CAPITOLO
64
TENTATIVO
DISPERATO
Merry
vagava da ore nei pressi della stazione
di Londra, determinata a trovare qualcuno che potesse aiutare James. La
notte
aveva da poco lasciato il posto al sole, ma non faceva ancora
abbastanza caldo
nella città piena di fumo e nebbia. Stretta nel suo
cappottino la piccola
tremava, infreddolita. Non gli importava nulla se era sola con i suoi
nove anni
in una grande città piena di gente che probabilmente poteva
avere brutte
intenzioni, lei doveva assolutamente trovare un mago. Sapeva di non
avere molte
scelte. Il tempo di James stava per finire. Non importava quale mago le
fosse andato
in aiuto, ne bastava uno qualunque. La sua innocenza e quel pizzico di
incoscienza che solo i bambini possono avere l’aveva fatta
arrivare fino a lì,
ed ormai era troppo tardi per tornare indietro. Mamma e papà
sarebbero andati
su tutte le furie in qualsiasi caso, tanto valeva andare fino in fondo
a quel folle
piano. L’unica consolazione che le restava e che le faceva
forza era il
pensiero che il nonno, ovunque fosse, la stesse guardando e certamente
fosse
fiero di lei.
Le
parole di James della sera prima gli
risuonavano ancora in testa, confuse. Doveva trovare un mago o
quantomeno
qualcuno che credesse alla sua strana storia. La vita di quel ragazzo
che
conosceva appena era troppo importante.
All’inizio
le parole di James l’avevano fatta
cadere preda dell’entusiasmo: finalmente avrebbe avuto
l’occasione di conoscere
maghi veri, non come quelli delle favole o dei racconti del nonno. Lo
sconforto
era arrivato subito dopo, non appena aveva realizzato che non sarebbe
stato
affatto semplice. I suoi genitori, tanto per iniziare, non avrebbero
mai
creduto a quella storia. Avrebbero scosso la testa, magari sorridendo,
senza
nemmeno farla finire e sarebbero tornati alle loro attività.
Di certo non l’avrebbero
mai accompagnata fino a Londra, né tanto meno lasciata
andare da sola. Lo
stesso valeva per la gente del paese che considerava quel ragazzino
sbucato dal
niente poco più di una scocciatura. Insomma, chiunque
l’avesse vista vagare da
sola in direzione della stazione l’avrebbe riportata a casa,
senza nemmeno
stare ad ascoltarla. C’era solo una persona che poteva
aiutarla: il vecchio
Rupert, l’amico del nonno. Si trattava di un attempato
vecchietto dall’aspetto
e dai modi strambi che viveva solo vicino alla ferrovia. Non aveva
famiglia.
Niente moglie, figli né tanto meno nipoti. Solo un grosso
cane dall’aspetto
bizzarro che aveva una strana ed inspiegabile passione per il gelato
alla
liquirizia. Uno dei tanti vizi che il padrone, in mancanza di altra
compagnia,
gli aveva dato. L’allegro vecchietto aveva lavorato sui treni
per più di
quarant’ anni ed era stato proprio lui a raccontare al nonno
di Merry che a
Londra esisteva un binario speciale, invisibile a tutti tranne che ai
maghi.
Nessuno naturalmente credeva a quella storia, tanto che da quando il
nonno di
Merry era morto Rupert aveva anche smesso di raccontarla.
“Rupert, ci sei?” aveva chiamato la bambina, bussando con insistenza alla porta.
Nel
giro di poco il vecchio era comparso con
addosso una vecchia vestaglia logora ed il fedele cane al suo fianco.
Entrambi
sembravano parecchio assonnati e sorpresi.
“Merry, che ci fai qui nel cuore della notte? I tuoi genitori lo sanno, vero?” aveva chiesto l’uomo, guardandosi intorno preoccupato cercando di scorgere un adulto.
Conosceva
la bambina da quando era
nata. Non era raro che lei passasse a trovarlo, ma di solito le sue
visite
avvenivano durante il giorno ed in compagnia della mamma. Il padre
invece non
approvava che Merry frequentasse gli strambi amici del nonno. Diceva
che
avrebbero finito con il metterle in testa idee strane, pericolose.
“No, non sanno nulla. Proprio per questo sono qui, mi devi aiutare..” aveva mormorato la piccola, sgattaiolando dentro la casa prima che qualcuno potesse vederla.
Il suo
visetto era contratto,
pensieroso. Si vedeva lontano un miglio che qualcosa la preoccupava.
“Che succede?”aveva chiesto ancora Rupert, confuso dalle parole di Merry.
Aveva
praticamente ammesso di essere scappata di
casa nel cuore della notte. La piccola aveva preso fiato, poi aveva
iniziato a
raccontare tutto quanto da principio mentre Rupert la ascoltava attento
e
sempre più incredulo.
“Il ragazzo che ho trovato nella foresta, è un mago..” aveva spiegato la bambina, frenetica.
L’uomo
aveva inclinato appena la
testa di lato, sorridendo tristemente. Nel piccolo paese le notizie
giravano in
fretta e in poche ore tutti avevano saputo che un ragazzo misterioso
era stato
trovato mezzo morto nel bosco dietro il villaggio. A nessuno sembrava
essere
importato più di tanto, ma al vecchio ferroviere era
dispiaciuto parecchio.
Sconosciuto o no si trattava di una persona, con una famiglia e degli
affetti.
Per di più aveva sentito dire che era poco più di
un bambino. Una storia molto
triste che non sembrava destinata ad avere un lieto fine.
“Non dovresti credere alle favole del nonno. Lui amava scherzare.” Aveva detto l’anziano con un tono affettuoso, accarezzandole dolcemente la testa.
Non
voleva che la piccola credesse alla
magia, ne avrebbe ricavato solo guai. In quel piccolo borgo tutti
avrebbero
preso a guardarla male, proprio come facevano con lui e con il suo
vecchio
amico. L’avrebbero isolata, lasciata sola. Certo, lei aveva
ragione a credere
nell’esistenza dei maghi, ma non valeva la pena buttare via
la vita per fare
cambiare idea a dei testoni.
