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Autore: sihu    03/05/2011    9 recensioni
una storia a cavallo tra due tempi che si incontrano, quello dei Malandrini e quello dei nostri eroi. Harry, Ron, Hermione e Ginny si trovano a passare il settimo anno insieme ai Malandrini. il risultato? un continuo susseguirsi di colpi di scena, amori che nascono, gelosie, paranoie e molto altro ancora. DALL'ULTIMO CAPITOLO: “Remus, sei suo padre..” esclamò Ron alla fine. A Sirius e James mancò l’aria mentre Remus impallidì all’improvviso. Lily non poteva credere alle sue orecchie. Remus era padre, ma di chi? Di Harry? Di Teddy forse?
Genere: Commedia, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 64
TENTATIVO DISPERATO

Merry vagava da ore nei pressi della stazione di Londra, determinata a trovare qualcuno che potesse aiutare James. La notte aveva da poco lasciato il posto al sole, ma non faceva ancora abbastanza caldo nella città piena di fumo e nebbia. Stretta nel suo cappottino la piccola tremava, infreddolita. Non gli importava nulla se era sola con i suoi nove anni in una grande città piena di gente che probabilmente poteva avere brutte intenzioni, lei doveva assolutamente trovare un mago. Sapeva di non avere molte scelte. Il tempo di James stava per finire. Non importava quale mago le fosse andato in aiuto, ne bastava uno qualunque. La sua innocenza e quel pizzico di incoscienza che solo i bambini possono avere l’aveva fatta arrivare fino a lì, ed ormai era troppo tardi per tornare indietro. Mamma e papà sarebbero andati su tutte le furie in qualsiasi caso, tanto valeva andare fino in fondo a quel folle piano. L’unica consolazione che le restava e che le faceva forza era il pensiero che il nonno, ovunque fosse, la stesse guardando e certamente fosse fiero di lei.

Le parole di James della sera prima gli risuonavano ancora in testa, confuse. Doveva trovare un mago o quantomeno qualcuno che credesse alla sua strana storia. La vita di quel ragazzo che conosceva appena era troppo importante.

All’inizio le parole di James l’avevano fatta cadere preda dell’entusiasmo: finalmente avrebbe avuto l’occasione di conoscere maghi veri, non come quelli delle favole o dei racconti del nonno. Lo sconforto era arrivato subito dopo, non appena aveva realizzato che non sarebbe stato affatto semplice. I suoi genitori, tanto per iniziare, non avrebbero mai creduto a quella storia. Avrebbero scosso la testa, magari sorridendo, senza nemmeno farla finire e sarebbero tornati alle loro attività. Di certo non l’avrebbero mai accompagnata fino a Londra, né tanto meno lasciata andare da sola. Lo stesso valeva per la gente del paese che considerava quel ragazzino sbucato dal niente poco più di una scocciatura. Insomma, chiunque l’avesse vista vagare da sola in direzione della stazione l’avrebbe riportata a casa, senza nemmeno stare ad ascoltarla. C’era solo una persona che poteva aiutarla: il vecchio Rupert, l’amico del nonno. Si trattava di un attempato vecchietto dall’aspetto e dai modi strambi che viveva solo vicino alla ferrovia. Non aveva famiglia. Niente moglie, figli né tanto meno nipoti. Solo un grosso cane dall’aspetto bizzarro che aveva una strana ed inspiegabile passione per il gelato alla liquirizia. Uno dei tanti vizi che il padrone, in mancanza di altra compagnia, gli aveva dato. L’allegro vecchietto aveva lavorato sui treni per più di quarant’ anni ed era stato proprio lui a raccontare al nonno di Merry che a Londra esisteva un binario speciale, invisibile a tutti tranne che ai maghi. Nessuno naturalmente credeva a quella storia, tanto che da quando il nonno di Merry era morto Rupert aveva anche smesso di raccontarla.

“Rupert, ci sei?” aveva chiamato la bambina, bussando con insistenza alla porta. 

Nel giro di poco il vecchio era comparso con addosso una vecchia vestaglia logora ed il fedele cane al suo fianco. Entrambi sembravano parecchio assonnati e sorpresi.

“Merry, che ci fai qui nel cuore della notte? I tuoi genitori lo sanno, vero?” aveva chiesto l’uomo, guardandosi intorno preoccupato cercando di scorgere un adulto. 

Conosceva la bambina da quando era nata. Non era raro che lei passasse a trovarlo, ma di solito le sue visite avvenivano durante il giorno ed in compagnia della mamma. Il padre invece non approvava che Merry frequentasse gli strambi amici del nonno. Diceva che avrebbero finito con il metterle in testa idee strane, pericolose.

“No, non sanno nulla. Proprio per questo sono qui, mi devi aiutare..” aveva mormorato la piccola, sgattaiolando dentro la casa prima che qualcuno potesse vederla. 

Il suo visetto era contratto, pensieroso. Si vedeva lontano un miglio che qualcosa la preoccupava.

“Che succede?”aveva chiesto ancora Rupert, confuso dalle parole di Merry. 

Aveva praticamente ammesso di essere scappata di casa nel cuore della notte. La piccola aveva preso fiato, poi aveva iniziato a raccontare tutto quanto da principio mentre Rupert la ascoltava attento e sempre più incredulo.

“Il ragazzo che ho trovato nella foresta, è un mago..” aveva spiegato la bambina, frenetica. 

L’uomo aveva inclinato appena la testa di lato, sorridendo tristemente. Nel piccolo paese le notizie giravano in fretta e in poche ore tutti avevano saputo che un ragazzo misterioso era stato trovato mezzo morto nel bosco dietro il villaggio. A nessuno sembrava essere importato più di tanto, ma al vecchio ferroviere era dispiaciuto parecchio. Sconosciuto o no si trattava di una persona, con una famiglia e degli affetti. Per di più aveva sentito dire che era poco più di un bambino. Una storia molto triste che non sembrava destinata ad avere un lieto fine.

