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Autore: sihu    26/04/2011    5 recensioni
il sesto anno al tempo dei malandrini inizia in modo davvero movimentato. Lily e Sirius sono talmennte arrabbiati con James tanto da odiarlo e persino Remus ha pensato di strozzare l'amico con gli occhiali, l'unico problema è che James non si trova. che ne sarà stato di James Potter e che ne sarà dei malandrini? Dal terzo capitolo: Non voglio tediarvi con i particolari anche perché non sarebbe giusto nei confronti della famiglia. La notizia fino ad ora è rimasta riservata per non fare preoccupare nessuno e per motivi di privacy, tuttavia vorrei che tutti osservassimo qualche istante di silenzio e rivolgessimo una silenziosa preghiera per James Potter.” disse il vecchio preside abbassando la testa..
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Broken Memories'
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questo capitolo lo dedico a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black ed alla loro pazienza!

CAPITOLO 17
LIETO FINE, O QUASI

 
La mattina successiva a quella che era stata definita la grande partita erano tutti stanchi, confusi ma soprattutto irritati. Molti a causa dei festeggiamenti e di tremendi postumi da Whisky Incendiario, altri a causa del capitano della squadra di Grifondoro. Il particolare più assurdo di tutta quella storia era che proprio la squadra non aveva partecipato ai festeggiamenti. Erano stati solidali nel prendere la decisione: senza il capitano non avrebbe avuto senso brindare. Era stato James a convincerli ad imbarcarsi in quell’impresa che all’inizio sembrava assurda, che li aveva convinti che potevano farcela ed alla fine li aveva guidati alla vittoria. Morale: niente James, niente festa e tutti a letto presto. L’unico che era riuscito a dormire bene, o comunque meglio degli altri, era stato Seba. Di tanto in tanto il ragazzo si svegliava, controllava che James fosse ancora lì e poi tornava a dormire. Credeva che da quel momento in poi tutto sarebbe stato in discesa con l’amico, ma non sapeva quanto si stava sbagliando. Iniziare una conversazione la mattina successiva infatti si rivelò molto più difficile di quello che era stato la sera precedente. Era una giornata serena, perfetta per stare all’aperto. Quel lunedì le lezioni erano anche state sospese per permettere a tutti di riprendersi dalle emozioni del giorno prima. In particolare, i festeggiamenti di Grifondoro si erano prolungati tutta la notte. Fino a che la McGranitt aveva messo fine alla loro gioia dichiarando che prima di poter alzare la coppa Grifondoro avrebbe dovuto giocare un’ulteriore partita. Sapevano che la decisione non era venuta da lei visto che la donna era stata la prima ad esultare ed a gridare al miracolo, ma lo stesso tutti avevano protestato nonostante la maggior parte fosse troppo sbronza per riuscire a fare discorsi di senso compiuto.

“James, senti..” borbottò Seba, impacciato, fissando l’amico. 

I due ragazzi si erano svegliati da poco. Il riccio era ancora a letto mentre l’altro era scattato in piedi non appena aveva aperto gli occhi e aveva realizzato dove si trovava.

“Sta zitto.” Sbottò James, chiudendo la conversazione senza guardare in faccia l’amico. 

Sembrava furente, quasi stesse compensando con la calma irreale e quell’espressione abbattuta della sera prima.

“Dove vai?” chiese il ragazzo più grande, preoccupato per quel cambio di umore apparentemente senza motivo. 

Era stato James ad andare da lui, non era stato certo Seba a cercarlo. Lo aveva ascoltato, lasciato parlare ed alla fine gli aveva offerto un letto. Non aveva nulla di cui rimproverarsi o che giustificasse quell’improvvisa rabbia.

“In giro..” rispose il capitano della squadra, alzando le spalle. 

Sembrava quasi seccato, scocciato dall’essere costretto a rendere conto a Seba. Cercò di dileguarsi in fretta, per evitare altre domande, ma un capogiro lo tradì costringendolo ad aggrapparsi ad una sedia. Sebastian, preoccupato, si precipitò subito al suo fianco. Finire in infermeria per l’ennesima volta non era decisamente il modo migliore per iniziare la giornata, né per riprendere a parlare con gli altri ragazzi.

“Da quanto tempo non mangi?” chiese, preoccupato, offrendogli una mano al compagno per aiutarlo a rimettersi in piedi. 

Non aveva detto nulla circa dove avesse passato le ore immediatamente successive alla partita, quando tutti loro lo cercavano affannosamente, e Seba non aveva fatto domande. Era stato discreto, per non peggiorare le cose. Gli era sembrato che potesse essere troppo per lui.

“Non so, forse ieri a colazione prima della partita.” Rispose James, sforzandosi di rispondere e di rimettersi in piedi senza bisogno dell’amico. 

Doveva andarsene da quella stanza e da quello sguardo colpevole o sarebbe esploso.

“Dovresti mettere qualcosa sotto i denti. Che ne pensi di fare un salto nelle cucine?” propose Seba, costringendo l’amico a sedersi per un momento.

“Perché dovrei saltare la colazione in Sala Grande?” chiese James, stizzito, lanciando un’occhiataccia a Seba. 

Sapeva che l’amico lo aveva detto per cercare di venirgli in aiuto, ma la sua frase lo aveva infastidito. Sembrava quasi che quello che doveva vergognarsi per tutte le bugie raccontate e le cose non dette fosse lui, non tutti gli altri.

“Non so, pensavo non volessi vedere Sirius e gli altri..” mormorò l’altro, confuso. 

Era stato proprio James a dire di non volerli vedere, solo qualche ora prima.

“Sono loro che dovrebbero vergognarsi a farsi vedere in giro, non io.” Sibilò James, maligno.

“Scusa..” mormorò Seba, imbarazzato, guardando per terra. 

Si rendeva conto che aveva ragione, ma era lo stesso difficile capire come comportarsi con lui. Ogni cosa che diceva sembrava alla fine rivelarsi quella sbagliata.

In quel momento James si rese conto che l’amico era veramente distrutto e che lui si era comportato da vero stronzo a partire dal momento in cui era entrato in quella stanza, la sera prima. Seba gli aveva offerto un letto e la sua spalla per sfogarsi, lui era rimasto lì e lo aveva trattato a pesci in faccia. Era stato semplicemente pessimo, senza giustificazioni.