“Non è vero, non mentire. Mi ha detto tutto della stazione, so tutto!” aveva esclamato la bambina, stizzita e più che mai arrabbiata.
I suoi
piccoli pugni erano stretti, quasi lividi, ed il suo sguardo
acceso di rabbia. Qualunque cosa fosse successa era evidente che Merry
stava
prendendo la cosa molto sul serio. Se era venuta da lui nel cuore della
notte
doveva esserci un motivo e lui doveva aiutarla, o almeno provarci.
“Ora
calmati. Come fai ad essere certa che è
un mago?” aveva chiesto Rupert, interessato. Nella sua vita
gli era capitato
molte volte di incrociare strani viaggiatori di passaggio da Londra con
gufi,
scope volanti e strani bagagli, ma non aveva mai visto un mago in quel
villaggio sperduto dove vivevano. Era assolutamente insensato credere
che uno
di loro si fosse spinto fino a lì solo per fare due passi.
“Le sue ferite erano strane e non guarivano. Nemmeno in ospedale lo potevano aiutare e lo hanno mandato a casa. Questa notte si è svegliato, aveva la febbre e delirava ma mi ha detto che è un mago e che solo dei maghi possono aiutarlo. Devo andare a Londra, oppure lui morirà.” Aveva raccontato Merry, ancora scossa dopo la breve conversazione che aveva avuto con James poco prima.
Rupert
l’aveva ascoltata attentamente, prima di scuotere la
testa sospirando.
“Londra? È troppo lontana, è una pazzia!” aveva esclamato il vecchio, sobbalzando sulla poltrona.
Il
racconto della piccola era
concitato, eppure aveva senso. Lui sapeva bene che a Londra
c’era un gran via
vai di gente con poteri magici. Decisamente era il posto più
semplice per
trovare un mago, ma era anche il più lontano. I genitori
della piccola non le
avrebbero mai permesso di fare quel lungo viaggio da sola.
“Se non lo faccio, lui muore.” Aveva ripetuto la piccola, determinata.
Nel suo
sguardo innocente rivide quello deciso del suo
amico. Fino alla fine non aveva ritrattato, anche a costo di vedersi
dare del
matto anche dalla propria figlia. Credeva nella magia ed era deciso a
dimostrarlo ai suoi concittadini anche a costo di andare contro la sua
unica
figlia ed il suo burbero genero.
“Aspetta,
fammi pensare. Certo, il treno.”
Aveva esclamato alla fine il vecchio ferroviere, illuminandosi
all’improvviso.
“Mi puoi aiutare?” aveva chiesto la piccola, speranzosa.
Rupert
aveva annuito, sorridendo. Subito si era alzato dalla
poltrona ed aveva preso a sfogliare freneticamente delle vecchie
tabelle che
dovevano riportare gli orari dei treni in arrivo ed in partenza.
“Certo, ma bisogna pensare cosa dire ai tuoi genitori. Lasciami pensare..” aveva sbuffato l’uomo, grattandosi la testa.
Ai
suoi piedi il cane aveva ripreso a dormire, indifferente a quel
trambusto.
“Come
faccio ad andare a Londra?” aveva
chiesto ancora Merry, decisa, guardando il vecchio signore che stava
ancora
trafficando, distratto.
“Tra venti minuti passa un diretto merci. Niente fermate, arriva in sette ore. Dovrebbe guidarlo un mio amico, posso affidarti a lui ma una volta a Londra sarai sola. Sei certa di volerlo fare?” aveva risposto Rupert, fissandola negli occhi.
Non
poteva lasciarla andare da
sola, ma non poteva nemmeno chiedere il permesso dei genitori. Lo
avrebbero
sicuramente negato e per di più avrebbero incolpato lui di
tutta quella storia.
“Cosa
dirai alla mia mamma ed al mio papà?”
aveva chiesto la piccola, spaventata, mentre l’anziano
signore scribacchiava qualcosa
su un foglio di carta, distratto.
“Dirò che ti ho vista alla stazione e che eri diretta a Londra.” Aveva sospirato il ferroviere, fissando negli occhi la bambina.
Sul suo
piccolo viso si era dipinta una smorfia di terrore.
“Così mi troveranno subito..” si era lamentata lei, sul punto di scoppiare a piangere.
Se
Rupert dava l’allarme sarebbe stato
tutto inutile e James sarebbe morto lo stesso. Era andata da lui
perché era
sicura che l’avrebbe aiutata, non per essere riportata subito
a casa.
“Non subito se do l’allarme dopo le nove del mattino. Il treno successivo parte solo a mezzogiorno e loro non saranno lì prima di sera. Avrai poco più di mezza giornata, pensi di farcela?” aveva detto l’allegro vecchietto, sorridendo nervosamente e stringendo a sé la bambina.
Era
così piccola, eppure così sveglia e determinata.
Doveva darle una possibilità,
ce la poteva davvero fare.
“Credo di si..” aveva risposto lei, meno sicura di prima.
Ora che
aveva trovato un modo per mettere in atto in suo piano
tutto cominciava a sembrare più difficile, grande e
pericoloso. Sospirò, poi
scosse la testa, decisa a togliersi dalla mente quei tristi pensieri.
Doveva
farcela e basta, non ci doveva essere spazio per altro nella sua testa.
“Sai come trovare i maghi? Loro hanno incantesimi che li proteggono ai nostri occhi, lo sai?” aveva chiesto Rupert, premuroso.
Ancora
una volta la piccola aveva annuito, distratta.
“James mi ha detto come fare, mi fido di lui.” Aveva ribattuto Merry.
Per
qualche istante il vecchio ferroviere valuto l’idea
di andare con lei, poi si riscosse. Incontrare un mago sarebbe stato il
sogno
della sua vita, ma doveva restare lì e rassicurare la madre
della piccola.
Quando la mattina successiva non l’avrebbe trovata le sarebbe
venuto un
infarto.