“Non dovresti credere alle favole del nonno. Lui amava scherzare.” Aveva detto l’anziano con un tono affettuoso, accarezzandole dolcemente la testa. 

Non voleva che la piccola credesse alla magia, ne avrebbe ricavato solo guai. In quel piccolo borgo tutti avrebbero preso a guardarla male, proprio come facevano con lui e con il suo vecchio amico. L’avrebbero isolata, lasciata sola. Certo, lei aveva ragione a credere nell’esistenza dei maghi, ma non valeva la pena buttare via la vita per fare cambiare idea a dei testoni.

“Non è vero, non mentire. Mi ha detto tutto della stazione, so tutto!” aveva esclamato la bambina, stizzita e più che mai arrabbiata. 

I suoi piccoli pugni erano stretti, quasi lividi, ed il suo sguardo acceso di rabbia. Qualunque cosa fosse successa era evidente che Merry stava prendendo la cosa molto sul serio. Se era venuta da lui nel cuore della notte doveva esserci un motivo e lui doveva aiutarla, o almeno provarci.

“Ora calmati. Come fai ad essere certa che è un mago?” aveva chiesto Rupert, interessato. Nella sua vita gli era capitato molte volte di incrociare strani viaggiatori di passaggio da Londra con gufi, scope volanti e strani bagagli, ma non aveva mai visto un mago in quel villaggio sperduto dove vivevano. Era assolutamente insensato credere che uno di loro si fosse spinto fino a lì solo per fare due passi.

“Le sue ferite erano strane e non guarivano. Nemmeno in ospedale lo potevano aiutare e lo hanno mandato a casa. Questa notte si è svegliato, aveva la febbre e delirava ma mi ha detto che è un mago e che solo dei maghi possono aiutarlo. Devo andare a Londra, oppure lui morirà.” Aveva raccontato Merry, ancora scossa dopo la breve conversazione che aveva avuto con James poco prima. 

Rupert l’aveva ascoltata attentamente, prima di scuotere la testa sospirando.

“Londra? È troppo lontana, è una pazzia!” aveva esclamato il vecchio, sobbalzando sulla poltrona. 

Il racconto della piccola era concitato, eppure aveva senso. Lui sapeva bene che a Londra c’era un gran via vai di gente con poteri magici. Decisamente era il posto più semplice per trovare un mago, ma era anche il più lontano. I genitori della piccola non le avrebbero mai permesso di fare quel lungo viaggio da sola.

“Se non lo faccio, lui muore.” Aveva ripetuto la piccola, determinata. 

Nel suo sguardo innocente rivide quello deciso del suo amico. Fino alla fine non aveva ritrattato, anche a costo di vedersi dare del matto anche dalla propria figlia. Credeva nella magia ed era deciso a dimostrarlo ai suoi concittadini anche a costo di andare contro la sua unica figlia ed il suo burbero genero.

“Aspetta, fammi pensare. Certo, il treno.” Aveva esclamato alla fine il vecchio ferroviere, illuminandosi all’improvviso.

“Mi puoi aiutare?” aveva chiesto la piccola, speranzosa. 

Rupert aveva annuito, sorridendo. Subito si era alzato dalla poltrona ed aveva preso a sfogliare freneticamente delle vecchie tabelle che dovevano riportare gli orari dei treni in arrivo ed in partenza.

“Certo, ma bisogna pensare cosa dire ai tuoi genitori. Lasciami pensare..” aveva sbuffato l’uomo, grattandosi la testa. 

Ai suoi piedi il cane aveva ripreso a dormire, indifferente a quel trambusto.

“Come faccio ad andare a Londra?” aveva chiesto ancora Merry, decisa, guardando il vecchio signore che stava ancora trafficando, distratto.

“Tra venti minuti passa un diretto merci. Niente fermate, arriva in sette ore. Dovrebbe guidarlo un mio amico, posso affidarti a lui ma una volta a Londra sarai sola. Sei certa di volerlo fare?” aveva risposto Rupert, fissandola negli occhi. 

Non poteva lasciarla andare da sola, ma non poteva nemmeno chiedere il permesso dei genitori. Lo avrebbero sicuramente negato e per di più avrebbero incolpato lui di tutta quella storia.

“Cosa dirai alla mia mamma ed al mio papà?” aveva chiesto la piccola, spaventata, mentre l’anziano signore scribacchiava qualcosa su un foglio di carta, distratto.

“Dirò che ti ho vista alla stazione e che eri diretta a Londra.” Aveva sospirato il ferroviere, fissando negli occhi la bambina. 

Sul suo piccolo viso si era dipinta una smorfia di terrore.

“Così mi troveranno subito..” si era lamentata lei, sul punto di scoppiare a piangere. 

Se Rupert dava l’allarme sarebbe stato tutto inutile e James sarebbe morto lo stesso. Era andata da lui perché era sicura che l’avrebbe aiutata, non per essere riportata subito a casa.

“Non subito se do l’allarme dopo le nove del mattino. Il treno successivo parte solo a mezzogiorno e loro non saranno lì prima di sera. Avrai poco più di mezza giornata, pensi di farcela?” aveva detto l’allegro vecchietto, sorridendo nervosamente e stringendo a sé la bambina. 

Era così piccola, eppure così sveglia e determinata. Doveva darle una possibilità, ce la poteva davvero fare.

“Credo di si..” aveva risposto lei, meno sicura di prima. 

Ora che aveva trovato un modo per mettere in atto in suo piano tutto cominciava a sembrare più difficile, grande e pericoloso. Sospirò, poi scosse la testa, decisa a togliersi dalla mente quei tristi pensieri. Doveva farcela e basta, non ci doveva essere spazio per altro nella sua testa.

“Sai come trovare i maghi? Loro hanno incantesimi che li proteggono ai nostri occhi, lo sai?” aveva chiesto Rupert, premuroso. 