“No, scusami tu. Sono nervoso ed irritabile. Credo che starò un po’ a mollo..” sussurrò James, sforzandosi di sorridere.

“Bagno dei prefetti?” chiese Seba perplesso, alzando lo sguardo sull’amico. 

James annuì.

“Ci vediamo dopo.” Mormorò il ragazzo mentre lasciava la sala.

Seba lo guardò allontanarsi, chiedendosi cosa sarebbe successo nelle ore successive. Era solo questione di tempo e poi tutti avrebbero saputo che alla fine James era tornato e che stava bene. La notizia sarebbe stata un sollievo per tutti, ma voleva anche dire che poi sarebbero iniziare le discussioni. In primis, Frank se la sarebbe presa a morte. Sicuramente sarebbe esploso, ma lui non poteva certo interrompere il suo momento di intimità con Alice. Non dopo tutti i problemi che quei due avevano passato. In quel caso forse se la sarebbe presa ancora di più. Ad ogni modo, Frank a parte, anche qualcuno degli altri avrebbe perso la calma, altri avrebbero pianto e come al solito ci sarebbero state scene teatrali. Insomma, quella che si prospettava era una giornata tutto tranne che semplice e conveniva cercare di posticipare al massimo le spiegazioni.

Nonostante non sapesse ancora che James fosse ricomparso, più o meno lo stesso pensava Remus, entrando nel bagno dei prefetti ancora mezzo addormentato per via della notte passata a cercare il suo migliore amico, senza nessun esito. La sua mente non aveva ancora ripreso del tutto a carburare, non del tutto almeno. Proprio per questo la scena che gli si parò davanti lo sconvolse. Nella grande vasca colma di acqua c’era James, mollemente abbandonato sotto il pelo dell’acqua. Remus rimase per un po’ ad osservarlo, immobile, aspettandosi di vederlo riemergere con la sua peggior faccia da idiota da un momento all’altro senza che però questo accadesse. Ogni minuto che passava James gli sembrava sempre meno cosciente e sempre più sul punto di cominciare a stare male davvero. Quando tutto fu semplicemente troppo, Rumus capì che era ora di fare qualcosa. Ad un certo punto il ragazzo decise che era passato troppo tempo. Si tuffò nella vasca e trascinò l’amico in superficie senza troppi sforzi. Una volta fatto ciò si trovò di fronte un indignatissimo James Potter. Nel vederlo arrabbiato, ma tutto sommato vivo, il licantropo tirò un sospiro di sollievo. L’amico, tuttavia, non sembrava essere della stessa idea.

“Oh, cazzo.” Sbottò il licantropo una volta toccato il bordo della grande vasca, perdendo il suo solito autocontrollo. 

Per qualche istante aveva davvero temuto di vederlo annegare senza riuscire a fare nulla per salvargli la vita.

“Ciao Remus.” Disse James, glaciale.

Il respiro era un po’ affannoso ed il volto arrossato per il lungo periodo sott’acqua ma tutto sommato sembrava stare bene.

“Sei impazzito? Che stavi facendo?” chiese Remus, ansimando non per lo sforzo quanto per la paura che lo aveva assalito vedendo il suo amico un quella assurda situazione.

“Quello che di solito fanno le persone in una vasca da bagno, si lavano.” Rispose James, senza dare troppe spiegazioni. 

Più che arrabbiato era seccato per il brusco incontro e per essere stato distolto con tanta forza dai suoi pensieri. A mollo nella vasca da bagno il ragazzo stava riflettendo su quello che lo aspettava nelle ore seguenti e come affrontare gli amici. L’improvvisa intromissione di Remus lo aveva convinto a starsene ancora un po’ da solo, lontano dai problemi e dagli impiccioni.

“Diamine James, avevi la testa sotto da un pezzo. Credevo che tu stessi..” continuò Remus, fuori di sé. 

James si voltò, guardando l’amico con aria offesa. Quella frase lo aveva ferito.

“Cercando di ammazzarmi?” completò James per il licantropo, gettandogli un’occhiata che voleva dire molte cose. 

Nello sguardo dell’amico non c’era la solita aria spensierata ma tanta tristezza, tanto dolore e tanta rabbia.

“Beh, io..” mormorò Remus, imbarazzato.

“Proprio tu, uno dei miei migliori amici credi che farei davvero una cosa tanto stupida? Di la verità, lo hai sempre creduto in questi mesi, vero?” esclamò James, alzando la voce. 

Non poteva credere come tutti condividessero quell’idea. Diamine, dovevano essere impazziti tutti quanti per credere che lui si fosse volontariamente lanciato da una finestra.

“Scusa.” Disse Remus in un sussurro, abbassando la testa.

“Sparisci.” Ordinò James, indicando la porta. Il licantropo restò per un minuto immobile, poi decise di obbedire. 

Aveva fatto abbastanza danni per quella mattina.

Tornò alla sala comune con la coda tra le gambe e decise di lasciarsi cadere su una poltrona fino a che qualcuno non si fosse deciso a farsi vivo. Fu Seba il primo a comparire, con un’espressione indecifrabile e poca voglia di parlare. Remus non disse nulla, ma decise di unirsi a lui per fare colazione. Sulla strada verso la Sala Grande si ritrovò a raccontargli di quella mattina, cercando conforto nelle parole dell’amico. Seba non disse nulla, limitandosi a sospirare. Remus non fece altre domande, maledicendo quella strana giornata.

I due si sedettero vicino a Charleen, assorta nella contemplazione della sua tazza di latte. Nonostante l’aria assonnata e le borse sotto gli occhi era sempre bellissima, perfetta. Delle sue amiche, nessuna traccia. Dopo un po’ Seba vide comparire James e si precipitò da lui, cercando di apparire tranquillo. Remus e Charleen si scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a mangiare. Nessuno dei due voleva affrontare James, ne chiedersi che diamine fosse preso a Seba, non a stomaco vuoto almeno.