“Aspetta,
quando arrivi alla stazione chiedi
del binario nove e tre quarti..” aveva aggiunto, prima che
Merry sparisse nella
notte diretta verso la stazione.
“Binario
nove e tre quarti?” aveva chiesto la
piccola, cercando di tenere a mente tutte le informazioni che aveva
ricevuto
nel giro di poche ore.
“Proprio
così, ricordatelo e sta attenta.” si
era raccomandato Rupert, mentre la piccola era già lontana
con il suo zainetto
sulle spalle.
Era
così che era arrivata a Londra quando il
sole era sorto da una manciata di minuti. Di lì a qualche
ora al suo villaggio
avrebbero dato l’allarme e allora forse qualcuno avrebbe
chiamato anche la
polizia di Londra. Nonostante il freddo pungente doveva muoversi,
evitando che
qualcuno la seguisse o la notasse. Insomma, doveva sbrigarsi a trovare
un mago
che le credesse. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non poteva
darsi per
vinta subito. Intorno a lei non c’era molta gente, solo
qualche scarno gruppo
di turisti mattinieri e dei distratti uomini d’affari in
giacca e cravatta con
delle buffe valigette nere. Guardò ancora e vide quello che
doveva essere un
ferroviere ed una strana donna, che la fissava da un po’. Il
suo aspetto
bizzarro o forse il suo sguardo interessato e divertito la
turbò. Spaventata,
decise di andare a chiedere informazioni per allontanarsi da lei.
“Mi scusi, può aiutarmi?” chiese Merry, avvicinandosi ad un uomo con la divisa.
Si
nascose tra le gambe dell’uomo,
cercando di sfuggire alla donna. Chiunque fosse, non doveva avere buona
intenzioni. Doveva avere più o meno
l’età di sua madre, eppure era strana.
Diversa da qualunque altra donna avesse conosciuto prima di quel
momento.
“Cerchi un binario, piccola?” mormorò lui, abbassandosi per vederla negli occhi.
Era
strano vedere una bambina così
piccola da sola, specie a quell’ora del mattino.
“Si, il nove e tre quarti!” rispose lei, sperando che l’uomo potesse veramente aiutarla.
Ogni
minuto che passava poteva
essere troppo tardi per aiutare James. L’uomo la
fissò ancora, stranito da
quelle parole.
“Non
credo di averlo mai sentito. Sei sola?”
chiese lui, sospettoso, guardandosi intorno.
“No, la mia mamma è al bar. Ora la raggiungo!” rispose Merry, scappando via verso il bar prima che questi avesse il tempo di fare altre domande.
Non
poteva lasciare che si insospettisse e la portasse
dalla polizia. Le avrebbero fatto perdere tempo e poi
l’avrebbero riportata a
casa. Sarebbe stata la fine della sua ricerca ancora prima che questa
potesse
iniziare per davvero.
Merry
provò a chiedere a qualche altro
ferroviere ma le risposte che ottenne furono più o meno le
stesse. Stremata, si
lasciò cadere su una panchina. Fu in quel momento che la
vide ancora, con la
coda dell’occhio. Una donna la guardava con insistenza, la
stessa che aveva
notato alle spalle del primo ferroviere. Forse la stava seguendo per
prenderla
e portarla a casa. Quando la donna si accorse che Merry la guardava
sorrise e
fece per avvicinarsi. Spaventata, la piccola scappò tra la
folla. Cercò di
ricordare le parole di James. Il ragazzo aveva parlato di un ospedale
magico,
chiamato San Mungo, e di un quartiere di nome Diagon Ally al quale si
accedeva
tramite un bar che sembrava abbandonato. Senza sapere bene come ci era
arrivata
e si era ritrovata davanti proprio il posto che gli aveva indicato
James.
Sembrava spettrale, ma Merry decise di farsi forza e di entrare. Non
aveva
altre possibilità in fin dei conti. La porta si
aprì cigolando e l’unico
occupante del bar si voltò di scatto, allarmato. Quando vide
che il nuovo
arrivato non era nessuno di pericoloso si lasciò andare ad
un sospiro di
sollievo e tornò alle sue attività.
“Piccola, questo posto è pericoloso. Dovresti davvero andare via.” Mormorò l’oste, guardandola con affetto.
Non
sembrava una
minaccia, solo un consiglio paterno. Sembrava sorpreso di vederla nel
suo
locale, ma anche molto divertito.
“Non posso, un mio amico ha bisogno.” Mormorò lei con un filo di voce, senza muoversi.
Quell’uomo
le faceva paura, ma forse
era il solo che poteva aiutare James. Il suo aspetto bizzarro lasciava
intendere che forse era un mago, oppure che ne conoscesse qualcuno.
Doveva essere
per forza così, era stato il ragazzino ferito a dirglielo.
“Cosa può volere un tuo amichetto da un posto così?” chiese lui, curioso, lasciando perdere per un istante le sue attività e concentrando tutta la sua attenzione sulla bambina.
Non
l’aveva mai vista
prima, non doveva essere figlia di maghi. Probabilmente era una
babbana.
“Lui è un mago, ma nessuno gli crede. Non credono nemmeno a me. Ha bisogno di cure, oppure morirà. Deve andare a San Mungo. Qui c’è l’ingresso a Diagon Ally, lì ci sono tanti maghi. Uno di loro mi deve credere!” Ribatté Merry, facendosi coraggio.
L’uomo
non sembrava
intenzionato a farle male, doveva insistere. Non poteva arrendersi alla
prima
difficoltà che incontrava.
“Come fa una bambina babbana a conoscere Diagon Ally ed il San Mungo?” chiese l’oste, perplesso, grattandosi la testa.
Si
trattava di una situazione assurda, decisamente strana.
“Conosco anche il binario nove e tre quarti. Me lo ha detto James! La prego, sta morendo!” implorò la piccola, arrampicandosi su uno sgabello per arrivare alla stessa altezza dell’uomo.