Ancora una volta la piccola aveva annuito, distratta.

“James mi ha detto come fare, mi fido di lui.” Aveva ribattuto Merry. 

Per qualche istante il vecchio ferroviere valuto l’idea di andare con lei, poi si riscosse. Incontrare un mago sarebbe stato il sogno della sua vita, ma doveva restare lì e rassicurare la madre della piccola. Quando la mattina successiva non l’avrebbe trovata le sarebbe venuto un infarto.

“Aspetta, quando arrivi alla stazione chiedi del binario nove e tre quarti..” aveva aggiunto, prima che Merry sparisse nella notte diretta verso la stazione.

“Binario nove e tre quarti?” aveva chiesto la piccola, cercando di tenere a mente tutte le informazioni che aveva ricevuto nel giro di poche ore.

“Proprio così, ricordatelo e sta attenta.” si era raccomandato Rupert, mentre la piccola era già lontana con il suo zainetto sulle spalle.

Era così che era arrivata a Londra quando il sole era sorto da una manciata di minuti. Di lì a qualche ora al suo villaggio avrebbero dato l’allarme e allora forse qualcuno avrebbe chiamato anche la polizia di Londra. Nonostante il freddo pungente doveva muoversi, evitando che qualcuno la seguisse o la notasse. Insomma, doveva sbrigarsi a trovare un mago che le credesse. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non poteva darsi per vinta subito. Intorno a lei non c’era molta gente, solo qualche scarno gruppo di turisti mattinieri e dei distratti uomini d’affari in giacca e cravatta con delle buffe valigette nere. Guardò ancora e vide quello che doveva essere un ferroviere ed una strana donna, che la fissava da un po’. Il suo aspetto bizzarro o forse il suo sguardo interessato e divertito la turbò. Spaventata, decise di andare a chiedere informazioni per allontanarsi da lei.

“Mi scusi, può aiutarmi?” chiese Merry, avvicinandosi ad un uomo con la divisa. 

Si nascose tra le gambe dell’uomo, cercando di sfuggire alla donna. Chiunque fosse, non doveva avere buona intenzioni. Doveva avere più o meno l’età di sua madre, eppure era strana. Diversa da qualunque altra donna avesse conosciuto prima di quel momento.

“Cerchi un binario, piccola?” mormorò lui, abbassandosi per vederla negli occhi. 

Era strano vedere una bambina così piccola da sola, specie a quell’ora del mattino.

“Si, il nove e tre quarti!” rispose lei, sperando che l’uomo potesse veramente aiutarla. 

Ogni minuto che passava poteva essere troppo tardi per aiutare James. L’uomo la fissò ancora, stranito da quelle parole.

“Non credo di averlo mai sentito. Sei sola?” chiese lui, sospettoso, guardandosi intorno.

“No, la mia mamma è al bar. Ora la raggiungo!” rispose Merry, scappando via verso il bar prima che questi avesse il tempo di fare altre domande. 

Non poteva lasciare che si insospettisse e la portasse dalla polizia. Le avrebbero fatto perdere tempo e poi l’avrebbero riportata a casa. Sarebbe stata la fine della sua ricerca ancora prima che questa potesse iniziare per davvero.

Merry provò a chiedere a qualche altro ferroviere ma le risposte che ottenne furono più o meno le stesse. Stremata, si lasciò cadere su una panchina. Fu in quel momento che la vide ancora, con la coda dell’occhio. Una donna la guardava con insistenza, la stessa che aveva notato alle spalle del primo ferroviere. Forse la stava seguendo per prenderla e portarla a casa. Quando la donna si accorse che Merry la guardava sorrise e fece per avvicinarsi. Spaventata, la piccola scappò tra la folla. Cercò di ricordare le parole di James. Il ragazzo aveva parlato di un ospedale magico, chiamato San Mungo, e di un quartiere di nome Diagon Ally al quale si accedeva tramite un bar che sembrava abbandonato. Senza sapere bene come ci era arrivata e si era ritrovata davanti proprio il posto che gli aveva indicato James. Sembrava spettrale, ma Merry decise di farsi forza e di entrare. Non aveva altre possibilità in fin dei conti. La porta si aprì cigolando e l’unico occupante del bar si voltò di scatto, allarmato. Quando vide che il nuovo arrivato non era nessuno di pericoloso si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e tornò alle sue attività.

“Piccola, questo posto è pericoloso. Dovresti davvero andare via.” Mormorò l’oste, guardandola con affetto. 

Non sembrava una minaccia, solo un consiglio paterno. Sembrava sorpreso di vederla nel suo locale, ma anche molto divertito.

“Non posso, un mio amico ha bisogno.” Mormorò lei con un filo di voce, senza muoversi. 

Quell’uomo le faceva paura, ma forse era il solo che poteva aiutare James. Il suo aspetto bizzarro lasciava intendere che forse era un mago, oppure che ne conoscesse qualcuno. Doveva essere per forza così, era stato il ragazzino ferito a dirglielo.

“Cosa può volere un tuo amichetto da un posto così?” chiese lui, curioso, lasciando perdere per un istante le sue attività e concentrando tutta la sua attenzione sulla bambina. 

Non l’aveva mai vista prima, non doveva essere figlia di maghi. Probabilmente era una babbana.

“Lui è un mago, ma nessuno gli crede. Non credono nemmeno a me. Ha bisogno di cure, oppure morirà. Deve andare a San Mungo. Qui c’è l’ingresso a Diagon Ally, lì ci sono tanti maghi. Uno di loro mi deve credere!” Ribatté Merry, facendosi coraggio. 

L’uomo non sembrava intenzionato a farle male, doveva insistere. Non poteva arrendersi alla prima difficoltà che incontrava.

“Come fa una bambina babbana a conoscere Diagon Ally ed il San Mungo?” chiese l’oste, perplesso, grattandosi la testa. 

