Il tanto atteso
incontro tra le parti in causa e i sovrani
per chiarire cosa fosse accaduto a palazzo Jarjayes, ebbe luogo quella
stessa
sera in un appartamento privato di Versailles. Ophélie si
era presentata in
compagnia di Tibor e delle due guardie ungheresi che
l’avevano accompagnata il
giorno precedente a far visita al principe András. Appariva
sofferente e intimorita,
tanto da aver bisogno di appoggiarsi fisicamente al duca, il quale dal
canto
suo guardava Andrè con uno sguardo di puro odio che lo
avrebbe incenerito se ne
avesse avuto il potere.
Andrè
stringeva la mano di Oscar, deciso a sostenere a testa
alta le accuse di Ophélie; non aveva fatto nulla di cui
dovesse preoccuparsi e
lei d’altra parte non aveva le prove di ciò che
sosteneva. Anche sua madre
aveva espresso il desiderio di essere presente, mentre Zalán era rimasto
nei suoi appartamenti; era troppo infuriato con
Tibor per quest’ultima bravata, temeva che avrebbe finito per
aggredirlo alla
sua sola vista. Quando fu interpellato, il generale Jarjayes
tirò fuori uno
stiletto che consegnò a Luigi XVI.
“Maestà
questa è l’arma che la contessa sostiene sia stata
usata dal principe Beleznay per minacciarla nel tentativo di usarle
violenza.
Come potete vedere, si tratta di un’arma francese che non
appartiene alla
famiglia del principe; tanto meno fa parte del patrimonio della
famiglia
Jarjayes”.
“Mi
accusate di mentire!”, strillò istericamente
Ophélie,
sostenuta da Tibor. “Avete visto bene il vostro ospite che mi
sovrastava,
tentando di…”.
Un accenno di
pianto la frenò e per un attimo sembrò ai
presenti che fosse sincera; senza dubbio sarebbe stata
un’attrice di talento se
avesse deciso di intraprendere la carriera teatrale.
“Contessa
vi prego di contenervi”, replicò freddamente il
generale, per niente turbato dalle sue lacrime. “Io mi sto
limitando a esporre
quelli che sono i fatti. Il principe vi stava trattenendo, è
vero, ma mentre
voi sostenete che lo facesse tentando di usarvi violenza, lui riferisce
di
essersi difeso da voi che tentavate di assassinarlo e nella stanza
è stato
rinvenuto un pugnale che voi stessa avete riconosciuto. E dal momento
che non
appartiene al principe, né si trovava in casa mia prima
della vostra visita,
voi siete l’unica che può averlo portato in quella
camera”.
Ophélie
si morse le labbra, messa alle strette dalla lucida
mentalità militare del generale Jarjayes e Tibor decise di
interrompere il
proprio silenzio.
“Anche
se la contessa avesse portato con sé il pugnale,
questo non avrebbe comunque autorizzato il principe Beleznay a tentare
di
approfittare della situazione”.
“E per
quale motivo la contessa avrebbe dovuto portare con sé
un’arma?”.
“Evidentemente
sapeva che razza di persona sia il principe”.
“E pur
sapendo quanto fosse turpe e vile, si è recata
personalmente alla mia residenza pregandomi affinché le
concedessi di far
visita al principe András per il quale
era talmente
preoccupata da non poter attendere che rientrasse a
Versailles!”, esclamò
beffardo il generale.
Tibor strinse
più forte Ophélie, tacendo anche lui: non
avrebbe mai creduto di trovarsi il generale Jarjayes come avversario,
la sua
compagna gli aveva assicurato che sarebbe stato un valido alleato una
volta
messo a parte della verità riguardo András ma
evidentemente aveva preso un
abbaglio.
“Basta
così”, sentenziò il Re alzandosi dal
trono su cui
sedeva, imitato dalla Regina. “Avete esposto i fatti, spetta
a noi decidere se
questa storia sarà portata in un tribunale o si
chiuderà fra queste mura.
Domani saprete la nostra decisione”.
Uscì
dalla stanza in compagnia della sua consorte, lasciando
i contendenti da soli. Tibor congedò le sue guardie
ungheresi, tenendo con sé
solo Ophélie.
“Ebbene,
ci sei riuscito András. Hai ingannato
persino i sovrani
francesi”.
“Io
non ho ingannato nessuno, Tibor. Non avrei mai alzato un
dito su Ophélie che al contrario mi si è gettata
fra le braccia. Abusare di una
donna è qualcosa che mi disgusta nel profondo, non potrei
mai”.
Ophélie
era livida, lacrime di rabbia le solcavano il viso vedendo
il piano ideato con tanta accuratezza frantumarsi sotto la spietata
strategia
militare dei Jarjayes, i pugni così stretti da farsi
sbiancare le nocche.
“Non
crediate che finirà così, tutta la corte
saprà cosa
avete tentato di farmi!”.