“Buon giorno, hai mantenuto la parola allora!” esclamò il ragazzo più grande, sorridendo.

“Che vuoi?” chiese James, esasperato. 

Sembrava che tutti di colpo avessero iniziato a pedinarlo e a preoccuparsi in modo ossessivo di lui. La cosa lo infastidiva. Il ragazzo non riusciva a smettere di pensare che se erano così preoccupati avrebbero dovuto raccontargli la verità prima che lui la ricordasse da solo. Le urla di Lily e quelle di Sirius gli avevano tenuto compagnia tutta la notte, accompagnate dalle espressioni indifferenti di Remus ed Alice. Loro sapevano, ma non avevano parlato. Era stato tremendo. Più si sforzava di dimenticare e di superare la cosa e più quei ricordi tornavano più vivi che mai, accompagnati dal dolore tremendo per la morte di suo padre. Le uniche con cui non era veramente arrabbiato erano Cristal e Charleen. Loro due non erano sue amiche allora, non erano tenute a dirgli tutto. Gli altri si. Loro non avevano nessuna scusa, in particolare Alice. Sentirsi tradito da quella che aveva sempre considerato una cugina lo faceva stare uno straccio. La cosa peggiore, tuttavia, restava che lei sembrava così convinta di essere nel giusto. Quel suo modo di fare cominciava a farlo dubitare delle sue azioni, quasi che quello ad avere sbagliato in realtà fosse lui solo per il fatto di essersi ripreso in mano la sua vita invece che restare a guardare.

“Sapere come stai.” Rispose Seba, sicuro, scrutando con attenzione il viso del capitano. 

Il suo sguardo era stanco, quasi i troppi pensieri lo avessero affaticato. Sembrava persino più stanco delle settimane prima della partita, quando era incastrato tra allenamenti, lezioni e compiti per recuperare i mesi di scuola persi. Allora il futuro era un’incognita ma almeno sapeva di avere la squadra dalla sua. Dopo quello che era successo il giorno prima James doveva avere perso ogni certezza.

“Alla grande, ora vattene.” Sbottò James, acido. 

Seba sospirò, deciso a non mollare.

“Perché ti comporti così? Ieri sera sei tornato nella torre di tua spontanea volontà. L’ho visto che eri a pezzi. Stamattina sparisci, non dici niente a nessuno e tratti da schifo Remus.” Esclamò il ragazzo, senza dare all’altro il tempo per dileguarsi.

“Credeva che mi stessi cercando di ammazzare.” Si giustificò James, sbuffando.

“Beh, eri a mollo da un sacco.” Fece notare Seba, testardo. 

Comprendeva le ragioni dell’amico, ma anche lui doveva iniziare a comprendere quelle degli altri. Si erano comportati male con lui, ma continuando di questo passo si sarebbero fatti i dispetti fino alla fine dei loro giorni.

“Mi stavo solo lavando i capelli!” ribatté James, esasperato.

“Non ci capisco nulla, mi arrendo.” Esclamò Seba, allontanandosi.

“Ecco, bravo.” Sospirò James, guardandosi intorno alla ricerca di una persona. 

Una volta trovata, decise di andare subito da lei.

“Ehi, Charleen.” Chiamò il cercatore, affiancandosi alla ragazza. 

Charleen era ancora intenta a fare colazione e decisamente non si aspettava una visita dell’amico. Sentendo la voce di James quasi si strozzò con i cereali.

“James?” chiese la ragazza, voltandosi in preda ad un forte attacco di tosse.

“Si, sono vivo.. Senti, ho un favore da chiederti..” Sbuffò James, anticipando la ragazza perché non facesse domande idiote come quelle di Seba e di Remus.

“Certo, se posso.” Rispose Charleen, guardando il ragazzo con uno sguardo curioso. 

Remus, poco distante, non perdeva nemmeno una parola. Infastidito da quella vicinanza James prese la ragazza per un braccio e le fece cenno di allontanarsi con lui.

“Puoi. Si tratta di alcune lettere che Alice non mi ha mai consegnato, ne sai nulla?” chiese James, guardando la ragazza dritta negli occhi. 

Era certo che lei sapeva tutto, non poteva essere diversamente. Subito Charleen arrossì, tormentata dal dubbio.

“Credo di si.. Vedi, è una storia complicata..” iniziò Charleen, in difficoltà. 

Non sapeva cosa fare. Da una parte c’era James che aveva tutto il diritto di avere le sue lettere, dall’altro c’era Alice che gliele aveva nascoste per il suo bene, che era palesemente in torto ma che restava comunque una sua amica.  

“Non mi interessa, le voglio.” Ribatté James, deciso. 

Il suo sguardo era duro, non ammetteva una risposta negativa. Le voleva e basta.

“Io, non so.. Dovrei chiedere ad Alice.” Mormorò la ragazza, sempre più insicura.

“No, sono mie. Ora vai di sopra, le prendi e me le porti.” Ordinò James, senza alzare la voce. 

L’ultima cosa che voleva era spaventare Charleen. Tutto quello che desiderava era essere lasciato in pace a leggersi quelle dannate lettere. Voleva capire prima di parlare ancora con gli altri, niente di più.

“Credi che ti farebbe stare meglio?” chiese Charleen, fissandolo con insistenza. 

La cosa più importante non era fargli chiarire le cose con Alice o con Sirius, ma far si che lui stesse bene. Ne aveva passate troppe per soffrire ancora.

“Non lo so, ma forse mi chiarirebbero un po’ le idee.” Mormorò James, sorpreso da quella domanda. 

Si aspettava delle proteste, una ferma opposizione e forse anche un rifiuto, ma non una domanda del genere. Charleen era preoccupata per lui, niente di più.

“Aspettami, torno subito.” Disse la ragazza, correndo via. 

Seba e Remus rimasero immobili a guardare la scena. Quando James rimase solo i due non staccarono lo sguardo. Speravano che il ragazzo venisse da loro, facesse colazione e spiccicasse qualche parola. Il capitano, tuttavia, non gli diede questa soddisfazione. Aspettò Charleen, prese le sue lettere e si andò a sedere su un tavolino in disparte. Seba e Remus si guardarono, sospirando: sarebbe stata una lunghissima giornata.