Si trattava di una situazione assurda, decisamente strana.

“Conosco anche il binario nove e tre quarti. Me lo ha detto James! La prego, sta morendo!” implorò la piccola, arrampicandosi su uno sgabello per arrivare alla stessa altezza dell’uomo. 

Negli occhi della piccola l’oste ci lesse tanto smarrimento, molto più di quanto si sarebbe mai aspettato di trovarne. Sicuramente non stava mentendo, ne era certo.

“Ehi piccola..” mormorò una voce femminile. 

Merry si voltò e si trovò di fronte la stessa donna dalla quale era scappata alla stazione. Spaventata, si ritrasse verso l’oste.

“Ancora lei, la prego non mi riporti a casa. Devo aiutare James!” protestò la piccola, cercando di trovare una via d’uscita. 

Non dovevano riportarla dai suoi genitori, non ancora almeno. Prima doveva convincere quell’uomo che non stava mentendo.

“Che succede?” chiese la donna, rivolgendosi all’oste. 

Sembrava curiosa, stupita. Doveva averla seguita dalla stazione. Aveva il fiato corto, il viso arrossato ed ansimava per la corsa ma non sembrava arrabbiata o furiosa. Merry la guardò meglio e cominciò a pensare che anche lei doveva essere una maga, magari buona. Avrebbe dovuto capirlo prima, si sarebbe risparmiata un bel po’ di strada e di spavento.

“La piccola sa tante cose. Dice di avere incontrato un mago ferito che le ha detto come venire qui a chiedere aiuto.” Spiegò l’uomo, tornando a dedicarsi a dei bicchieri sporchi lasciando che fosse la nuova arrivata a risolvere quello strano problema. 

Forse la piccola non mentiva, ma lui non voleva assumersi nessuna responsabilità. Poteva essere pericoloso, in tempi come quelli.

“Una storia parecchio strana..” sospirò la donna, voltandosi verso la piccola. 

Non l’aveva mai vista e decisamente non sembrava una strega. Tuttavia, qualcosa le diceva che non stava mentendo. Il suo istinto le aveva detto che quella bambina era importante non appena l’aveva incrociata la prima volta, alla stazione. Per questo alla fine l’aveva seguita, doveva assolutamente saperne di più.

“Anche lei è una maga? Mi deve credere, la prego. Il mago che ho conosciuto si chiama James. È solo un ragazzo, non può morire.” Implorò la piccola, sul punto di scoppiare a piangere. 

La donna guardò la bambina, avrebbe potuto essere sua figlia.

“Va bene, vieni con me.” Sospirò alla fine la donna, prendendo la bambina per mano. 

Merry la guardò per qualche istante, poi decise che poteva fidarsi.

“Che vuoi fare, Andromeda?”chiese l’oste, curioso di sapere come sarebbe finita quella strana storia. 

La donna si voltò, scura in viso. Era preoccupata, ma sentiva che la bambina non era pericolosa. Probabilmente anche lei era rimasta vittima di qualche scherzo dei Mangiamorte.

“La porto dagli auror, loro decideranno cosa fare.” rispose Andromeda, guidando la piccola fuori dal locale. 

L’oste annuì, poi tornò ai suoi affari. In tempi come quelli, dove nulla era mai quello che sembrava l’unica certezza che rimaneva loro erano gli auror. Almeno, era così fino a qualche tempo prima. Da quando il figlio di Robert Potter era sparito gli auror avevano preso a farsi vedere meno in giro. Molti dicevano che erano troppo impegnati nelle ricerche, altri che Bob era impazzito dal dolore e che Paciock e Moody non riuscivano più a gestire tutto da soli. Insomma, ogni giorno sembrava andare peggio. Quasi che quella dannata guerra fosse destinata a non finire ed a durare per sempre.

“Dove mi porti? Non voglio andare a casa..” protestò Merry, scattando sulla difensiva. 

Andromeda sospirò, colpita dalla testardaggine della bambina. Sapeva quello che voleva, non c’era che dire. Era determinata a raggiungere il suo obiettivo.

“Ti porto da alcuni maghi che possono scoprire se dici bugie. Se non menti, aiuteremo il tuo amico. Se è una trappola, non vedrai più la tua famiglia. Allora, va bene?” chiese Andromeda, scegliendo con cura le parole per non spaventare la piccola. 

I loro nemici erano maghi senza scrupoli. Non si facevano problemi ad uccidere bambini, figurarsi a rapirli ed a utilizzarli per i loro scopi.

“Va bene, io non dico le bugie.” Rispose lei, sicura, guardando dritto di fronte a lei. 

Era silenziosa, ma non sembrava essersela presa per i sospetti della strega. Andromeda la fissò ancora, poi scosse appena la testa. Non stava mentendo, ne era certa.

Le due vagarono per le vie di Londra, senza più parlare. Di tanto in tanto Merry si voltava a guardare la donna. Era una maga vera, con tanto di bacchetta che le spuntava dalla tasca della veste. Normalmente avrebbe preso a farle milioni di domande, insistendo per avere una risposta, ma non quel giorno. L’unica domanda che le girava in testa riguardava James. Il ragazzo si sarebbe salvato?

Andromeda da parte sua pensava a non perdersi. Sarebbe potuta arrivare al Dipartimento Auror in pochi istanti, materializzandosi, ma non voleva spaventare la bambina più di quanto non fosse necessario. Era babbana, non aveva mai avuto a che fare con la magia prima di quel momento. Forse sapeva dell’esistenza dei maghi ma non certo che questi poteva scomparire e riapparire a loro piacimento.