Oscar
alzò le spalle con noncuranza, rivolgendole uno sguardo
di sfida. “Fate pure contessa. In ogni caso io e András ci sposeremo
la settimana prossima e partiremo alla volta
dell’Ungheria. Versailles sarà solo un ricordo o
la meta di visite saltuarie”.
Tibor
sbarrò gli occhi lasciando Ophélie e si
avvicinò
minaccioso ad Ariadné. “Che cos’hai
architettato maledetta sgualdrina?!”.
Andrè
lasciò la mano di Oscar e lo afferrò per il
bavero,
scrollandolo violentemente; già una volta lo aveva sentito
pronunciare simili parole
rivolte a sua madre ma quella volta era incatenato e stordito.
“Osa
dire ancora una sola parola del genere rivolta a mia
madre e ti restituisco il trattamento che mi hai riservato in quel buco
schifoso”, sibilò, trattenendosi a stento dal
colpirlo.
“Ma
quanto siamo nervosi, cugino!
Perché ti scaldi tanto, lei non è nemmeno la tua
vera madre!”.
“Se
anche fossimo dei perfetti estranei non tollererei simili
insulti rivolti a una donna, tanto meno se quella donna è
mia madre”.
Continuava a
ribadire quanto considerasse Ariadné sua madre
perché non sopportava quelle affermazioni di Tibor; era pur
vero che non lo
aveva dato alla luce e che la conosceva da appena un anno ma era una
persona di
gran cuore che lo amava come fosse davvero suo figlio, non avrebbe
consentito a
nessuno di ferirla.
Lasciò
andare di colpo Tibor, spingendolo via da sé. “Non
dovrai nemmeno avvicinarti a lei, chiaro?”.
Tibor sorrideva
sarcastico mentre si rassettava la giacca.
“Mi stai forse minacciando?”.
“Io
non sto minacciando nessuno ma non voglio vederti vicino
a mia madre. Le provochi sempre e solo dolore”.
Andrè
si avvicinò ad Ariadné e le porse il braccio
uscendo in
sua compagnia mentre Oscar e il generale Jarjayes li seguivano da
presso.
Il mattino
seguente Oscar si svegliò molto presto, disturbata
dalla mancanza di Andrè accanto a lei; scosse la testa,
ridendo di quel
pensiero e si alzò dal letto. Aveva davvero perso la testa
per lui se non
riusciva neanche più a dormire se non fra le sue braccia!
Si
lavò e vestì con cura e velocemente, ansiosa di
partire
alla volta di Versailles, per il forte desiderio di rivedere
Andrè, certo, ma
anche e soprattutto per scoprire cosa avessero deciso i sovrani in
merito alla
denuncia di Ophélie. Aveva pochi dubbi che la controversia
si risolvesse a
favore di Andrè, tuttavia sarebbe stata tranquilla solo
quando avrebbe sentito
con le proprie orecchie il verdetto.
Scese
direttamente nelle scuderie, senza fermarsi a fare
colazione e saltò in groppa a César, dirigendolo
verso la reggia a passo
sostenuto. Sperava con tutto il cuore che il Re non avesse deciso di
rimettere
la questione al tribunale, altrimenti avrebbero dovuto rimandare tutti
i loro
piani e bisognava lasciare la Francia prima che la vera
identità di András fosse svelata.
Giunta a
destinazione, smontò da cavallo e lo affidò alle
cure degli stallieri, dirigendosi verso gli appartamenti;
d’improvviso si sentì
afferrare per la vita, mentre una mano le tappava la bocca, e
trascinare
all’ombra di un colonnato. La persona in questione la fece
voltare verso di sé
e la baciò, stringendola possessivamente; Oscar la
lasciò fare, salvo tirargli
un pugno nello stomaco quando la lasciò andare.
“Mi
hai fatto prendere un colpo, idiota!”.
“Accidenti
Oscar, è questo il modo di trattare il tuo
fidanzato?!”, protestò Andrè
massaggiandosi la parte offesa.
“Se il
mio fidanzato si comporta in maniera tanto infantile,
sì!”.
“Volevo
solo un bacio, abbiamo passato tutta la notte
separati! Adesso devi farti perdonare”.
Oscar
alzò un sopracciglio guardandolo e ricominciò a
camminare verso la reggia, resistendo al forte impulso di ridere; lui
la
osservò allontanarsi e le corse dietro quando fu evidente
che non si sarebbe
fermata.
“Oscar
stavo scherzando, fermati!”.
“Siamo
in ritardo”.
“Non
è vero, per favore aspetta!”.
Lei si
fermò finalmente e si voltò verso di lui,
giocherellando
con il risvolto della sua giacca.
“András devo
ricordarti che attendiamo una risposta molto importante proprio
stamani? Non
abbiamo tempo”.
Andrè
le cinse la vita con le braccia, accarezzandole la
schiena. “Facciamoci aspettare”.
