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Autore: Saralasse    06/05/2011    13 recensioni
Questa storia parte dalla tragica notte in cui il Cavaliere Nero sorprende Andrè al suo posto. Cosa sarebbe successo se piuttosto che aspettarlo fra gli alberi, avesse tranciato la corda con la quale il nostro si stava calando dalla torre? Una storia diversa da quella che conosciamo, con personaggi a volte OOC. Buona lettura ^^
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il tanto atteso incontro tra le parti in causa e i sovrani per chiarire cosa fosse accaduto a palazzo Jarjayes, ebbe luogo quella stessa sera in un appartamento privato di Versailles. Ophélie si era presentata in compagnia di Tibor e delle due guardie ungheresi che l’avevano accompagnata il giorno precedente a far visita al principe András. Appariva sofferente e intimorita, tanto da aver bisogno di appoggiarsi fisicamente al duca, il quale dal canto suo guardava Andrè con uno sguardo di puro odio che lo avrebbe incenerito se ne avesse avuto il potere.

Andrè stringeva la mano di Oscar, deciso a sostenere a testa alta le accuse di Ophélie; non aveva fatto nulla di cui dovesse preoccuparsi e lei d’altra parte non aveva le prove di ciò che sosteneva. Anche sua madre aveva espresso il desiderio di essere presente, mentre Zalán era rimasto nei suoi appartamenti; era troppo infuriato con Tibor per quest’ultima bravata, temeva che avrebbe finito per aggredirlo alla sua sola vista. Quando fu interpellato, il generale Jarjayes tirò fuori uno stiletto che consegnò a Luigi XVI.

“Maestà questa è l’arma che la contessa sostiene sia stata usata dal principe Beleznay per minacciarla nel tentativo di usarle violenza. Come potete vedere, si tratta di un’arma francese che non appartiene alla famiglia del principe; tanto meno fa parte del patrimonio della famiglia Jarjayes”.

“Mi accusate di mentire!”, strillò istericamente Ophélie, sostenuta da Tibor. “Avete visto bene il vostro ospite che mi sovrastava, tentando di…”.

Un accenno di pianto la frenò e per un attimo sembrò ai presenti che fosse sincera; senza dubbio sarebbe stata un’attrice di talento se avesse deciso di intraprendere la carriera teatrale.

“Contessa vi prego di contenervi”, replicò freddamente il generale, per niente turbato dalle sue lacrime. “Io mi sto limitando a esporre quelli che sono i fatti. Il principe vi stava trattenendo, è vero, ma mentre voi sostenete che lo facesse tentando di usarvi violenza, lui riferisce di essersi difeso da voi che tentavate di assassinarlo e nella stanza è stato rinvenuto un pugnale che voi stessa avete riconosciuto. E dal momento che non appartiene al principe, né si trovava in casa mia prima della vostra visita, voi siete l’unica che può averlo portato in quella camera”.

Ophélie si morse le labbra, messa alle strette dalla lucida mentalità militare del generale Jarjayes e Tibor decise di interrompere il proprio silenzio.

“Anche se la contessa avesse portato con sé il pugnale, questo non avrebbe comunque autorizzato il principe Beleznay a tentare di approfittare della situazione”.

“E per quale motivo la contessa avrebbe dovuto portare con sé un’arma?”.

“Evidentemente sapeva che razza di persona sia il principe”.

“E pur sapendo quanto fosse turpe e vile, si è recata personalmente alla mia residenza pregandomi affinché le concedessi di far visita al principe András per il quale era talmente preoccupata da non poter attendere che rientrasse a Versailles!”, esclamò beffardo il generale.

Tibor strinse più forte Ophélie, tacendo anche lui: non avrebbe mai creduto di trovarsi il generale Jarjayes come avversario, la sua compagna gli aveva assicurato che sarebbe stato un valido alleato una volta messo a parte della verità riguardo András ma evidentemente aveva preso un abbaglio.

“Basta così”, sentenziò il Re alzandosi dal trono su cui sedeva, imitato dalla Regina. “Avete esposto i fatti, spetta a noi decidere se questa storia sarà portata in un tribunale o si chiuderà fra queste mura. Domani saprete la nostra decisione”.

Uscì dalla stanza in compagnia della sua consorte, lasciando i contendenti da soli. Tibor congedò le sue guardie ungheresi, tenendo con sé solo Ophélie.

“Ebbene, ci sei riuscito András. Hai ingannato persino i sovrani francesi”.

“Io non ho ingannato nessuno, Tibor. Non avrei mai alzato un dito su Ophélie che al contrario mi si è gettata fra le braccia. Abusare di una donna è qualcosa che mi disgusta nel profondo, non potrei mai”.