Una volta arrivati all’edificio che ospitava gli uffici dove lavorava il marito, le due salirono un numero impressionante di scale. Merry presto si ritrovò nel posto più strano che aveva mai visto. Più insolito e disordinato persino della vecchia casa del nonno, dove c’era roba ovunque. Era pieno di uomini e donne che lavoravano febbrilmente, con dei fogli che svolazzavano sopra le loro teste. Tutti loro avevano poteri magici penso la piccola, ammirata. Notando la moglie sulla porta, Ted Tonks si precipitò da lei e si mise a fissare la bambina perplesso. Decisamente non si trattava della loro Dora ma di una bambina più grande. Non l’aveva mai vista, ma era evidente che la moglie sapeva di chi si trattava.

“Amore, che ci fai qui?” chiese il mago, sorpreso dalla visita della moglie. 

Il primo pensiero andò alla piccola Dora, sperando che non fosse successo nulla. L’espressione calma di Andromeda, ad ogni modo, lo tranquillizzò quasi subito.

“Questa bambina ha fatto un viaggio di sette ore per trovare dei maghi che potessero aiutare un suo amico ferito.” Spiegò Andromeda, indicando Merry che annuiva. 

Sembrava che la vista di quel posto magico le avesse tolto la parola. Sembrava di essere in una favola, oppure in un sogno. Il mago portò la sua attenzione dalla compagna alla piccola, studiandola con attenzione. Sembrava perplesso, ma non aveva fatto commenti.

“Dimmi piccola, come sai che il tuo amico è un mago?” chiese poi Ted, rivolgendosi direttamente alla piccola. 

La bambina si schiarì la voce, a disagio.

“Me lo ha detto lui. Mi ha anche detto come trovare dei maghi a Londra.” Rispose Merry, pronta. 

Aveva fatto un lungo viaggio per arrivare fino a lì, non poteva farsi prendere dall’emozione proprio quanto era più necessario. Doveva farlo per James.

Ted sospirò e si volto prima verso la moglie e poi verso un collega che aveva sentito la conversazione. Si trattava di un caso strano, mai capitato prima. Non poteva prendere una decisione su due piedi, doveva chiedere ai suoi superiori. Tuttavia i tre auror che dirigevano quel posto nelle ultime ore avevano lasciato capire che non volevano essere disturbati, in particolare Potter. I segni sul viso di Moody e Paciok aveva portato i colleghi a fare lo stesso con loro. Nessuno voleva imbattersi nella rabbia di quei tre, non volontariamente almeno.

“Sa molte cose, Ted.” Mormorò Andromeda, preoccupata. 

Sentiva che la bambina aveva ragione e che c’era una ragione se il destino l’aveva portata sulla sua strada.

“Non importa, dobbiamo controllare. Potrebbe essere una trappola.” Sospirò l’auror di fianco a Ted, maledicendo il fatto che Al, Tom e Bob fossero troppo scossi per essere coinvolti. 

La cosa migliore sarebbe stata lasciar decidere loro, ma non era possibile. Avrebbero dovuto controllare di persona e poi decidere il da farsi. Poteva anche trattarsi di una trappola dei Mangiamorti come poteva avere ragione la piccola.

“Va bene, ma fate in fretta. James è ferito.” Esclamò la bambina, frenetica. 

Aveva sbirciato l’orologio che portava al polso e aveva visto che erano quasi le nove. Erano passate molte ore da quando aveva parlato con James, il ragazzo doveva certamente essere peggiorato. I maghi dovevano arrivare da lui prima che fosse tardi.

“Bene piccola, allora va con lui.” Disse Ted, indicando l’auror al suo fianco. 

Merry gli lanciò un’occhiata, poi alzò le spalle. Non importava chi l’accompagnasse, solo che si trattasse di un mago in grado di aiutare quel ragazzo. Ormai aveva deciso di fidarsi di quelle persone, era l’unica cosa da fare.

“Come ti chiami?” chiese l’uomo, sorridendo per spaventare la piccola e per cercare di metterla il più possibile a suo agio.

“Merry.” Rispose lei, felice che finalmente cominciassero a prenderla sul serio. 

L’uomo sorrise, accarezzando dolcemente il viso della piccola.

“Io sono Travis. Dimmi Merry, sai dirmi dove abiti così ti riporto a casa?” chiese ancora l’auror con lo stesso tono. 

A quelle parole la bimba impallidì.

“No, non puoi. La signora ha detto che avreste aiutato James! Ho fatto un lungo viaggio apposta.” Protestò vivacemente Merry, indignata.

“Sta tranquilla. Ora ti porto a casa, modifico la memoria dei tuoi genitori in modo che non ti sgridino per la tua sparizione e se questo misterioso amico mago esiste davvero ed è ferito lo porto via con me.” Spiegò Travis, cercando di calmare la bambina.

“Sei un mago vero?” chiese Merry, sospettosa.

“Certo, sta a vedere!” rispose lui, rovesciando una pigna di fogli impilati sulla scrivania di Ted. 

L’uomo alzò gli occhi al soffitto, trattenendo a fatica un’imprecazione. La bimba, invece, scoppiò a ridere.

“Lo porti a San Mungo?” chiese ancora, per accertarsi che avrebbero davvero aiutato James. 

Travis annuì, portando una mano sul petto.

“Se è davvero un mago e sta male, si.” Promise l’auror con fare solenne.

“Come faccio a sapere che lo porti davvero e che lui guarirà?” domandò Merry, portando le mani ai fianchi.

“Prometto che non modificherò la tua memoria e che verrò a dirti come sta. Ma tu non devi parlare a nessuno dei maghi. Credi di poterlo fare?” chiese Travis, sorridendo.

“Promesso.” Disse la piccola, prendendo la mano che il mago le porgeva.

“Bene, allora andiamo.” Mormorò Travis. 

In pochi minuti tutto iniziò a girare. Quando il mondo decise di fermarsi Merry si trovava sulla porta di casa sua con lo stomaco sotto sopra. Gettò una rapida occhiata all’orologio: le nove in punto. La sua casa era ancora tranquilla, probabilmente Rupert non aveva ancora dato l’allarme. Vide il vecchio uscire dalla porta di casa, lo salutò con la mano e questi tornò dentro insieme al cane.  