***

Svegliarsi tra le braccia di Frank fu per Alice insieme una sorpresa ed una scoperta. Il giorno precedente, quando lui se n’era andato sbattendo la porta, per qualche istante aveva davvero creduto di averlo perso per colpa dei suoi guai. Così lo aveva seguito, in lacrime, lo aveva costretto a fermarsi e poi avevano litigato furiosamente nel bel mezzo del corridoio, circondati da studenti mezzi ubriachi che festeggiavano l’incredibile successo della loro casa. Ogni tanto qualcuno cantava qualche frase sconnessa verso per Frank, gli offriva da bere e lo implorava di unirsi a loro, senza ottenere nulla. Lui, imperterrito, continuava a fronteggiare Alice. La guardava in modo severo, come non aveva mai fatto, e lei si sentiva sempre più piccola e stupida. Nello sguardo deluso di Frank poteva leggere chiaramente tutti gli errori che aveva fatto negli ultimi mesi, specialmente con James.

Al ricordo di quei terribili attimi Alice si strinse al corpo caldo di Frank, ancora addormentato. Il solo ripensare a quello sguardo gelido la faceva rabbrividire.

“Sei fiera del tuo comportamento?” aveva chiesto lui, severo, senza alzare la voce.

Alice aveva abbassato la testa, cercando di nascondere i suoi occhi pieni di lacrime a Frank. Lentamente si era limitata a scuotere la testa, incapace di parlare.

“Ti prego, non te ne andare. Ho fatto un casino enorme e da sola non ne so uscire. Ho bisogno di te. Sei tutto, la mia vita, la mia aria..” era riuscita a dire lei, mettendo da parte l’orgoglio e parlando a Frank come non aveva mai fatto.

Lui si era fermato, aveva abbozzato un sorriso e l’aveva abbracciata. Era arrabbiato, ma sapeva bene di non poter fare a meno di lei. La amava troppo.

Frank si mosse piano tra le coperte, fino a quando non incontro il corpo di lei. Sorrise, tenendo gli occhi ancora ben chiusi, e ricordo in un momento tutto quanto.

“Buongiorno, principessa!” mormorò Frank, sorridendo.

La sua voce era ancora impastata dal sonno. Lei sorrise, poi lo baciò.

La sera prima erano rimasti a parlare fino a tardi prima di fare l’amore. Si erano raccontati tutto, dubbi, speranze e paure come non facevano da troppo tempo. Alice aveva capito quanto era stata stupida a non stargli vicino, a non parlare prima di quello che la tormentava.

“Sai, ora credo di sapere come si deve essere sentito lui..” mormorò la ragazza, riferendosi al cugino. 

Con il bel portiere era stato semplice chiarire, ma sapeva che James questa volta non l’avrebbe scusata con un sorriso come aveva sempre fatto. Si era sentito solo, tradito e messo da parte e lei aveva il terrore di averlo perso.

“Tradito, credo.” Disse Frank, accarezzando piano il viso di Alice. 

Era bellissima anche assonnata e con il volto corrucciato. Quello scriciolo che riposava tra le sue braccia era la sola donna che avrebbe voluto al suo fianco per tutto il resto della sua vita.

“No, dico a giugno. Aveva perso in un colpo solo il suo migliore amico, i suoi amici e l’amore della sua vita. Un po’ come me ieri sera..” spiegò Alice, ripensando a quei terribili momenti che aveva passato la sera prima. 

Anche lui a Giugno doveva essersi sentito così: suo padre era morto, la ragazza che amava aveva dichiarato di disprezzarlo e i suoi amici gli avevano voltato le spalle.

“Come ci si sente?” chiese Frank, sollevato che la ragazza avesse finalmente ripreso a ragionare.

“È uno schifo!” sbottò Alice, accomodandosi meglio tra le braccia di Frank. 

Il ragazzo la strinse più forte, senza farle male, e la baciò.

“Beh, tu non hai fatto pazzie.. Non tante, almeno.” la rassicurò lui, sorridendo.

“Non so davvero come possiamo aiutarlo.” Sospirò Alice, preoccupata. 

Per la prima volta nella sua vita non sapeva come comportarsi con James. Proprio lei, che lo aveva sempre considerato un fratello.

“Diamogli tempo. Vedrai che si calmerà e tornerà da noi.” Mormorò dolcemente Frank. 

Alice annuì, poi lo baciò. I due rimasero abbracciati ancora un po’, fino a che i morsi della fame iniziarono a farsi sentire.

“Non vorrei essere insensibile, ma che ne pensi dell’idea di fare colazione?” propose Frank, sorridendo. 

La ragazza parve pensarci un po’ sopra, poi annuì.

“Forza, raggiungiamo gli altri in Sala Grande!” esclamò Alice, affamata quanto il compagno.

Una volta scesi per colazione i ragazzi incontrarono Robert. Alice si precipitò dalle amiche mentre Frank si fermò a parlare con il compagno di stanza, perdendo quasi subito la calma.

“Seba, brutto idiota! Dove diavolo sei?” cominciò ad urlare, pieno di rabbia, mentre il ragazzo in questione si faceva sempre più piccolo sulla sedia. 

Sapeva che il suo amico aveva ragione. Alla fine non aveva ancora detto a nessuno, fatta eccezione per Remus, che James aveva passato la notte nel letto di Frank. Probabilmente lo aveva fatto perché il comportamento del Cercatore era decisamente troppo strano per essere spiegato in modo razionale. Attirate dalle urla, anche le altre ragazze raggiunsero il gruppo.

“Mio Dio, ragazzi.. Avete certe facce!” esclamò Alice, passando in rassegna i volti dei suoi amici e fermandosi in particolare a guardare quello di Sirius.

Ancora una volta il ragazzo aveva passato la notte insonne, troppo agitato sia per smettere di darsi la colpa di quanto accaduto che per dormire. I segni della notte appena trascorsa erano chiaramente evidenti sul suo bel viso, segnato da profonde occhiaie nere.

“Non è tornato?” chiese Lily, preoccupata. 

Non ci fu bisogno della conferma dei ragazzi, i loro visi bastavano come risposta.

