
annuì appena, appoggiando la testa
sulle gambe della ragazza.
“So che non dovrei prendermela con voi. In fondo avete solo cercato di aiutarmi, volevate il meglio per me. Solo, di colpo ho ricordato un sacco di cose spiacevoli e la rabbia è stata troppo forte. Mi sono sentito tradito, ferito.” Spiegò James, sforzandosi di essere lucido e di non farsi prendere dalle emozioni.
Non
voleva
più urlare, non davanti a lei.
“Smettila di pensare e di essere razionale, sfogati..” lo incitò la ragazza, accarezzandogli i capelli dolcemente.
Rimasero
così, soli in quel corridoio deserto, per ore. Lei
continuava a giocherellare con i suoi capelli e lui piangeva
silenziosamente,
sfogandosi. Non disse nulla molto a lungo, aumentando ancora di
più le
preoccupazioni della ragazza.
“Lily.. Ci sono altri segreti che credi di dovermi dire?” chiese James, prendendola di sorpresa.
Lei
strabuzzò gli occhi, sobbalzando per quella domanda
improvvisa.
Gli occhi colori nocciola di James, gonfi per le lacrime versate e non
più
vuoti, erano intrecciati nei suoi ed attendevano una risposta che in
parte
temevano. Lui la amava, ma non poteva tollerare altre menzogne. Il loro
futuro
sarebbe dipeso da quella risposta.
“Forse uno si..” mormorò Lily, abbassando la testa.
Il solo
pensiero di continuare a parlare la
terrorizzava, ma doveva farsi forza. Era l’ultima occasione,
il loro momento.
Se lo avesse perso se ne sarebbe pentita per sempre. Non poteva
aspettare
ancora.
“Sarebbe?”
chiese
James, preoccupato per la reazione della ragazza.
“Ti amo.” Sussurrò la ragazza con un filo di voce.
Il
mondo prese a girare, per poi fermarsi di
botto. Erano solo loro due, niente intorno aveva più
importanza.
“Prego?” chiese James, alzandosi di botto e rischiando di strozzarsi.
Non
poteva credere alle
parole che aveva appena sentito. Si era preparato alle peggio cose ed
invece
dalla bocca della ragazza che amava erano uscite le parole che
aspettava da
tutta una vita. Il momento che aveva a lungo sognato era finalmente
arrivato,
forse meno teatrale di come aveva fantasticato lui ma ugualmente
intenso, bello
e romantico.
“Sta zitto e non interrompermi, va bene?” ordinò Lily, rossa quasi quanto i suoi capelli.
Era
tesa, ma determinata a dare voce ai suoi sentimenti. Voleva essere
sincera come
era stato James poco prima, aprendogli il suo cuore e condividendo le
sue
paure.
“Si, ma.. Tu mi disprezzavi..” obiettò James, prendendo le mani della ragazza tra le sue.
In
quel corridoio dimenticato dal mondo Lily era bella come non lo era mai
stata.
“Credevo di odiarti, in realtà eri la persona con cui sono sempre riuscita ad essere sincera. Urlare con te mi faceva stare meglio, fino a che non ti sei allontanato.” Continuò a spiegare la ragazza, senta staccare gli occhi da James o lasciargli le mani.
Quelle
di lui erano calde, esattamente come il suo
sorriso che era tornato ad illuminargli il volto.
“Beh, ero in coma..” si giustificò lui, abbozzando un sorriso che tradiva il suo nervosismo.
Lei
sospirò e cercò di andare avanti, impacciata. Non
poteva dire di amarlo e
lasciarlo così, senza spiegazioni.
“Ho realizzato che non eri solo un odioso ragazzino pieno di sé e ho capito di avere perso del tempo. Se non ti fossi svegliato..” continuò Lily, improvvisamente scossa da un tremito.
La sola
idea che lui sarebbe potuto morire la gettava nello sconforto.
James sembrò rendersene conto e la tirò a
sé, circondandola con le sue braccia.
“Non ci pensare, ora sono qui.” Le sussurrò all’orecchio a bassa voce.
Lily
tremò ancora, questa
volta per il tono sensuale che lui aveva usato. I loro visi erano
talmente
vicini che lei riusciva a sentire chiaramente il suo battito
leggermente
accelerato ed il suo respiro che era diventato più affannoso.
“Ho
perso tanti
anni, come una stupida.” Sospirò lei, annullando
ancora più le distanze che li
separavano.
“Ora sei qui.” Sorrise lui, sfiorando il contorno del viso di Lily con le dita.
Il
sogno di
una vita si stava realizzando davanti a lui e tutto il resto aveva
perso
importanza. I problemi, le paure e la confusione avevano lasciato il
posto ad
una certezza che si chiamava Lily.
“Sono ancora in tempo per rimediare?” chiese Lily, socchiudendo appena le labbra.