Ophélie era livida, lacrime di rabbia le solcavano il viso vedendo il piano ideato con tanta accuratezza frantumarsi sotto la spietata strategia militare dei Jarjayes, i pugni così stretti da farsi sbiancare le nocche.

“Non crediate che finirà così, tutta la corte saprà cosa avete tentato di farmi!”.

Oscar alzò le spalle con noncuranza, rivolgendole uno sguardo di sfida. “Fate pure contessa. In ogni caso io e András ci sposeremo la settimana prossima e partiremo alla volta dell’Ungheria. Versailles sarà solo un ricordo o la meta di visite saltuarie”.

Tibor sbarrò gli occhi lasciando Ophélie e si avvicinò minaccioso ad Ariadné. “Che cos’hai architettato maledetta sgualdrina?!”.

Andrè lasciò la mano di Oscar e lo afferrò per il bavero, scrollandolo violentemente; già una volta lo aveva sentito pronunciare simili parole rivolte a sua madre ma quella volta era incatenato e stordito.

“Osa dire ancora una sola parola del genere rivolta a mia madre e ti restituisco il trattamento che mi hai riservato in quel buco schifoso”, sibilò, trattenendosi a stento dal colpirlo.

“Ma quanto siamo nervosi, cugino! Perché ti scaldi tanto, lei non è nemmeno la tua vera madre!”.

“Se anche fossimo dei perfetti estranei non tollererei simili insulti rivolti a una donna, tanto meno se quella donna è mia madre”.

Continuava a ribadire quanto considerasse Ariadné sua madre perché non sopportava quelle affermazioni di Tibor; era pur vero che non lo aveva dato alla luce e che la conosceva da appena un anno ma era una persona di gran cuore che lo amava come fosse davvero suo figlio, non avrebbe consentito a nessuno di ferirla.

Lasciò andare di colpo Tibor, spingendolo via da sé. “Non dovrai nemmeno avvicinarti a lei, chiaro?”.

Tibor sorrideva sarcastico mentre si rassettava la giacca. “Mi stai forse minacciando?”.

“Io non sto minacciando nessuno ma non voglio vederti vicino a mia madre. Le provochi sempre e solo dolore”.

Andrè si avvicinò ad Ariadné e le porse il braccio uscendo in sua compagnia mentre Oscar e il generale Jarjayes li seguivano da presso.

 

Il mattino seguente Oscar si svegliò molto presto, disturbata dalla mancanza di Andrè accanto a lei; scosse la testa, ridendo di quel pensiero e si alzò dal letto. Aveva davvero perso la testa per lui se non riusciva neanche più a dormire se non fra le sue braccia!

Si lavò e vestì con cura e velocemente, ansiosa di partire alla volta di Versailles, per il forte desiderio di rivedere Andrè, certo, ma anche e soprattutto per scoprire cosa avessero deciso i sovrani in merito alla denuncia di Ophélie. Aveva pochi dubbi che la controversia si risolvesse a favore di Andrè, tuttavia sarebbe stata tranquilla solo quando avrebbe sentito con le proprie orecchie il verdetto.

Scese direttamente nelle scuderie, senza fermarsi a fare colazione e saltò in groppa a César, dirigendolo verso la reggia a passo sostenuto. Sperava con tutto il cuore che il Re non avesse deciso di rimettere la questione al tribunale, altrimenti avrebbero dovuto rimandare tutti i loro piani e bisognava lasciare la Francia prima che la vera identità di András fosse svelata.

Giunta a destinazione, smontò da cavallo e lo affidò alle cure degli stallieri, dirigendosi verso gli appartamenti; d’improvviso si sentì afferrare per la vita, mentre una mano le tappava la bocca, e trascinare all’ombra di un colonnato. La persona in questione la fece voltare verso di sé e la baciò, stringendola possessivamente; Oscar la lasciò fare, salvo tirargli un pugno nello stomaco quando la lasciò andare.

“Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!”.

“Accidenti Oscar, è questo il modo di trattare il tuo fidanzato?!”, protestò Andrè massaggiandosi la parte offesa.

“Se il mio fidanzato si comporta in maniera tanto infantile, sì!”.

“Volevo solo un bacio, abbiamo passato tutta la notte separati! Adesso devi farti perdonare”.

Oscar alzò un sopracciglio guardandolo e ricominciò a camminare verso la reggia, resistendo al forte impulso di ridere; lui la osservò allontanarsi e le corse dietro quando fu evidente che non si sarebbe fermata.

“Oscar stavo scherzando, fermati!”.

“Siamo in ritardo”.

“Non è vero, per favore aspetta!”.

Lei si fermò finalmente e si voltò verso di lui, giocherellando con il risvolto della sua giacca.

András devo ricordarti che attendiamo una risposta molto importante proprio stamani? Non abbiamo tempo”.