“Io ti ammazzo!” esclamò Frank, deciso a fare seriamente del male a Seba. 

Nel vedere i due amici litigare in quel modo gli altri ragazzi sobbalzarono sulle sedie. Quella situazione era già fin troppo strana e complicata senza che anche loro si mettessero a fare i cretini.

“Frank? Sicuro di sentirti bene?” chiese Cristal, preoccupata. 

Il portiere sbuffò, lasciando andare Seba che ricadde sulla sedia. Subito si spostò di qualche metro, deciso a sfuggire alla rabbia del suo migliore amico. Sapeva che Frank aveva ragione ma non voleva lo stesso uscirne pieno di lividi. Gli era bastata la silenziosa furia del capitano.

“Mai stato meglio. Ora dimmi, traditore, stiamo tutti da schifo per James, lui torna e tu non dici nulla? Che diamine hai nella testa, segatura?” urlò il bel portiere, fuori di sé. 

A quelle parole, Alice sussultò. Lo stesso fecero gli altri. Sirius rivolse i begli occhi cerchiati di nero verso Seba, pieno di rabbia. Se avesse avuto la forza lo avrebbe volentieri preso a pugni anche lui, ma decise di accantonare l’idea almeno per il momento. Anche Lily si riscosse, alzando la testa verso il riccio che aveva preso a fissare il tavolo con sguardo colpevole.

“Me lo ha chiesto lui, era a pezzi.” Cercò di giustificarsi lui, fulminato dalle occhiate dei compagni. 

Gli unici apparentemente indifferenti erano Remus e Charleen. I due sapevano tutto. Dopo il ritorno di Charleen Seba si era deciso a raccontare della notte precedente.

“Ora dove si trova?” chiese Sirius con un filo di voce, speranzoso. 

Se James era tornato nel dormitorio la notte precedente poteva voler dire che si era finalmente deciso a chiarire con loro. Forse più tardi poteva raggiungerlo, andare da lui e lasciare che si sfogasse. Era disposto a farsi prendere a pugni ed a male parole, ma non voleva perderlo. James era tutto. Un fratello, un amico ed una famiglia. La vita senza di lui non aveva senso. Lo aveva capito quando lo aveva visto disteso immobile in quel lettino d’ospedale.

“Dall’altra parte della stanza.” Rispose Seba, indicando un punto di fronte a sé. 

James era seduto al tavolo, solo, tenendosi in disparte da tutto e da tutti. Tutti si voltarono, cercando l’amico tra la folla indignata per la notizia dell’annullamento della vittoria di Grifondoro.

“Vado da lui.” Esclamò Alice, sicura, alzandosi in piedi. 

Remus la bloccò, trattenendola per un braccio senza farle male.

“Vuole stare solo.” Spiegò il licantropo, sospirando e raccontando agli amici della breve conversazione di quella mattina.

“Non mi interessa quello che dici, devo spiegargli.” Disse Alice, ansiosa, cercando di liberarsi dalla stretta dell’amico.

“Sa già tutto.” Disse Charleen, calma, sorseggiando il suo caffè ormai freddo.

“Cosa?” chiese Frank, stupito, voltandosi prima verso la ragazza e poi verso l’amico. 

Quella situazione si stava andando a complicare ogni minuto che passava.

“Seba gli ha accennato qualcosa sta notte, giusto?” chiese Alice, passando lo sguardo dalla compagna a Seba, cercando una conferma. 

La ragazza scosse appena la testa, sospirando.

“Si, ma non mi ha lasciato il tempo di dire nulla.” Spiegò Seba, sbuffando. 

Raccontare tutto quanto era complicato, ma sentiva di doverlo fare. I ragazzi rimasero ad ascoltarlo attenti, pendendo dalle sue labbra.

“Non vuole sapere di più, credo voglia stare solo e leggere le lettere che gli avevi nascosto.” Continuò Remus, versandosi altro caffè.

“Come ha fatto a prenderle?” chiese Alice, incredula e spaventata. 

James era già furioso per via dei segreti che non gli avevano rivelato, sapere che lei gli aveva anche nascosto delle lettere così importanti doveva averlo fatto infuriare ancora di più.

“Gliele ho portate io.” Rispose Charleen, cercando di apparire calma e di nascondere l’agitazione che provava. 

Sapeva di non essersi comportata da brava amica, ma James stava soffrendo. In quei mesi avevano fatto dei grossi sbagli con lui, sostenendo di agire a fin di bene. Doveva rimediare in qualche modo.

“Perché?” chiese ancora Alice, sentendosi tradita dalla sua amica.

“Perché è giusto così, Alice. Devi smetterla di comandarlo a bacchetta.” Sbuffò Charleen, voltandosi verso Cristal. 

Alice aprì la bocca per replicare, ma Frank la raggiunse e le fece cenno di tacere. Il tempo delle bugie era finito, alla fine. Adesso si trattava solo di aspettare i tempi di James, di lasciare che lui capisse. Non potevano fare altro. Alice prese a singhiozzare, nascondendo il viso tra le braccia del compagno, ma tornò a sedersi. Doveva rispettare i tempi e le decisioni del cugino.

Per il resto della colazione andarono avanti a parlare di James, senza mai perderlo di vista. Nessuno sapeva come comportarsi ma erano tutti concordi che era meglio non cercarlo, non subito almeno. Sirius era quello più in crisi, per la prima volta nella sua vita aveva veramente paura di perdere il suo amico. Era lì, a pochi passi da lui, eppure era anche infinitamente distante. Il ragazzo rimaneva immobile, a distanza. Sentiva gli sguardi degli amici, sapeva quanto stessero male eppure non riusciva ad andare da loro. Aveva paura che gli avrebbero mentito ancora, nascondendogli qualcosa che prima o poi lo avrebbe fatto soffrire.