Voleva
un
bacio. Fremeva all’idea di sentire le labbra di James posarsi
sulle sue. Alle
parole della ragazza fu James a tremare, strappandole un sorriso.
“Credo di si.. Anzi, aspetta.” Mormorò lui, allontanando appena il viso ed interrompendo quel contatto magico.
Voleva
baciarla quanto lo voleva lei, ma improvvisamente aveva
realizzato che non era possibile. Non ancora, almeno.
“Che ti prende?” chiese Lily, confusa e preoccupata.
Aveva
dichiarato il suo amore al ragazzo di
cui era follemente innamorata, lui aveva chiaramente fatto capire di
ricambiare
ma non era scattato il fatidico bacio. La paura che James fosse ancora
arrabbiato, troppo per darle fiducia, la attanagliava.
“Non posso, non ora almeno.” ripeté James, sospirando.
Si
allontanò di qualche passo, prese a pugni
una parete e si lasciò di nuovo cadere. Amava Lily, la
voleva, ma non poteva
baciarla e fare finta di nulla. L’amore della ragazza aveva
per qualche istante
allontanato tutti i problemi, ma loro erano ancora lì. Nulla
era cambiato. Non
poteva coinvolgere anche Lily in tutto quel casino, doveva prima
risolvere le
varie questioni.
“James, che succede?" Chiese Lily, avvicinandosi cautamente al ragazzo e posandogli una mano sulla spalla.
James
non si tirò indietro da quel contatto, al contrario
tirò a
sé la ragazza e le cinse i fianchi. Ancora una volta la
guardò negli occhi,
stupendosi di trovarli pieni di lacrime.
“Si tratta di Sirius e di Alice. Sono le persone che mi sono state più vicine, che mi hanno sempre consolato e spinto a non arrendermi con te. Non posso baciarti ora, prima di avere chiarito anche con loro. Voglio fare le cose per bene.” Spiegò lui, fissando gli occhi verdi di lei, incantato.
Non
voleva che pensasse che
fosse colpa sua o che lui non la voleva, ma sentiva di non potere fare
questo a
Sirius e Alice. Non poteva baciare Lily mentre loro si torturavano per
lui,
versando forse anche le loro lacrime. Non sarebbe stato giusto, loro
non lo
meritavano.
“Li odi?” chiese Lily, inclinando appena la testa.
Improvvisamente
tutta la storia aveva perso
importanza. Le bugie, tutto il dolore di quegli ultimi mesi e la paura
di
perderlo erano svaniti. James era lì, lei era lì.
Loro erano finalmente una
cosa sola, tranne per la faccenda del bacio che non era arrivato.
“No, credo mi sia passata anche per merito tuo.” Rispose lui, appoggiando le labbra sul collo di lei.
Una
parte di lui aveva deciso di perdonarli non appena aveva visto le
lettere, in particolare l’ultima, ma era stata la presenza e
l’amore di Lily a
convincerlo del tutto.
“Allora vai, corri.” Sospirò lei, liberandolo dalla sua stretta.
James
inclinò la testa, le
scompigliò appena i capelli e le dedicò uno dei
suoi migliori sorrisi.
“Torno da te, promesso.” Mormorò lui, allontanandosi, mentre Lily restava ferma a guardare quello che di lì a poco sarebbe stato il suo compagno allontanarsi.
Grazie mille a tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da non credere che io avessi abbandonato la storia. In particolare, grazie a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black.
Love_Vampire: ebbene si, sono ancora viva. inutile dire che chiedo perdono. lo zio era in crisi per la morte dell'amico e non riusciva a stare vicino al nipote. con il tempo ha capito i suoi errori e ha cercato di rimediare. Regulus più che il grillo parlante da il punto di vista di una Serpe, e di conseguenza James fa il contrario. i professori invece, ad di la delle preferenze spiccate, hanno il dovere di aiutare uno studente in crisi. sennò che insegnanti sono? Alla fine in chiarimento con Lily c'è stato, non ancora il bacio, ma è lo stesso un inizio. adesso James ha decisamente le idee chiare. per quanto riguarda il volo dalla finestra, le spiegazioni le troverai tutte nei prossimi capitoli. prometto che sarò deeecisamente più veloce.
Stecullen94: chiedo scusa per il mancato aggiornamento. sono imperdonabile, ma spero che mi lascerai lo stesso un commento!
Cloe Black: ti ringrazio per i complimenti, davvero. questa è forse la storia che ho curato di più nei particolari. l'ho lasciata in sospeso per un bel po', forse è stato proprio il tuo commento a smuovermi e a riprenderla. grazie anche per questo. decisamente il suicidio non è una risposta. ho lasciato qualche indizio, nella storia, ma nessuno ha colto. ad esempio, ma che fine ha fatto la scopa di James? quando è sparita? per quanto riguarda il perdono, invece, direi che alla fine il bene che vuole a Sirius ed Alice è di più della rabbia.