Negli
occhi della piccola l’oste ci lesse tanto smarrimento, molto
più di
quanto si sarebbe mai aspettato di trovarne. Sicuramente non stava
mentendo, ne
era certo.
“Ehi piccola..” mormorò una voce femminile.
Merry
si voltò e si trovò di fronte la stessa donna
dalla quale era scappata
alla stazione. Spaventata, si ritrasse verso l’oste.
“Ancora lei, la prego non mi riporti a casa. Devo aiutare James!” protestò la piccola, cercando di trovare una via d’uscita.
Non
dovevano riportarla dai suoi genitori, non ancora almeno. Prima doveva
convincere quell’uomo che non stava mentendo.
“Che succede?” chiese la donna, rivolgendosi all’oste.
Sembrava
curiosa, stupita. Doveva averla seguita dalla stazione. Aveva
il fiato corto, il viso arrossato ed ansimava per la corsa ma non
sembrava
arrabbiata o furiosa. Merry la guardò meglio e
cominciò a pensare che anche lei
doveva essere una maga, magari buona. Avrebbe dovuto capirlo prima, si
sarebbe
risparmiata un bel po’ di strada e di spavento.
“La piccola sa tante cose. Dice di avere incontrato un mago ferito che le ha detto come venire qui a chiedere aiuto.” Spiegò l’uomo, tornando a dedicarsi a dei bicchieri sporchi lasciando che fosse la nuova arrivata a risolvere quello strano problema.
Forse
la piccola non
mentiva, ma lui non voleva assumersi nessuna responsabilità.
Poteva essere
pericoloso, in tempi come quelli.
“Una storia parecchio strana..” sospirò la donna, voltandosi verso la piccola.
Non
l’aveva mai vista e decisamente non
sembrava una strega. Tuttavia, qualcosa le diceva che non stava
mentendo. Il
suo istinto le aveva detto che quella bambina era importante non appena
l’aveva
incrociata la prima volta, alla stazione. Per questo alla fine
l’aveva seguita,
doveva assolutamente saperne di più.
“Anche lei è una maga? Mi deve credere, la prego. Il mago che ho conosciuto si chiama James. È solo un ragazzo, non può morire.” Implorò la piccola, sul punto di scoppiare a piangere.
La
donna guardò
la bambina, avrebbe potuto essere sua figlia.
“Va bene, vieni con me.” Sospirò alla fine la donna, prendendo la bambina per mano.
Merry
la guardò per qualche istante, poi
decise che poteva fidarsi.
“Che vuoi fare, Andromeda?”chiese l’oste, curioso di sapere come sarebbe finita quella strana storia.
La
donna si voltò,
scura in viso. Era preoccupata, ma sentiva che la bambina non era
pericolosa.
Probabilmente anche lei era rimasta vittima di qualche scherzo dei
Mangiamorte.
“La porto dagli auror, loro decideranno cosa fare.” rispose Andromeda, guidando la piccola fuori dal locale.
L’oste annuì, poi tornò ai suoi affari. In tempi come quelli, dove nulla era mai quello che sembrava l’unica certezza che rimaneva loro erano gli auror. Almeno, era così fino a qualche tempo prima. Da quando il figlio di Robert Potter era sparito gli auror avevano preso a farsi vedere meno in giro. Molti dicevano che erano troppo impegnati nelle ricerche, altri che Bob era impazzito dal dolore e che Paciock e Moody non riuscivano più a gestire tutto da soli. Insomma, ogni giorno sembrava andare peggio. Quasi che quella dannata guerra fosse destinata a non finire ed a durare per sempre.
“Dove mi porti? Non voglio andare a casa..” protestò Merry, scattando sulla difensiva.
Andromeda
sospirò, colpita dalla testardaggine della bambina. Sapeva
quello che voleva, non c’era che dire. Era determinata a
raggiungere il suo
obiettivo.
“Ti porto da alcuni maghi che possono scoprire se dici bugie. Se non menti, aiuteremo il tuo amico. Se è una trappola, non vedrai più la tua famiglia. Allora, va bene?” chiese Andromeda, scegliendo con cura le parole per non spaventare la piccola.
I loro
nemici erano maghi senza
scrupoli. Non si facevano problemi ad uccidere bambini, figurarsi a
rapirli ed
a utilizzarli per i loro scopi.
“Va bene, io non dico le bugie.” Rispose lei, sicura, guardando dritto di fronte a lei.
Era
silenziosa, ma non sembrava
essersela presa per i sospetti della strega. Andromeda la
fissò ancora, poi
scosse appena la testa. Non stava mentendo, ne era certa.
Le due
vagarono per le vie di Londra, senza
più parlare. Di tanto in tanto Merry si voltava a guardare
la donna. Era una
maga vera, con tanto di bacchetta che le spuntava dalla tasca della
veste.
Normalmente avrebbe preso a farle milioni di domande, insistendo per
avere una
risposta, ma non quel giorno. L’unica domanda che le girava
in testa riguardava
James. Il ragazzo si sarebbe salvato?
Andromeda
da parte sua pensava a non perdersi.
Sarebbe potuta arrivare al Dipartimento Auror in pochi istanti,
materializzandosi, ma non voleva spaventare la bambina più
di quanto non fosse
necessario. Era babbana, non aveva mai avuto a che fare con la magia
prima di
quel momento. Forse sapeva dell’esistenza dei maghi ma non
certo che questi
poteva scomparire e riapparire a loro piacimento.
Una
volta arrivati all’edificio che ospitava
gli uffici dove lavorava il marito, le due salirono un numero
impressionante di
scale. Merry presto si ritrovò nel posto più
strano che aveva mai visto. Più
insolito e disordinato persino della vecchia casa del nonno, dove
c’era roba
ovunque. Era pieno di uomini e donne che lavoravano febbrilmente, con
dei fogli
che svolazzavano sopra le loro teste. Tutti loro avevano poteri magici
penso la
piccola, ammirata. Notando la moglie sulla porta, Ted Tonks si
precipitò da lei
e si mise a fissare la bambina perplesso. Decisamente non si trattava
della
loro Dora ma di una bambina più grande. Non
l’aveva mai vista, ma era evidente
che la moglie sapeva di chi si trattava.