Dopo quasi mezzora James decise che era arrivato il momento di alzarsi da tavola, sparendo dalla sala e dalla vista degli amici. Il pomeriggio il gruppo lo passò nella sala comune, aspettando il suo ritorno, fiduciosi. Ogni tanto qualcuno tentava di iniziare una conversazione ma nessun tentativo sembrava funzionare. Ogni volta che il ritratto si apriva tutti si voltavano, speranzosi, rimanendo puntualmente delusi. La situazione era paradossale: intorno a loro tutti esultavano per la partita, meritatamente stravinta e si lamentavano per la decisione di sospendere la consegna della coppa, e loro se ne stavano immobili e truci a fissare il camino. Verso sera Lily, esasperata dalla noia, decise di andare a fare un giro, per controllare che nessuno stesse infrangendo le regole. Non si trattava di una vera e propria ronda, ma solo di un modo per scaricare i nervi. Tutto sembrava in ordine, quasi la festa della sera prima avesse tolto a tutti l’energia e la voglia di infrangere le regole. Gli sparuti gruppi di Grifondoro stazionavano per lo più intorno alle panche, troppo stanchi per fare qualsiasi altra cosa. Verso la fine del suo giro, quando ormai era decisa a tornare nella torre di Grifondoro, si imbatté in un gruppo particolarmente ostico di Serpeverde. A differenza degli altri studenti sembravano particolarmente pieni di vita e parecchio inclini a turbare la quiete. Una volta avvistata la rossa, nonostante avessero qualche anno meno di lei, subito la presero di mira con le loro maledizioni. Nonostante fossero piccoli e non particolarmente pericolosi il loro numero cominciava a diventare un problema. Stavano quasi per avere la meglio su di lei, quando un incantesimo li colpì e questi si dileguarono in fretta, borbottando qualche imprecazione sulla sfortuna nera che continuava a perseguitarli. Stupita, la ragazza si sporse per vedere chi era il suo salvatore e rimase di sasso quando riconobbe James, accasciato a terra con le spalle appoggiate alla parete. Sembrava lo stesso di sempre, tranne per l’espressione gelida e quegli occhi così spenti. Poco distante da lui la sua borsa aperta lasciava intravedere al posto dei soliti libri di testo una marea di lettere. La prima del mucchio sembrava diversa dalle altre, forse arrivata da poco. La carta da lettere blu scuro era rovinata in alcuni punti, quasi il mittente avesse pianto molto mentre la scriveva.

“Gra.. Grazie per avermi aiutato con quei ragazzini.” Mormorò Lily, ancora spaventata, controllando che il ragazzo non fosse ferito.

“Figurati, per così poco.” Mormorò James, alzando le spalle. 

Il suo tono sembrava distaccato, ma i suoi occhi tradivano i suoi veri sentimenti. Era a pezzi ed era anche stanco di scappare. Voleva solo essere capito, ma non sapeva come comunicare questa sua necessità agli amici senza iniziare l’ennesima discussione. Ne aveva abbastanza di gente che urlava, voleva solo essere lasciato in pace. Le parole di Seba, l’espressione spaventata di Remus quella mattina e il pensiero che tutti lo credevano un aspirante suicida l’avevano ferito ed insieme sconvolto. Le parole che gli amici gli avevano scritto gli avevano dato il colpo di grazia, ma era stata quell’ultima lettera a confonderlo. Era arrivata qualche ora prima, con un gufo che non aveva mai visto prima. Non conosceva la ragazza che scriveva e che chiedeva di incontrarlo, eppure le sue parole l’avevano reso incredibilmente triste.

Caro James,

sono la sorella di Robert, un ragazzo ricoverato a San Mungo insieme a te qualche mese fa. Non puoi ricordarti di me, eppure io ricordo bene il dolore di tua cugina, di tua madre e di tua zia. Lo stesso dolore che provavo io.

Mio fratello era in coma da quasi un anno  quando sei arrivato tu. Quando ti sei svegliato ed ho visto la gioia di tua madre ho sperato che di poter vivere anche io un momento simile, ma così non è stato. Mio fratello è morto una settimana fa, insieme ai suoi sogni.

Era appena maggiorenne, non aveva ancora trovato una fidanzata né fatto una vacanza da solo con gli amici.

Perché tu si e lui no?

Perché tu vivi e lui muore?

Perché tua cugina ride ed io piango?

So bene che tu non centri, che queste non sono cose da dire e che il mio comportamento è inaccettabile, ma il dolore rende ciechi e fa fare e dire cose insensate.

Vorrei poterti incontrare, chiederti scusa per questo attimo di pazzia, parlarti di Robert e chiederti di goderti la vita anche per lui.

Per favore, non sprecare nemmeno un attimo..

Rose

Da quando aveva letto quelle parole il mondo aveva preso a girare, senza lasciargli nemmeno il tempo di riflettere. Un ragazzo era morto, lui era vivo eppure non riusciva a tornare il ragazzo spensierato che era. Era stato molto fortunato, eppure sprecava tempo in inutili discussioni quando sarebbe bastata una sua parola per avere spiegazioni e scuse.

“Sei rimasto solo tutto il giorno.. Come stai?” chiese la rossa, impacciata, avvicinandosi di qualche passo. 

Il suo istinto le diceva di lasciarsi cadere di fianco a lui e di abbracciarlo ma la sua testa l’aveva diffidata dal farlo. James era ancora sulla difensiva, non poteva rischiare che vedesse quel gesto come una minaccia e che si allontanasse di nuovo. Le parole della ragazza lo riscossero, allontanando per un momento quell’alone di tristezza.

“Non lo so.” Rispose James, fissando il vuoto. 

La rabbia, la delusione e i tormenti che lo avevano tormentato tutto il giorno sembravano aver lasciato il posto alla confusione. Aveva passato ore a chiedersi cosa lo avesse spinto a tornare nella Sala comune e a dormire nella stanza di Seba, senza trovare risposta. Forse le parole dello zio, o magari quelle di Regulus e del professore. Una volta svegliato, tuttavia, aveva di nuovo ripreso a sentirsi solo, incompreso ed arrabbiato, ed era fuggito. Era tornato ad essere il vecchio James, quello che aveva appena perso il padre e che ce l’aveva con il mondo intero. Solo adesso, al fianco della bella rossa, se ne rendeva conto. Una voce dentro di lui gli urlava di cacciarla, di trattarla male come aveva fatto lei mesi prima, mentre una seconda gli diceva di smettere di comportarsi come un bambino egoista. Lei aveva fatto tanto per lui, per rimediare a quell’errore. Non poteva buttare tutto all’aria così, non dopo che si era reso conto che forse anche Lily ricambiava i suoi sentimenti.