Travis si guardò intorno, curioso, poi fissò la porta perplesso fino a che non capì di dover suonare il campanello. Nel giro di pochi istanti questa si aprì, rivelando una donna preoccupata. Merry le corse incontro, portandosi al suo fianco. L’auror mosse la bacchetta e Beth traballò qualche secondo.

“Salve signora, sono un medico. Mi hanno detto che c’è un ragazzo che sta male qui, posso vederlo?” chiese Travis, mostrando alla donna un tesserino palesemente falso. 

Beth lo guardò per un po’, poi si voltò verso la piccola. Sentiva di dover essere arrabbiata con lei per qualcosa ma non riusciva a ricordare di che si trattava.

“L’ha chiamata mia figlia? Mi spiace, il ragazzo sta molto male. Nessuno può più fare nulla per lui. All’ospedale hanno detto che ormai è questione di ore.” rispose la donna, a malincuore. 

Non capiva bene cosa stesse succedendo, né perché stesse parlando con quello sconosciuto, ma non si mosse dalla porta.

“Mi faccia fare lo stesso un tentativo..” insistette l’auror. 

Poteva entrare con la magia, ma era meglio non fare insospettire troppo la donna. L’aveva già confusa per non farle notare la fuga della bambina.

“Fallo provare mamma, ti prego.” Implorò Merry, saltando al collo della donna. 

Beth guardò la figlia e sentì il suo cuore andare in pezzi. Non sarebbe servito a nulla, ma almeno ci avrebbe provato. Lentamente la donna annuì.

“Va bene, venga.” Cedette alla fine lei, spostandosi per fare entrare l’uomo. 

Lo condusse fino alla stanza di James, ancora immersa nel buio. Nel letto si intravedeva appena la figura di un ragazzo. L’unico rumore che si sentiva era il pesante rantolo del suo respiro.

“Grazie, potrebbe aspettare di là?” chiese Travis, muovendo appena la sua bacchetta. 

La donna annuì, allontanandosi silenziosamente. Ci avrebbe pensato dopo a modificare del tutto la sua memoria in modo che non ricordasse nulla di quella visita.

“Non ci sono problemi. Vieni, Merry.” Mormorò Beth, assente.

“No, la piccola può restare.” Disse l’auror. 

La donna non capì, ma fece lo stesso come le era stato detto.

“James, svegliati. Devi dire a questo signore che sei un mago!” prese a chiamare Merry, scuotendo appena l’occupante del letto che non accennava a dare segni di vita.

Travis rimase per un attimo intontito, lo sguardo fisso sul ragazzo steso nel letto. Non ci voleva certo una scienza per capire che era conciato male, mago o meno. Quando si riscosse la bambina stava ancora cercando di svegliare il malato, immobile e pallido. Respirava a fatica e si lamentava piano, quasi non ne avesse la forza nemmeno per quello.

L’auror si avvicinò ed aprì la tenda con un gesto della sua bacchetta, in modo che la luce illuminasse il letto su cui riposava il malato. La sua fronte era imperlata di sudore ed il suo corpo era scosso da tremiti, probabilmente causati dalla febbre.

Scostò lentamente il lenzuolo, scoprendo del tutto il corpo del ragazzo ricoperto da molte bende che il mago rese invisibili con un incantesimo non verbale.

Merry sussultò, spaventata.

“Che fai?” chiese la piccola, mettendosi in mezzo tra James e Travis quasi volesse difendere il suo amico da quella strana intrusione.

“Devo vedere le sue ferite, per capire se sono magiche o no.” Rispose l’uomo, senza distogliere l’attenzione dal ragazzo. 

La bimba annuì, poi si spostò per lasciarlo fare.

“Guarda la gamba allora, quella è conciata male.” Esclamò Merry, impaziente.

Travis studiò la gamba del ragazzo, ma non ci trovò niente di interessante. Si trattava di una gamba rotta, probabilmente trascurata. Era impossibile stabilire come se la fosse rotta.

“Allora?” chiese la bambina, ansiosa. 

Il futuro del suo amico dipendeva da lui.

“Non c’è molto che faccia pensare a delle ferite magiche..” sospirò Travis, sedendosi.

“È un mago, credimi.” Assicurò Merry, arrabbiata. 

Aveva fatto tutta quella strada per arrivare a Londra e trovare un mago. Non poteva essere stato tutto inutile, James doveva vivere e non morire in quel letto senza che nessuno facesse nulla.

“Dove si trova la sua bacchetta?” chiese Travis, grattandosi la testa. 

Dall’esame delle ferite non emergeva nulla di magico. Poteva essere un mago, certo, ma anche un folle. Non sapeva cosa fare, probabilmente doveva chiamare uno dei suoi superiori. Tuttavia, sapeva bene che farli muovere per niente era pericoloso, soprattutto Robert Potter.

“Non lo so..” mormorò la piccola, abbassando la testa. 

Merry ormai aveva capito che se non trovava un modo di dimostrare che il suo amico era un mago lo avrebbe visto morire. Travis voltò la testa, ignorando di proposito il viso pieno di lacrime della bambina. Fu così che vide una cicatrice strana, sotto la nuca del ragazzo.

“È stato schiantato!” esclamò improvvisamente, saltando in piedi per lo stupore.

“Che vuole dire?” chiese la piccola, confusa.

“Che ti credo. Devo portarlo via, oppure morirà. Quando lo hai trovato aveva addosso qualche oggetto strano o insolito?” chiese l’auror, esaminando con attenzione la ferita alla testa. 

Era piccola, ma si vedeva chiaramente che era stata fatta con la magia. Ne era certo.

“No, nulla. Non aveva nemmeno una giacca ma solamente una sciarpa con un leone.” Disse lei, alzando le spalle. 

Quel particolare attirò ancora di più l’attenzione dell’auror.