Oscar scosse la
testa, alzandosi sulle punte per baciarlo
mentre gli stringeva le braccia al collo; e fu una dolce promessa quel
bacio,
pronunciata senza parole.
“Andiamo.
Voglio conoscere la decisione dei sovrani”.
Andrè
si arrese annuendo e le porse il braccio, percorrendo
con lei la strada verso gli appartamenti.
Trascorse
un’altra ora e ancora non si erano avute notizie
del Re. Oscar passeggiava nervosamente avanti e indietro nella stanza,
e Andrè
la seguiva con lo sguardo.
“Oscar
forse dovresti fermarti”.
“Non
riesco a stare seduta, sono troppo in ansia”.
Tibor, seduto
dalla parte opposta della stanza assieme a
Ophélie, ridacchiava dell’ansia di Oscar.
“Cosa c’è che non va? Temete forse
che il vostro fidanzato finisca per essere processato in
tribunale?”.
Oscar si
fermò, incrociando le braccia al petto. “András non
sarà processato per qualcosa che non ha commesso. Se vi
preoccupate della virtù di chi vi si accompagna, forse
dovreste prestare più
attenzione alla scelta delle vostre amicizie”.
Ophélie
le rivolse un’occhiata sprezzante e si alzò,
andando
verso di lei fino a trovarsi tanto vicina da poter bisbigliare.
“Siete
troppo sicura di voi madamigella Oscar. State attenta
a voi e al vostro fidanzato”.
Oscar la
guardò con un sorrisino sardonico, chinandosi vicino
al suo orecchio. “Grazie per la premura, contessa. Vi
ricambio la
raccomandazione: intendo sposarmi e se accadesse qualcosa al mio futuro
marito
sareste la prima che verrei a cercare. Spero di essere stata
chiara”.
La
lasciò gelata dove si trovava tornando vicino ad
Andrè e
si sedette finalmente, posando la mano sulla sua. Sapeva di non dover
sottovalutare la minaccia di Ophélie, aveva tentato una
volta di uccidere Andrè
e avrebbe potuto riprovare; tuttavia, era quasi certa che si sarebbe
arresa una
volta che i sovrani avessero decretato la completa inconsistenza delle
sue
accuse.
Finalmente il
messo annunciò l’ingresso dei sovrani e i
presenti si alzarono, inchinandosi quando varcarono la porta della
stanza e
restando in quella posizione fin quando fu loro concesso di rialzarsi.
“Abbiamo
riflettuto molto sulla vostra controversia”,
cominciò il Re. “E non abbiamo motivo di credere
alla malafede della contessa
de Sombrefleuve”.
Un sorriso di
trionfo distese il viso di Ophélie mentre
Oscar, al contrario, impallidiva vistosamente; era certa che
Andrè sarebbe
stato giudicato innocente, non potevano aver dato credito a quella
donna! Sentì
la stretta del suo uomo più forte attorno alla mano e si
voltò a guardarlo. Le
sorrideva, nonostante tutto e lei si chiese come potesse darle tanta
sicurezza
semplicemente posando su di lei quegli splendidi occhi verdi. Le fece
cenno di
voltarsi a guardare il Re che non aveva ancora terminato di parlare.
“Tuttavia
dopo aver ascoltato i testimoni e considerato i
fatti esposti dal generale Jarjayes, non riteniamo che il principe András abbia commesso
ciò di cui viene accusato. Per questi
motivi, vi preghiamo di dimenticare questa faccenda che speriamo non
abbia
seguito alcuno. Questo è tutto”.
Non appena il Re
e la Regina ebbero lasciato la stanza, Andrè
abbracciò Oscar affondando il viso nei suoi capelli. La
stringeva
convulsamente, nonostante il verdetto del Re fosse di fatto il consenso
alle
loro nozze; sebbene avesse tentato di tranquillizzarla, lui stesso si
era
sentito mancare il terreno sotto i piedi quando aveva ascoltato le
parole
iniziali del sovrano, e ora al contrario, credeva quasi di essere
asceso al
paradiso!
“E’
tutto finito, Andrè”, gli disse Oscar con un filo
di
voce.
“No
Oscar, è solo l’inizio. La nostra
felicità è appena
cominciata”.
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Eccomi qui anche
stasera ^-^
Scusate
l’attesa ma questo capitolo non voleva saperne di
essere scritto, ha fatto tanti capricci per lasciarmi comunque
insoddisfatta :s
Comunque…
il generale Jarjayes si è costituito avvocato
difensore (d’altronde era lui a essere entrato nella stanza,
non poteva essere
Oscar) e nemmeno il Re è tanto sciocco da credere a
un’accusa infondata come
quella della serpe Ophélie. Evidentemente lei e il suo
amante hanno fatto male
i conti ;)
E’
tutto finito dite? Cosa vi ricorda l’ultima frase?
*sogghigna*