“Amore, che ci fai qui?” chiese il mago, sorpreso dalla visita della moglie.
Il
primo pensiero andò alla piccola Dora,
sperando che non fosse successo nulla. L’espressione calma di
Andromeda, ad
ogni modo, lo tranquillizzò quasi subito.
“Questa bambina ha fatto un viaggio di sette ore per trovare dei maghi che potessero aiutare un suo amico ferito.” Spiegò Andromeda, indicando Merry che annuiva.
Sembrava
che la vista di quel posto
magico le avesse tolto la parola. Sembrava di essere in una favola,
oppure in
un sogno. Il mago portò la sua attenzione dalla compagna
alla piccola,
studiandola con attenzione. Sembrava perplesso, ma non aveva fatto
commenti.
“Dimmi piccola, come sai che il tuo amico è un mago?” chiese poi Ted, rivolgendosi direttamente alla piccola.
La
bambina si
schiarì la voce, a disagio.
“Me lo ha detto lui. Mi ha anche detto come trovare dei maghi a Londra.” Rispose Merry, pronta.
Aveva
fatto un lungo
viaggio per arrivare fino a lì, non poteva farsi prendere
dall’emozione proprio
quanto era più necessario. Doveva farlo per James.
Ted
sospirò e si volto prima verso la moglie e
poi verso un collega che aveva sentito la conversazione. Si trattava di
un caso
strano, mai capitato prima. Non poteva prendere una decisione su due
piedi,
doveva chiedere ai suoi superiori. Tuttavia i tre auror che dirigevano
quel
posto nelle ultime ore avevano lasciato capire che non volevano essere
disturbati, in particolare Potter. I segni sul viso di Moody e Paciok
aveva
portato i colleghi a fare lo stesso con loro. Nessuno voleva imbattersi
nella
rabbia di quei tre, non volontariamente almeno.
“Sa molte cose, Ted.” Mormorò Andromeda, preoccupata.
Sentiva
che la bambina aveva ragione e che c’era una ragione se il
destino l’aveva portata sulla sua strada.
“Non importa, dobbiamo controllare. Potrebbe essere una trappola.” Sospirò l’auror di fianco a Ted, maledicendo il fatto che Al, Tom e Bob fossero troppo scossi per essere coinvolti.
La cosa
migliore
sarebbe stata lasciar decidere loro, ma non era possibile. Avrebbero
dovuto
controllare di persona e poi decidere il da farsi. Poteva anche
trattarsi di
una trappola dei Mangiamorti come poteva avere ragione la piccola.
“Va bene, ma fate in fretta. James è ferito.” Esclamò la bambina, frenetica.
Aveva
sbirciato l’orologio che portava al polso
e aveva visto che erano quasi le nove. Erano passate molte ore da
quando aveva
parlato con James, il ragazzo doveva certamente essere peggiorato. I
maghi
dovevano arrivare da lui prima che fosse tardi.
“Bene piccola, allora va con lui.” Disse Ted, indicando l’auror al suo fianco.
Merry
gli lanciò un’occhiata, poi alzò le
spalle. Non importava chi l’accompagnasse, solo che si
trattasse di un mago in
grado di aiutare quel ragazzo. Ormai aveva deciso di fidarsi di quelle
persone,
era l’unica cosa da fare.
“Come
ti chiami?” chiese l’uomo, sorridendo
per spaventare la piccola e per cercare di metterla il più
possibile a suo agio.
“Merry.” Rispose lei, felice che finalmente cominciassero a prenderla sul serio.
L’uomo
sorrise, accarezzando dolcemente il
viso della piccola.
“Io sono Travis. Dimmi Merry, sai dirmi dove abiti così ti riporto a casa?” chiese ancora l’auror con lo stesso tono.
A
quelle parole la bimba impallidì.
“No,
non puoi. La signora ha detto che avreste
aiutato James! Ho fatto un lungo viaggio apposta.”
Protestò vivacemente Merry,
indignata.
“Sta
tranquilla. Ora ti porto a casa, modifico
la memoria dei tuoi genitori in modo che non ti sgridino per la tua
sparizione
e se questo misterioso amico mago esiste davvero ed è ferito
lo porto via con
me.” Spiegò Travis, cercando di calmare la bambina.
“Sei
un mago vero?” chiese Merry, sospettosa.
“Certo, sta a vedere!” rispose lui, rovesciando una pigna di fogli impilati sulla scrivania di Ted.
L’uomo
alzò gli
occhi al soffitto, trattenendo a fatica un’imprecazione. La
bimba, invece,
scoppiò a ridere.
“Lo porti a San Mungo?” chiese ancora, per accertarsi che avrebbero davvero aiutato James.
Travis
annuì, portando una mano
sul petto.
“Se
è davvero un mago e sta male, si.” Promise
l’auror con fare solenne.
“Come
faccio a sapere che lo porti davvero e
che lui guarirà?” domandò Merry,
portando le mani ai fianchi.
“Prometto
che non modificherò la tua memoria e
che verrò a dirti come sta. Ma tu non devi parlare a nessuno
dei maghi. Credi
di poterlo fare?” chiese Travis, sorridendo.
“Promesso.”
Disse la piccola, prendendo la
mano che il mago le porgeva.
“Bene, allora andiamo.” Mormorò Travis.
In
pochi minuti tutto iniziò a girare. Quando il mondo decise
di fermarsi Merry si
trovava sulla porta di casa sua con lo stomaco sotto sopra.
Gettò una rapida
occhiata all’orologio: le nove in punto. La sua casa era
ancora tranquilla,
probabilmente Rupert non aveva ancora dato l’allarme. Vide il
vecchio uscire
dalla porta di casa, lo salutò con la mano e questi
tornò dentro insieme al
cane.