“Fammela vedere.” Ordinò, di colpo serio. 

Travis strabuzzò gli occhi non appena la bambina tornò con l’indumento. Il ragazzo apparteneva alla casa di Grifondoro. La voltò e vi trovò le sue iniziali: JP. Un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente, diventando sempre più reale ogni secondo che passava.

“Hai detto che si chiama James, vero?” chiese Travis, cauto. 

Doveva restare calmo, agire in modo razionale, avvisare i suoi colleghi e portare in salvo il ragazzo prima che morisse.

“Si, mi ha detto così. Hai promesso, lo devi salvare!” esclamò la bambina, tremendamente seria. 

L’auror annuì, pallido. In ballo non c’era più solo la promessa che aveva fatto alla piccola, ma anche il dolore di molte, troppe, persone.

“Fidati di me, piccola.” Promise Travis, frugando nel mantello. Estrasse un apparecchio piccolo, poi fece scivolare l'indumento addosso al ragazzo ferito in modo che rimasse al caldo.

Doveva comunicare con il dipartimento, era essenziale che anche gli altri sapessero.

“Ted, avvisa gli altri. Sto portando il ragazzo a San Mungo.” Mormorò Travis, utilizzando un dispositivo che trasmetteva la sua immagine al collega. 

La faccia perplessa di Ted Tonks comparve si fronte a lui, facendo sussultare la piccola.

“È conciato male?” chiese l’altro, stupito che alla fine il ragazzo misterioso si fosse rivelato veramente un mago e non un mitomane o un mangiamorte.

“Abbastanza, alla fine la piccola aveva ragione.” Rispose Travis, scompigliando i capelli della piccola che sorrideva, felice. 

James stava ancora male, certo, ma era questione di poco e poi sarebbe stato curato per bene. Si sarebbe salvato.

“È sorprendente. Che ci faceva un mago mezzo morto in una foresta babbana?” chiese Ted, incredulo, scribacchiando qualcosa su una pergamena.

“La vera domanda è, che ci faceva un Grifondoro che si chiama James, senza mantello e con solo una sciarpa mezzo morto in una foresta babbana?” chiese Travis, pregustando la reazione del collega.

“Ferma, ferma. Un Grifondoro?” chiese l’altro, gelandosi e facendosi di colpo più pallido. 

Era evidente che aveva pensato la stessa cosa che era passata per la mente del collega alla vista della sciarpa.

“Ha la sciarpa di Grifondoro, le iniziali sono JP.” Continuò Travis. 

A quelle parole Ted perse definitivamente la testa. L’espressione sbigottita lasciò il posto ad un sorriso. Avrebbe dovuto ringraziare Andromeda, senza di lei non avrebbero di certo trovato il ragazzo.

“Avviso Bob e Dorea, non lasciarlo nemmeno per un attimo!” urlò il collega, prima di interrompere bruscamente la comunicazione per correre dai suoi superiori.

Ted fece la strada di corsa, travolgendo qualunque cosa accennasse a sbarrargli la strada ed arrivando nell’ufficio che dividevano Bob, Al e Tom praticamente senza fiato. Spalancò la porta senza bussare, ignorando le proteste di Moody. Paciock lo fissava, furioso ma tuttavia calmo. Era evidente che entrambi si stavano chiedendo cosa gli fosse preso.

“Dove si è cacciato Bob?” chiese Ted, guardandosi freneticamente intorno.

“Sono qui, che c’è Ted?” sbuffò l’uomo, scontroso e di cattivo umore per il brusco ingresso. 

Ted si voltò, sorridendo felice.

“Vai a chiamare Dorea! Hanno trovato James e lo stanno portando a San Mungo!” esclamò, frenetico. 

Bob sbiancò all’improvviso, traballò, si mise a sedere e poi si riscosse subito. Voleva fare molte domande, ma improvvisamente si scoprì quasi incapace di parlare. Suo figlio era vivo ed i suoi lo avevano trovato nonostante le ricerche a tappeto intorno al castello erano state interrotte da qualche giorno. Al e Tom si guardarono, intontiti. Nessuno dei due riusciva a parlare.

“Al, avvisa i ragazzi al castello. Fallo subito! Tom, chiama Dorea.” Ordinò Bob, mentre i due amici si affrettavano ad obbedire. 

Bob si materializzò nel centro dell’ospedale magico senza sapere bene come aveva fatto ad arrivarci. Il suo volto era solcato dalle lacrime, tanto che quasi non vedeva dove andava. Vide a malapena una donna lanciarsi tra le sue braccia e la riconobbe come Dorea solo quando la strinse a sé.

“È vivo. I guaritori non si sbilanciamo, ma credono che ce la farà!” esclamò Tom, comparendo alle spalle dei due. 

Dopo aver avvisato Dorea l’aveva accompagnata a San Mungo, aveva aspettato con lei e aveva parlato con i medici quando la donna era troppo scossa per farlo. Poco lontano, Travis teneva per mano una bambina spaventata.

“È un miracolo, amore.” Sospirò Bob, lasciandosi andare in un pianto liberatorio. 

L’incubo era finito, potevano finalmente tornare a vivere.

“Dobbiamo avvisare i ragazzi..” balbettò Dorea, confusa. 

Il marito sorrise, accarezzandole il viso dolcemente. Non sentiva quasi il brusio di sottofondo, né le proteste del guaritore che cercava di cacciarli fuori da quel corridoio. Il loro James era vivo, solo questo contava.

“Ci sta pensando Al, pensiamo solo a nostro figlio!” mormorò Bob, sospirando.


Moody, dal canto suo, avrebbe volentieri fatto cambio con Paciock. Mai come in quel momento il castello era sembrato tanto grande e poco collaborativo allo sguardo attento del mago che camminava da ore, guardandosi intorno.

“Maledizione, dove sono finiti tutti?” tuonò Alastor Moody, solcando come una furia i corridoi, borbottando indignato. 

