Ma come si saranno conosciuti questi
due uomini così diversi
e, soprattutto, come saranno diventati amici e collaboratori? Per
saperlo
dovremo risalire a qualche mese addietro, ossia al giorno in cui
Virgilio,
abbandonate le terre mantovane, giunse a Roma.
Come abbiamo visto dal prologo,
Virgilio era un giovane
dallo spirito tendenzialmente hippie, spirito che, purtroppo per lui,
molto
spesso finiva per coprire quell’incredibile
sensibilità artistica e talento
letterario che Mecenate era destinato a scoprire e che avrebbe presto
portato
il giovane mantovano a diventare il cantore del popolo romano. E quale
modo di viaggiare
poteva confarsi a un ragazzo allegro e alla mano come lui, se non
viaggiare sul
carro di fieno di un mercante gallico depresso, quello stesso mercante
che
molti di noi hanno avuto modo di ammirare nel film “Asterix
il gallico”?
E fu così che Publio
Virgilio “Virgo” Marone fece il suo
ingresso a Roma.
“ Vendo buoi, ma ne ho sol
due: se li vendo, dite un po’, a
casa mia non tornerò! Se ne avessi almeno tre, non dovrei
tornare a piè…”
cantava il mercante con voce lamentosa, scuotendo i malinconici baffi
neri.
“Ma via amico! Ma via
amico! Take it easy! Vuoi fare un
tiro?” saltò su Virgilio, sporgendosi dal retro
del carro e porgendogli il suo
ormai famigerato rotolino bianco fumante.
“Che
cos’è quella cosa che fumi, amico?”
domandò l’ometto
tristemente.
“ Eh eh eh! Roba buona!
Assaggia!” lo invitò Virgilio,
ridendo.
“No grazie…non
fumo” replicò il povero mercante depresso.
“Non sai cosa ti
perdi!” gli disse Virgilio in tono saggio,
mettendosi a sedere accanto a lui. “Quanto manca a Roma? Eh
amico? Quanto manca
a Roma?”
“ A Roma, hai detto? Ormai
ci siamo” rispose il poveretto,
il quale purtroppo aveva ancora da incontrare un personaggio come
Asterix che
gli suggerisse la soluzione di vendere il carro e tornare a casa coi
buoi. E
per sottolineare la cosa, sollevò tristemente un braccio e
gli indicò le mura
gigantesche di una città diversissima da quella Mantova dove
Virgilio aveva
trascorso la giovinezza. Il confronto tra le due città lo
colpì molto, malgrado
i fumi stupefacenti, e se ne sarebbe ricordato qualche tempo dopo,
nello
scrivere il primo libro delle Bucoliche.
“Bada ganzo!”
esclamò. “ Ma che s’era fumato quello
che l’ha
progettata! Genio!”
“Amico, io ti lascio
qui…se entro a Roma col traffico che
c’è non ne esco più…e devo
trovare il modo di tornare a casa mia!” disse il
povero mercante depresso.
“Vai vai! Grazie del
passaggio amico! E te l’ho detto, ho un
amico su in Gallia che vende della roba buonissima! Si chiama
Erbivendolix!
Addio!”
E detto ciò, terminato il
suo “rotolino bianco fumante” che
a questo punto della storia suppongo che tutti abbiano capito
cos’è, terminato
il suo “rotolino bianco fumante”, dicevo,
penetrò le porte di Roma. E appena
varcate le soglie della Città Eterna…
Pestò una cacca di bue.
“Oh, accidenti! Una cacca
di bue!” esclamò.
“Ma come puoi pestare una
cacca di bue e alterarti così
poco?” esclamò un mercante lì vicino,
alle prese con il proprio bue.
“Come faccio? Io voglio
bene a tutti, anche agli animali!
Basta stare sempre calmi e fumare della roba buona!”
replicò Virgilio,
sollevando due dita in gesto di vittoria.
Detto ciò, se ne
andò tutto tranquillo per le vie di Roma.
Il povero mercante che qui è comparso non è una mia invenzione, ma, come è esplicitato nel testo, è un personaggio del cartone animato di "Asterix il gallico"!
Grazie mille a Smolly_sev per la recensione!