Travis
si guardò intorno, curioso, poi fissò
la porta perplesso fino a che non capì di dover suonare il
campanello. Nel giro
di pochi istanti questa si aprì, rivelando una donna
preoccupata. Merry le
corse incontro, portandosi al suo fianco. L’auror mosse la
bacchetta e Beth
traballò qualche secondo.
“Salve signora, sono un medico. Mi hanno detto che c’è un ragazzo che sta male qui, posso vederlo?” chiese Travis, mostrando alla donna un tesserino palesemente falso.
Beth lo
guardò per un po’, poi si
voltò verso la piccola. Sentiva di dover essere arrabbiata
con lei per qualcosa
ma non riusciva a ricordare di che si trattava.
“L’ha chiamata mia figlia? Mi spiace, il ragazzo sta molto male. Nessuno può più fare nulla per lui. All’ospedale hanno detto che ormai è questione di ore.” rispose la donna, a malincuore.
Non
capiva
bene cosa stesse succedendo, né perché stesse
parlando con quello sconosciuto,
ma non si mosse dalla porta.
“Mi faccia fare lo stesso un tentativo..” insistette l’auror.
Poteva
entrare con la magia, ma era meglio non fare
insospettire troppo la donna. L’aveva già confusa
per non farle notare la fuga
della bambina.
“Fallo provare mamma, ti prego.” Implorò Merry, saltando al collo della donna.
Beth
guardò la figlia e sentì il suo
cuore andare in pezzi. Non sarebbe servito a nulla, ma almeno ci
avrebbe
provato. Lentamente la donna annuì.
“Va bene, venga.” Cedette alla fine lei, spostandosi per fare entrare l’uomo.
Lo
condusse fino alla stanza di James,
ancora immersa nel buio. Nel letto si intravedeva appena la figura di
un
ragazzo. L’unico rumore che si sentiva era il pesante rantolo
del suo respiro.
“Grazie, potrebbe aspettare di là?” chiese Travis, muovendo appena la sua bacchetta.
La
donna annuì, allontanandosi
silenziosamente. Ci avrebbe pensato dopo a modificare del tutto la sua
memoria
in modo che non ricordasse nulla di quella visita.
“Non
ci sono problemi. Vieni, Merry.” Mormorò
Beth, assente.
“No, la piccola può restare.” Disse l’auror.
La
donna non capì, ma fece lo stesso come le era stato detto.
“James,
svegliati. Devi dire a questo signore
che sei un mago!” prese a chiamare Merry, scuotendo appena
l’occupante del
letto che non accennava a dare segni di vita.
Travis
rimase per un attimo intontito, lo
sguardo fisso sul ragazzo steso nel letto. Non ci voleva certo una
scienza per
capire che era conciato male, mago o meno. Quando si riscosse la
bambina stava
ancora cercando di svegliare il malato, immobile e pallido. Respirava a
fatica
e si lamentava piano, quasi non ne avesse la forza nemmeno per quello.
L’auror
si avvicinò ed aprì la tenda con un
gesto della sua bacchetta, in modo che la luce illuminasse il letto su
cui
riposava il malato. La sua fronte era imperlata di sudore ed il suo
corpo era
scosso da tremiti, probabilmente causati dalla febbre.
Scostò
lentamente il lenzuolo, scoprendo del
tutto il corpo del ragazzo ricoperto da molte bende che il mago rese
invisibili
con un incantesimo non verbale.
Merry
sussultò, spaventata.
“Che
fai?” chiese la piccola, mettendosi in
mezzo tra James e Travis quasi volesse difendere il suo amico da quella
strana
intrusione.
“Devo vedere le sue ferite, per capire se sono magiche o no.” Rispose l’uomo, senza distogliere l’attenzione dal ragazzo.
La
bimba annuì, poi si spostò per lasciarlo fare.
“Guarda
la gamba allora, quella è conciata
male.” Esclamò Merry, impaziente.
Travis
studiò la gamba del ragazzo, ma non ci
trovò niente di interessante. Si trattava di una gamba
rotta, probabilmente
trascurata. Era impossibile stabilire come se la fosse rotta.
“Allora?” chiese la bambina, ansiosa.
Il
futuro del suo amico dipendeva da lui.
“Non
c’è molto che faccia pensare a delle
ferite magiche..” sospirò Travis, sedendosi.
“È un mago, credimi.” Assicurò Merry, arrabbiata.
Aveva
fatto tutta quella strada per arrivare a Londra e trovare un
mago. Non poteva essere stato tutto inutile, James doveva vivere e non
morire
in quel letto senza che nessuno facesse nulla.
“Dove si trova la sua bacchetta?” chiese Travis, grattandosi la testa.
Dall’esame
delle ferite non emergeva nulla di
magico. Poteva essere un mago, certo, ma anche un folle. Non sapeva
cosa fare,
probabilmente doveva chiamare uno dei suoi superiori. Tuttavia, sapeva
bene che
farli muovere per niente era pericoloso, soprattutto Robert Potter.
“Non lo so..” mormorò la piccola, abbassando la testa.
Merry
ormai aveva capito che se non trovava un modo di dimostrare che
il suo amico era un mago lo avrebbe visto morire. Travis
voltò la testa,
ignorando di proposito il viso pieno di lacrime della bambina. Fu
così che vide
una cicatrice strana, sotto la nuca del ragazzo.
“È
stato schiantato!” esclamò improvvisamente,
saltando in piedi per lo stupore.
“Che
vuole dire?” chiese la piccola, confusa.
“Che ti credo. Devo portarlo via, oppure morirà. Quando lo hai trovato aveva addosso qualche oggetto strano o insolito?” chiese l’auror, esaminando con attenzione la ferita alla testa.
Era
piccola, ma
si vedeva chiaramente che era stata fatta con la magia. Ne era certo.
“No, nulla. Non aveva nemmeno una giacca ma solamente una sciarpa con un leone.” Disse lei, alzando le spalle.
Quel
particolare attirò ancora di più
l’attenzione dell’auror.
“Fammela vedere.” Ordinò, di colpo serio.