Andrè le cinse la vita con le braccia, accarezzandole la schiena. “Facciamoci aspettare”.

Oscar scosse la testa, alzandosi sulle punte per baciarlo mentre gli stringeva le braccia al collo; e fu una dolce promessa quel bacio, pronunciata senza parole.

“Andiamo. Voglio conoscere la decisione dei sovrani”.

Andrè si arrese annuendo e le porse il braccio, percorrendo con lei la strada verso gli appartamenti.

 

Trascorse un’altra ora e ancora non si erano avute notizie del Re. Oscar passeggiava nervosamente avanti e indietro nella stanza, e Andrè la seguiva con lo sguardo.

“Oscar forse dovresti fermarti”.

“Non riesco a stare seduta, sono troppo in ansia”.

Tibor, seduto dalla parte opposta della stanza assieme a Ophélie, ridacchiava dell’ansia di Oscar. “Cosa c’è che non va? Temete forse che il vostro fidanzato finisca per essere processato in tribunale?”.

Oscar si fermò, incrociando le braccia al petto. “András non sarà processato per qualcosa che non ha commesso. Se vi preoccupate della virtù di chi vi si accompagna, forse dovreste prestare più attenzione alla scelta delle vostre amicizie”.

Ophélie le rivolse un’occhiata sprezzante e si alzò, andando verso di lei fino a trovarsi tanto vicina da poter bisbigliare.

“Siete troppo sicura di voi madamigella Oscar. State attenta a voi e al vostro fidanzato”.

Oscar la guardò con un sorrisino sardonico, chinandosi vicino al suo orecchio. “Grazie per la premura, contessa. Vi ricambio la raccomandazione: intendo sposarmi e se accadesse qualcosa al mio futuro marito sareste la prima che verrei a cercare. Spero di essere stata chiara”.

La lasciò gelata dove si trovava tornando vicino ad Andrè e si sedette finalmente, posando la mano sulla sua. Sapeva di non dover sottovalutare la minaccia di Ophélie, aveva tentato una volta di uccidere Andrè e avrebbe potuto riprovare; tuttavia, era quasi certa che si sarebbe arresa una volta che i sovrani avessero decretato la completa inconsistenza delle sue accuse.

Finalmente il messo annunciò l’ingresso dei sovrani e i presenti si alzarono, inchinandosi quando varcarono la porta della stanza e restando in quella posizione fin quando fu loro concesso di rialzarsi.

“Abbiamo riflettuto molto sulla vostra controversia”, cominciò il Re. “E non abbiamo motivo di credere alla malafede della contessa de Sombrefleuve”.

Un sorriso di trionfo distese il viso di Ophélie mentre Oscar, al contrario, impallidiva vistosamente; era certa che Andrè sarebbe stato giudicato innocente, non potevano aver dato credito a quella donna! Sentì la stretta del suo uomo più forte attorno alla mano e si voltò a guardarlo. Le sorrideva, nonostante tutto e lei si chiese come potesse darle tanta sicurezza semplicemente posando su di lei quegli splendidi occhi verdi. Le fece cenno di voltarsi a guardare il Re che non aveva ancora terminato di parlare.

“Tuttavia dopo aver ascoltato i testimoni e considerato i fatti esposti dal generale Jarjayes, non riteniamo che il principe András abbia commesso ciò di cui viene accusato. Per questi motivi, vi preghiamo di dimenticare questa faccenda che speriamo non abbia seguito alcuno. Questo è tutto”.

Non appena il Re e la Regina ebbero lasciato la stanza, Andrè abbracciò Oscar affondando il viso nei suoi capelli. La stringeva convulsamente, nonostante il verdetto del Re fosse di fatto il consenso alle loro nozze; sebbene avesse tentato di tranquillizzarla, lui stesso si era sentito mancare il terreno sotto i piedi quando aveva ascoltato le parole iniziali del sovrano, e ora al contrario, credeva quasi di essere asceso al paradiso!

“E’ tutto finito, Andrè”, gli disse Oscar con un filo di voce.

“No Oscar, è solo l’inizio. La nostra felicità è appena cominciata”.

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Eccomi qui anche stasera ^-^

Scusate l’attesa ma questo capitolo non voleva saperne di essere scritto, ha fatto tanti capricci per lasciarmi comunque insoddisfatta :s

Comunque… il generale Jarjayes si è costituito avvocato difensore (d’altronde era lui a essere entrato nella stanza, non poteva essere Oscar) e nemmeno il Re è tanto sciocco da credere a un’accusa infondata come quella della serpe Ophélie. Evidentemente lei e il suo amante hanno fatto male i conti ;)

E’ tutto finito dite? Cosa vi ricorda l’ultima frase? *sogghigna*

  
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