Non solo doveva prendersi i pugni dell’amico, ora doveva anche andare alla ricerca di quel ragazzini ribelli che dovevano certamente essersi cacciati nell’ennesimo pasticcio. Probabilmente con loro doveva esserci anche il figlio di Tom, di recente unitosi alla banda di disgraziati.

“Signor Moody, la prego di mantenere la calma..” mormorò Nick-Quasi-Senza-Testa, senza perdere il suo proverbiale contegno. 

Il fantasma aleggiava intorno all’uomo da un po’, indignato per il comportamento dell’auror, poco consono al luogo dove si trovava.

“Non mi faccio comandare da un uomo in carne ed ossa, figurarsi da un fantasma!” sbuffò l’auror, ignorandolo e proseguendo per la sua strada. 

Il fantasma in risposta decise di scomparire, offeso da tanta maleducazione. L’auror alzò le spalle, poco dispiaciuto per la perdita della sua compagnia. Se ne sarebbe fatto una ragione.

“Ehi, tu. Fermo dove sei!” urlò Moody, bloccando un ragazzino diretto verso la torre di Grifondoro. 

Non era grande, al massimo del terzo anno e tremava parecchio.

“Non sto facendo nulla, lo giuro..” protestò lui, alzando le mani e sperando che l’auror si fosse sbagliato e non stesse cercando proprio lui.

“Dove sono Potter, Paciock, Lupin, Black e tutto il resto della compagnia?” chiese l’auror, spazientito. 

Aveva perso abbastanza tempo cercando quei ragazzi. Dannazione, era un auror lui e non un baby sitter.

“Io.. non lo so.” Balbettò lui, pallido. 

Chiuse gli occhi e sperò che una volta riaperti il mago fosse scomparso. Aprì gli occhi piano, ma Moody era sempre lì, furioso.

“Non sono in vena di farmi raccontare balle da un ragazzetto che a stento mi arriva alla spalla. Parla!” tuonò Alastor, al limite della sopportazione.

“Loro, sono usciti.. ma io non centro. Non lo dica ai professori, oppure si vendicheranno!” piagnucolo il piccoletto, disperato. 

L’auror sbuffò, esasperato.

“Sparisci, non ti ho mai visto.” Ringhiò Moody, tornando a guardare i corridoi con attenzione alla ricerca dei ragazzi che stava cercando. 

Una volta trovati non avrebbero passato dei bei momenti quei furfanti.

“Grazie, signore.” Biascicò, dileguandosi prima che l’altro avesse tempo di cambiare idea.

“Proprio oggi dovevano andare a fare gli eroi, maledizione!” imprecò Al, insofferente, alzando gli occhi al soffitto.

“Signor Moody, è successo qualcosa ai ragazzi?”chiese Zhoana, avvicinandosi con prudenza all’uomo. 

Si vedeva lontano un miglio che era furioso, solo non si capiva perché. Era insolito che un auror si trovasse lì visto che ormai Bellatrix era stata arrestata. La vita al castello era tornata a scorrere tranquilla, fatta eccezione un’infinita tristezza dovuta alla fine del povero James.

“Sei la ragazza di Black, non è vero?” chiese l’auror, fissandola con attenzione.

“Io.. beh.. ecco..” mormorò lei, imbarazzata, annuendo appena.

“Lo sei o no? Non sono in vena di perdere tempo. Non mi interessa sapere se sai o meno dove si sono cacciati quei perdigiorno ma solo sapere se puoi riferire loro un messaggio da parte di Bob e Dorea.” Sbuffò l’auror, deciso a mettere fino a quel tormento una volta per tutte. 

Quando avrebbero fatto ritorno al castello, avrebbero avuto il loro messaggio.

“Credo di poterlo fare.” rispose Zhoana, seria. 

Se era un messaggio di Bob e Dorea doveva trattarsi di James. Potevano essere brutte notizie, le ennesime brutte notizie.

“James Potter è a San Mungo. È ferito gravemente ma non ho idea di come stia ne se passerà o meno la notte.” sospirò Alastor Moody, allontanandosi scuotendo la testa. 

Quei ragazzi lo avrebbero portato alla pazzia, prima o poi.

Zhoana rimase immobile al centro del corridoio, incredula. Intorno a lei i ragazzi facevano chiasso, si rincorrevano e urlavano. La ragazza non riusciva a fare un passo, mentre le parole dell’auror gli rimbombavano nella mente. 

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Grazie mille per essere arrivati a leggere fino a qui. finalmente James è tornato a casa. Chiedo perdono per non aver messo anche il tanto agognato incontro, ma sarebbe stato davvero troppo lungo.
LadySaika: Grazie mille!!! la ricerca è cominciata, nel prossimo incontro si capirà dove erano finiti tutti ed amerai ancora di più Piton, credimi. in questo ho preferito concentrarmi su James.
Ketty: Grazie milleee, sei pazza a leggerti tutto quanto insieme. davvero, sei un vero angelo! per ringraziarti ti rivelo un segreto: le storie con i viaggi nel tempo piacciono anche a me e ne ho una pronta che posterò finita questa. i protagonisti saranno i figli di Harry e Ginny (la storia sarà il sequel di Posta via gufo) e naturalmente i malandrini. allora, ti ho incuriosita abbastanza?
BabyRiddle: Grazie milleee!
Dracucciole: grazie mille, siete sempre gentilissime!
Igniflia: grazie milleee! non si tratta di sadismo, solo che se dovessi postare tutto insieme ci metterei sei mesi a scrivere un capitolo ed ho il sospetto che a voi non piacerebbe..
Smemo92: Grazie mille! inizia la fase finale della storia: si combatte per davvero. con il ritorno di James, dopo i colpi di scena, si partirà alla ricerca.
GRAZIE MILLE, AL PROSSIMO CAPITOLO! 

  
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