Travis
strabuzzò gli occhi non appena la bambina tornò
con l’indumento. Il ragazzo
apparteneva alla casa di Grifondoro. La voltò e vi
trovò le sue iniziali: JP.
Un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente,
diventando sempre più
reale ogni secondo che passava.
“Hai detto che si chiama James, vero?” chiese Travis, cauto.
Doveva
restare calmo, agire in modo razionale, avvisare i suoi
colleghi e portare in salvo il ragazzo prima che morisse.
“Si, mi ha detto così. Hai promesso, lo devi salvare!” esclamò la bambina, tremendamente seria.
L’auror
annuì, pallido. In
ballo non c’era più solo la promessa che aveva
fatto alla piccola, ma anche il
dolore di molte, troppe, persone.
“Fidati di me, piccola.” Promise Travis, frugando nel mantello. Estrasse un apparecchio piccolo, poi fece scivolare l'indumento addosso al ragazzo ferito in modo che rimasse al caldo.
Doveva
comunicare con il dipartimento, era essenziale
che anche gli altri sapessero.
“Ted, avvisa gli altri. Sto portando il ragazzo a San Mungo.” Mormorò Travis, utilizzando un dispositivo che trasmetteva la sua immagine al collega.
La
faccia perplessa di Ted Tonks
comparve si fronte a lui, facendo sussultare la piccola.
“È
conciato male?” chiese l’altro, stupito che
alla fine il ragazzo misterioso si fosse rivelato veramente un mago e
non un
mitomane o un mangiamorte.
“Abbastanza, alla fine la piccola aveva ragione.” Rispose Travis, scompigliando i capelli della piccola che sorrideva, felice.
James
stava ancora male, certo, ma era questione di poco e poi sarebbe
stato curato per bene. Si sarebbe salvato.
“È
sorprendente. Che ci faceva un mago mezzo
morto in una foresta babbana?” chiese Ted, incredulo,
scribacchiando qualcosa
su una pergamena.
“La
vera domanda è, che ci faceva un
Grifondoro che si chiama James, senza mantello e con solo una sciarpa
mezzo
morto in una foresta babbana?” chiese Travis, pregustando la
reazione del
collega.
“Ferma, ferma. Un Grifondoro?” chiese l’altro, gelandosi e facendosi di colpo più pallido.
Era
evidente che aveva pensato la
stessa cosa che era passata per la mente del collega alla vista della
sciarpa.
“Ha la sciarpa di Grifondoro, le iniziali sono JP.” Continuò Travis.
A
quelle parole Ted perse definitivamente la testa.
L’espressione sbigottita lasciò il posto ad un
sorriso. Avrebbe dovuto
ringraziare Andromeda, senza di lei non avrebbero di certo trovato il
ragazzo.
“Avviso
Bob e Dorea, non lasciarlo nemmeno per
un attimo!” urlò il collega, prima di interrompere
bruscamente la comunicazione
per correre dai suoi superiori.
Ted
fece la strada di corsa, travolgendo
qualunque cosa accennasse a sbarrargli la strada ed arrivando
nell’ufficio che
dividevano Bob, Al e Tom praticamente senza fiato. Spalancò
la porta senza
bussare, ignorando le proteste di Moody. Paciock lo fissava, furioso ma
tuttavia calmo. Era evidente che entrambi si stavano chiedendo cosa gli
fosse
preso.
“Dove
si è cacciato Bob?” chiese Ted,
guardandosi freneticamente intorno.
“Sono qui, che c’è Ted?” sbuffò l’uomo, scontroso e di cattivo umore per il brusco ingresso.
Ted si
voltò, sorridendo felice.
“Vai a chiamare Dorea! Hanno trovato James e lo stanno portando a San Mungo!” esclamò, frenetico.
Bob
sbiancò
all’improvviso, traballò, si mise a sedere e poi
si riscosse subito. Voleva fare
molte domande, ma improvvisamente si scoprì quasi incapace
di parlare. Suo figlio
era vivo ed i suoi lo avevano trovato nonostante le ricerche a tappeto
intorno
al castello erano state interrotte da qualche giorno. Al e Tom si
guardarono,
intontiti. Nessuno dei due riusciva a parlare.
“Al, avvisa i ragazzi al castello. Fallo subito! Tom, chiama Dorea.” Ordinò Bob, mentre i due amici si affrettavano ad obbedire.
Bob si
materializzò nel centro dell’ospedale magico senza
sapere bene
come aveva fatto ad arrivarci. Il suo volto era solcato dalle lacrime,
tanto
che quasi non vedeva dove andava. Vide a malapena una donna lanciarsi
tra le
sue braccia e la riconobbe come Dorea solo quando la strinse a
sé.
“È vivo. I guaritori non si sbilanciamo, ma credono che ce la farà!” esclamò Tom, comparendo alle spalle dei due.
Dopo
aver
avvisato Dorea l’aveva accompagnata a San Mungo, aveva
aspettato con lei e
aveva parlato con i medici quando la donna era troppo scossa per farlo.
Poco
lontano, Travis teneva per mano una bambina spaventata.
“È un miracolo, amore.” Sospirò Bob, lasciandosi andare in un pianto liberatorio.
L’incubo
era finito, potevano finalmente
tornare a vivere.
“Dobbiamo avvisare i ragazzi..” balbettò Dorea, confusa.
Il
marito sorrise, accarezzandole il viso dolcemente. Non sentiva
quasi il brusio di sottofondo, né le proteste del guaritore
che cercava di
cacciarli fuori da quel corridoio. Il loro James era vivo, solo questo
contava.
“Ci
sta pensando Al, pensiamo solo a nostro
figlio!” mormorò Bob, sospirando.
Moody,
dal canto suo, avrebbe volentieri fatto
cambio con Paciock. Mai come in quel momento il castello era sembrato
tanto
grande e poco collaborativo allo sguardo attento del mago che camminava
da ore,
guardandosi intorno.