“Guarda, c’è il sole. È un peccato isolarsi con una giornata così.” Continuò Lily, cercando di attirare l’attenzione dell’altro ed allo stesso tempo di distrarlo dai suoi pensieri. James alzò appena la testa, fissò il sole e poi sospirò.

“Sono un cretino, va bene?” sbottò improvvisamente prendendo la ragazza, e forse anche se stesso, di sorpresa.

“James..” sussurrò Lily, confusa. 

Aveva paura di sbagliare tutto, ancora una volta. Bastava una parola di troppo e lui se ne sarebbe andato definitivamente. Non poteva sopportarlo, non riusciva ad accettare l’idea di poterlo perdere.

“Lascia parlare me.” Urlò James, lasciando trasparire tutta la sua frustrazione. 

Lily annuì, invitandolo a proseguire.

“Mio padre era appena morto ed io ho perso la ragione. Tutto il mio mondo era crollato e ho cominciato a comportarmi da coglione, convinto che tutti mi dovessero perdonare tutto. Ho litigato con te, con Sirius. Con tutti. Vi ho persi. Anzi, mi avete mandato al diavolo e avevate anche tutte le ragioni.” Continuò James, senza prestare attenzione alle mani di Lily che si erano posate sul suo viso o al corpo della ragazza che improvvisamente era vicino al suo. 

Qualche mese prima avrebbe fatto i salti di gioia per una cosa del genere, ora non se ne accorgeva quasi. Gli occhi del ragazzo si erano riempiti di lacrime mentre il suo cuore dava finalmente sfogo a tutta la sua frustrazione e a tutti i suoi tormenti. Aveva urlato il suo dolore tra le braccia della ragazza che amava e adesso poteva davvero riprendersi la sua vita.

“Invece no, tu stavi male e noi non eravamo lì con te.” Sussurrò la ragazza, cercando di fermare le lacrime che le stavano bagnando il bel viso. 

Lui si stava dando le colpe, ma erano loro quelli che avevano sbagliato tutto quanto.

“Stavo da schifo, ma la cosa peggiore è che sto ancora così. È come se non fosse passato nemmeno un giorno, la mia mente è ferma a quei momenti.” Confessò James, lasciando che i demoni che lo tormentavano uscissero, permettendogli così di sfogarsi. 

La morte del padre, i litigi con Lily e Sirius a lui sembravano vicini, quasi fossero accaduti solamente da qualche mese. Ricordarlo così bruscamente aveva riaperto quelle ferire e peggiorato le cose.

“Fa male, vero?” chiese Lily, scivolando al suo fianco. 

James annuì appena, appoggiando la testa sulle gambe della ragazza.

“So che non dovrei prendermela con voi. In fondo avete solo cercato di aiutarmi, volevate il meglio per me. Solo, di colpo ho ricordato un sacco di cose spiacevoli e la rabbia è stata troppo forte. Mi sono sentito tradito, ferito.” Spiegò James, sforzandosi di essere lucido e di non farsi prendere dalle emozioni. 

Non voleva più urlare, non davanti a lei.

“Smettila di pensare e di essere razionale, sfogati..” lo incitò la ragazza, accarezzandogli i capelli dolcemente. 

Rimasero così, soli in quel corridoio deserto, per ore. Lei continuava a giocherellare con i suoi capelli e lui piangeva silenziosamente, sfogandosi. Non disse nulla molto a lungo, aumentando ancora di più le preoccupazioni della ragazza.

“Lily.. Ci sono altri segreti che credi di dovermi dire?” chiese James, prendendola di sorpresa. 

Lei strabuzzò gli occhi, sobbalzando per quella domanda improvvisa. Gli occhi colori nocciola di James, gonfi per le lacrime versate e non più vuoti, erano intrecciati nei suoi ed attendevano una risposta che in parte temevano. Lui la amava, ma non poteva tollerare altre menzogne. Il loro futuro sarebbe dipeso da quella risposta.

“Forse uno si..” mormorò Lily, abbassando la testa. 

Il solo pensiero di continuare a parlare la terrorizzava, ma doveva farsi forza. Era l’ultima occasione, il loro momento. Se lo avesse perso se ne sarebbe pentita per sempre. Non poteva aspettare ancora.

“Sarebbe?” chiese James, preoccupato per la reazione della ragazza.

“Ti amo.” Sussurrò la ragazza con un filo di voce. 

Il mondo prese a girare, per poi fermarsi di botto. Erano solo loro due, niente intorno aveva più importanza.

“Prego?” chiese James, alzandosi di botto e rischiando di strozzarsi. 

Non poteva credere alle parole che aveva appena sentito. Si era preparato alle peggio cose ed invece dalla bocca della ragazza che amava erano uscite le parole che aspettava da tutta una vita. Il momento che aveva a lungo sognato era finalmente arrivato, forse meno teatrale di come aveva fantasticato lui ma ugualmente intenso, bello e romantico.

“Sta zitto e non interrompermi, va bene?” ordinò Lily, rossa quasi quanto i suoi capelli. 

Era tesa, ma determinata a dare voce ai suoi sentimenti. Voleva essere sincera come era stato James poco prima, aprendogli il suo cuore e condividendo le sue paure.

“Si, ma.. Tu mi disprezzavi..” obiettò James, prendendo le mani della ragazza tra le sue. 

In quel corridoio dimenticato dal mondo Lily era bella come non lo era mai stata.

“Credevo di odiarti, in realtà eri la persona con cui sono sempre riuscita ad essere sincera. Urlare con te mi faceva stare meglio, fino a che non ti sei allontanato.” Continuò a spiegare la ragazza, senta staccare gli occhi da James o lasciargli le mani. 

Quelle di lui erano calde, esattamente come il suo sorriso che era tornato ad illuminargli il volto.

“Beh, ero in coma..” si giustificò lui, abbozzando un sorriso che tradiva il suo nervosismo. 