“Maledizione, dove sono finiti tutti?” tuonò Alastor Moody, solcando come una furia i corridoi, borbottando indignato.
Non
solo doveva prendersi i pugni dell’amico, ora doveva anche
andare alla ricerca
di quel ragazzini ribelli che dovevano certamente essersi cacciati
nell’ennesimo pasticcio. Probabilmente con loro doveva
esserci anche il figlio
di Tom, di recente unitosi alla banda di disgraziati.
“Signor Moody, la prego di mantenere la calma..” mormorò Nick-Quasi-Senza-Testa, senza perdere il suo proverbiale contegno.
Il
fantasma aleggiava intorno all’uomo da un po’,
indignato per il
comportamento dell’auror, poco consono al luogo dove si
trovava.
“Non mi faccio comandare da un uomo in carne ed ossa, figurarsi da un fantasma!” sbuffò l’auror, ignorandolo e proseguendo per la sua strada.
Il
fantasma in risposta decise di scomparire, offeso da
tanta maleducazione. L’auror alzò le spalle, poco
dispiaciuto per la perdita
della sua compagnia. Se ne sarebbe fatto una ragione.
“Ehi, tu. Fermo dove sei!” urlò Moody, bloccando un ragazzino diretto verso la torre di Grifondoro.
Non era
grande, al
massimo del terzo anno e tremava parecchio.
“Non
sto facendo nulla, lo giuro..” protestò
lui, alzando le mani e sperando che l’auror si fosse
sbagliato e non stesse
cercando proprio lui.
“Dove sono Potter, Paciock, Lupin, Black e tutto il resto della compagnia?” chiese l’auror, spazientito.
Aveva
perso
abbastanza tempo cercando quei ragazzi. Dannazione, era un auror lui e
non un
baby sitter.
“Io.. non lo so.” Balbettò lui, pallido.
Chiuse
gli occhi e sperò che una volta
riaperti il mago fosse scomparso. Aprì gli occhi piano, ma
Moody era sempre lì,
furioso.
“Non
sono in vena di farmi raccontare balle da
un ragazzetto che a stento mi arriva alla spalla. Parla!”
tuonò Alastor, al
limite della sopportazione.
“Loro, sono usciti.. ma io non centro. Non lo dica ai professori, oppure si vendicheranno!” piagnucolo il piccoletto, disperato.
L’auror
sbuffò, esasperato.
“Sparisci, non ti ho mai visto.” Ringhiò Moody, tornando a guardare i corridoi con attenzione alla ricerca dei ragazzi che stava cercando.
Una
volta trovati non avrebbero passato dei bei momenti
quei furfanti.
“Grazie,
signore.” Biascicò, dileguandosi
prima che l’altro avesse tempo di cambiare idea.
“Proprio
oggi dovevano andare a fare gli eroi,
maledizione!” imprecò Al, insofferente, alzando
gli occhi al soffitto.
“Signor Moody, è successo qualcosa ai ragazzi?”chiese Zhoana, avvicinandosi con prudenza all’uomo.
Si
vedeva lontano
un miglio che era furioso, solo non si capiva perché. Era
insolito che un auror
si trovasse lì visto che ormai Bellatrix era stata
arrestata. La vita al
castello era tornata a scorrere tranquilla, fatta eccezione
un’infinita
tristezza dovuta alla fine del povero James.
“Sei
la ragazza di Black, non è vero?” chiese
l’auror, fissandola con attenzione.
“Io..
beh.. ecco..” mormorò lei, imbarazzata,
annuendo appena.
“Lo sei o no? Non sono in vena di perdere tempo. Non mi interessa sapere se sai o meno dove si sono cacciati quei perdigiorno ma solo sapere se puoi riferire loro un messaggio da parte di Bob e Dorea.” Sbuffò l’auror, deciso a mettere fino a quel tormento una volta per tutte.
Quando
avrebbero fatto ritorno al castello, avrebbero avuto il loro
messaggio.
“Credo di poterlo fare.” rispose Zhoana, seria.
Se era
un messaggio di Bob e Dorea doveva trattarsi di James. Potevano
essere brutte notizie, le ennesime brutte notizie.
“James Potter è a San Mungo. È ferito gravemente ma non ho idea di come stia ne se passerà o meno la notte.” sospirò Alastor Moody, allontanandosi scuotendo la testa.
Quei
ragazzi lo avrebbero
portato alla pazzia, prima o poi.
Zhoana rimase immobile al centro del corridoio, incredula. Intorno a lei i ragazzi facevano chiasso, si rincorrevano e urlavano. La ragazza non riusciva a fare un passo, mentre le parole dell’auror gli rimbombavano nella mente.
Grazie mille per essere arrivati a leggere fino a qui. finalmente James è tornato a casa. Chiedo perdono per non aver messo anche il tanto agognato incontro, ma sarebbe stato davvero troppo lungo.
LadySaika: Grazie mille!!! la ricerca è cominciata, nel prossimo incontro si capirà dove erano finiti tutti ed amerai ancora di più Piton, credimi. in questo ho preferito concentrarmi su James.
Ketty: Grazie milleee, sei pazza a leggerti tutto quanto insieme. davvero, sei un vero angelo! per ringraziarti ti rivelo un segreto: le storie con i viaggi nel tempo piacciono anche a me e ne ho una pronta che posterò finita questa. i protagonisti saranno i figli di Harry e Ginny (la storia sarà il sequel di Posta via gufo) e naturalmente i malandrini. allora, ti ho incuriosita abbastanza?
BabyRiddle: Grazie milleee!
Dracucciole: grazie mille, siete sempre gentilissime!
Igniflia: grazie milleee! non si tratta di sadismo, solo che se dovessi postare tutto insieme ci metterei sei mesi a scrivere un capitolo ed ho il sospetto che a voi non piacerebbe..
Smemo92: Grazie mille! inizia la fase finale della storia: si combatte per davvero. con il ritorno di James, dopo i colpi di scena, si partirà alla ricerca.
GRAZIE MILLE, AL PROSSIMO CAPITOLO!