Lei sospirò e cercò di andare avanti, impacciata. Non poteva dire di amarlo e lasciarlo così, senza spiegazioni.

“Ho realizzato che non eri solo un odioso ragazzino pieno di sé e ho capito di avere perso del tempo. Se non ti fossi svegliato..” continuò Lily, improvvisamente scossa da un tremito. 

La sola idea che lui sarebbe potuto morire la gettava nello sconforto. James sembrò rendersene conto e la tirò a sé, circondandola con le sue braccia.

“Non ci pensare, ora sono qui.” Le sussurrò all’orecchio a bassa voce. 

Lily tremò ancora, questa volta per il tono sensuale che lui aveva usato. I loro visi erano talmente vicini che lei riusciva a sentire chiaramente il suo battito leggermente accelerato ed il suo respiro che era diventato più affannoso.

“Ho perso tanti anni, come una stupida.” Sospirò lei, annullando ancora più le distanze che li separavano.

“Ora sei qui.” Sorrise lui, sfiorando il contorno del viso di Lily con le dita. 

Il sogno di una vita si stava realizzando davanti a lui e tutto il resto aveva perso importanza. I problemi, le paure e la confusione avevano lasciato il posto ad una certezza che si chiamava Lily.

“Sono ancora in tempo per rimediare?” chiese Lily, socchiudendo appena le labbra. 

Voleva un bacio. Fremeva all’idea di sentire le labbra di James posarsi sulle sue. Alle parole della ragazza fu James a tremare, strappandole un sorriso.

“Credo di si.. Anzi, aspetta.” Mormorò lui, allontanando appena il viso ed interrompendo quel contatto magico. 

Voleva baciarla quanto lo voleva lei, ma improvvisamente aveva realizzato che non era possibile. Non ancora, almeno.

“Che ti prende?” chiese Lily, confusa e preoccupata. 

Aveva dichiarato il suo amore al ragazzo di cui era follemente innamorata, lui aveva chiaramente fatto capire di ricambiare ma non era scattato il fatidico bacio. La paura che James fosse ancora arrabbiato, troppo per darle fiducia, la attanagliava.

“Non posso, non ora almeno.” ripeté James, sospirando. 

Si allontanò di qualche passo, prese a pugni una parete e si lasciò di nuovo cadere. Amava Lily, la voleva, ma non poteva baciarla e fare finta di nulla. L’amore della ragazza aveva per qualche istante allontanato tutti i problemi, ma loro erano ancora lì. Nulla era cambiato. Non poteva coinvolgere anche Lily in tutto quel casino, doveva prima risolvere le varie questioni.

“James, che succede?" Chiese Lily, avvicinandosi cautamente al ragazzo e posandogli una mano sulla spalla. 

James non si tirò indietro da quel contatto, al contrario tirò a sé la ragazza e le cinse i fianchi. Ancora una volta la guardò negli occhi, stupendosi di trovarli pieni di lacrime.

“Si tratta di Sirius e di Alice. Sono le persone che mi sono state più vicine, che mi hanno sempre consolato e spinto a non arrendermi con te. Non posso baciarti ora, prima di avere chiarito anche con loro. Voglio fare le cose per bene.” Spiegò lui, fissando gli occhi verdi di lei, incantato. 

Non voleva che pensasse che fosse colpa sua o che lui non la voleva, ma sentiva di non potere fare questo a Sirius e Alice. Non poteva baciare Lily mentre loro si torturavano per lui, versando forse anche le loro lacrime. Non sarebbe stato giusto, loro non lo meritavano.

“Li odi?” chiese Lily, inclinando appena la testa. 

Improvvisamente tutta la storia aveva perso importanza. Le bugie, tutto il dolore di quegli ultimi mesi e la paura di perderlo erano svaniti. James era lì, lei era lì. Loro erano finalmente una cosa sola, tranne per la faccenda del bacio che non era arrivato.

“No, credo mi sia passata anche per merito tuo.” Rispose lui, appoggiando le labbra sul collo di lei. 

Una parte di lui aveva deciso di perdonarli non appena aveva visto le lettere, in particolare l’ultima, ma era stata la presenza e l’amore di Lily a convincerlo del tutto.

“Allora vai, corri.” Sospirò lei, liberandolo dalla sua stretta. 

James inclinò la testa, le scompigliò appena i capelli e le dedicò uno dei suoi migliori sorrisi.

“Torno da te, promesso.” Mormorò lui, allontanandosi, mentre Lily restava ferma a guardare quello che di lì a poco sarebbe stato il suo compagno allontanarsi.


ANGOLO DELL'AUTRICE

Grazie mille a tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da non credere che io avessi abbandonato la storia. In particolare, grazie a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black

Love_Vampire: ebbene si, sono ancora viva. inutile dire che chiedo perdono. lo zio era in crisi per la morte dell'amico e non riusciva a stare vicino al nipote. con il tempo ha capito i suoi errori e ha cercato di rimediare. Regulus più che il grillo parlante da il punto di vista di una Serpe, e di conseguenza James fa il contrario. i professori invece, ad di la delle preferenze spiccate, hanno il dovere di aiutare uno studente in crisi. sennò che insegnanti sono? Alla fine in chiarimento con Lily c'è stato, non ancora il bacio, ma è lo stesso un inizio. adesso James ha decisamente le idee chiare. per quanto riguarda il volo dalla finestra, le spiegazioni le troverai tutte nei prossimi capitoli. prometto che sarò deeecisamente più veloce. 

Stecullen94: chiedo scusa per il mancato aggiornamento. sono imperdonabile, ma spero che mi lascerai lo stesso un commento!

Cloe Black: ti ringrazio per i complimenti, davvero. questa è forse la storia che ho curato di più nei particolari. l'ho lasciata in sospeso per un bel po', forse è stato proprio il tuo commento a smuovermi e a riprenderla. grazie anche per questo. decisamente il suicidio non è una risposta. ho lasciato qualche indizio, nella storia, ma nessuno ha colto. ad esempio, ma che fine ha fatto la scopa di James? quando è sparita? per quanto riguarda il perdono, invece, direi che alla fine il bene che vuole a Sirius ed Alice è di più della rabbia.

  
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